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La robotica applicata alla chirurgia

di Stefano Regondi [1], 17 Giugno 2016

La robotica ha fatto il suo ingresso nelle sale operatorie italiane già da molto tempo. Fino ad ora, però, le macchine robotiche hanno avuto la funzione di accompagnare e "potenziare" l'intervento e la precisione del medico chirurgo: parliamo di manipolatori soft per la chirurgia addominale, ma anche di sistemi di assistenza per la sostituzione di organi e di sistemi per l'endoscopia indolore e per la terapia vascolare. Le cifre che testimoniano la rilevanza degli interventi con i robot chirurgici (dal più noto Da Vinci Xi [2] della statunitense Intuitive Surgical entrato nel mercato 15 anni fa, al Magellan [3] e molti altri) sono in lieve ma progressivo aumento.

I principali benefici per il chirurgo riguardano la possibilità di operare su scala microscopica e nanometrica, vale a dire ad un ordine di grandezza difficilmente raggiungibile dalla mano di una persona; per l'ospedale, invece, diminuisce il tempo del decorso post-operatorio. I benefici per i pazienti sono rappresentati da un minor dolore post-operatorio, un ridotto rischio di infezioni, un minor sanguinamento, una ridotta necessità di trasfusioni, un più rapido ritorno a tutte le normali attività quotidiane, un miglior risultato estetico.

I recenti sviluppi in tale ambito sono numerosi e ci sono territori in cui questa evoluzione prende più corpo. Prendiamo il caso del Centro EndoCAS [4] dell'Università di Pisa, dove un team multidisciplinare composto da medici ed ingegneri sta lavorando per portare la realtà aumentata e la realtà virtuale nelle sale operatorie e nelle aule di formazione dei giovani medici. Con l'ausilio di alcuni visori per realtà aumentata i chirurghi hanno facoltà di vedere all'interno del corpo grazie all'incrocio delle immagini pre-operatorie con quelle trasmesse in real time dal robot: tale facoltà permette di comprendere meglio le modalità con cui intervenire sul paziente. Oppure consideriamo l'esperienza della Scuola internazionale di robotica di Grosseto [5], fondata dal Prof. Giulianotti e diretta dal Dott. Coratti, vera pioniera italiana in questo ambito e riconosciuta a livello internazionale: qui molti chirurghi arrivano da ogni parte del globo per apprendere l'arte della robotica chirurgica in un mix tra lezioni teoriche e assistenza in sala operatoria.

A fronte delle evoluzioni in essere (qui si accenna a due soli esempi, ma lungo tutto il Paese sono diversi gli ospedali che si sono attrezzati con robot chirurgici, ndr.) bisogna riflettere sul fatto che possedere una tecnologia non è sufficiente per migliorare le prestazioni sanitarie e per generare ricadute positive in termini di salute pubblica.

I limiti identificabili, che impediscono per ora una più ampia diffusione di tali soluzioni, sono principalmente due: I) l'assenza della pianificazione di una formazione per studenti e per chirurghi esperti (al momento le iniziative in essere sono promosse da enti indipendenti); II) l'elevato costo dei robot utilizzati in chirurgia.

È innegabile che i costi siano molti alti; d'altronde occorre non considerare solamente i costi diretti ma anche quelli relativi al posto letto (per il post-operatorio) che parimenti scendono ma che non garantiscono, in ogni caso, un pareggio dell'investimento. Inoltre sappiamo - come segnalato nel primo contributo - che il Sistema Sanitario Nazionale con la cifra sul 2016 di 111 miliardi di euro rappresenta per importanza la seconda voce nella spesa pubblica italiana, un capitolo di bilancio che è destinato a essere maggiormente razionalizzato (tradotto: ridotto) nei prossimi 2-3 anni. In ragione di queste considerazioni la robotica applicata alla chirurgia pare un'innovazione destinata a non prendere piede da subito nel nostro Paese (almeno nel sistema attuale) per ragioni di sostenibilità del S.S.N., nonostante le rilevanti ricadute sociali sopra descritte.

Tuttavia il settore, a livello internazionale, non ferma la sua corsa. In tal senso le novità riguardano lo sviluppo del primo robot in grado di operare anche su tessuti molli senza l'intervento umano e l'invenzione del primo prototipo di robot origami.

Il primo si chiama STAR [6], acronimo di Smart Tissue Autonomous Robot, ed è stato progettato da un gruppo di esperti coordinati dal Children's National Medical Center [7] di Washington: l'obiettivo è ridurre a zero il rischio di errore umano. I primi test relativi sono stati pubblicati Science Translational Medicine e dimostrano risultati migliori di quelli ottenibili da chirurghi o da chirurghi assistiti (come nel caso del Da Vinci Xi). STAR opera sotto la supervisione di un chirurgo, è equipaggiato con un braccio robotico e con strumenti chirurgici, è dotato di marcatori fluorescenti e altri dispositivi che gli consentono di visualizzare e navigare tra i tessuti molli dell'organismo adattandosi alla loro complessità.

Il secondo, invece, è il prototipo di Robot origami [8] progettato dai ricercatori del MIT, in team con ingegneri dell'Università di Sheffield e del Tokyo Institute of Technology [9]. Si tratta di un robot piccolissimo e biodegradabile, presentato recentemente a Stoccolma, che ha potenzialità enormi. L'apparecchio è contenuto in una piccolissima capsula (come la pillola di un farmaco) e viene attivato nel corpo dopo l'intervento dei succhi gastrici. Subito dopo viene manovrato dal chirurgo, che ha facoltà di ricucire lesioni interne e facilitare l'espulsione di corpi estranei. Gli stessi ricercatori progettisti hanno annunciato che stanno lavorando per rendere autonoma l'azione del robot origami.

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  1. 1] /schedabiografica/Stefano Regondi
  2. 2] http://www.abmedica.it/it/prodotti/da-vinci
  3. 3] http://www.hansenmedical.com/us/en/vascular/magellan-robotic-system/product-overview
  4. 4] http://www.endocas.org/
  5. 5] http://www.roboticschool.it/it
  6. 6] http://stm.sciencemag.org/content/8/337/337ra64
  7. 7] http://childrensnational.org/
  8. 8] http://news.mit.edu/2016/ingestible-origami-robot-0512
  9. 9] http://www.titech.ac.jp/english/
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