14.12.05

Silvio Scaglia: FASTWEB, innovazione del quarto tipo

Scaglia e Bassetti

logo Fastweb

I quattro modi di innovare

Quando penso all'innovazione, ne vedo quattro grandi categorie.
Due di queste, situate agli estremi, sono abbastanza scontate. La prima è l'innovazione incrementale che coinvolge tutte le aziende che sono già su un certo prodotto-mercato e le guida, giorno per giorno, a migliorare: questo è il tipo di innovazione che fa sì che le automobili di oggi siano meglio di quelle di 50, 60 anni fa. Ed è un'innovazione molto strutturata, che avviene nelle grandi aziende, in modo super-organizzato; ci sono strutture organizzative dedicate a fare questo, ci sono processi organizzativi che collegano marketing, che collegano sviluppo-prodotto, che collegano l'ingegneria della produzione: tutto ciò porta a un'innovazione di prodotti continua, a cui siamo abituati.

L'altro tipo di innovazione che è molto semplice da classificare è quella che si fa nelle università, nei laboratori, che poi produce in genere i brevetti dai quali eventualmente possono nascere prodotti o aziende. Questi laboratori possono essere all'interno delle università oppure all'interno delle aziende: è il budget di ricerca delle aziende. E' ciò che si dice che in Italia manchi molto. E' un'innovazione particolarmente difficile da gestire; lavora su tassi di successo molto bassi.
Nel primo tipo di innovazione, quando si fa innovazione incrementale, un prodotto migliore viene fuori quasi certamente; invece, quando si entra in un laboratorio, non è detto che vengano fuori prodotti migliori, e non si può sapere quanto tempo e quante risorse ci vogliano.
Sono pochi i sistemi che riescono effettivamente ad utilizzare bene il patrimonio innovativo di un grande laboratorio e trasformarlo in innovazione reale e concreta. Ad esempio a Cambridge, in Inghilterra, dove c'è un sistema di università, di venture-capital che ruotano attorno all'università e riescono poi a motivare imprenditorialmente degli scienziati e riescono ad aiutarli non solo economicamente, ma anche come know-how imprenditoriale, per permettere loro di diventare, da scienziati, imprenditori. In Israele sono bravissimi a gestire questo tipo di transizione. Negli Stati Uniti non sono i più bravi al mondo, contrariamente a quanto spesso si pensa. In Italia, a mio parere, abbiamo molto da imparare sotto questo profilo.

I due livelli intermedi di innovazione sono più a portata di mano. Il primo è l'innovazione di business-system: si lavora in un mercato esistente, con prodotti e tecnologie esistenti, ma si innova il modo di gestire un'impresa all'interno di questi prodotti e mercati.
Un esempio concreto di questo tipo di innovazione è quello compiuto da Ryanair e di tutto il low-cost, che è stata un'innovazione fortissima, che cambia il modo in cui viviamo e ci rapportiamo. L'impatto della tecnologia e sulla tecnologia è stato molto ridotto; si è limitato quasi all'uso di internet per fare i biglietti, per bypassare le agenzie, ma avrebbero potuto farlo anche usando il telefono. L'impatto è stato su un mercato che già si conosceva, le cui necessità erano chiare. E sono stati bravissimi a trovare un nuovo modo per affrontare un prodotto-mercato già esistente.
In questo modo d'innovare ci sono anche tanti esempi italiani, come quelli presentati in questo corso dalla Fondazione Bassetti.

C'è un quarto tipo di innovazione, che è quello che ci ha dato modo di far partire FASTWEB. E' un tipo di innovazione più tecnico, meno scientifico, che parte a valle del laboratorio perché si basa su prodotti che incominciano ad esserci, nell'ambito di una transizione tecnologica che ha una sua precisa collocazione temporale, in una finestra precisa: fatta troppo presto, o troppo tardi, non sarebbe stata possibile.

L'innovazione di FASTWEB

Nel caso di FASTWEB, la transizione tecnologica è stata quella delle reti IP, le reti Internet-Protocol dei router.
I router sono computer che ricevono delle stringhe di bit, ai quali è associato un indirizzo, e le indirizzano verso altri router sulla base dell'indirizzo che leggono. Dietro queste stringhe di bit ci può essere qualunque cosa: un collegamento telefonico, una trasmissione dati, che viene suddivisa in pacchetti, oppure una trasmissione video, che anch'essa viene suddivisa in pacchetti per essere mandata al destinatario.
Nel 1999 i router venivano usati solo per fare delle reti limitate all'interno di aziende, delle reti dati aziendali. Non c'era la consapevolezza che si potesse fare una rete pubblica, una rete che potesse gestire un servizio pubblico telefonico e di trasmissione su router.
Si pensava che la tecnologia fosse ancora immatura, si pensava che ci sarebbero voluti ancora cinque o sei anni per arrivare a quel punto, secondo un'opinione comunemente accettata. Ma era diffusa la consapevolezza che questa nuova tecnologia avrebbe dato importanti vantaggi rispetto alle reti tradizionali.
Una rete tradizionale è composta da una quantità enorme, anche in termini di investimenti, di centrali di commutazione, a vari livelli (centrale locale, centrale di transito, centrale di gestione del traffico internazionale...); vi si trovano, inoltre, diverse generazioni di sistemi di trasmissione dati (Atm, Sdh...), dietro ai quali c'è un concetto di linea. La linea dati riproduce il sistema tradizionale di linea di commutazione telefonica, che mette a disposizione una certa capacità di trasporto dati, sia che questa venga sfruttata, sia che rimanga inutilizzata. I sistemi tradizionali comportano, insomma, costi maggiori e forniscono minore potenza di trasmissione dati rispetto a un sistema basato su router.

Oggi Fasweb può fornire in real time bandwith on-demand a un'azienda, a un computer che lo richiede, fino a Giga-bit al secondo, in tempo reale. Dieci anni fa, per dare un termine di paragone, le linee di connessione tra i maggiori operatori al mondo erano di 155 mega bit al secondo.
Ma la disponibilità attuale è possibile solo se la rete non funziona con linee dedicate, solo se, dinamicamente, è in grado di allocare banda dove la si richiede. Ed è ciò che i router, i computer, possono fare.

Nel 1999 alcuni servizi, tra cui la telefonia, potevano ormai essere gestiti con logiche di mercato, e non più secondo la logica dello Stato-imprenditore, una logica ormai superata. In un clima di "corsa all'oro", dopo la liberalizzazione del mercato, ma prima dello sbum della bolla, quella di FASTWEB era la 315a richiesta di licenza per telecomunicazioni di rete fissa. C'erano quindi le condizioni favorevoli del mercato, ma c'era soprattutto quella finestra "fatata" rispetto alla maturazione della tecnologia.
Da un punto di vista tecnico ci eravamo posti due sfide importanti: far funzionare una rete IP e far funzionare un collegamento fiber to the home in modo sistematico per tutti i nostri clienti. Soltanto dal 2003, quando l'Adsl ha raggiungo i 6 mega bit, abbiamo potuto offrire i nostri servizi anche su doppino telefonico, riducendo di molto i costi di allacciamento degli utenti.

Il 2001 e il 2002 furono anni molto difficili perché riuscimmo a far funzionare questa tecnologia, ma le difficoltà tecniche erano frequenti, il sistema era giovane e scricchiolava parecchio. I problemi erano dovuti per la maggior parte a problemi di inter-operatività tra i router, i cui software non erano progettati dalla Cisco tenendo conto delle necessità di una rete di questa complessità. L'altro grande problema sono stati gli scavi nelle strade, necessari per collegare tutti gli edifici.
La terza grande sfida era quella del mercato: far nascere un mercato su un'esigenza che si intuiva soltanto. Quando si parlava di larga banda, allora, si intendevano qualche centinaio di kilo-bit al secondo, non di diversi mega-bit. Dovevamo far capire alla gente che avere più mega-bit avrebbe significato più rapidità, meno tempi di attesa, ma non solo: dovevamo fare capire che con diversi mega si poteva anche guardare la televisione sulla rete del telefono, un'idea totalmente astrusa per il tempo. Ed era un mercato che non aveva riferimenti né in Italia, né fuori, essendo noi stati i primi a realizzare una rete con queste caratteristiche, a portare sistematicamente la fibra ottica nelle case e a realizzare una rete pubblica IP.

Una sfida alla quale inizialmente non avevamo pensato è che una azienda che offre servizi di questa complessità, che offre telefono, connessione a banda larga, televisione... deve avere un customer care adeguato; non basato, come succede nel campo delle comunicazioni, sul minimizzare i costi della singola chiamata, ma sul minimizzare i costi di risoluzione del problema. Questo ci ha condotti a creare il nostro personale, selezionato con rigore e formato all'interno dell'azienda, in grado di rispondere efficacemente ai problemi dell'utenza. Diversamente dall'inizio, oggi il nostro customer care è un elemento di forza dell'azienda ed è coerente con la nostra offerta.

Sono passati 6 anni dal momento in cui siamo partiti con FASTWEB.
Oggi l'azienda fa circa un miliardo all'anno di fatturato, ha investito più di 3 miliardi di euro, l'occupazione creata direttamente è di 7000 persone, di cui 3000 dipendenti e 4000 persone che lavorano esclusivamente per noi, nell'area vendite e nell'area tecnica (per gli allacciamenti). La rete FASTWEB, nel mondo degli operatori di telecomunicazioni, è the next generation network, ovvero il punto di riferimento per lo sviluppo di tutte le reti esistenti: la rete IP, che lanciammo 6 anni fa, oggi è totalmente accettata ed è il modello per le evoluzioni delle reti di telecomunicazione.

Il futuro di Silvio Scaglia e di FASTWEB

Dal mio punto di vista, quindi, inizio a vedere FASTWEB come vedevo Omnitel nel 1999: da un punto di vista di business mi sembra che il business case sia dimostrato, che funzioni, da un punto di vista tecnologico funziona, è accettato, l'azienda è solida, ha un team di manager molto forte... sento quindi il bisogno di fare delle nuove cose.
Dall'anno prossimo comincerò a diluire la mia posizione in FASTWEB per dedicarmi a ciò che più mi interessa, che si trova sempre all'incrocio tra start-up e tecnologia, a cui vorrei dedicare più tempo e più risorse, mentre FASTWEB sta in piedi con le sue gambe, non ha più bisogno di quel taglio imprenditoriale che è servito all'inizio.
Ma vorrei gestire bene la transizione, giustificando tutte le cose che intendo fare prima di farle, anziché vendere le mie quote e poi raccontare perché l'ho fatto, come avviene generalmente in questi casi.
Abbiamo attivato all'interno di FASTWEB un processo di review di alternative strategiche con l'obiettivo di capire con quale assetto azionario il valore per gli azionisti di FASTWEB può essere massimizzato in futuro. E' un grado di libertà che abbiamo e che mi sembra importante gestire in modo conscio, per non rendere FASTWEB vittima di una decisione mia.

Ci sono tre alternative possibili, tra cui è necessario scegliere quella che crea maggior valore per l'azienda. La prima è che FASTWEB continui come azienda indipendente, come public company quotata in borsa, senza azionisti dominanti, basandosi come molte aziende nel mondo, e poche in Italia, sulla fiducia dei mercati finanziari. La seconda opzione è che subentri qualche altro socio di riferimento al mio posto. La terza opzione è che ci sia qualcuno che compri Fastweb nel suo complesso.
Sono tre opzioni teoriche che abbiamo deciso di gestire attivamente, per vedere quale concretamente offre le migliori prospettive di valorizzazione dell'azienda e di creazione di valore per gli azionisti dell'azienda.


by Valentina Porcellana on 14.12.05 at 19:45 | Permalink |