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Tutti gli interventi di Settembre 2004
(sotto questo elenco trovi anche gli ARCHIVI mensili)
Questi sono gli interventi del mese di Settembre 2004
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TUTTI GLI ARGOMENTI
trattati da Aprile 2000 (avvio del sito) ad Agosto 2005

Gli indici coprono il periodo che va fino ad Agosto 2005, mentre da Settembre 2005 gli Argomenti possono essere seguiti, in progressione cronologica, accedendo agli ARCHIVI (mensili) che si trovano in questa pagina, sotto l'elenco degli interventi.
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[25 maggio 2005]
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[10 settembre 2005]
Leggi il "commento" scritto da Gavino Massidda in relazione al dialogo Cosa vuol dire che una cosa vale, e che vale poco o tanto?

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Gli aggiornamenti nei BLOG - BLOG Updates

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Quinto articolo in Collaborate: "Al di là della mancanza di consenso sui valori"

( 29 Settembre 2004 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Bill Joy, Raymond Kurzweil, Michael Dertouzos

I "protagonisti" dei primi cinque articoli di Collaborate

Per sperimentare un'iniziativa di scrittura collaborativa, abbiamo scelto di parlare della visione, particolarmente preoccupata, che Bill Joy ha rispetto a ciò che ci riserva il futuro delle tecnologie "GNR" (cioè di Genetica, Nanotecnologie e Robotica).

L'iniziativa, come già sa bene chi frequenta questo sito, l'abbiamo chiamata Collaborate e, finora, si è dimostrata fertile, perché i contributi dei lettori ci hanno fornito informazioni e riferimenti molto utili per allacciare al presente le riflessioni da cui siamo partiti.

Con questo post in Argomenti vogliamo quindi manifestare la nostra gratitudine nei confronti di chi è sinora intervenuto e di chi interverrà; in particolare desideriamo ringraziare Omar Ganz (v. il suo contributo), il quale ci ha fornito materiale interessantissimo sulle nanotecnologie. Il prossimo articolo di "Collaborate" [NdR: è stato poi inserito invece nella sezione Argomenti: v. la nota [*] qui in calce (8/11/04)] sarà infatti dedicato a raccogliere i riferimenti a quello che, sulle nanotecnologie (e sui relativi rischi), è lo stato dell'arte del dibattito, così come ad articoli, documenti di diversa origine e siti che abbiamo scelto.

Come fare a prendere delle decisioni sul nostro futuro in presenza di un'innovazione tecnologica il cui ritmo di avanzamento è sempre più accelerato (e quindi ci sfugge nella sua portata), decisioni che siano espressione di una politica democratica e, quindi, basata sul consenso?
Il quinto articolo di "Collaborate" si conclude focalizzando su questo interrogativo.
Il nesso con le nanotecnologie?
Leggete l'articolo, anzi: leggeteli tutti e cinque.

A presto.

[*]
Gli articoli subito successivi dedicati a raccogliere i riferimenti a quello che, sulle nanotecnologie (e sui relativi rischi), è lo stato dell'arte del dibattito, così come ad articoli, documenti di diversa origine e siti che abbiamo scelto, sono i seguenti:
- Materiale (parte 1) (partly in English)
- Materiale (parte 2) (partly in English)
- Come siamo arrivati all'argomento
- Risk study initiatives
- Nanotechnology: Swiss Re investigates the opportunities and risks of nanotechnology from an insurance perspective
(8 novembre 2004)

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Un dialogo con Roberto Panzarani (prima parte) -- A conversation with Roberto Panzarani (part one) [6 Dec. 04]

( 27 Settembre 2004 )

[4 ottobre 2004]
Si veda anche l'originale presentazione di questo dialogo che Tommaso Correale Santacroce fa nel suo Blog

Prima parte -- Part one

Invito i lettori ad intervenire:

An invitation to all readers:

(T. Correale Santacroce)



Roberto Panzarani è docente di "Processi di Innovazione nelle organizzazioni" presso la Facoltà di Psicologia dell'Università La Sapienza di Roma.
Da molti anni opera nella formazione in Italia. E' stato tra l'altro responsabile della formazione in Alitalia, dove ha fondato l'Alitalia Business School. E' stato Presidente dell'AIF (Associazione Italiana Formatori) e Presidente di Governance (Associazione per la promozione della conoscenza e delle competenze per l'esercizio delle responsabilità direzionali).
Nel 1999 è stato consulente per la Presidenza del Consiglio nella stesura del Master Plan per la Formazione. Esperto di Business Innovation lavora con il top management delle principali aziende italiane.

L'intervista che cominciamo a pubblicare ruota attorno alla tematica degli "asset intangibili":
«Intangibilità significa l'emozione, l'importanza cui assurge l'ideazione e la fantasia, una serie di elementi sicuramente importanti anche prima, ma che oggi destano particolare attenzione e devo dire anche preoccupazione. E proprio da questa preoccupazione nasce l'attenzione a quello che è stato definito capitale intellettuale.»
(Panzarani, intervista pubblicata sulla rivista dell'House Organ del Credito Cooperativo, giugno 2004)

Roberto Panzarani teaches "Innovation Processes in Organisations" at the Psychology Faculty of La Sapienza University in Rome and has worked in the training sector in Italy for many years.
He was head of training at Alitalia, where he founded the Alitalia Business School. Other positions he has covered include Chairman of the AIF (Italian Association of Trainers) and of Governance (Association for the Promotion of Knowledge and Skills for the Exercise of Management Responsibilities).
In 1999 he served as advisor to the Prime Minister's Office in drafting the Master Plan for training. As an expert in Business Innovation, he works with the senior management of Italy's leading companies.

This interview revolves around the subject of "intangible assets":
"Intangibility means emotion, the importance attained by imagination and concepts: elements that were also important in the past, of course, but which are attracting particular attention nowadays and, I have to say, are also a source of concern. It is these concerns that have led to the focus on what has been defined as 'intellectual capital'."
(Panzarani, interview published in the Credito Cooperativo House Organ, June 2004).

Tommaso Correale Santacroce -- Tommaso Correale Santacroce --
1. Marchio.
Non c'è modo migliore per spegnere il fuoco vero di una emozione che dichiarare "sono emozionato". Subito dopo essa non c'è più, almeno non così intensamente.
Dare un valore ad un asset intangibile è come formalizzare qualcosa di impalpabile, invisibile, difficilmente descrivibile. Una banca che pubblicizza "rivolgiti alla tua banca" quanto cambia realmente la propria relazione con il cliente? O forse è una operazione di marketing?


Roberto Panzarani -- Roberto Panzarani --
E' sicuramente un 'operazione di marketing! Purtroppo come ricorda Rifkin una volta nasceva prima la cultura e poi si sviluppavano i commerci e tutta la dimensione mercantile. Oggi è il contrario le pagine di Naomi Klein in "No Logo" si sprecano su questo argomento. In un grande centro commerciale di San Paolo - i centri commerciali ormai sostituiscono le piazze e i luoghi di incontro per le persone sempre però immerse in una dimensione di compravendita - è possibile leggere un cartello che dice "Siete nel centro delle vostre emozioni". Tutto quindi è mercato,è quasi impossibile distinguere fra ciò che sono le nostre emozioni originali, quelle indotte e viceversa. Detto questo, il tema è ormai talmente pervasivo che dovremmo ridiscutere la natura stessa del capitalismo attuale e ridisegnarne i confini. Come ci dicono due libri interessanti "Salvare il capitalismo dai capitalisti" di Zingales o "Uccideranno il capitalismo " di Bebèar.

-- Tommaso Correale Santacroce --
1. Brand.
There is no better way to extinguish the true fire of an emotion than to declare "I am feeling emotional". As soon as the words are uttered the feeling is no longer there, at least not with the same intensity.
Giving a value to an intangible asset is like formalising something that is impalpable, invisible and difficult to describe. When a bank puts out a message saying "call in at your local branch", how much is it really changing its relationship with its customers? Or is it perhaps just engaging in a marketing operation?


-- Roberto Panzarani --
It's most definitely a marketing operation! As Rifkin reminds us, in the past culture used to be the first to emerge, with trade and the whole commercial and mercantile dimension following. Today, unfortunately, it's the opposite: Naomi Klein's "No Logo" devotes page after page to this subject. In a big shopping centre like San Paolo - shopping centres have become the city plazas and meeting places for people who are, however, becoming more and more absorbed in the buying and selling dimension - you can read a poster declaring that "You are in the centre of your emotions". So everything is a market in the end. It is almost impossible to distinguish between our own original emotions and induced ones, and vice versa. That said, the subject has become so pervasive that we need to re-examine the very nature of modern-day capitalism and redraw the borderlines - as two interesting books, "Saving Capitalism from the Capitalists " by Zingales and "Uccideranno il capitalismo" by Bebèar, tell us.

Naomi Klein. No-logo Zingales: Salvare il capitalismo dai capitalisti Bébéar: Uccideranno il capitalismo

2. Etica (Business Ethics).
Io credo che il valore forte dei marchi e dell'immagine di una azienda lo si trovi sempre nella stretta corrispondenza con il modo con cui l'azienda in toto si relaziona con il cliente, con la qualità del suo prodotto, con le scelte di responsabilità verso l'ambiente che la circonda. Quanto la scelta di valorizzare i propri asset intangibili, per una qualsiasi organizzazione, si dovrebbe riflettere all'esterno? Dove per "riflettere all'esterno" intendo, non una maggiore visibilità, ma la concreta realizzazione di un cambiamento.


E' il grande tema del CSR della Corporate Social Responsibility su cui anche le principali aziende italiane stanno investendo e molto probabilmente investiranno sempre di più nel futuro. Il rischio è che, al di là delle parole, costruire un azienda "sostenibile" non è facile se lo si vuole fare sul serio si vanno a toccare tutta una serie di interessi e di modalità che indubbiamente possono danneggiare chi in questo momento sta guadagnando da questo status quo. E' vero che è anche impossibile continuare così. Se vogliamo, l'ultimo tentativo di creare un modello non sostenibile a fini di interessi capitalistici particolari è la guerra in Iraq. Ma non sta funzionando, quindi sono convinto che a livello internazionale si svilupperà un'esigenza diversa, di accedere alle fonti energetiche e di produrre. Accanto a questo l'emergere dei nuovi paesi orientali Cina ed India porrà dei problemi grossi di sostenibilità e di inquinamento non verificatisi mai prima! Quindi sostenibilità significherà sopravvivenza! Detto questo la follia dell'uomo non ha limiti.

2. Business Ethics.
I think that the real value of a company's brand and image always lies in the close match they achieve with the way the company as a whole relates to its customers, the quality of its products, and the choices it makes with respect to its surrounding environment. For any given organisation, how much should the decision to capitalise on its own intangible assets reflect on the outside world? Where by "reflect on the outside world" I mean not acquiring greater visibility, but actively achieving change.


This is the key theme of Corporate Social Responsibility (CSR), in which major Italian companies too are investing - and will probably do so increasingly in the future. The risk is that talking is one thing, but actually building a "sustainable" company is not so easy, because if you want to make it really sustainable you touch on a whole series of interests and ways of doing things that undoubtedly might damage those who have something to gain from the status quo. It is also true, however, that we can't continue as we are at present. You could say that the latest attempt to create an unsustainable model for the purposes of certain capitalist interests has been the war in Iraq. But this isn't working, so I am convinced that at the international level a different need will develop: to access energy sources and to produce. Alongside this the emergence of eastern countries such as China and India will pose serious sustainability and pollution problems the like of which we have never seen before. So sustainability will mean survival. That said, man's folly is, frankly, without limits.

3. Cultura.
Per le organizzazioni portatrici di cultura per eccellenza, penso alle biblioteche, ai teatri, ai musei, un generalizzato aumento d'interesse per gli asset intangibili dovrebbe essere una fortuna, come ri-scoprire di avere un tesoro in cantina. Questi tipi di realtà come potrebbero sfruttare la maggiore spinta a valorizzare gli asset intangibili?


E' una domanda molto pertinente e rispondo in modo molto diretto dicendo che queste organizzazioni al momento sono del tutto prive di questa consapevolezza e questo naturalmente è il problema italiano! La tematica degli asset intangibili è nata paradossalmente (anche se è ancora poco applicata) ancora una volta in ambito industriale e finanziario. Il resto delle organizzazioni sono completamente a zero. E' chiaro, e alcuni recenti articoli di Giuliano Amato hanno sottolineato tutto questo, che è il grande tema del "Che fare? dell'Italia o dell'Europa". Anzitutto penso che bisogna sviluppare una maggiore consapevolezza da parte degli artisti, degli operatori culturali, insomma di tutte quelle persone che si occupano di cultura, del reale valore del loro operare. Per alcuni è molto chiaro pensiamo agli attori holliwoodiani o agli astri sportivi ecc. (su questo inviterei a leggere "Il futuro della ricchezza " ed. Franco Angeli di Stan Davis e Christopher Meyer) ma per la gran parte no.
Pur essendo in una società post-industriale la nostra visione economica e gestionale è ancora molto arretrata ed ancorata alla visione e alla misurazione tipica dell'industria. In sostanza la realtà supera la nostra forma mentale ma la nostra visione "astratta" fuori del tempo della realtà ancora ci condiziona pesantemente e ci fa perdere opportunità importanti. Vorremmo ancora continuare a produrre prodotti con la catena di montaggio non capendo che è impossibile è consideriamo residuale il nostro reale core business: la cultura, l'arte, il turismo. Ci sono alcuni fatti in controtendenza: penso per esempio ai bellissimi festival della letteratura di Mantova e a quello dei filosofi di Modena. Sono festival che stanno attirando sempre più persone, anche a livello internazionale. E tutto questo nonostante il trash manipolatorio e abbastanza delirante delle nostre tv. Le persone insomma dimostrano di avere delle risorse insospettabili per poter essere realmente all'altezza di un paese come il nostro che ha avuto una storia così importante a livello culturale. Detto questo è assurdo che sia un americano a dircelo ma sempre Jeremy Rifkin nel suo ultimo libro sul sogno europeo parla dell'Europa come del grande laboratorio del futuro anche a fronte dello spegnersi del sogno americano, ed elenca proprio quelle caratteristiche di cultura e distribuzione della ricchezza, che dopo tanto tempo in qualche modo qui sono presenti e ci permettono di pensare ad un futuro migliore per l'umanità.

3. Culture.
For those organisations that are repositories of culture par excellence, such as libraries, theatres or museums, a general increase in people's interest in intangible assets should be a source of good fortune, like re-discovering a treasure hidden in the attic. How can organisations of this sort take advantage of the stronger impetus to capitalise on intangible assets?


This is a highly relevant question and I will reply frankly by saying that at present these organisations are utterly lacking in any such awareness - which is, of course, the Italian problem! The issue of intangible assets has once again, and paradoxically, arisen in an industrial and financial context (although it still hardly applied). All the other organisations are still at the starting line. It is clear, as a number of recent articles by Giuliano Amato have underlined, that this is the great issue of "What are we to make of Italy and of Europe?". First of all, I think we need to develop a greater awareness on the part of artists and cultural operators - in short, of all those working in culture - of the real value of the activities they are engaged in. For some this is very clear: for example, Hollywood stars or leading sports personalities (on this point I would invite you to take a look at "Future Wealth" by Stan Davis and Christopher Meyer, published in Italy by Franco Angeli). For most, however, the question is not clear at all.
Although we are in a post-industrial society our economic and management outlook is still very backward and anchored to a vision, rhythm and pace that are typical of industry. Essentially, our mental capacity has not kept pace with reality but our "abstract" vision, which remains outside the time of reality, still exerts a strong influence on us and causes us to miss important opportunities. We would still like to go on using production lines to manufacture products, because we do not understand that this is simply not possible and consider what is actually our real core business - culture, art and tourism - as being merely residual. There is some evidence to indicate the opposite: for example, the marvellous literature festival in Mantua and the philosophers' festival in Modena. Events such as these are attracting growing numbers of people, including at the international level, and all in spite of the manipulatory and mindless trash shown on our TV channels. In short, people are showing that they have previously unsuspected resources that are enabling them to hold their own in a country like Italy that has such an important cultural history and heritage. That said, it is ridiculous that it should take an American to point this out to us but, to quote Jeremy Rifkin again, his last book on the European dream speaks of Europe as the great laboratory of the future, not least in the face of the waning of the American dream, and lists those features of culture and wealth distribution that after so much time are still to be found here in one form or another and enable us to conceive of a better future for mankind

Davis-Meyer: Il futuro della ricchezza Jeremy Rifkin: Il sogno europeo

... CONTINUA...
... TO BE CONTINUED...

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Storicizzare la scienza

( 26 Settembre 2004 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Dal libro "Educazione e globalizzazione", di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti (Raffaello Cortina Editore, 2004), pp. 24-26, grassetti nostri:

Fino a tempi assai recenti, era luogo comune considerare inerenti al discorso tecnologico e al discorso scientifico soltanto i modelli, le teorie o i contenuti in sé e per sé --quali risultati da mettere alla prova, da scartare, da adottare o da perfezionare-- e non già gli intinerari seguiti per arrivare a tali risultati. Questo atteggiamento svalutava, metteva fra parentesi, la vita e i conflitti delle idee: il ruolo degli individui, con i loro corpi, le loro convinzioni, i loro pregiudizi, le loro ossessioni, le loro identità politiche, etniche, culturali, le loro relazioni, le vicende grandi e piccole delle loro esistenze. Del tecnologo e dello scienziato emergeva soltanto un ruolo astratto, disincarnato, sterilizzato, avvolto dal camice bianco. L'attuale rovesciamento di prospettiva è quanto mai spettacolare. Sempre di più, emerge come decisiva per tutte le innovazioni scientifiche e tecnologiche la capacità di un individuo o di un gruppo di contaminare i propri campi di ricerca e i propri interrogativi con temi, stili, prospettive eterogenei provenienti da campi di tutt'altro genere, anche psicologici, immaginativi, estetici, artistici, "metafisici".
[...]
Le idee nascono, si sviluppano, si trasformano, cambiano di significato, vanno alla deriva, si biforcano, si degradano, muoiono, rinascono, in una storia fatta di individui, di gruppi, di collettività, di relazioni e di tensioni fra individui, gruppi, collettività (e anche dentro gli individui stessi).
Certamente, in questi nuovi atteggiamenti nei confronti della scienza c'è una componente di disillusione. La scienza non solo si è dimostrata (almeno fino a oggi) incapace di affrontare i peggiori mali del mondo, ma talvolta è stata essa stessa all'origine di nuovi pericoli. Di contro, in questi stessi atteggiamenti c'è anche una forte componente costruttiva, che considera l'esperienza umana un'unità nella pluralità, e che trova nella varietà e nella polifonia dei linguaggi e delle conoscenze una via più adeguata per abitare il mondo.
In questo modo, la scoperta e l'approfondimento delle radici storiche e culturali delle teorie scientifiche sono oggi considerati precondizioni indispensabili per la comprensione dei loro sviluppi presenti e futuri. Sempre di meno il progresso scientifico appare lineare, univoco e irrevocabile. Sempre di meno le teorie e le narrazioni scientifiche sono considerate definitivamente acquisite.
[...]
In gran parte dell'organizzazione e della trasmissione dei saperi scolastici e universitari, questa problematicità del pensiero scientifico è stata messa fra parentesi. Per converso, questa problematicità e complessità è stata dissolta nella struttura atemporale dei manuali, attraverso i quali è veicolata l'idea che le "verità" scientifiche, una volta acquisite, siano indipendenti dalla storia che le ha prodotte. Ciò porta a nascondere tutto l'intreccio delle controversie e delle problematizzazioni di cui la scienza si alimenta in quanto processo creativo. Storicizzare la scienza è una via importante per far sì che le conoscenze siano comprese come processi in divenire.
Nell'item "'Quei sovversivi di genio che hanno cambiato il mondo'" della Rassegna Stampa viene ripreso un articolo di Giulio Giorello, apparso sul Corriere della Sera del 28 agosto, dove viene mostrato, con riferimento a fatti della storia della scienza, che il ricercatore vive le tensioni del proprio tempo e con esse deve misurarsi.

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Chi ha paura delle nanotecnologie?

( 6 Settembre 2004 )

( scritto da Vittorio Bertolini Cliccare sul link per scrivere all'autore )

L'argomento nanotecnologie, almeno per quanto riguarda l'opinione pubblica (e quindi l'informazione non specialistica) del nostro Paese, è ancora poco conosciuto.
Che la situazione sia destinata a mutare ce lo dimostra Omar Ganz che, in un suo recente contributo, menziona in sintesi un sondaggio condotto negli Stati Uniti. E poichè la globalizzazione non riguarda solo il mercato e la finanza, ma anche la sensibilità verso le conseguenze dell'innovazione, è da presumere che l'attenzione verso le nanotecnologie toccherà presto anche l'Italia.
Ne sono una conferma i contributi informativi di Gian Maria Borrello e di Paola Parmendola che, nella rubrica di Segnalazioni, ha trascritto ("Nano-etica cercasi") l'intervista della trasmissione di scienza di Radio24, "Il Volo delle Oche", andata in onda il 27 aprile 2004, in cui il Prof. Paolo Milani, del Dipartimento di Fisica all'Università di Milano, ha parlato appunto delle nanotecnologie e delle relative implicazioni etiche.

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