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Questi sono gli interventi del mese di Aprile 2004
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TUTTI GLI ARGOMENTI
trattati da Aprile 2000 (avvio del sito) ad Agosto 2004

Gli indici coprono il periodo che va fino ad Agosto 2004, mentre da Settembre 2004 gli Argomenti possono essere seguiti, in progressione cronologica, accedendo agli ARCHIVI (mensili) che si trovano in questa pagina, sotto l'elenco degli interventi.
I BLOG
e i
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che orbitano attorno a questa sezione

DiaBloghi
Blog di dialoghi sull'innovazione "poiesis intensive"

[25 maggio 2005]
"Rinnovare, cambiare o innovare?" è la nuova domanda apparsa in DiaBloghi!


[17 giugno 2005]
Leggi il "commento" scritto da Aleph V° in relazione al dialogo Cosa vuol dire che una cosa vale, e che vale poco o tanto?

BIBLIOGRAFIE
presenti in questo sito

Gli aggiornamenti nei BLOG - BLOG Updates

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Formare significa lavorare a fianco dei ricercatori [7 giugno]

( 30 Aprile 2004 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Roberto PanzaraniAbbiamo ricevuto dal Prof. Roberto Panzarani [*] il testo dell'intervista che ha rilasciato, qualche tempo fa, a TILAB (il Centro di Ricerca di Telecom Italia). L'abbiamo letta con interesse e abbiamo deciso di pubblicarla perché pensiamo che presenti numerosi spunti di discussione in relazione agli argomenti qui trattati.

Alla pubblicazione dell' intervista [12 May : translated into English] in questo sito hanno fatto seguito i seguenti commenti:

[*] Roberto Panzarani è docente di "Processi di Innovazione nelle organizzazioni" presso la Facoltà di Psicologia dell'Università La Sapienza di Roma.
Da molti anni opera nella formazione in Italia. E' stato tra l'altro responsabile della formazione in Alitalia, dove ha fondato l'Alitalia Business School. E' stato Presidente dell'AIF (Associazione Italiana Formatori) e Presidente di Governance (Associazione per la promozione della conoscenza e delle competenze per l'esercizio delle responsabilità direzionali).
Nel 1999 è stato consulente per la Presidenza del Consiglio nella stesura del Master Plan per la Formazione. Esperto di Business Innovation lavora con il top management delle principali aziende italiane

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Fragole con la testa di merluzzo?

( 21 Aprile 2004 )

( scritto da Vittorio Bertolini Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Nella sezione Argomenti, in Marzo, è stato dato un certo spazio al tema dell'informazione sugli Ogm. Se nella Rassegna Stampa del 19 aprile, nell'articolo "Tre voci sugli Ogm" si ritorna sull'argomento Ogm è perchè l'informazione sulle biotecnologie è paradigmatica del rapporto, non sempre lineare, fra comunicazione tecnico-scientifica e opinione pubblica.

Tutti i Percorsi

I Percorsi, tutti chiusi nell'Agosto 2002, sono oggi integrati all'interno degli Argomenti: si veda l'indice di tutti gli Argomenti trattati a partire dall'avvio del sito (lo trovate sempre all'inizio della pagina di Argomenti)

Fra i vari fattori che alimentano la diffidenza del grande pubblico nei confronti dell'informazione vi è che essa, il più delle volte non è asettica (vedi, in questo sito, il Percorso "Il conflitto di interesse nella scienza"). Anche sulle più prestigiose riviste scientifiche. Per esempio, su il Riformista del 10 marzo è stato riportato un articolo di Anna Meldolesi dove si denuncia un infortunio della rivista Lancet, che nel 1998 ha pubblicato uno studio che poi si è rivelato non corretto dal punto di vista scientifico, ma, per sopramercato, è risultato che l'estensore dello studio ha ricevuto dubbie sovvenzioni a seguito della pubblicazione. Come sappiamo, questo non è certamente né il primo né l'ultimo caso. E se ciò avviene per riviste serie e di prestigio come Lancet, immaginiamoci quanto può capitare nella stampa quotidiana o in televisione, dove spesso, tolte le scarse rubriche scientifiche, l'informazione si risolve in spot di qualche secondo. Il problema perciò è, a mio parere, non esigere la correttezza dell'informazione, ma conoscere il "mulino" che macina l'informazione. Se, per esempio, un articolo sugli Ogm so che è di Assobiotec, o per converso dell'associazione delle aziende del biologico, posso leggere le loro affermazioni con un certo beneficio di inventario.
Purtroppo non è mai molto chiaro chi sia il "mugnaio". Per questo è importante favorire il pluralismo, accettando anche che l'informazione sia di parte, pur che sia chiara la parte. Con la precauzione però di distinguere l'informazione dalla disinformazione. Per esempio, qualche anno fa, una catena di supermercati distribuiva un opuscolo per spiegare l'ingegneria genetica e se è vero che il testo poteva essere considerato abbastanza corretto (nel limite di una divulgazione rivolta alle famiglie) vi era anche l'immagine di una fragola con la testa di merluzzo. Mi chiedo se nell'immaginario collettivo ha influito più l'immagine o il testo.
Sotto l'aspetto della chiarezza delle fonti l'articolo ripreso nella Rassegna Stampa mi è parso particolarmente significativo. Infatti, al di là del merito, che ciascuno può valutare secondo le proprie conoscenze e, perché no, anche secondo le proprie idiosincrasie culturali, è importante che sia chiaro quali siano gli interessi che stanno dietro alle voci che dialogano.
Volendo fare l'avvocato del diavolo, se il portavoce della Monsanto afferma che il prezzo delle sementi ha avuto un incremento inferiore ad altri prodotti, posso sempre chiedermi, e chiedere ad una fonte diversa, se un mercato meno oligopolistico avrebbe dato un risultato migliore.

Pesce fragola

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Making the point on the last post in the Blog 'Innovation, Risk and Governance'

( 17 Aprile 2004 )

( scritto da Daniele Navarra Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Sunil Bedi's intervention published in my Blog 'Innovation, Risk and Governance' is a reply to one of the many thought provoking entries posted in my space. In this case the entry to of reference is 'International Disputes Over Disaster Responsibility: Whose Law is Better?'.

In that article I talked about the effects of unregulated business activities in Less Developed Countries (LDCs). Some LDCs do not have a legal systems as sophisticasted or as strong as advanced nations, especially on the regulation of international business standards. Therefore one of the consequences for those nations whose legal framework is weaker or unprepared is the location of business activities considered unsafe, polluting or of hazard in developed nations. This leads to great risks for the environment, the health of the local population and the safety of the labor force. There is also a growing international debate about what should be done once major disaster occurs, how to account for the losses and the damages, how to resolve conflicts and disputes of this nature when actors operate across borders and how to make sure that judgement on these issues will be just and fair. In nuce, much of debate focuses on the 'how' question of dealing with the increasing complexity of ever increasingly interdependent world.

With regards to this last point, Sunil Bedi proposes first the separation of human from financial disasters and then suggests as a solution the extension of the powers of the International Criminal Court of Justice to monitor and solve such issues. However, from Sunil Bedi's letter it is not clear to me if such body should also be entitled to enforce the sanctions as well as to deliberate regulations globally. That would make an altogether different point on the role of such institution. In my opinion, the extent to which a single entity can undertake such a gigantic task raises a number of operational questions. Take as an example what is happening in the field of genetic research in agriculture. Every day a number of measures are taken to regulate every aspect of the new technology, which has been developed from a variety of collaborative agreements with research centers spread all around the world. What will happen if something will go wrong in the future? Probably, a risk might be that it is going to be very difficult to find where responsibility lies for the damages caused.

That is the reason why even if the last entry does not seem to be related to the thread of the report on 'Modern Biotechnology in LDCs: Governing Innovation in India's Agricultural Markets' currently under publication in a series of posts in the Blog 'Innovation, Risk and Governance', hopefully the next section on 'The reality of India - Poison Can Be Sweet Too' and the others that will be published herafter will shed some light on this matter.

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Dal Golem all'intelligenza artificiale: la scienza in teatro per una riflessione esistenziale

( 14 Aprile 2004 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Questo articolo ha il titolo che Silvana Barbacci ha dato al suo saggio pubblicato nel sito del giornale del Master in Comunicazione della Scienza della Sissa, intendendo per "riflessione di tipo esistenziale" «una riflessione che ha a che fare con temi che riguardano intimamente l'uomo, il significato del suo essere nel mondo, la responsabilità del suo agire. In questo senso la scienza non offre al teatro contenuti, ma una materia viva da cui scaturiscono domande sul senso della storia, della vita e della morte.»

Il saggio analizza tre opere teatrali (R.U.R, Rossum's Universal Robots di Karel Capek, Il cervello nudo, di Giuseppe O. Longo e I Cinque di Cambridge, di John L. Casti, nell'adattamento per il teatro) che, «ognuna a suo modo, sottopongono lo spettatore a una riflessione sul tema delle "macchine pensanti", frutto del sogno demiurgico dell'uomo di imitare l'atto della creazione divina».


La "rimozione del corpo"

Uno dei leitmotiv interni al saggio che vorremmo qui evidenziare è quello della "rimozione del corpo", cioè la questione (interna a tutto lo sviluppo dell'Intelligenza Artificiale, ma che, ovviamente, ha radici storico-filosofiche molto profonde) che consiste nell'indagare la consustanzialità del corpo rispetto all'intelligenza (e alla mente... e alla coscienza di sé).
Anche nell'immaginario dei racconti (fanta)scientifici, è forte la presenza degli scritti in cui testa, corpo e cervello vengono separati, composti con le loro copie artificiali. Come se la relazione tra la mente e il corpo fosse poco chiara, un campo tutto da esplorare. E in effetti è così.
La posizione di partenza degli studi sull'intelligenza (ma anche il pensiero comune) tende subito a due domande di base: "dove si posiziona il pensiero" e "dove si colloca il sé".
Sono domande sul corpo che di per se stesse cercano la "sezionabilità", come se fosse una strada ambita poter superare la base fisica del pensiero.
La "rimozione" del corpo di cui al saggio, sottolinea appunto come i primi anni di studi sull'Intelligenza Artificiale si siano avviati lungo una via dove il corpo veniva ignorato o sostituito, senza che fosse concepito come parte in causa.
La soluzione, d'altra parte, a livello di speculazione inventiva (v., in questo sito, i testi citati in "11 creature"), non poteva dare risposte, senza che venisse scelta una direzione.

Il Principio di precauzione in questo sito:
• nel Percorso dedicato;
un'intervista di Margherita Fronte a Paolo Vineis sui rischi delle nuove tecnologie applicate alla vita e sul principio di precauzione (negli Argomenti di Novembre 2002 - Gennaio 2003)

A volte, di fronte a un bivio incerto prendere a caso una delle strade è l'unica cosa buona da fare, ma... in altri casi è sostare fino a che non si è ricevuta qualche informazione che permetta una scelta? (questa domanda ci riconduce alla tematica del "principio di precauzione" e delle responsabilità delle scelte in campo scientifico).

Sulla "rimozione del corpo" è abbastanza noto il punto di vista di Giuseppe O. Longo, frequentatore di questo sito (al quale siamo riconoscenti del seminario in forma di forum, ricco di tanti spunti e approfondimenti, svoltosi qui, cioè on line, all'inizio dell'anno scorso): «Se dico che il corpo è uno "strumento" non lo dico certo per sminuirlo, ma al contrario per indicare la sua assoluta pregnanza: per me la tecnologia (di cui il corpo è il primo e più fondamentale elemento) è costitutiva, non superficiale: il corpo è il filtro, l'interfaccia con la quale siamo collegati con noi stessi e con il mondo. Il sogno di meccanizzare il pensiero e, soprattutto, di esorcizzare le misteriose e inquietanti capacità del genio ha segnato tutta l'età moderna, e ha portato all'invenzione di una serie di estroflessioni cognitive, più o meno raffinate ma sempre di natura automatica, nel tentativo di ottenere con un sol colpo di manovella tutte le proposizioni vere, tutti i risultati esatti, tutti i teoremi dimostrabili. Ma il colpo di manovella provoca un'alluvione di proposizioni vere tra le quali il cieco automatismo della macchina non consente di distinguere quelle insignificanti da quelle davvero importanti. La discriminazione può essere compiuta solo dagli esseri umani in base alle loro capacità e ai loro interessi esistenziali: quindi la complessità della persona e lo spettro del genio, cacciati dalla porta, rientrano dalla finestra. Il genio, con le sue qualità misteriose e lussureggianti, la sua intuizione ingiustificabile e le sue creazioni arbitrarie, causa nelle persone comuni uno sgomento e un timore reverenziale che da un momento all'altro possono tramutarsi in avversione, odio e furore.» (replica del 14 febbraio 2003; link al testo integrale del Forum)
[ * ]

Il leitmotiv della "rimozione del corpo" appartiene, poi, all'alveo della tematica del "Post Human", che in questo sito ricorre in diversi momenti e sotto vari profili di approccio; il più completo è probabilmente quell' "11 Creature" più sopra già indicato.


Mondo eccessivo e caotico; ordine e disordine; responsabilità e innovazione

C'è, inoltre, una frase di Longo, ripresa dalla Barbacci, che ci pare densa di significato per le attinenze che può avere con la tematica di base che costituisce la ragion d'essere della Fondazione Bassetti. La frase è la seguente: «Corpo e genio sono simboli e attori del disordine, si oppongono dunque al continuo tentativo dell'uomo di impartire ordine e regola al mondo eccessivo e caotico nel quale viene a trovarsi. Con l'aiuto della ragione, della razionalità computante, l'uomo cerca sempre infatti di ricostruire la realtà, sostituendo al mondo dato, troppo florido e rigoglioso, un mondo più asettico e meno violento, un mondo misurato e dominabile che gli consenta di sopravvivere.»

Ordine che si contrappone al disordine... ci si può anche chiedere se possa esservi una sovrapposizione semantica con responsabilità e innovazione. Ma allora, se si sceglie di stabilire tale affinità concettuale, potrebbe darsi la conseguenza che siamo di fronte a una contrapposizione? In altri termini: tra agire innovativo responsabile e agire innovativo può esservi un contemperamento, oppure v'è sempre un procedere dialettico per contrapposizione e sintesi?
Una chiave d'approccio potrebbe consistere nel porre l'attenzione sull'opinione di Longo secondo cui «l'uomo cerca sempre di ricostruire la realtà, sostituendo al mondo dato, troppo florido e rigoglioso, un mondo più asettico e meno violento, un mondo misurato e dominabile che gli consenta di sopravvivere.»
"Un mondo misurato e dominabile"... all'interno di quale visione del mondo è allora coerente immaginare l'innovazione come azione scardinante, e quindi rivoluzionante, rispetto un sistema precostituito?
Se possiamo convenire sul fatto che uno spazio all'innovazione può essere immaginabile sempre esistente, così come non si può immaginare una realtà senza imprevisti, allora potrebbe porsi la questione della gestione di questo spazio, sia che noi fossimo per una limitazione di quest'area, sia che ci ponessimo nell'ottica di un mondo totalmente caotica.

In proposito, la seguente osservazione della Barbacci può far luce su una possibile tesi, quella di Karel Capek, l'autore di R.U.R, Rossum's Universal Robots: «Capek non aveva fiducia nelle riforme violente che prospettavano scenari radiosi per il futuro e non si faceva molte illusioni sui cambiamenti. Per questo, nel suo testo, per bocca di Alquist [Ndr: il protagonista del racconto] prevale un'inclinazione verso l'equilibrio, il rispetto per la natura e gli altri esseri umani e viene sottolineato il valore dell'amore come unica possibilità di riscatto.».


L'arte come mezzo di conoscenza del mondo

Un altro leitmotiv che è possibile riscontrare nel saggio è quello dell'arte come mezzo di conoscenza del mondo immediata, cioè --appunto-- non mediata dalla ragione. Di questo (o meglio: anche di questo) si sta discutendo nella conversazione che si svolge da qualche settimana in questo sito.

Le tre opere analizzate nel saggio «non sono certo gli unici esempi --scrive Silvana Barbacci-- di come temi inerenti alla creazione imitata e alle macchine pensanti arrivino in teatro, ma sono particolarmente significativi perché, attraverso realizzazioni sceniche differenti, con contenuti e punti di vista diversi, mostrano la bifrontalità del rapporto fra scienza e teatro: il teatro che guarda alla scienza e la scienza che guarda se stessa in teatro».

Il rapporto fra scienza e teatro è stato da ultimo toccato in questo sito lo scorso settembre: "La scienza a teatro"


Coscienza (e quindi) dolore (e quindi) responsabilità

Una pagina dedicata a "Il cervello nudo", sul sito Erewhon

Il tema della responsabilità è d'altra parte insito nel opera drammatica di Giuseppe O. Longo intitolata "Il cervello nudo" e presa in esame nel saggio della Barbacci: un testo scritto per il teatro che ruota attorno a tre concetti che sono l'uno completamento degli altri: coscienza, dolore, responsabilità.

Il dialogo seguente, che si svolge fra due personaggi del racconto, compendia la morale che l'autore sembra privilegiare: il progresso, inteso nel senso della tecno-scienza ci appare quasi dotato di una sua intenzionalità impersonale (nonostante questi due termini possano apparire antitetici) nello sfuggire alla memoria di «quel luogo oscuro e baluginante cui tendiamo di continuo, il luogo della germinazione prima, dei defunti, delle premonizioni, dei consanguinei, dei figli. Un luogo dal quale ci siamo sforzati di uscire per riscattarci dalla condizione umana [Ndr: il "Post Human"...], ma che non cessa di chiamarci con una voce che si ode quando si attenua o tace il frastuono del pensiero e delle macchine. E' questo luogo che la razionalità rifiuta, il punto delicato e sensibile in cui incontriamo noi stessi per diventare ciò che siamo, e riflette il carattere elusivo e peculiare della nostra umanità. Portiamo in noi il marchio di tutte le cose, e anche dell'ombra dalla quale siamo usciti: che cosa comporta il distacco volontario dalla nostra linea germinale? La ricostruzione formale del mondo significherebbe appunto un rifiuto della nostra storia psicobiologica, del corpo e delle sue istanze fondamentali, una svalutazione dell'inconscio e una negazione della femminilità»

Il protagonista del racconto, pur non rinnegando la scienza, sostiene il valore profondo della moderazione, che è anche figlia di un approccio umile al mondo. Di un approccio, cioè, che dovrebbe essere ispirato da origini antiche, visto che è frutto della nostra coscienza, della coscienza (anche dolente) di ciò che siamo, del nostro potere, anche distruttivo, così come dei nostri limiti. Moderazione e umiltà... un modo di essere che, in ultimo, potrebbe forse risultare di grande aiuto per un progresso responsabile.
Il progresso... ecco come il progresso appare drammatico agli occhi del protagonista: «... il mondo è in pericolo deviamo i fiumi dalla Siberia! Trasciniamo gli iceberg all'Equatore! Mettiamo in orbita mille satelliti armati di specchi, così che le nostre città siano sempre illuminate da un riverbero implacabile!... Follie... [...]. Tutto è contaminato, devastato.vedo solo tralicci contorti, stazioni di servizio annerite dagli incendi, aeroporti abbandonati, opifici fumosi, deflagrazioni silenziose ai margini dei deserti, dalle foreste pluviali salgono velenose spire di fumo.e tutto ciò per opera di anonimi servi industriosi, gnomi della tecnica, laboriosi insetti che ripiombano nel nulla dal quale sono usciti un momento per portare il loro trascurabile contributo allo sfacelo del mondo... e questo contributo, per quanto minuscolo, per quanto infimo, pure sommandosi a tutti gli altri minimi contributi corrode e corrompe e intacca....»

Ma è il finale che riserva la vera e ultima morale del racconto, perché la "salvezza" dell'uomo dalla sua "perdizione" verrà solo se egli saprà ascoltare, in silenzio, la voce del mare, segreto della vita.
Il senso del limite, se vogliamo: un limite, interno a noi stessi, che è anche il mistero di chi siamo e del perché siamo. Se questo "senso" è radicato nell'essere umano per motivi biologici (preumani?) --e da qui il rifiuto del corpo, l'anelito al Post Human a cui abbiamo già accennato-- esso può forse richiamare alla mente un "senso del limite" che abbiamo preso in considerazione, in queste pagine l'anno scorso, nella visione di un filosofo di matrice cattolica, Adriano Pessina, il quale però parla non tanto di "senso del limite", quanto piuttosto di "'senso' del possibile e orizzonte del limite nella civiltà tecnologica".

Adriano De Laurentis, 'Paesaggio marino'

-- Adriano De Laurentis, "Paesaggio marino" --
(in www.delaurentis.it/)


Shosetsu

La riflessione esistenziale... ma torniamo al teatro: con "I cinque di Cambridge", una versione teatrale tratta dall'omonimo romanzo di John L. Casti, scrittore di scienza, che è stata curata da Luca Scarlini per il Festivaletteratura di Mantova del 1999. Nella nota al testo citata dalla Barbacci, Casti dice che il suo «non è proprio un romanzo, ma un'opera di fiction, anzi di quel nuovo genere che mi piace chiamare "fiction scientifica". La parola giapponese per questo tipo di lavoro è shosetsu, un termine molto più flessibile e ricco di 'romanzo'. Un'opera di questo genere, pur contenendo elementi di fiction, è qualcosa di più di una cronaca; è un'opera che tenta di trasferire in uno scenario fittizio le questioni intellettuali e conoscitive su cui si confrontano gli esseri umani impegnati nel modellare la scienza e la tecnologia del proprio futuro.»

I lettori di questo articolo troveranno una risposta a numerosi interrogativi (quali, per esempio, le trame delle tre opere teatrali) proprio nel saggio di Silvana Barbacci, dal quale desideriamo citare, da ultimo, le parole con cui (appunto) si conclude: «Di queste tre opere, in particolare "Il Cervello nudo", che nasce con la motivazione del teatro scientifico, mostra come il teatro possa ben coniugarsi con la scienza quando questa fa sorgere problemi che riguardano intimamente l'uomo, nel suo essere nel mondo e nella responsabilità del suo agire: in altre parole, quando la scienza diviene motivo di una riflessione più ampia, che trascende l'ambito dei suoi contenuti e si esprime nella domanda sul senso del mondo, della vita e della morte. Così il teatro torna ad essere il luogo di rappresentazione di quel nostro privato teatro interiore, che è la coscienza, dove queste domande si affacciano insieme ai pensieri, alle fantasie, ai sogni.»


Si vedano anche:



[*] Longo descrive un "Homo Technologicus" simbionte, un'evoluzione dell'uomo attraverso l'integrazione con la tecnologia; ma «uno degli inconvenienti più gravi a questo riguardo è la diversa velocità con cui si sviluppano la tecnologia, la nostra capacità di adattamento e le interfacce tra uomo e tecnologia (si tratta di direttrici evolutive spaiate [...]). Insomma il simbionte Homo technologicus fatica ad armonizzare le proprie componenti eterogenee e l'una rischia di soffocare l'altra. Gli antichi meccanismi del corpo (fisiopsicologici) soffrono per il contatto, anzi l'invasione, della tecnologia: la tecnologia è sempre un filtro, nel senso che potenzia (o addirittura rivela) certe capacità, ma ne indebolisce o sopprime altre, che magari sentiamo intimamente nostre e indispensabili. Ma la tecnoscienza è disposta a darci il tempo di cui avremmo bisogno per adattarci? O magari per rifiutarla? Ne dubito, proprio per l'accelerazione (da retroazione positiva) che anima l'innovazione: è proprio quest'accelerazione che a volte dà l'impressione che la tecnologia sia una componente autonoma o quasi del sistema complessivo, e questa autonomia percepita preoccupa molto chi vede nella tecnologia una minaccia all'identità dell'uomo.» (replica del 12 febbraio 2003; link al testo integrale del Forum)

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Pubblicata oggi la prima parte della relazione su 'Modern Biotechnology in LDCs: Governing Innovation in India's Agricultural Markets'

( 2 Aprile 2004 )

( scritto da Daniele Navarra Cliccare sul link per scrivere all'autore )

In English

La relazione è il prodotto di una ricerca condotta per conto della FGB in India della durata di circa tre mesi. Mi auguro che questo scritto possa essere di interesse ai lettori, sperando soprattutto di stimolare una discussione costruttiva che aumenti il dialogo e l'interazione tra gli iscritti sui temi dell'innovazione nel settore delle biotecnologie agricole, tema tanto importante quanto attuale.

Qualora qualcuno tra i lettori volesse intervenire può scrivermi a navarra@fondazionebassetti.org per sottoporre opinioni, informazioni o commenti:

Vi ringrazio per l'attenzione e rimango in attesa di ricevere un vostro feedback,

Diego Daniele Navarra


The report is the product of a research of approximately three months, carried out on behalf of the FGB in India. I hope that the document can be of interest to the readers, keen to stimulate a constructive discussion to increase the dialogue and the interaction between the readers about innovation in the area of agricultural biotechnologies, a topic as important as actual.

If someone among the readers would like to take part to the discussion, she/he can write to me at navarra@fondazionebassetti.org to submit opinions, information or comments.

Thank you for your attention and I look forward to receive your feedback,

Diego D Navarra

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