Rassegna stampa del sito della Fondazione Bassetti  

ovvero: il blog di Vittorio Bertolini (pagina personale dell'autore)

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 Il mercato di fronte all'innovazione. Intervista a Piero Bassetti

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Sull'ultimo numero di Data Manager, a cura di Giuseppe Meriggiò è apparsa l'intervista a Piero Bassetti "Piero Bassetti e l'innovazione senza redini". Si tratta di un'intervista a largo raggio, che coglie diversi aspetti del pensiero e dell'esperienza di Bassetti.
Accanto al profilo di imprenditore e di politico, emerge una personalità attenta ai problemi posti dalla modernizzazione, in particolar modo quelli legati all'innovazione. Se i temi toccati nell'intervista spaziano dal rapporto con la tecnologia fino al ruolo dell'imprenditore-manager che deve muoversi fra organizzazione ed inventiva, in questa sede interessa sottolineare come Bassetti interpreta la responsabilità nell'innovazione in rapporto al mercato, cioè fino a che punto il mercato può essere un buon giudice:
«La proposta dell'innovazione non è fatta dal mercato. Il mercato giudica solo il gradimento di un'innovazione, e quindi giudica se la Coca Cola è meglio della Pepsi Cola. [...] Se come Ceo di una azienda introduco un nuovo prodotto innocuo in un mercato è chiaro che sarò misurato in base al contributo che quel prodotto darà al bilancio aziendale. Se invece decido di introdurre un prodotto in grado di cambiare il mondo e non posso valutarne però tutti gli effetti, ed è il caso delle nanotecnologie per esempio, mi assumo la responsabilità dell'intero sistema di valori che vado a intaccare.»
Si veda l'articolo nella sezione "Argomenti" intitolato "Nanotecnologie: in che modo ne ha parlato il sito della Fondazione Bassetti"


mercoledì, aprile 27, 2005  

 Basta un giuramento per la scienza? [22/4/2005]

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Nel precedente item di questa Rassegna, "I responsabili della ricerca scientifica: scienziati o politici?", si è accennato a una sorta di giuramento ippocratico per gli scienziati proposto dall'organizzazione Pugwash.
Sulle ragioni, a favore e contro il giuramento, interviene Pietro Greco con l'articolo "Un giuramento per gli scienziati?" apparso su "Boiler", magazine telematico dell'Enel.

Il sito del Pugwash.

Si veda anche "The Russell-Einstein Manifesto" (Issued in London, 9 July 1955).

Nel sito della Fondazione Bassetti, si vedano anche:

- Il Percorso "Enrico Fermi e 'la bomba'", dove si trova un'intervista a Francesco Calogero, fisico della Sapienza di Roma che per 10 anni è stato segretario di Pugwash.

- La citazione di Joseph Rotblat, che è stato presidente del Pugwash, e del suo documento "Misuse of Science" nel primo articolo dell'iniziativa di scrittura collaborativa denominata "Collaborate" (Giugno-Dicembre 2004), intitolato "Danger".

[22/4/2005]
Per Greco, di là dalla valenza simbolica, il giuramento degli scienziati presenta una scarsa rilevanza pratica. Infatti il giuramento di Ippocrate è rivolto al bene di un soggetto ben definito, un paziente con tanto di nome e cognome. Al contrario, nel caso del giuramento degli scienziati il soggetto è l'umanità, che, come è facile osservare, non è facilmente definibile, a meno che non ci limitiamo a una lista generica di buone intenzioni difficilmente spendibili nel caso di specifiche ricerche scientifiche.
Anche ammesso che questa obbiezione possa essere superata attraverso giuramenti rivolti a singole discipline o ambiti di ricerca, a mio parere rimane un problema di fondo: l'autorefenzialità del sistema scienza. Gli scienziati verrebbero, cioè, ad essere gli unici giudici di quello che è bene fare o non fare. E data l'importanza delle realizzazioni della ricerca scientifica nella società moderna, si verrebbero a sovraccaricare gli scienziati di una responsabilità impropria. La governance della scienza si gioca sull'equilibrio, non sempre pacifico e lineare, fra diversi soggetti: gli scienziati, l'opinione pubblica e i decisori politici. Rompere questo equilibrio non credo che giovi né alla scienza né alla società. D'altra parte, lo stesso giuramento di Ippocrate non fa del medico l'unico decisore del bene del paziente, ma solo un interlocutore privilegiato, come dimostrano le affermazioni della bioetica relative al principio di autonomia e alla prassi del consenso informato.

Sulla governance della scienza, intesa come rapporto fra scienza e politica, si veda su questo sito:


sabato, aprile 16, 2005  

 Transumani e postumani

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Vivere una vita lunga e felice o una breve e triste: questo dilemma paradossale potrebbe apparire come il motto del Movimento dei transumanisti, almeno alla lettura dell'articolo di Giorgio Ieranò "Belli e immortali, ecco chi vuole creare il superuomo" apparso sul settimanale Panorama del 4 marzo.
Il transumanesimo...

«sfruttando tutte le risorse della tecnologia, della cibernetica, dell'ingegneria genetica, vuole trasformare gli uomini in superuomini: creature ultraintelligenti, che non invecchiano mai, che sfidano la stessa morte. Per arrivare, alla fine, a una sorta di mutazione della specie provocata dalla scienza».
«L'hanno definita "l'idea più pericolosa del mondo". Per Francis Fukuyama, il teorico della fine della storia, è una minaccia ancora più grave dell'integralismo islamico. Perché rivolta non contro un sistema politico o una nazione ma contro la stessa specie umana così come la conosciamo».
All'accusa di Fukuyama, che ha parlato come consigliere di Bush e membro del Comitato nazionale di Bioetica, lanciando l'allarme dalle pagine di Foreign Policy, i transumanisti replicano con una polemica dura.
James Hughes, docente di sociologia a Hartford, nel Connecticut, tra i leader del movimento, afferma:

«È buffo che Fukuyama ci consideri più pericolosi dei fondamentalisti islamici. Di certo, fra poco, saremo più popolari di loro. La cricca bioconservatrice di Bush avrà pochissima influenza sullo sviluppo delle tecnologie che migliorano la condizione umana. Tutti gli sforzi dei repubblicani in questo senso sono destinati al fallimento perché viziati da una contraddizione: non si può al tempo stesso essere ultraliberisti in economia e mettere vincoli alla ricerca scientifica e tecnologica. La vera opposizione, semmai, può venire dai fondamentalisti cristiani. Penso anche alla riflessione di un accademico vaticano, Manfred Lutz, dopo il recente ricovero del Papa: ha detto che "nella malattia, nel dolore, nella vecchiaia, nella morte si può percepire la verità della vita in maniera più chiara". Ebbene, questa è la visione del mondo che noi combattiamo».
A sua volta Nick Bostrom, il fondatore dell'Associazione transumanista mondiale, dice che:

«la Casa Bianca dovrebbe preoccuparsi piuttosto di aumentare i fondi per la ricerca mirata all'estensione della durata della vita e allo sviluppo di strategie terapeutiche e tecnologiche mirate a migliorare la memoria, la capacità di concentrazione e le altre capacità umane».
Le critiche di Fukuyana al transumanesimo si basano sul fatto che:

«le idee dei transumanisti porterebbero alla negazione del principio di uguaglianza: che ne sarebbe della democrazia in una società in cui iniziano a comparire esseri "postumani"?».
In un certo senso si tratta di obiezioni simili a quelle espresse da Habermas in relazione alle manipolazioni genetiche. Vedi, in questo sito: Rassegna stampa su Habermas e "Il futuro della natura umana: i rischi di una genetica liberale" (Febbraio 2003).
Ovviamente le posizioni di Habermas e Fukuyama possono esse considerate come espressioni di una ideologia antiscientifica che trascura le possibilità di miglioramento delle condizioni umane. Ribatte, infatti, Riccardo Campa, sociologo della scienza all'Università di Cracovia e responsabile per l'Italia del movimento transumanista:
«non è natura solo un prato in fiore. Natura è anche malattia, invecchiamento, morte. Noi ci impegniamo per contrastare questi aspetti della natura. Del resto, anche il cardiopatico con un bypass è transumano.»
Campa poi aggiunge:

«La nostra parola d'ordine è "differenziazione", "non omologazione". Ci piace l'idea di un mondo vario, popolato da diverse forme intelligenti: uomini, oltreuomini, mutanti, cyborg, robot, androidi, computer pensanti».
Occorre aggiungere che attorno al movimento transumanista gravitano altri bizzarri movimenti che poco hanno a che fare con una ricerca scientifica seria.
«A luglio i transumanisti di tutto il mondo si ritroveranno a Caracas, in Venezuela. Sarà un raduno di gente della più varia estrazione: ex trotzkisti, futurologi, fanatici di cibernetica. Tutti animati dall'utopia prometeica di creare "un essere postumano che sarà più intelligente di ogni genio mai vissuto" come recitano alcuni documenti dell'associazione pubblicati via web.»
Qualcuno, compreso chi scrive, ha qualche dubbio sulle visioni apocalittiche di Fukuyama. La sua profezia sulla "fine della storia" ha dimostrato la propria inconsistenza, almeno nella sua versione più estrema. Questo non significa però che la messa in guardia contro l'ideologia transumanista sia campata in aria. Occorre infatti distinguere la ricerca scientifica "seria" (che può anche essere discutibile sul piano etico e su quello della legittimità democratica) dagli ideologismi futuristici; vedi ad esempio, in questa Rassegna, il recente item "Chimere e 'Post human'. Buone intenzioni per le vie dell'inferno?".
Purtroppo, per i più diversi motivi, da quello economico a quello della tentazione presenzialista sui media, anche scienziati con un sicuro background, non sfuggono alle tentazioni come nel caso del prof. Antinori e della setta dei raeliani (vedi, in questo sito, il Percorso sulla Clonazione). Per questo ritengo opportuno ritornare, in un prossimo item, sull'argomento del giuramento degli scienziati promosso da Pugwash, a cui si è qui accennato nel precedente post "I responsabili della ricerca scientifica: scienziati o politici?".


Per l'articolo di Fukuyama citato, si veda (nel sito <www.estropico.com>) "Biotecnologie, la fine dell'Uomo"; nella medesima pagina c'è inoltre un link che riporta a diversi articoli pro e contro le posizioni di Fukuyama. E' possibile inoltre accedere ad altri documenti sul transumanesimo.
Giuseppe Lanzavecchia, intervenendo nel Call for Comments che in questo sito è stato associato alla Lecture di David Callahan (Febbraio 2005), ha espresso preoccupazioni sulle conseguenze "inegualitarie" implicite nel progetto transumanista.
Sempre nel sito della FGB si veda "Perchè il futuro non ha bisogno di noi", il saggio di Bill Joy dove si afferma come le più potenti tecnologie del XXI secolo - robotica, ingegneria genetica, e nanotecnologie - minacciano di fare dell'umanità una specie a rischio. Segnalo il saggio di Joy (come pure gli articoli che, in argomento, hanno alimentato l'iniziativa "Collaborate"), in quanto segna la differenza fra una preoccupazione seria relativa all'uso delle nuove tecnologie e l'utopia degli ideologismi futuristici.
Nella Sezione "Argomenti" di questo sito, si veda inoltre l'item dell'Agosto 2002 "Post-Human", contenente rimandi ad articoli di Giuseppe O. Longo e Franco Voltaggio, sull'anelito dell'uomo a superare quella che ha da sempre percepito come una propria incompletezza.
Ancora nella Sezione Argomenti, l'item di Gennaio-Febbraio 2003 "Post-Human" contenente articoli su macchine meccaniche e mentali, bionica, e protesi migliorative.


sabato, aprile 09, 2005  
Fondazione Bassetti -- Informazioni e contatti Questa Rassegna stampa appartiene al sito della Fondazione Giannino Bassetti: <www.fondazionebassetti.org>

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