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Gavino Massidda
   (10.09.05)
Aleph V°
   (17.06.05)
Marlene Di Costanzo
   (28.03.05)
Giacomo Correale
   (25.03.05)

 

Cosa vuol dire che una cosa vale, e che vale poco o tanto?

(di Daniel Smith, 25 Marzo 2005)
Questo dialogo risponde alla seguente Domanda: Una idea che non si sa "come si fa", vale?

-- Ambientazione --
«(Del valore e del farsi delle idee) Uno dei dialoganti vuole invitare un po' di persone a cena, ma non sa che piatti preparare. Chiede consiglio, ma, nonostante i suggerimenti gli sembrino proprio adatti a quel che vuole fare, scopre che neppure colui che lo sta consigliando sa come preparare i piatti indicati. Eppure il consiglio è ottimo.
Lo scambio di idee tra i dialoganti presto porta a questa domanda (il dialogo non necessariamente coinvolge colui che ha dato i consigli sul menu):
Una idea che non si sa "come si fa", vale?»
mi dai un tuo quadro per una capra?

Uomo Primitivo: Cosa vuoi in cambio per darmi uno dei tuoi quadri?
Pittore del movimento "Nuovi artisti ed economisti": Per quello più piccolo mille euro.
UP: Cosa sono gli euro?
PNAE: Sono dei pezzi di metallo o delle foglie dette "carta" che la gente ritiene utili.
UP: Come una delle mie capre?
PNAE: Sì, più o meno come le tue capre.
UP: Mi dai un tuo quadro per una capra?
PNAE: No, il mio quadro piccolo vale cinque delle tue capre.
UP: Cosa vuol dire "vale"?

PNAE: E' un modo di dire per confrontare quadri e capre, se si vuole scambiarli.
UP: Bene, tieni le capre, e dammi il quadro. Ma tu che ci fai?
PNAE: Le porto nel mio cascinale in Chianti. E tu con il quadro?
UP: Me lo metto nella grotta. Così imparerò a fare dei graffiti diversi, nuovi, che fanno capire di più quello che voglio dire. Ma non ho capito cosa servono gli euro.
PNAE: Noi moderni li usiamo sempre. E' raro che scambiamo un quadro con delle capre (anche se accade ancora più di quanto si pensi, ad esempio quando si scambiano delle cose chiamate "aziende"). Per esempio, se uno vuole comprare un'auto (cioè quattro ruote di tipo nuovo) può averla dando in cambio ventimila euro.
UP: Forse che gli euro sono come quei pezzetti di vetro meravigliosi in cui si vede la propria faccia, o quegli oggetti che fanno tic-tac come se fossero vivi, che alcuni di voi ci hanno dato in cambio di quei brutti pezzi di pietra gialla di cui, non capisco perché, andavano matti?
PNAE: No. Gli euro servono solo per vendere e poi comprare qualcosa. Solo certi maniaci li accumulano per il gusto di averli e guardarli. Comunque, ventimila euro sono il prezzo dell'auto, diciamo che valgono quella macchina.
UP: Non capisco: se l'auto e i ventimila euro hanno lo stesso valore, allora perché li scambiano?
PNAE: Giusto: il prezzo non è il valore, anche se si confondono spesso. E' evidente che se io compro l'auto e ti do ventimila euro, per me la macchina vale più dei ventimila euro, e per te gli euro valgono più della macchina. Come nel nostro scambio del quadro con le capre.
UP: Così siamo tutti e due più contenti di prima, no?
PNAE: Sì, è proprio così. E' questo il bello di scambiarsi le cose, di andare al mercato per farlo. Il mercato poi è piacevole perché s'incontrano altre persone, si chiacchiera del più e del meno.
UP: E' strano. Molti vengono nella mia grotta e dicono: poveretto, quello vive in una grotta. Ebbene, io non venderei mai la mia grotta per comprare una di quelle orrende scatole squadrate dove vivono i moderni. Oltre tutto, per la mia grotta mi darebbero quattro dei vostri euro, mentre ne vogliono migliaia per quelle brutte scatole.
PNAE: E' vero. In grande, è un po' come con le mie scarpe vecchie: nessuno me le comprerebbe, eppure io non le darei via per tutto l'oro del mondo (è un modo di dire.).
UP: In confidenza: il tuo quadro mi piace moltissimo, e sono contento di averlo. Ma non credo che mi darebbero mille euro se volessi darlo via.
PNAE: Può darsi. Per lo più i moderni danno più importanza alle cose cosiddette "utili", o che fanno guadagnare. Però c'è chi spende cifre enormi, ad es. per un apparecchio che fa sentire meglio la musica, più che per una lavastoviglie o per una macchina utensile.
UP: Io non capisco questa mania che hanno i moderni per le cose nuove solo perché sono nuove. Io non voglio una casa al posto di una grotta. Se mai mi piacerebbe una grotta più comoda, come quella del mio vicino di grotta. Intanto, con il tuo quadro la mia si presenta molto più accogliente. E questo per ora mi basta.
PNAE: Ti ringrazio per questo giudizio, che mi consola. Infatti quando vendo un quadro, molti, dopo aver sentito il prezzo, mi dicono: "Esagerato! Quanto ti sarà costata la tela, i colori, la cornice? Molto meno di quello che chiedi!". Capisci? Non afferrano che in un quadro quel che conta è l'unicità della visione, l'idea, il momento creativo". Certe volte sembra che lo capiscano, e spendono milioni per comprare quadri come quelli di un famoso pittore la cui opera spesso è consistita in un semplice taglio della tela. Ma in realtà non comprano il quadro, di cui non capiscono niente. Tirano fuori degli euro oggi per ricavare più euro domani. Sono alienati!
UP: Da noi, prima tutti giocavano, ballavano, cantavano e suonavano con tutto quello che gli capitava tra le mani, facevano graffiti, ma mica per dire qualcosa di preciso, solo perché è piacevole disegnare e colorare. Tutto questo aveva un valore, come e più del mangiare (che pure è necessario per sopravvivere e piacevole). Ora ci sono certi che vanno in giro e dicono: "Ma cosa stai facendo? A che cosa ti serve?". E' questa frase: "A che cosa ti serve" che mi preoccupa. E' una brutta frase, che non mi fa prevedere nulla di buono.
PNAE: Beh, però con la ruota avete potuto vivere molto meglio, trasportando legna e animali cacciati! La sola idea della ruota ha avuto un valore molto maggiore del legno usato per farla, e di miliardi delle tue capre allevate dai tuoi tempi ai nostri giorni. Oggi c'è un'esplosione di nuove idee, utili o no.
UP: Chissà quante capre - scusami, quanti euro vengono pagati per tutte queste idee!
PNAE: Dipende, certe idee vengono valutate e pagate moltissimo, altre molto meno di quello che in realtà (ma cos'è la realtà?) valgono, altre vengono considerate prive di valore e magari valgono molto, ma restano nascoste come una grotta sotterranea con splendide stalattiti, altre - spesso le più straordinarie, le più creative - vengono capite e apprezzate dopo tanti anni, magari quando l'autore è già morto. Così va il mondo!

Daniel Smith è uno pseudonimo. Se vuoi sapere di chi si tratta, mandami una email: .



Contributi, appunti e annotazioni dei lettori e della Redazione FGB
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Contributo di Giacomo Correale, scritto Venerdì 25 Marzo 2005 alle 13:06
Questo contributo riguarda il dialogo intitolato "Cosa vuol dire che una cosa vale, e che vale poco o tanto?"
Domande:
Perché due persone barattano le cose che hanno?
Cosa vuol dire: "questa cosa vale cento euro"?
Perché le vecchie pantofole a cui sono tanto affezionato non "valgono" niente?
Perché se compro una macchina per ventimila euro, il venditore è contento e anche io?
Kahneman (psicologo, premio Nobel per l'economia) e il suo "Indice del benessere nazionale" (National well-being Account) da sostituire al PIL (Prodotto interno lordo, o GNP, Gross National Product).
Vale più un pianoforte o una macchina utensile dello stesso prezzo?
Perchè se cambio la confezione di una tavoletta di cioccolata posso venderla al doppio del prezzo?
Perché i selvaggi scambiavano un pezzo di vetro o una vecchia sveglia con dell'oro? Erano proprio stupidi?
Cos'è una patacca?
E' bello (ha valore) ciò che è bello o ciò che piace?
Contributo di Marlene Di Costanzo, scritto Lunedì 28 Marzo 2005 alle 23:36
Questo contributo riguarda il dialogo intitolato "Cosa vuol dire che una cosa vale, e che vale poco o tanto?"
Secondo. Bella fregatura lo scambio delle mie figurine con i tuoi francobolli! Ora sarò molto diffidente nel fare altri scambi con te.
Primo. Ma perchè? Io ero interessato alle tue figurine e tu ai miei francobolli e ce li siamo scambiati. Tra l'altro a te le figurine non piacevano più.
Secondo. Ma dopo tu hai scambiato con Terzo le ex mie figurine con altri francobolli, così ti sei ritrovato con una nuova raccolta di francobolli, ma più grande della precedente. Se l'avessi saputo l'avrei fatto io lo scambio con Terzo.
Primo. Ma tu Terzo non lo conosci nemmeno.
Secondo. Appunto. Tu però avresti potuto presentarmelo.
Primo. Ma allora l'imbroglio sta nel fatto che non ti ho presentato Terzo?
Secondo. Non far finta di non capire. Tu già sapevi che da quello scambio avresti tratto un guadagno. E se ti dicessi di ripetere lo scambio adesso?
Primo. Dovrei scambiare la mia attuale raccolta di francobolli con quella che ti ho dato, che è più piccola?
Terzo. Scusate se mi intrometto ma casualmente ho ascoltato il vostro dialogo. (rivolto a Secondo) Sono Terzo e in un certo senso sono stato anch'io buggerato da Primo. Sapevo quello che stava facendo ma non conoscendoti non potevo scambiare i miei francobolli con le tue figurine. Comunque se tu fossi d'accordo, io ti do le tue figurine e tu, dopo aver fatto lo scambio con Primo, mi restituisci i miei francobolli.
Primo. (a Terzo) Quindi vorresti che io e Secondo ci scambiassimo i francobolli. Io dovrei dare a Secondo quella che era la tua raccolta di francobolli, che è più grande, e riprendermi quella che era mia, che è più piccola? Poi lui scambierà con te quelli che erano i tuoi francobolli con quelle che erano le sue figurine.
Terzo. E perché no?
Secondo. A me sta bene. Mi sono accorto che dei francobolli non me ne frega niente, mentre sento la nostalgia delle mie vecchie figurine.
Primo. E avremmo fatto tutti questi scambi per niente?
Terzo. Non direi. Io e Secondo abbiamo capito quello che ci interessa veramente. E al giorno d'oggi non è poco.
Primo. Ed io che ho avuto l'idea dello scambio rimango con un pugno di mosche.
Terzo. Ma sei sicuro che alla base dello scambio debba esserci il valore che si pensa che gli altri gli attribuiscano?
Primo. E come faccio a sapere che quello che io ho ha un valore, se non immagino che valga qualcosa anche per gli altri?
Terzo. Mentre per me e Primo le cose valgono per il loro uso...
Primo. .per me il valore d'uso è nel poterle scambiare. Se una cosa non interessa a nessuno, nemmeno a me interessa.
Secondo. ( a Primo) Poiché sia io che Terzo pensiamo che sia importante per noi riavere le nostre figurine e i francobolli iniziali, mentre tu vorresti qualcosa in più. forse io e Terzo potremmo darti qualcosa di nostro che pensiamo abbia valore zero.
Terzo. Per me sta bene. Lasciatemi pensare a cosa.
Primo. Ma se poi ricambiate idea?
Secondo. Beh! Faremmo un altro giro e tu avresti ancora qualcosa in più. Ti può andar bene la mia raccolta di ragni? A me fanno schifo.
Terzo. Io posso darti la mia raccolta di lire metalliche. Con l'euro ormai sono fuori uso.
Primo. Va bene. Ho già in mente con chi posso scambiarle.
Contributo di Aleph V°, scritto Venerdì 17 Giugno 2005 alle 18:24
Questo contributo riguarda il dialogo intitolato "Cosa vuol dire che una cosa vale, e che vale poco o tanto?"
Il mio nome è Aleph V°. Sono un fantalico è vivo nel 2332. Mi è stato concesso di comunicare con il passato per impedire che si trasformi nel futuro che sto vivendo ora. Lo sto facendo in molti luoghi virtuali e reali. Ho visto questo "luogo" ed mi è sembrato che fosse opportuno provare a proporre due idee sul valore.
Il valore è un concetto da società industriale. Dove si scambiano risorse conservative. Cioè quelle risorse che, quando le dai a qualcuno, sei costretto a privartene. Allora occorre misurarle perchè quando te ne privi devi stare attento di riceverne in cambio una quantità di valore almeno uguale. Altrimenti ci perdi.
Se invece immagini, come dovrebbe accadere in una società della conoscenza, che si scambi soprattutto conoscenza, allora le cose vanno impostate in modo radicalmente diverso. La conoscenza non è una risorsa conservativa, ma generativa. Quando la scambi non te ne privi, ma la arricchisci. Ti conviene dare più conoscenza possibile, così ne sarai più ricco. In questo mondo, se si vuole continuare ad usare la moneta, occorre avere il coraggio di battere una quantità infinita di moneta perchè possa tenere il ritmo della crescita della conoscenza che scambiandola, viene moltiplicata.
Noi dai vostri anni a circa 50 anni fa abbiamo continuato a ragionare come voi sulle risorse e sulla moneta. Ed abbiamo creato il mondo in cui viviamo che si è beceramente rifiutato per decenni di riconoscere esplicitamente (battendo moneta) le nuova ricchezza (cognitiva) che andavamo creando. Non commettete il nostro errore ... per carità.
Contributo di Gavino Massidda, scritto Sabato 10 Settembre 2005 alle 11:36
Questo contributo riguarda il dialogo intitolato "Cosa vuol dire che una cosa vale, e che vale poco o tanto?"
A nove anni (1942) proposi a un coetaneo alcuni francobolli in cambio di un certo numero di giornalini a fumetti. Ne chiesi qualcuno in più, vantando la rarità di quei francobolli ed ebbi in risposta: "i francobolli non si leggono". Capii che il "valore" (non lo chiamavo così) non sta nell'oggetto, ma nell'uso che ci si propone di farne. Molti anni dopo supposi che una qualunque entità non si definisce soltanto col "genere prossimo e la differenza specifica", ma anche con la funzione che ciascuno le attribuisce, che questa é il suo "valore". Il prezzo, ho poi appreso, quando é concordato é la risultante di due valori, d'uso, più o meno condizionata dalla rispettiva necessità e abbondanza delle cose offerte in cambio, danaro compreso. Il prezzo dunque viene abitualmente chiamato "valore di scambio" e identificato col danaro preteso perché questo é l'unico oggetto di scambio, cioé merce, in alternativa al desueto baratto. Ho scritto banalità, ma che cos'altro può dirsi in proposito? Quello che ha già scritto Marx, ma già altri prima di lui, su quanto si può speculare negli scambi e sulla necessità storica dello scambio, quale perdurante criterio generale, prevalente, di regolazione dei rapporti umani?
Cordialmente

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