
Differenze culturali e innovazione tecnico-scientifica
di Vittorio Bertolini [1], 3 Febbraio 2004
'Gli europei sono più imbarazzati di fronte a robot umanoidi degli abitanti del Sol Levante perché i due popoli hanno una concezione diversa di umanità, dell'essenza dell'uomo, che deriva anche dal loro diverso retaggio religioso'.Per Kaplan, infatti:
'la tradizione giudaico-cristiana, che porta con sè il concetto di uomo come creatura-creata dalla divinità, è il primo ostacolo all'accettazione e quindi alla produzione di androidi. Nello shintoismo, invece, la religione storica del Giappone, non esiste la creazione ex nihilo.... per i nipponici naturale e artificiale non sono in contrasto'.Quest'ultima affermazione, distinzione fra naturale e artificiale, va, a mio parere, sottolineata. Infatti al di là di quello che ci ha insegnato Leopardi (Dialogo fra la natura e un islandese), secondo una certa vulgata, a cui non sa sottrarsi nemmeno una mente raffinata come Habermas (si veda su questo sito Rassegna stampa su Habermas e "Il futuro della natura umana: i rischi di una genetica liberale" [4]), il naturale, al contrario dell'artificiale, proprio perché determinato da processi casuali è intrinsecamente etico. L'opinione di Kaplan non è però condivisa da Aaron Sloman, docente di intelligenza artificiale e scienze cognitive all'Università di Birmingham, che afferma:
'Non sono per niente convinto che i popoli del Vecchio continente abbiano un disagio maggiore dei giapponesi verso i robot, o che siano meno interessati a questi progetti. Anzi, credo che si tratti di una generalizzazione un po' grossolana. Personalmente sono più interessato al funzionamento di una cosa e non tanto alla sua origine e certo non ho paura dei robot. I veri mostri, in certi casi, sono proprio gli umani. Basta leggere i giornali e guardare la tv...'.A sua volta Marco Gori, professore presso il dipartimento di Ingegneria dell'informazione dell'Università di Siena e presidente dell'Associazione italiana intelligenza artificiale:
'La maggiore disponibilità della cultura giapponese rispetto alla nostra a "ospitare" androidi si manifesta soprattutto nella disponibilità di finanziamento verso questo tipo di ricerche. Non credo invece che nel ricercatore la fede e la cultura giudaico-cristiana possano imbrigliare il desiderio di esplorare, di porre domande per carpire i segreti della creazione e replicarli nelle macchine. Non credo, insomma, che la religione possa circoscrivere il dono della razionalità'.Mi sembra opportuno notare che mentre Kaplan parla della cultura diffusa, Sloman e Gori si riferiscono alla loro sensibilità di ricercatori, tra l'altro specialisti del settore.
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- 1] /schedabiografica/Vittorio Bertolini
- 2] /0due/rs/rsc13.htm
- 3] http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/040108c.htm
- 4] /02/rs/rs-habermas.htm
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