Il 27 settembre 2024, Fondazione Giannino Bassetti ha partecipato alla open night A tu per tu con la ricerca, organizzata dal Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, con il talk Una società per tutte le età? Nella Sala Colonne del museo milanese sono intervenuti, moderati da Francesco Samorè, Giovanna Mascheroni, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, la direttrice centrale ISTAT Sabrina Prati, la service designer Camilla Borghi, il dottorando in Filosofia dell’Innovazione Responsabile Marco Innocenti, e il ricercatore dell’Università degli Studi di Siena sulle trasformazioni dinamiche del lavoro Carlo Pace. L’evento si è concluso con lo slam poetry della ricercatrice e performer Ludovica Taurisano. Di seguito, una breve sintesi e un video dell’evento.
«Ognuno di noi ha esperienza nella sua vita di una ristrutturazione dei rapporti demografici, e quindi di un cambiamento nelle relazioni fra generazioni, e insieme, esperienza di un’immersione più o meno positiva nelle opportunità offerte dalla rivoluzione tecnologica e digitale. Sono due fenomeni che avanzano congiuntamente, il cui risultato è una società di nuove generazioni e tecnologicamente trasformata, che apre opportunità e sfide sulle quali non si è ancora però discusso in modo integrato». Introducendo l’incontro, Francesco Samorè ribadisce la lettura che Fondazione Giannino Bassetti ha sempre dato del fenomeno demografico. Generazioni e innovazioni sono due facce di una stessa transizione, di uno stesso cambiamento d’epoca, che coinvolge dall’ambiente all’intelligenza artificiale, dalla formazione nel e per il mondo del lavoro agli stili di vita. Ecco perché, come sottolinea ancora Samorè, pensare a una ‘società per tutte le età’ si configura come un atto di responsabilità, la necessità cioè di governare i processi di transizione in atto con il fine di evitare la nascita di nuove disuguaglianze.
Il quadro di insieme lo offre Sabrina Prati, che illustra con i dati dell’ultimo rapporto Istat, quella che lei definisce, prendendo a prestito la definizione data dal demografo e rettore dell’Università Bocconi Francesco Billari, l’era della diversità generazionale. Basta osservare la così detta Piramide dell’età, da zero a cento anni: se nel 1951 nella popolazione italiana prevalevano le classi giovanili rispetto alle anziane, nel 2024, la base della piramide si è erosa in maniera importante, con la parte più consistente formata dai baby boomer nati tra la metà degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, mentre la previsione per il 2050 dice che, per ogni cento giovani, ci saranno più di trecento anziani. In altre parole, il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due del 2023, a circa uno a uno del 2050. «Conosciamo i dati del contesto», dice Prati, «ma è la prima volta che una società si trova a vivere in una condizione di tale squilibrio strutturale. I cambiamenti della popolazione riguardano sia consistenza che comportamenti. Gli ambiti di miglioramento negli stili di vita delle persone anziane sono, per esempio, maggiori di quelli delle giovani generazioni. In comune, condividono gli indicatori positivi riferiti all’utilizzo delle nuove tecnologie e all’aumento delle competenze digitali. Questo ci dice che, se è vero che esiste un divario digitale, questo dipende soprattutto dal capitale umano e dal livello di istruzione di ciascuno, e che ci sono quindi delle leve su cui si può agire per ridurre in maniera importante divari digitali e disuguaglianze connesse».
Gli ambiti di miglioramento negli stili di vita delle persone anziane sono maggiori di quelli delle giovani generazioni. In comune, condividono gli indicatori positivi riferiti all’utilizzo delle nuove tecnologie e all’aumento delle competenze digitali.
Leve che riguardano la formazione, l’istruzione, la capacità di governare queste transizioni. Samorè cita un rapporto della Fondazione Nord Est sull’emigrazione giovanile, con i 216 mila giovani italiani che hanno lasciato il nord del nostro Paese dal 2011-2021, e il conseguente ‘degiovanimento’, neologismo introdotto da Alessandro Rosina, ricercatore dell’Università Cattolica di Milano. Nella società per tutte le età, appare utile quindi trovare strumenti per un dialogo intergenerazionale. Che si tratti di percorrere la strada della riflessività e della deliberazione etica, condivisa e collettiva di Alasdair MacIntyre citata da Marco Innocenti, membro del gruppo di ricerca sulla filosofia della tecnologia dell’Università degli Studi di Milano PhilTech, e sperimentata nel processo di progettazione di una start up che vede al lavoro professionisti dai 25 ai 55 anni con diverse approcci e aspettative rispetto agli sviluppi e agli impatti di una nuova tecnologia; che si tratti di progettare, come ricorda Carlo Pace, adeguati modelli di formazione professionale (e tra questi l’adozione di visori di realtà aumentata che aiutano gli utenti a comprendere in sicurezza una serie di pratiche) capaci di intercettare i bisogni della società futura per abitare al meglio un mercato del lavoro che nel 2100 vedrà metà della popolazione over 65; nella ‘società per tutte le età, l’innovazione non può prescindere dal disegno di una convivenza sostenibile per tutti e tutte. Da un investimento sul presente per prepararsi a un futuro che, nei fatti, è già fra noi.
Innovare ora, dunque. Innovare, come suggerisce Camilla Borghi, facendo riferimento alla sua tesi Changing the Negative Narrative of Ageing: a Case Study on Sexual Wellness Services for Women in Later Life, la narrazione stereotipata di un’anzianità posta solo nei termini della cura e dell’assistenza medicale, nei termini di bisogni essenziali e mai di desideri e relazioni. Nasce così Ancora, un servizio per il benessere sessuale delle donne anziane, progettato attraverso un processo di design partecipativo che ha incluso donne over 60, esperti e specialisti, e che prevede spazi di confronto tra donne a partire dalla condivisione di media culturali come film, libri o mostre in cui è presente il tema della sessualità in relazione all’età, e una piattaforma online informativa con specialisti del benessere sessuale mappati sul territorio bolognese. Un modo per abbattere il doppio stereotipo di ageismo e sessismo, ma anche per individuare una pratica progettuale, quella dell’ascolto attivo, che consente di rimuovere bias inconsci e facilitare una cultura più inclusiva e rispettosa di ogni età.
Innovare (...) la narrazione stereotipata di un’anzianità posta solo nei termini della cura e dell’assistenza medicale, nei termini di bisogni essenziali e mai di desideri e relazioni
Anche quando Giovanna Mascheroni, autrice di Datafied Childhoods: Data Practices and Imaginaries in Children’s Lives, parla di Safety by Design nella progettazione dei servizi online usati dai minori, ci dice in pratica che, la stessa inclusione dei bambini e delle bambine nella ‘società per tutte le età’ va pensata e governata con policy condivise. Se i divieti tout-court appaiono inutili e limitativi, un richiamo alla responsabilità è doveroso se si pensa che, nel contesto di un capitalismo della sorveglianza: «I bambini continuano a essere una risorsa economica molto importante, risorsa nel loro fornire dati per costruire profili sempre più dettagliati in grado di prevedere le abitudini future, predeterminandone così le scelte, sia per i normali consumi che per percorsi di conoscenza e di educazione. Se pensiamo ai bambini in una prospettiva globale e non solo europea, l’accesso al web puro è quindi un falso problema (un terzo degli utenti mondiali di Internet sono bambini e adolescenti); il divario digitale più importante oggi è quello per cui, a parità di competenze e di uso, permangono disuguaglianze nella capacità di trarre il massimo beneficio dalle opportunità digitali, e di minimizzare invece i rischi che possono avere impatti negativi sulla vita dei singoli». Con le lenti della demografia, guardando al processo di invecchiamento nella sua dimensione sociale e non solo individuale, la base della piramide demografica, per quando sempre più ristretta, appare allora centrale nella governance dell’era della diversità generazionale. Tanto più che nell’uso inclusivo della dimensione digitale si giocano diritti fondamentali per la qualità della vita, come quello della partecipazione. Partecipazione civica e politica che, come fa notare Samorè in chiusura, è tra gli indicatori in negativo rilevati dall’Istat per quanto riguarda le nuove generazioni, le stesse che però ancora hanno poca voce nella governance e nel design delle piattaforme.