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TUTTI GLI ARGOMENTI
trattati da Aprile 2000 (avvio del sito) ad Agosto 2005

Gli indici coprono il periodo che va fino ad Agosto 2005, mentre da Settembre 2005 gli Argomenti possono essere seguiti, in progressione cronologica, accedendo agli ARCHIVI (mensili) che si trovano in questa pagina, sotto l'elenco degli interventi.
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che orbitano attorno a questa sezione

DiaBloghi
Blog di dialoghi sull'innovazione "poiesis intensive"

[25 maggio 2005]
"Rinnovare, cambiare o innovare?" è la nuova domanda apparsa in DiaBloghi!

[10 settembre 2005]
Leggi il "commento" scritto da Gavino Massidda in relazione al dialogo Cosa vuol dire che una cosa vale, e che vale poco o tanto?

BIBLIOGRAFIE
presenti in questo sito

Gli aggiornamenti nei BLOG - BLOG Updates

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Innovazione tecno-scientifica, innovazione della democrazia

( 29 Luglio 2006 )

Creare luoghi di dibattito e di partecipazione pubblica è concretamente possibile non solo a livello locale (in ambito comunale e regionale) ma anche a livello nazionale. Tali luoghi si possono creare mediante azioni di coinvolgimento che accompagnino il normale corso decisionale, componendo ad hoc dei tavoli di confronto che producano orientamenti, pareri e sollecitazioni da proporre ai decision makers. É questa convinzione che ha spinto la Fondazione Giannino Bassetti ad organizzare fin dal 2003, in collaborazione con l'IRER, Observa e la Regione Lombardia, una serie di eventi mirati ad esplorare le possibilità e le modalità per una partecipazione pubblica nella governance dell'innovazione.
Tra luglio 2003 e settembre 2004 è stato realizzato il progetto "Partecipazione Pubblica e Governance dell'Innovazione", che ha coinvolto varie categorie di soggetti: cittadini, imprenditori, scienziati, associazioni di consumatori, associazioni ambientaliste interessate ai temi dell'innovazione tecno-scientifica. Le conclusioni tratte da tale esperienza, sono diventate un punto di riferimento per tutti i successivi approcci al problema. (Per leggere e consultare i materiali relativi a tale progetto e ai suoi risultati, si visiti la pagina che ne raccoglie i documenti.)
Un evento ulteriore, realizzato sempre sulla spinta proponente della Fondazione Giannino Bassetti, con la collaborazione dell'IRER e della Regione Lombardia, è stato il recente convegno dal titolo "Innovazione tecno-scientifica, innovazione della democrazia".
Alcuni materiali, lucidi e interventi del convegno, ma anche la relazione finale del progetto del 2004 "Partecipazione pubblica e governance dell'innovazione", si trovano presso il sito dell'IRER.

convegno "Partecipazione pubblica e governance dell'innovazione" Piero Bassetti convegno "Partecipazione pubblica e governance dell'innovazione"
Sergio Bellucci Giuseppe Pellegrini Beniamino Caravita di Toritto
Raffaele Cattaneo Adriano De Maio Alberto Brugoli
- clicca sulle immagini per vederle più in grande -
fotografie di Michele Novaga

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1 Aprile : Chiusura prevista per il Call for Comments "Quale responsabilità?"

April 1st : Closing of the Call for comments "Which responsibility?"

( 25 Marzo 2006 )

( scritto da Redazione FGB Cliccare sul link per scrivere all'autore )


Azione e responsabilità
(fai clic per leggere alcune spiegazioni sull'immagine

Dall'ultimo post di Cristina Grasseni, curatrice del Call:

Ringraziando tutti coloro che hanno finora partecipato al Call, approfitto della necessità di fare l'annuncio della sua prossima chiusura, prevista per il 1 Aprile, per rilanciare alcuni aspetti della problematica sollevata.

Con questo Call si vuole ragionare su cosa si intenda per responsabilità dell'innovazione rispetto allo scenario attuale della globalizzazione e rispetto a una sua lettura improntata all'epistemologia della complessità.
[...]
Potrebbe essere interessante considerare la responsabilità dell'innovazione in termini di responsabilità nella produzione della conoscenza: la recente intervista a Ignacio Chapela condotta da Jeff Ubois per conto della Fondazione segue proprio questa falsariga.
Chapela sostiene che la responsabilità dell'innovazione consisterebbe nel garantire la diversità del pensiero contro l'iper-specializzazione, allo stesso modo in cui occorre garantire la biodiversità. Ecco perché la sua critica dei circoli viziosi nel sistema di peer-review per la pubblicazione degli articoli scientifici merita attenzione, al di là della sua vicenda personale e intellettuale.
[...]
Ci si potrebbe chiedere (e si dovrebbe chiedere loro) se gli innovatori influenti sono consci del loro ruolo nella storia, e se si pongono la questione della politicità del loro agire. In altri termini, si pongono il problema degli scopi e della direzione in cui si muovono le loro innovazioni?
Parrebbe di no, se, come nota Daniele Navarra riportando il suo colloquio con Nicholas Rose ("Science, politics and responsibility: an agenda for the governance of innovation and technology"), «ciò che la biotecnologia, la genetica e le tecnologie dell'informazione e della comunicazione hanno in comune è che sono state tutte introdotte senza poter prevedere quali ne sarebbero stati gli effetti sul lungo e medio periodo».
Rimangono perciò aperte tutte quante le domande poste inizialmente, che riassumiamo e rilanciamo così:
1. Politiche culturali
Con quali politiche culturali si può accrescere la sensibilità verso responsabilità dell'innovazione?
2. Misurando
Come si può misurare e/o implementare il grado di responsabilità di un innovatore?
3. Definendo
In che misura la responsabilità dell'innovazione è definita dal contesto e in particolare dai vari attori che con essa interagiscono?
4. Immaginando
In che modo possiamo immaginare scenari responsabili dell'innovazione? Se ne può citare qualcuno di storicamente accaduto?

SCRIVI LA TUA OPINIONE

From the latest post written by Cristina Grasseni, editor of the Call:

First of all thanks to all those who have so far contributed to this Call for comments, which I plan to close on April 1st. I briefly recapitulate the line of reasoning followed so far.

We launched this Call with the intention of debating how to re-define the notion of "responsibility in innovation", with respect to the contemporary scenarios of globalization and the epistemological notion of complexity.
[...]
It would be interesting to consider responsibility in innovation in terms of responsibility in the production of knowledge. The recent interview to Ignacio Chapela by Jeff Ubois follows exactly this course.
Chapela maintains that responsibility in innovation consists in guaranteeing diversity of thought against hyper specialisation, analogously to biodiversity. This is why his critique of the vicious circles in the peer-review system deserves attention beyond his personal plight.
[...]
One should ask whether innovators are aware of their relevance in history, and whether they consider the political outcomes of their actions. Do they pose themselves the question of the aims and scopes of their innovations?
One would think not, if, as Nicholas Rose notices in his conversation with Daniele Navarra ("Science, politics and responsibility: an agenda for the governance of innovation and technology"), «What biotechnology, genetics and technologies of information and communication have in common is that have been introduced without the possibility to predict what the medium to long term implications would be».
The initial questions are all open, and I sum them up thus:
1. Politics of culture
Which politics of culture can increase public sensibility towards the responsibility of innovation?
2. Measuring
How could one measure and/or implement the degree of responsibility of an innovator?
3. Defining
How much is responsibility in innovation defined by context, and by the various actors that interact in it?
4. Envisaging
How can we envisage responsible scenarios of innovation? Can one cite a few that have been implemented

PLEASE, WRITE YOUR OPINION

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An Interview With Dr. Ignacio Chapela

( 12 Marzo 2006 )

( scritto da Jeff Ubois Cliccare sul link per scrivere all'autore )
Ignacio Chapela Jeff Ubois

Ignacio Chapela is an assistant professor at University of California Berkeley, who, with colleague David Quist, discovered that illegally grown, genetically modified corn contaminated traditional heirloom corn in Oaxaca, Mexico. That discovery touched off a major controversy, and illuminates many of the issues related to responsibility in innovation that most concern the Fondazione.

You can read the full text here.

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Innovazione ed economia sostenibile [ * ]

( 4 Marzo 2006 )

( scritto da Roberto Panzarani Cliccare sul link per scrivere all'autore )

“ La leadership è creare un mondo
a cui le persone desiderino appartenere”

Robert B. Dilts


Nei due ultimi decenni il mondo è divenuto complessivamente più ricco; ma mentre alcune nazioni hanno conseguito grandi risultati economici, altre sono rimaste indietro. La crescita della ricchezza globale non ha abolito e neppure ridotto la povertà.
Quasi dovunque, la globalizzazione ha fatto sorgere da un lato un nuovo ceto di multimilionari, e dall’altro una classe povera; e non soltanto nel senso statistico del termine – riferito ai livelli di reddito sotto la metà della media nazionale – ma con l’aggravante dell’esclusione delle opportunità che dovrebbero essere aperte a tutte. Se il dinamismo della globalizzazione è andato a beneficio di molti, al tempo stesso ha accentuato le disuguaglianze.
Esiste oggi una distanza quasi inimmaginabile tra i paesi estremamente ricchi e quelli estremamente poveri ed una gamma completa di possibili situazioni intermedie. Ruolo fondamentale nel processo di sviluppo è giocato dalla scienza e dalla tecnologia. Guardandoci un po' attorno scopriamo che: in Malawi, l’ 84% della popolazione vive in contesti rurali; in Bangladesh il 76%; in India, il 72%; e in Cina, il 61%. Negli Stati Uniti al capo opposto del processo di sviluppo, la media è del 20%.
Se lo sviluppo economico è raffigurabile come una scala in cui i gradini più alti rappresentano le tappe di avvicinamento al benessere economico, al livello più basso troviamo circa 1 miliardo di persone, i più poveri fra i poveri o gli estremamente poveri del pianeta: troppo malati e affamati lottano ogni giorno per la sopravvivenza.
Quello che riescono a guadagnare, ogni giorno, si misura in centesimi, non in dollari. Qualche gradino oltre, lungo la scala, al vertice del mondo povero si trova circa un altro miliardo e mezzo di persone. Parliamo dei “poveri”.
Lottano per sbarcare un misero lunario, nelle città e nelle campagne, la loro vita è caratterizzata da ristrettezze economiche costanti e dalla mancanza dei più elementari comfort, come acqua potabile e servizi igienici.
...Continua... (cliccare -- click on the link)

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L'amore al tempo dei cloni: il romanzo "Non lasciarmi", di Kazuo Ishiguro

( 22 Febbraio 2006 )

( scritto da Vittorio Bertolini Cliccare sul link per scrivere all'autore )

Probabilmente, la sensibilità dell'opinione pubblica sulle tematiche dell'innovazione tecnico-scientifica viene influenzata, più che dai ponderati e ponderosi saggi delle riviste specializzate, dalla letteratura. Frankenstein, pur con una lettura impropria del romanzo di Mary Shelley, è diventato la metafora dei rischi delle manipolazioni genetiche. A sua volta "Il mondo nuovo" di Aldous Huxley ha costituito la metafora del condizionamento sociale che può essere imposto dalla scienza e Samuel Butler in "Erewhon" ha anticipato le previsioni di Bill Joy e Ray Kurzweil su un mondo di automi aureplicantesi (v., in questo sito, gli articoli dell'iniziativa "Collaborate", svoltasi tra Giugno e Dicembre 2004). Al contrario, i romanzi di Jules Verne possono essere intesi come un'ode alle "magnifiche sorti e progressive" che il progresso tecnico-scientifico promette all'umanità.
Nell'item della mia Rassegna Stampa intitolato "Ti amo, maiale" (Agosto 2005) ho presentato una fantacronaca in cui si narrava dei rapporti sentimentali fra una fanciulla e un maiale transgenico generato appositamente per produrre organi da trapiantare in lei (una moderna trasposizione del mito di Alcesti e Admeto, "mors mea vita tua"). Un futuribile decisamente inquietante, ma forse non tanto quanto quello descritto nel romanzo dello scrittore anglo-giapponese Kazuo Ishiguro "Non lasciarmi".
Riprendo da "La Stampa" la descrizione del contenutodel libro:

«La prima domanda è ovvia: perché non scappano? I personaggi di "Non lasciarmi", il romanzo di Kazuo Ishiguro appena tradotto da Einaudi, sono destinati a una fine terribile. Non sono veramente umani, ma cloni, allevati e educati in un clima quasi idilliaco, in un college inglese civilissimo e dolcissimo, per divenire donatori di organi. A poco a poco capiscono, quasi inavvertitamente, il loro destino. E lo accettano. Solo verso la fine Kathy e Tommy, in nome della loro storia d'amore, chiedono una dilazione. Che non può essere accordata, perché non esiste nemmeno come possibilità. Ma perché anche in quel momento si piegano come se fosse naturale? Ishiguro, lo scrittore britannico di origine giapponese celebre per "Quel che resta del giorno" (da cui il film di James Ivory), in questo libro piuttosto agghiacciante non ha voluto fare humour nero, e neanche denuncia sociale. "Ho voluto scrivere una storia d'amore", spiega».
Chi è interessato ad altri testi sul tema della clonazione in letteratura può vedere l'articolo di Cristian Rocca apparso su Il Foglio il 26 aprile 2005 (nel blog "Camillo", nel sito de Il Foglio).

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