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Storicizzare la scienza

di Redazione FGB [1], 29 Aprile 2008

Dal libro "Educazione e globalizzazione [2]", di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti (Raffaello Cortina Editore, 2004), pp. 24-26, grassetti nostri:

Fino a tempi assai recenti, era luogo comune considerare inerenti al discorso tecnologico e al discorso scientifico soltanto i modelli, le teorie o i contenuti in sé e per sé --quali risultati da mettere alla prova, da scartare, da adottare o da perfezionare-- e non già gli intinerari seguiti per arrivare a tali risultati. Questo atteggiamento svalutava, metteva fra parentesi, la vita e i conflitti delle idee: il ruolo degli individui, con i loro corpi, le loro convinzioni, i loro pregiudizi, le loro ossessioni, le loro identità politiche, etniche, culturali, le loro relazioni, le vicende grandi e piccole delle loro esistenze. Del tecnologo e dello scienziato emergeva soltanto un ruolo astratto, disincarnato, sterilizzato, avvolto dal camice bianco. L'attuale rovesciamento di prospettiva è quanto mai spettacolare. Sempre di più, emerge come decisiva per tutte le innovazioni scientifiche e tecnologiche la capacità di un individuo o di un gruppo di contaminare i propri campi di ricerca e i propri interrogativi con temi, stili, prospettive eterogenei provenienti da campi di tutt'altro genere, anche psicologici, immaginativi, estetici, artistici, "metafisici".
[...]
Le idee nascono, si sviluppano, si trasformano, cambiano di significato, vanno alla deriva, si biforcano, si degradano, muoiono, rinascono, in una storia fatta di individui, di gruppi, di collettività, di relazioni e di tensioni fra individui, gruppi, collettività (e anche dentro gli individui stessi).
Certamente, in questi nuovi atteggiamenti nei confronti della scienza c'è una componente di disillusione. La scienza non solo si è dimostrata (almeno fino a oggi) incapace di affrontare i peggiori mali del mondo, ma talvolta è stata essa stessa all'origine di nuovi pericoli. Di contro, in questi stessi atteggiamenti c'è anche una forte componente costruttiva, che considera l'esperienza umana un'unità nella pluralità, e che trova nella varietà e nella polifonia dei linguaggi e delle conoscenze una via più adeguata per abitare il mondo.
In questo modo, la scoperta e l'approfondimento delle radici storiche e culturali delle teorie scientifiche sono oggi considerati precondizioni indispensabili per la comprensione dei loro sviluppi presenti e futuri. Sempre di meno il progresso scientifico appare lineare, univoco e irrevocabile. Sempre di meno le teorie e le narrazioni scientifiche sono considerate definitivamente acquisite.
[...]
In gran parte dell'organizzazione e della trasmissione dei saperi scolastici e universitari, questa problematicità del pensiero scientifico è stata messa fra parentesi. Per converso, questa problematicità e complessità è stata dissolta nella struttura atemporale dei manuali, attraverso i quali è veicolata l'idea che le "verità" scientifiche, una volta acquisite, siano indipendenti dalla storia che le ha prodotte. Ciò porta a nascondere tutto l'intreccio delle controversie e delle problematizzazioni di cui la scienza si alimenta in quanto processo creativo. Storicizzare la scienza è una via importante per far sì che le conoscenze siano comprese come processi in divenire.

Nell'item "'Quei sovversivi di genio che hanno cambiato il mondo' [3]" della Rassegna Stampa viene ripreso un articolo di Giulio Giorello, apparso sul Corriere della Sera del 28 agosto, dove viene mostrato, con riferimento a fatti della storia della scienza, che il ricercatore vive le tensioni del proprio tempo e con esse deve misurarsi.

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  1. 1] /schedabiografica/Redazione FGB
  2. 2] http://www.iprase.tn.it/old/intercultura/Bocchi-Ceruti.pdf
  3. 3] /it/rassegna/2004/09/quei_sovversivi_di_genio_che_h.html
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copertina_bocchi_ceruti.jpg
Questo articolo fa parte della sezione Argomenti: vai all'indice settembre 2004. Vedi anche: Una nuova educazione per il futuro della biosfera
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