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Tutti gli interventi di Settembre 2003
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trattati da Aprile 2000 (avvio del sito) ad Agosto 2004

Gli indici coprono il periodo che va fino ad Agosto 2004, mentre da Settembre 2004 gli Argomenti possono essere seguiti, in progressione cronologica, accedendo agli ARCHIVI (mensili) che si trovano in questa pagina, sotto l'elenco degli interventi.
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DiaBloghi
Blog di dialoghi sull'innovazione "poiesis intensive"

[25 maggio 2005]
"Rinnovare, cambiare o innovare?" è la nuova domanda apparsa in DiaBloghi!


[17 giugno 2005]
Leggi il "commento" scritto da Aleph V° in relazione al dialogo Cosa vuol dire che una cosa vale, e che vale poco o tanto?

BIBLIOGRAFIE
presenti in questo sito

Gli aggiornamenti nei BLOG - BLOG Updates

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Raccontare la scienza: Bateson

( 23 Settembre 2003 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )

CIDI di Napoli - Progetto Bateson - Istituto italiano di studi filosofici, "Pensare e agire per storie", giornate di studio su Gregory Bateson, Napoli, 19/20/21 novembre 1999

«[...] Con "Pensare e agire per storie" si cercherà di approfondire un aspetto specifico e di particolare interesse del pensiero di Bateson: la teoria dell'azione. Nel 1969 Bateson organizzò un convegno in Austria spinto dall'urgenza di un cambiamento dell'epistemologia, per la costruzione di una scienza integrata dei sistemi viventi che affrontasse "l'immane problema dell'intervento pianificato". Le recenti scoperte sulla natura cibernetica dei sistemi complessi - formalizzate grazie anche al suo contributo di scienziato e di filosofo della natura - potevano infatti preludere ad "azioni adattative che l'uomo può intraprendere senza cessare di essere morale". Infatti, se l'esitazione è una virtù, la fiducia ingenua nel laissez faire può rivelarsi una scelta incauta, o distruttiva quanto un'azione pianificata a tavolino e tenacemente perseguita. "Ciò che manca - scriveva Bateson in quegli anni - è una teoria dell'azione all'interno dei grandi sistemi complessi, dove l'agente attivo è a sua volta parte del sistema e ne è il prodotto". E, parlando di come alcuni organismi viventi riescono a conseguire il cambiamento pur non computando tutte le variabili, osservava: "Sembra che i grandi insegnanti e terapeuti evitino ogni tentativo diretto di influire sulle azioni degli altri e cerchino invece di instaurare le situazioni e i contesti in cui certi cambiamenti (di solito specificati in modo imperfetto) possano avvenire".»

«P: Gli scienziati in generale sono contenti quando si parla di quello che fanno. Forse è la cosa che li rende più felici. Non voglio dire che sono contenti solo quando ne parlano i giornali, le riviste o i siti Internet. Penso che siano un gruppo di persone che per fare quello che fanno sono costretti a parlare tra di loro, si studiano a vicenda e si correggono, se ne hanno la possibilità. E quindi sono persone portate al dialogo. Almeno, era così fino a un po' di tempo fa.
F: E oggi com'è?
P: Oggi è difficile raccontare la scienza. Ci sono tanti soldi e tanti interessi. Gli scienziati passano la maggior parte del loro tempo a cercare i finanziamenti per le loro ricerche, dal mercato o dallo Stato. Non è che vivano tempi molto sereni. La tecnica ha vinto. E la scienza sopravvive con difficoltà.
[...]
Gli scienziati sono pericolosi quando mettono tra parentesi e non discutono i presupposti da cui partono, per esempio che le successioni divergenti sono imprevedibili e che quelle convergenti invece sono prevedibili.» [grassetti nostri]

Matteo Bartocci, con questo scambio tra P ed F --padre e figlia nel dialogo immaginato in un suo articolo pubblicato su ReS-- usa un metodo dialettico caratteristico di Gregory Bateson, il metalogo, per esprimere, tra l'altro, alcune idee sul rapporto scienza-tecnica e su quella che potremmo chiamare "presunzione di prevedere".

I nessi e connessi rispetto al brano che abbiamo scelto di riprodurre sono tanti in questo sito. Proviamo ad accennarne qualcuno.

In merito all'ambizione (e la presunzione) di prevedere le conseguenze di una ricerca scientifica si veda per esempio quanto dissero in proposito gli studiosi riuniti in un convegno a Venezia circa tre anni fa.

Il precedente link conduce a un documento che riguarda Giuseppe O. Longo, perché egli (che tra l'altro è lettore interessato e partecipe di questo sito) sviluppa un personale percorso epistemologico che ruota attorno all'indagine del rapporto tra la scienza e la tecnica, o meglio: di quell'evidente manifestazione di questo rapporto che egli chiama "tecnoscienza".

Detto per inciso, negli scritti di Longo non sono rari i richiami proprio a Bateson, i cui libri ha peraltro tradotto in italiano.

Il Principio di precauzione in questo sito: nel Percorso ad hoc, mentre a pagina 6 degli Argomenti è possibile leggere un'intervista di Margherita Fronte a Paolo Vineis

La prevedibilità ha a che fare con l'ormai arcinoto Principio di precauzione. Una domanda che potrebbe sorgere è: possiamo mettere in relazione il concetto di innovazione con quelli di "successione divergente" e di "successione convergente"?
Bisognerebbe, prima, vedere di chiarire quale concetto di innovazione adottiamo.
Una frase che spesso la Fondazione Bassetti associa alla propria attività è la seguente: "L'innovazione è la realizzazione dell'improbabile". Si parla di "improbabile", non di "imprevedibile", come dire che per essere innovativi bisogna appunto saper vedere "on the border line", ovverosia saper cogliere, per esempio, prima di tutto i moti di tendenza e costruirci sopra, realizzare qualcosa: iniziative, prodotti, edifici, o... decisioni.
Nell'ultimo post del blog "Quel che poi un metal detector...", intitolato "Ecologia della mente" e dedicato appunto a Bateson, sono elencati i presupposti che ogni studioso dovrebbe avere bene in mente (e sono i titoli dei paragrafi di un capitolo di "Mente e Natura", uno dei testi più illuminati/illuminanti di Bateson).

Mente e Natura, edito da Adelphi, traduzione di Giuseppe O. Longo

Leggi il retro di copertina del libro
(link al sito della casa editrice Adelphi)

Che "le successioni convergenti sono prevedibili" è appunto uno di questi presupposti. E quali sono le successioni convergenti? In breve: quelle che non trattano di individui, istanti, attimi, ma coinvolgono intere classi di questi. E allora chiediamoci: qual è il campo, o "tipo logico" proprio dell'innovazione? Quello del particolare o quello dell'insieme dei particolari?

Bateson parla di apparizione del nuovo quando affianca processi stocastici ed evoluzione della specie (con riferimento all' "Origine delle specie" di Darwin):

«...nei processi stocastici, tanto dell'evoluzione quanto del pensiero, il nuovo può essere tratto esclusivamente dal disordine del casuale. E per trarre il nuovo dal casuale, se e quando esso si manifesta, occorre un qualche meccanismo selettivo che dia conto della persistenza nel tempo della nuova idea. Deve vigere qualcosa di simile alla selezione naturale, in tutta la sua lapalissiana tautologia. Per persistere, il nuovo deve essere tale da durare più a lungo delle sue alternative
(da Mente e Natura, Adelphi, 1984, grassetti nostri)
Leone Montagnini ha fatto poco tempo fa (v., qui, "Per chi ama sottolineare le linee di continuità nella storia") un richiamo alla continuità, come "struttura che permane al di sotto delle novità". Questa idea pare molto vicina alla modalità d'osservazione sottolineata da Bateson, specie nell'ultimo periodo, quando si dedicava alla esplorazione del termine "sacro": al posto di "coscienza" egli parlava di "sensibilità", una speciale sensibilità rispetto alla struttura che connette, e cioè la possibilità di sentire e pensare ai nostri modi di essere e divenire in relazione con insiemi interconnessi e più ampi di cui siamo parte.

Ci si potrebbe anche chiedere in che termini si possa parlare di responsabilità per un'attività innovativa se il concetto di responsabilità è strettamente dipendente da quello di prevedibilità.

Umberto GalimbertiMa è poi è poi così pacifico che questi due concetti siano (o debbano essere) legati?
In proposito, qui indichiamo due articoli di Galimberti, "Criminali altamente responsabili" (La Repubblica, 4 novembre 1999) e "Un terremoto che ci riguarda" (La Repubblica, 18 novembre 2000), ma si veda anche la pagina dello scorso gennaio.

Michael DertouzosD'altra parte, è forse il caso di rammentare quel che pensava Michael Dertouzos: il futuro ci sfuggirà sempre (è possibile leggere anche un commento di Vittorio Bertolini a un suo articolo pubblicato da Il Messaggero nel settembre 2001).

Giunti a questo punto di questo libero ragionamento connettivo è facile rendersi conto che abbiamo trascurato altri argomenti suggeriti nell'articolo che ci ha dato l'incipit. Matteo Bartocci, infatti, attraverso l'espediente dialettico preso a prestito da Bateson ci parla, oltre che del rapporto tra la scienza e la tecnica, anche di quello tra scienza e denaro, o per essere più esatti: tra scienziati e denaro, che in questo sito (ma non solo in questo sito) va sotto il nome di "Conflitto d'interesse dello scienziato".

luce - cristallo convergente - cervello

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Inizia oggi un Call for Comments sul Progetto "Partecipazione pubblica e governance dell'innovazione"

( 18 Settembre 2003 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Vi chiediamo di metterci al corrente delle vostre osservazioni, dubbi e suggerimenti sull'argomento e sui quesiti presentati da Giuseppe Pellegrini nel suo intervento introduttivo del dibattito, da lui moderato, che si svilupperà fino alla fine di ottobre.

La Scienza partecipata (la partecipazione del pubblico alle decisioni di tipo scientifico) - cliccare per vedere l'immagine ingrandita

La Scienza partecipata
(la partecipazione del pubblico alle decisioni di tipo scientifico)

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Scientific governance: quale ruolo dovrebbero avere gli esperti scientifici nella formazione delle decisioni politiche? [5 July 2005] (translated into English )

Scientific governance: What role should scientific experts play in the formation of political decisions?

( 16 Settembre 2003 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Jacques Testart

In English

Le decisioni politiche non possono trovare un fondamento nella scienza.
Questa è, in estrema sintesi, la posizione di Jacques Testart. Possiamo leggere la sua argomentazione nell'articolo "Gli esperti, la scienza e la legge", pubblicato da Le monde diplomatique nel settembre 2000. La posizione di Testart è radicata nella tesi, di ordine epistemologico, che riguarda la valutazione delle conseguenze delle applicazioni concrete di una ricerca scientifica e il medesimo fondamento epistemologico è alla base della sua critica al Principio di precauzione.

Egli sostiene che occorre sforzarsi di tenere separato il piano etico di un giudizio da quello politico e da quello scientifico e, nel dirlo, sembra auspicare un presa di coscienza che privilegi quello che Hans Jonas chiamava "Principio di responsabilità", in quanto questo sarebbe fondato su una limpida posizione etica.

Il Principio di precauzione in questo sito: nel Percorso ad hoc e a pagina 6 degli Argomenti, dove si trova l'intervista di Margherita Fronte a Paolo Vineis

Se Jonas ammetteva, tra le soluzioni etiche, l'abbandono puro e semplice di un progetto, secondo Testart il Principio di precauzione porterebbe piuttosto a soluzioni di compromesso. La sua refrattarietà verso le decisioni presentate al pubblico come frutto di razionalità scientifica, e quindi "giuste", egli la esprime proprio nella critica a questo Principio, a questa linea di condotta politica che ripone pur sempre grande fiducia nella razionalità scientifica.

Aggiornamento del 25 settembre 2003

Su Jacquest Testart c'è anche un Percorso

A Testart delle decisioni politiche interessa il metodo prima ancora del contenuto e sostiene che, prima di tutto, una valutazione di ordine scientifico non deve essere mai confusa con una di tipo politico o con un giudizio etico. Per tale motivo egli ritiene sia necessario «rafforzare le procedure di informazione, consultazione e trattativa che garantiscono il funzionamento democratico delle nostre istituzioni» e ricorda come, in merito alla legittimazione delle decisioni, Michel Callon insista sull'importanza di mobilitare le conoscenze dei profani.

Dunque, il punto cruciale su cui verte l'argomentare di Testart è la legittimazione delle decisioni nell'ambito di quella che viene indicata come "scientific governance" e pertanto il suo impegno (politico) è disvelarne i fondamenti.

R. Viale, "Scienza e politica: dialogo fra sordi", La Stampa, 6 agosto 2003
R. Viale, "L'onorevole non crede alla scienza", Sole 24 Ore, Domenicale, 11 febbraio 2001

Di "scientific governance" parla appunto il recente articolo di Riccardo Viale, già presente nella nostra Rassegna stampa. E' opportuno soffermare l'attenzione anche su un suo precedente articolo, in cui egli forniva una chiara definizione di "scientific governance" e illustrava la funzione dell'epistemologia sociale. Una duplice funzione: valutativa e prescrittiva e questa seconda è, a suo avviso, motivo del ruolo fondativo per la Politica della scienza che all'epistemologia sociale dovrebbe essere riconosciuto.

La posizione di Viale è stata in questo sito già oggetto di discussione nel febbraio del 2001, quando alla proposta di lettura di quell'articolo seguirono due commenti, mentre in un terzo vennero fatti alcuni distinguo con riferimento specifico al campo delle biotecnololgie.

Viale, in quell'articolo, prendeva spunto dalla decisione dell'allora ministro dell'Ambiente Pecoraro-Scanio di modificare in modo molto restrittivo la soglia massima di esposizione all'elettrosmog. Le domande a cui intendeva rispondere erano le seguenti.
  • Quale ruolo devono avere gli esperti scientifici nella formazione delle decisioni pubbliche in varie materie, dalla salute all'ambiente, alla sicurezza tecnologica?
  • Secondo quali criteri i membri di una data società, ed in particolare delle sue istituzioni, devono promuovere, valutare ed utilizzare la conoscenza scientifica?
  • La scelta delle sorgenti di conoscenza e le modalità di produzione della stessa dovrebbero essere guidate da ragioni di natura sociale e culturale? In altre parole: è giusto non riconoscere il primato della razionalità scientifica?
In particolare Viale si soffermava sull'epistemologia sociale di Alvin Goldman (che sembra apprezzare), per cui scopo della scienza, ma anche del sapere empirico dell'uomo della strada, è di fornire attendibili rappresentazioni del mondo.

Il dibattito sul Principio di precauzione nel nostro forum in quel periodo (anni 2000 - 2001)

A parere di Corrado Roversi «l'inesistenza di una evidenza scientifica sulla presunta nocività di alcune tecniche-prodotti non è affatto, nè sarà mai, un'evidenza sulla loro non-nocività». Gian Maria Borrello, a sua volta, pur apprezzando l'articolo di Viale, ne criticava quella che riteneva una lettura impropria della funzione del Principio di precauzione, perché «il ricorso al Principio si inscrive, in definitiva, in un quadro generale di analisi del rischio, che comprende, oltre alla valutazione del rischio, la sua gestione e comunicazione». Andrea Amato, infine, proponeva di riportare al centro della riflessione i fini etici della ricerca.

Il dibattito più recente (dicembre 2002 - gennaio 2003):
Forum dedicato a "Esperimenti & Democrazia: il riso transgenico di Casalino"
(il rapporto fra scienziati ed opinione pubblica e il ruolo delle pubbliche amministrazioni nel porsi come tramite fra le esigenze della ricerca innovativa e le aspettative, in termini di informazione e di sicurezza, dei cittadini)

In English

Political decisions can have no foundation in science.
This, in a nutshell, is the position of Jacques Testart. We can read his arguments in the article on "Expert, Science and Law", published in Le monde diplomatique in September 2004. Testart's position is rooted in an epistemological proposition concerning an evaluation of the consequences of the actual application of scientific research; the same epistemological argument also underlies his critique of the Precautionary Principle.

Testart maintains that we need to make a determined effort to keep the ethical aspect of judgements separate from the political and scientific aspects. In saying this, he seems to be calling for the adoption of an informed stance that favours what Hans Jonas called the "Responsibility Principle", since this is assumed to be based on a clear ethical position.

While Jonas included purely and simply abandoning a project as one of a range of possible ethical solutions, according to Testart the Precautionary Principle would lead, rather, to compromise solutions. He expresses his refractory attitude to decisions presented to the public as being the fruit of scientific rationality, and therefore "right", in his critique of the Principle and of this line of political conduct that continues to place great faith in scientific rationality

With respect to political decisions, Testart is interested more in method than in content. He asserts first and foremost that scientific evaluations must never be confused with political ones or with ethical judgements. For this reason, he maintains that it is necessary to "reinforce the information, consultation and negotiation procedures that guarantee the democratic functioning of our institutions" and recalls how, with respect to the legitimisation of decisions, Michel Callon insists on the importance of bringing the knowledge of the "uninitiated" into play.

So, the crux of Testart's argument is the legitimisation of decisions in the context of what is called "scientific governance"; his (political) commitment is therefore to reveal the foundations on which they are based

The recent article by Riccardo Viale, which was presented in our Rassegna stampa (press review)), also speaks of "scientific governance". It might be timely here also to consider one of his previous articles, in which he provided a clear definition of "scientific governance" and illustrated the function of social epistemology. This is a double function, both evaluational and prescriptive, the second of these explaining, in his opinion, the fundamental role which social epistemology should be acknowledged as playing in establishing the Politics of Science.

Viale's position had already been discussed in this site, in February 2001, when our "signpost" to the article in question was followed by two comments, plus a third that made some distinctions specifically referring to the field of biotechnology.

In his article, Viale took as his starting point the decision by Pecoraro-Scanio, at that time the Environment Minister, to introduce some very tight restrictions to the ceiling on electrosmog exposure levels. The questions he was seeking to respond to were the following:
  • What role should scientific experts play in the formation of public decisions in matters ranging from health, to the environment, to technological safety?
  • Which criteria should the members of a given society, and in particular its institutions, follow in promoting, evaluating and using scientific knowledge?
  • Should the choice of sources of knowledge and the means of producing that knowledge be guided by social and cultural considerations? In other words, is it right not to recognise the primacy of scientific rationality?
Viale devoted particular attention to the theory of social epistemology espoused by Alvin Goldman (whom he seems to rate highly). According to this theory, the aim of science, but also of the empirical knowledge of the man in the street, is to provide reliable representations of the world.

The debate about the Precautionary principle developed in this site between 2000 and 2001

In Corrado Roversi's opinion "the absence of scientific evidence of the presumed harmful effects of certain techniques or products is in no way, and never will be, evidence of their non-harmfulness". Gian Maria Borrello, in turn, while appreciating Viale's article, criticised what he considered to be an incorrect reading of the function of the Precautionary Principle, because "recourse to the Principle should be viewed, ultimately, in a general framework of risk analysis that includes not just an assessment of the risk but also its management and communication". And finally, Andrea Amato proposed that the ethical goals of research should be restored to their central place in the debate.

The most recent debate (December 2002 - January 2003):
Forum on Experiments and Democracy: the transgenic rice of Casalino"
(the relationship between scientists and public opinion and the role of government in acting as intermediary between the needs of innovative research and the public's expectations in terms of information, security and safety).

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La scienza davanti ai giudici

( 16 Settembre 2003 )

( scritto da Vittorio Bertolini Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Il rapporto tra la scienza e la società è l'area tematica entro cui potrebbe essere collocato il libro di Sheila Jasanoff "Science at the bar" di cui parlo nell'item "Per una maggior democrazia della scienza ?" della Rassegna stampa.
La scienza davanti ai giudiciIl libro prende in esame il Diritto dei giudici, perché in tempi non recentissimi essi sono chiamati ad esprimersi sulle conseguenze della scienza nella vita civile, come nei casi del riconoscimento di paternità nelle pratiche di fecondazione assistita attuate dopo la morte del donatore, oppure quando il giudice è chiamato a riconoscere la brevettibilità di un gene. Inoltre, quando il giudizio degli esperti non è univoco, il giudice è oggi chiamato a decidere quale sia la "vera scienza".
Nel libro della Jasanoff leggiamo delle considerazioni che probabilmente non possono essere immediatamente trasposte al di fuori della realtà del diritto anglosassone ("case law"), tuttavia è interessante sottolineare come Negrotti, che lo ha recensito per Avvenire, ponga l'accento sull'aspetto politico della questione sottostante all'analisi della Jasanoff, e cioè il tormentato rapporto tra la libertà della ricerca scientifica e la necessità di applicare dei criteri di attribuzione della responsabilità per le conseguenze negative della scienza applicata che siano democraticamente condivisi. Questo è un concetto che, in estrema sintesi, può essere racchiuso nell'espressione "Scienza e Democrazia".
Di questo si è discusso, in questo sito, anche qualche mese fa: si veda la voce "Scienza, politica e società" nell'Indice degli Argomenti.

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Interfaces between Science & Society

( 16 Settembre 2003 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
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From: Bruna De Marchi
Date: Tue, 29 Jul 2003 11:09:58 +0200
Subject: For your knowledge - per conoscenza
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See in attachment [Ndr: click below on "Continua"] a story published by the Independent

On other matter.
Visit the website of the conference below

International Workshop "Interfaces between Science & Society" Milan (Italy), 27-28 November 2003 http://alba.jrc.it/interfaces/

Note by the editor:
In recent years science has come down from its academic ivory tower, and is now managed as a producer of intellectual property in a marketplace of corporate customers. There is another transformation, where science related to public policy has been brought into the forum of debate among concerned citizens. The first development has led to the industrialisation of the research enterprise. The second has led to the engagement of the public in the assessment of the relevant knowledge and the governance of its production. It is now appreciated that in a fully democratic society, science must submit to public scrutiny and participation in the appropriate ways. The task of this workshop will be to explore the implications of this new extension of democracy. The variety of interfaces between science and society will be explored, so that guidance on best practice in each area can be achieved. In every area, the workshop will be encouraged to a rounded view of the issues. Thus, while reviewing positive accomplishments and prospects for further progress, the discussion should include difficulties, disadvantages and dangers of such developments. In this way the workshop should contribute to enrichment and deepening of our understanding of these important new trends in the social relations of science.

[from http://alba.jrc.it/interfaces/]

Best to all

Bruna

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The GM plot: Scientist tried to sabotage work of top academic who is a sceptic, by Michael McCarthy, Environment Editor

Independent News : UK, 26 July 2003,

http://news.independent.co.uk/uk/environment/story.jsp?story=427631

Secret moves were made by a senior pro-GM scientist to sabotage the career of another academic who was sceptical about GM crops and food, it was alleged yesterday.

The pro-GM scientist tried to get the sceptic, Andrew Stirling from Sussex University, dropped from a research project by approaching the project’s funders and rubbishing Dr Stirling’s work. He failed, and Dr Stirling was later informed of the approach.

The source of the allegation was remarkable. It came from the website of the government’s official GM science review, in minutes endorsed by the review chairman and the Government’s chief scientific adviser, Professor Sir David King.

The accusation is one of the most serious in the past five years of bitter public and scientific disputes about genetically modified organisms. It has sometimes been suggested that pressure has been brought to bear on GM sceptics to moderate their views, by senior GM-supporting scientists.

The fact that Sir David takes the new allegation seriously gives it added force.

Dr Stirling, 42, an expert on risk assessment at Sussex’s science policy research unit, is a member of the GM science review panel. The panel published a report earlier this week which concluded that GM foods posed little risk to human health but warned that GM crops posed potentially serious risks for wildlife.

Dr Stirling was appointed on the recommendation of environmental and organic-farming pressure groups. The panel of 24 scientists and policy advisers includes members from both sides of the debate and others who could be described as neutrals. Their report, however, was unanimous.

The name of the man who allegedly attempted to damage Dr Stirling’s career has not been made public - although it is known that he is not a member of the review panel - and yesterday Dr Stirling refused to disclose it.

But he did say the person concerned, who had not approached or threatened him directly, had made a clandestine approach to a "senior official of a major research-funding body".

He told The Independent: "It was an approach in which my research was disparaged in strong terms and my professional standing was undermined. And this was because of the sceptical position I was taking on the science review panel."

When he learnt of the approach, he thought it should be made public and accordingly informed Sir David before the panel’s last meeting on 24 June. Sir David then informed the other panel members during the meeting.

Dr Stirling said: "This type of thing threatens to undermine the whole science advice process, and I hope that the public attention may help deter this type of pressure in future. As far as I am concerned, this particular attempt to exercise pressure has failed. It has been dealt with in the right way and it is time to move on."

But the sober language of the minutes published yesterday only serves to reinforce the dramatic nature of the allegation. The minutes state that the panel "depended fundamentally for its success on members being able to contribute in good faith, without fears that clandestine attempts may be made to undermine their research, their professional standing or their funding.

"The cumulative effect of such fears might easily serve to suppress open discussion, reasoned argument and substantive criticism of the kind whose importance the chairman had many times emphasised. Ultimately, such behaviour by individuals in privileged academic or regulatory positions threatened seriously to compromise the credibility and proper functioning of the science advice system. The panel strongly endorsed this.

"The chairman added that he understood from Dr Stirling that someone with an association with the Science Review had not been acting in this spirit and that if this was the case the chair deplored it. The panel concurred."

The minutes give several clues as to the person at the centre of the allegation, suggesting the person is in a "privileged academic or regulatory position" and has an "association" with the GM science review. This implies a senior pro-GM scientist, perhaps involved in regulation of GM crops and foods.

Dr Stirling sent a letter to Sir David in which he gave further details of the incident and its alleged perpetrator, although not naming him.

It was thought that the letter would be published alongside the minutes but it was omitted on the advice of government lawyers.

Sir David said last night: "I strongly abhor any attempt, which may have been made to undermine Dr Andrew Stirling’s professional standing.

"Together with others, Dr Stirling made an important contribution to the work of the panel, not least in the structured way in which we addressed the issues.

"He ensured that each issue was carefully and methodically considered. I have the highest respect for him, and indeed have expressed this to him on several occasions before he raised this issue with me.

"The panel’s deliberations were based on scientific evidence. No single individual or view was allowed to exert undue influence, or was ignored.

"Conclusions were reached by valid scientific argument and an evidence-based approach, properly accounting for uncertainties and gaps in knowledge.

"This produced an honest and unbiased report whose findings should be judged on their merits."

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Le innovazioni non riuscite

( 16 Settembre 2003 )

( scritto da Vittorio Bertolini Cliccare sul link per scrivere all'autore )

L'esperienza ci insegna che molte volte impariamo più dagli insuccessi che dai successi. Così lo studio di quelle innovazioni che, nonostante i più favorevoli presupposti tecnici e funzionali, non sono riuscite a decollare, ci permette di cogliere con più precisione la connessione fra innovazione e società.
Il tema delle innovazioni non riuscite, e delle ragioni sociali che ne hanno impedito il successo, è al centro del libro di Nicola Nosengo, giornalista scientifico, "L'estinzione dei tecnosauri. Storie di tecnologie che non ce l'hanno fatta" (Editore Sironi, 2003), vedi in Rassegna stampa FGB "Le ragioni sociali della fine dei tecnosauri".

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Aggiornato "Dalle cattedrali nel Medioevo... [...]"

( 15 Settembre 2003 )

( scritto da Gian Maria Borrello Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Aggiornato "Dalle cattedrali nel Medioevo... al Principio di precauzione... alla responsabilità nei sistemi" con un commento di Vittorio Bertolini.

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La scienza a teatro

( 15 Settembre 2003 )

( scritto da Gian Maria Borrello Cliccare sul link per scrivere all'autore )
Heisenberg e Bohr... sullo sfondo: il fungo atomico
Heisenberg e Bohr... sullo sfondo: il fungo atomico

A Modena, al teatro Storchi, lo spettacolo teatrale "Copenhagen", è stato lo spunto per una tavola rotonda alla quale hanno partecipato Pietro Greco e Sylvie Coyaud, giornalisti scientifici, Giovanni Battimelli dell’Università "La Sapienza" di Roma e Stefano Ossicini, dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

Su queste tematiche si veda, in questo sito, l' Indice degli Argomenti

Michela Bertolani ha scritto per il magazine online ReS un bell'articolo che ne fa egregiamente un sunto e che mostra una linea di congiunzione tra alcune tematiche che, peraltro, sono trattate con un certo rilievo anche in questo sito. L'articolo parla di responsabilità sociale dello scienziato, di brevettabilità degli organismi viventi, di conflitto di interessi dello scienziato e quindi del rapporto tra scienza e finanziamenti con sullo sfondo il mercato.

«Molti scienziati oggi si trovano a fare i conti con la responsabilità individuale e collettiva che sentono di fronte al potere economico, politico e militare. Negli statuti di molte università europee ci sono clausole per cui non si accettano fondi destinati a ricerche a scopo bellico. Negli Stati Uniti invece alcune università non accettano più finanziamenti dalle compagnie del tabacco.»

Paola Parmendola, nel suo blog, segnala l'articolo di Michela Bertolani all'interno di un post che riguarda, in modo più ampio, il magazine ReS

Una curiosità: che cosa c'entra la Fiat "Topolino" con Enrico Fermi? Scopritelo leggendo l'articolo su ReS.

Fiat 500 Topolino, 1936

Sempre su "Copenhagen" è uscito un articolo di Corrado Colorno pubblicato nel magazine online Golem. Colorno parla anche del "Prometeo" di Eschilo, diretto da Luca Ronconi, e di "Infinities", dell'astrofisico John Barrow.

«Il titano è il pròtos euretès dello strumento che permette agli uomini di sopravvivere, di non soccombere alla ferinità del mondo, di avere una luce che illumina la strada: Prometeo ha fatto agli uomini dono del fuoco, dal quale deriva ogni scoperta: è il principio stesso del progresso. Dalla cottura del cibo alla forgiatura del metallo, per utensili e arnesi e anche per leggere il mondo e il cosmo, fino alla costruzione di armi.

... Prometeo: colui che "pensa in anticipo"... si veda "Tecnoscienza e Responsabilità" (Argomenti, Gennaio 2003)

È la radice stessa della scienza come téchne, tecnica, arte pratica, e Prometeo è come fosse il primo scienziato, colui che conosce prima, il preveggente che domanda e indaga e per il dono che fa loro decide il destino degli umani.»

Prometeo incatenato

«In cinque stanze o sezioni si rappresenta l'infinito dalla prospettiva della matematica, provando a misurarsi con concetti inusuali, cui lo spettatore comune è assai poco avvezzo. La difficoltà della materia nello spettatore è la stessa che riconosce in sé il regista, che affronta il testo da non-matematico, ma da teatrante con l'intento di verificare come le strutture teatrali reagiscano diventando contenitori di teoria, sopportando una materia non teatrale e forse (su questo si scommette) anche anti-teatrale.»

Infinities

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Dalle cattedrali nel Medioevo... al Principio di precauzione... alla responsabilità nei sistemi

( 1 Settembre 2003 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )

AGGIORNAMENTO del 15 settembre [cliccare per raggiungerlo]


Jean Fouquet, 'La costruzione di una cattedrale', Quindicesimo secolo - cliccare sull'immagine per vederla ingrandita
Jean Fouquet, "La costruzione di una cattedrale", Quindicesimo secolo
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Estratti dal blog "Tout se tient" (aprile 2003)

Leone Montagnini (clic qui per andare al testo integrale)
«Negli ultimi anni ha preso sempre più consistenza una epistemologia debolista che insiste sulle singolarità, l’imprevedibilità, l’incertezza, il caos, la complessità. Si tratta di un modo di pensare estremamente importante, a cui dedico ricerche assidue da dieci anni, in quanto vi riconosco molte virtù che non bisogna assolutamente trascurare. Esso ci ha insegnato che in molte situazioni, dell’universo naturale come di quello umano, il principio di continuità (che, non lo dimentichiamo, fu introdotto da Leibniz come una versione del principio di ragion sufficiente) non può essere applicato, perché sono impreviste e imprevedibili. Ma questo --grazie al cielo-- non è vero sempre. Per cui non dobbiamo rinunciare mai a cercare di spiegare i fenomeni.»
Vittorio Bertolini (clic qui per andare al testo integrale)
«Molte teorie sono nate sulla base di tecnologie che poggiavano su teorie scientifiche quasi inesistenti.
«I maestri costruttori, capaci di progettare la struttura architettonica, curare la decorazione pittorica o scultorea, coordinare il lavoro degli operai, spesso si spostavano nelle varie città europee, laddove c’era in programma la costruzione di una cattedrale, portando la loro esperienza, spesso influenzata dalla cultura del loro paese d’origine.»
[brano tratto dalla presentazione di una lezione a cura della dott.ssa Emma D’Amico per il CESES]
Noi oggi ammiriamo le cattedrali gotiche, ma i costruttori delle cattedrali non conoscevano la statica e le loro conoscenze sulla resistenza dei materiali erano solo empiriche.
Opporsi agli ogm sulla base che la biologia molecolare non è ancora una scienza normale (nel senso di Kuhn) riecheggia l’atteggiamento di quegli astronomi e teologi di matrice aristotelica che si rifiutavano di guardare nel telescopio di Galileo.»
Gian Maria Borrello (clic qui per andare al testo integrale)
«Il cenno che Vittorio Bertolini fa ai costruttori di cattedrali mi ha rammentato un passaggio di un documento del '99 pubblicato anche nel sito della Fondazione Bassetti, in cui si ricordava come durante il medioevo le cattedrali venivano costruite pur in assenza di architetti e progetti. In quel caso l'esempio era usato in senso critico: la costruzione di una cattedrale viene sì intesa come rappresentativa di un sistema di responsabilità funzionante, ma ciò spinge "a contrario" ad osservare che oggi le organizzazioni complesse tendono a eludere (prima ancora che a negare) il problema della responsabilità e che, quindi, è su questo fatto che sarebbe necessaria una seria riflessione

[Nell'autunno del '99 avviai una discussione in argomento nel newsgroup it.arti.architettura: qui in calce trovate il link ai passaggi salienti]
Leone Montagnini (clic qui per andare al testo integrale)
«Il mastro artigiano che costruisce le cattedrali gotiche ha una tecnologia con un contenuto teorico non elevatissimo, anche se non lo sottovaluterei. Come sopperisce alla sua carenza di teoria? Non certo improvvisando, ma applicando moduli comportamentali tradizionali, cioè utilizzando tecnologie a bassa velocità di innovazione, e sovradimensionando i muri portanti, le travi ecc. Due aspetti che corrispondono, a ben vedere, ad un’applicazione ante litteram del principio di precauzione.
Questo però non è l’habitus del biotecnologo. I suoi metodi sono ad altissima velocità di innovazione, approntati in presa diretta con la produzione industriale, dove l’invenzione diviene quasi immediatamente innovazione e produzione di massa
Ecco i passaggi salienti (dal blog "Tout se tient") di un thread avviato nel newsgroup it.arti.architettura nell'ottobre del '99.

AGGIORNAMENTO:

[15 settembre]
Vittorio Bertolini
«L'osservazione che Montagnini fa sul principio di precauzione, di cui, in un certo senso, anche i costruttori di cattedrali si sono serviti (ma aggiungerei anche i costruttori delle piramidi e aggiungo anche gli ingegneri moderni, pur operando su basi teoriche molto più raffinate) mi spinge ad alcune ulteriori considerazioni.
Il quadro teorico di riferimento, quale che sia (compreso il sapere comune dell'uomo della strada), è sempre limitato rispetto alla complessità della realtà, a cui viene applicato.
Se, per esempio, calcolo un albero di trasmissione, so che il materiale usato ha una certa capacità di resistenza ricavata però, in un laboratorio, in determinate condizioni. Il materiale utilizzato ha subito cioè un processo che ha consentito di stimare il valore della sua capacità di resistenza. Con riferimento a tale valore, per ragioni precauzionali --ma anche per altri motivi (non intendo fare una lezione di ingegneria)-- si dà all'abero una dimensione maggiore, in base alla propria esperienza o secondo le norme vigenti.
La conseguenza del metodo seguito è che il rischio è quantificabile e abbastanza limitato. Inoltre, se, per esempio, il cavo è portante di un ascensore le conseguenze sono facilmente prevedibili e quindi la responsabilità del progettista è sufficientemente definita.
Se pensiamo invece alle applicazioni nel campo delle biotecnologie, il più delle volte il rischio e il danno sono ipotetici e imprevedibili, per non parlare della cumulabilità degli eventi.
A mio parere, questo implica che il principio di precauzione non dovrebbe essere preso alla lettera e che dovrebbe essere applicato in considerazione del quadro teorico disponibile.»

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Per chi ama sottolineare le linee di continuità nella storia

( 1 Settembre 2003 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Continuità nella storia

Estratti dal blog "Tout se tient" (Aprile 2003)

Gian Maria Borrello
(clic qui per andare al testo integrale)
«Leggendo gli estratti dal saggio di Pessina pubblicati nel sito della Fondazione Bassetti mi è tornato alla mente quanto diceva Montagnini nel forum di febbraio connesso al seminario di Longo:
"C'è un problema che mi affligge da tanto tempo: non sopporto che si insista sui salti senza guardare alle continuità."
Pessina, professore di bioetica alla Cattolica di Milano, ritiene che:
"Chi ama sottolineare le continuità storiche tende a vedere nella tecnologia un semplice incremento della tecnica e a far sorgere quest'ultima con la storia dell'uomo, che è da sempre, se così si può dire, un "animale" tecnico, cioè un vivente che sopperisce alle sue carenze istintuali con l'invenzione di utensili atti a garantirgli la vita.".
Mi chiedevo, quindi, se Montagnini ha letto quegli estratti e che opinione si è fatto in merito alla posizione espressa da Pessina.»
Leone Montagnini
(clic qui per andare al testo integrale)
«In generale, su alcune cose concordo pienamente col discorso di Adriano Pessina. In cui tra l’altro si evidenziano molti punti di contatto con quello di Giuseppe O. Longo. Condivido l’idea che attualmente ci si trovi di fronte ad una nuova fase della tecnica, che tende quasi a rendersi autonoma affrancandosi dalla scienza (capire bene cosa significa questo non è facile. Era uno dei punti più delicati del Forum con Giuseppe O.Longo, su cui è intervenuto anche Marcello Cini, che preferiva usare la crasi "scienza-tecnica"), come pure condivido l’idea che la tecnologia tende a modificare il modo di vedere il mondo, o l’idea dell’incrocio simbiontico di biologico e tecnologico. In tutto ciò va scorta molta novità, novità con cui occorre confrontarsi. Condivido con Pessina anche l’accento etico.
Però ritengo che se si recuperasse l’aspetto continuistico, l’idea cioè che l’uomo è un animale tecnico - proprio quello che nell’esordio dell’articolo Pessina mette fuori gioco - potremmo capire molte più cose sulla attuale società tecnologica. Non ritengo che tale asserzione conduca inevitabilmente, come sostiene Pessina, al neutralismo etico sulla tecnica.
...cercare la struttura che permane al di sotto delle novità...

Linee di continuità

Il mio richiamo alla continuità non è una negazione del momento di salto, ma un appello a cercare la struttura che permane al di sotto delle novità, per costruire una fenomenologia diacronica del rapporto tra uomo e tecnica sulla base della consapevolezza del viscerale, intrinseco, essere tecnico dell’uomo, in grado di pervenire ad una comprensione meno esteriore di ciò che sta accadendo.»

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Patricia Piccinini's Ethical Aesthetics

( 1 Settembre 2003 )

( scritto da Gian Maria Borrello Cliccare sul link per scrivere all'autore )

[in English]

Patricia Piccinini- Biosphere
Patricia Piccinini- Biosphere
Patricia Piccinini- Biosphere


Patricia Piccinini, pittrice, scultrice, creativa multimediale australiana, di fama internazionale, ci fornisce un esempio di arte critica nei confronti dei portati della scienza e della tecnologia. [in English]
Patricia Piccinini, internationally renowned Australian painter, sculptor, and multimedia artist, provides us with an example of art that is critical of the reach and effects of science and technology.

«What makes Piccinini's work so compelling is its use of aesthetics to develop an ethical position on one of the major conundrums of our time, namely the changing conceptions of life and nature under the onslaught of technology.
[...]
«Piccinini's work does not suggest that human intervention in the essence of life is morally wrong; exuding as it does the sophistication of high-end technology, her work partakes in a discourse of first-world progress founded on the commercialisation of scientific and electronic innovation. Piccinini rather forces us to confront that this intervention is well and truly with us, that the implications are not clear-cut but ambiguous, even contradictory, and that it is therefore vital that we see the consequences of technological innovation with clear eyes. With clear eyes, but also with a look of love.
[...]
Piccinini would urge us to bring an attitude of love to the products of technology, to accept our ethical mantle as creators.»
["Patricia Piccinini: Ethical Aesthetics"]

«Wonder is as important to me as politics. Something that art can do, and that makes it valuable, is that it can transport the viewer to somewhere new. It can create a new thing or experience that exists outside of the rules of global capital.
[...]
Contemporary technology is full of promises and myths. Media culture plays on our hopes and desires for technology with a multitude of pledges and assurances.
[...]

In questo sito:
Cloning: qui
The Internet, dot-coms: qui
Genetic manipulations: qui, qui e qui
Post-human bionics: qui

Il sito di Patricia Piccinini

Cloning, the internet, dot-coms, genetic manipulation, post-human bionics, nano-technology and the like are all going to revolutionise our world and make it a better place. No problems, no questions asked. This is of course rubbish, as is the idea that there is nothing valuable in any of these things. If I appear equivocal it is because I am. No system this vast or complex can be so easily evaluated, yet still we yearn for a straightforward guilty or not verdict. As artists, it is tempting to slip into the comfortable (self-righteous) position of providing such a verdict, and indeed it is important that we have an opinion. My solution to this is to be compromised; to allow myself the space within the work to enjoy what I criticise. Just because something is bad, doesn't mean it isn't good.»
["Artist Statement"]

Sull'argomento si veda anche il post nel blog "Tout se tient".

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