29.01.06

Alberto Schena. Obiettivo: semplificare la vita alle imprese

Le innovazioni che io ho individuato in questa vicenda sono sostanzialmente tre. La prima intuizione fu quella di trasformare gli archivi in banche dati, cosa che ha avuto una serie importante di conseguenze. La seconda è stata quella di fare del registro delle imprese un registro informatico, decisione presa per legge, senza che si sapesse bene in che modo si sarebbe attuata questa innovazione. La terza innovazione è stata l'adozione massiccia della firma digitale.
Nella storia che lega queste tre innovazioni è intervenuta una serie di variabili che hanno modificato i disegni originari. Una delle variabili che si è rivelata assai significativa è stata la creazione di internet.

Alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, quando iniziammo a impostare il registro informatico, le reti informatiche erano attive soltanto presso pochi istituti di ricerca, alcune università e presso le grandi aziende (una singola linea costava allora circa 25 milioni all'anno, traffico escluso). La legge che ha dato avvio al registro informatico è stata formulata prima di internet, e soltanto grazie a internet abbiamo dato al servizio la sua forma attuale. Le cose sarebbero potute andare diversamente, con variabili diverse. Allo stesso modo, la firma digitale è stata una variabile. Basata su un algoritmo inventato da alcuni matematici a metà anni Settanta, senza di essa non avremmo potuto fare quel che abbiamo fatto, oppure l'avremmo dovuto fare diversamente. Questo soltanto per dimostrare che l'innovazione si fa con quello che c'è! A volte riesce, a volte no, e spesso si sviluppa in modo diverso da come si era previsto.

Il professor Volpato è riuscito bene nell'intento di mettere in piedi una società che si autofinanziasse con i proventi delle banche dati, le quali prima non c'erano, dato che erano semplicemente dei fogli di carta. La società ha prosperato per tanti anni, al punto di doversi poi scindere perché era diventata troppo ingombrante, viste le sue caratteristiche. Si è poi scissa una seconda volta quando si è arrivati alla seconda innovazione, quella del registro informatico. Così la Cerved ha proseguito in modo indipendente e tuttora vive e prospera, essendo la più grossa impresa di formazione economica in Italia, ed è ormai di proprietà delle banche.

Infocamere ha invece proseguito sviluppando il tema del registro informatico, e lo ha fatto adottando questa nuova innovazione, la firma digitale, che non era stata prevista quando si decise di creare il registro informatico. La firma digitale ha una storia breve, ma travagliata. Ci sono voluti dieci anni per introdurla nel registro. E' da tre anni che è diventata obbligatoria, ma è stato un obbligo all'italiana: sarebbe dovuto essere obbligatoria fin dal primo anno, ma già si sapeva che non tutti ce l'avrebbero fatta. E' stato "sempre più obbligatorio", fino ad arrivare finalmente alla stabilizzazione attuale: la carta ora non viene più utilizzata.

Negli anni in cui i bilanci dovevano essere depositati in tribunale era necessario persino l'intervento delle forze dell'ordine per far mantenere la calma nelle code che, a volte, duravano giorni. I commercialisti assoldavano abitualmente dei "codisti", in grado di sopportare lunghe attese, per andare a depositare fisicamente i bilanci in tribunale. L'operazione durava una quindicina di giorni. I bilanci venivano pubblicati e diventavano disponibili un anno, un anno e mezzo dopo. Oggi i bilanci del 2004, cioè gli ultimi depositati, sono già in linea. Sono stati depositati in luglio, naturalmente all'ultimo momento: molti aspettano gli ultimi giorni, quando vengono effettuati attraverso le nostre linee dai 100 ai 150 mila depositi al giorno. E bisogna sapere che certi bilanci, specialmente quelli delle aziende più grandi, pesano anche centinaia di megabyte. Grazie alla firma digitale noi siamo in grado di gestire questa mole di dati in pochi giorni e di metterli tutti in linea nel giro di alcune settimane. L'innovazione ha ottenuto così un notevole vantaggio sia per chi ha bisogno di consultare i bilanci, sia per chi deve depositarli.

Ci sono voluti dieci anni per mettere in piedi il sistema che è pienamente attivo dal 2003. Ma in questi dieci anni l'obiettivo della legge che ha imposto il registro informatico è stato raggiunto? La risposta non è così semplice.
L'obiettivo era quello di semplificare la vita alle imprese. Certamente l'abbiamo semplificata sul lato dell'accesso ai registri, della loro consultazione. Tuttavia questa opportunità è ancora poco conosciuta, a paragone con le Pagine Gialle, ad esempio, la cui base dati è molto più limitata. Ma le Pagine Gialle ci sono da una vita, mentre il registro pubblico è disponibile in modo accessibile soltanto da quando c'è internet. Inoltre InfoImprese non è mai stata oggetto di una specifica promozione. Senza far nulla, comunque, il numero degli utenti e delle visite continua a crescere costantemente. Temiamo ancora che a usarlo siano i professionisti, più che le imprese. Ma prima o poi anche le imprese si accorgeranno dell'opportunità di usare questo strumento.
Dal punto di vista della consultazione, quindi, si può dire che l'obiettivo di migliorare la vita delle imprese è stato raggiunto. Sul versante della creazione e dell'aggiornamento del registro, del deposito degli atti, le cose vanno diversamente. Da parte nostra, ovviamente, adottammo rapidamente quell'altro tipo di innovazione che consisteva, brutalmente, nello spostare il lavoro dall'ufficio all'utente: invece di far lavorare l'ufficio per caricare i dati nel registro, faccio lavorare l'utente, gli faccio compilare direttamente i moduli informatici. E' un'innovazione che applicano tutte le aziende: le banche, ad esempio, cercano di scaricare sull'utente il lavoro dello sportello. Voi operate sul vostro conto da casa e le banche risparmiano delle grosse somme (voi forse no, perché le banche vi fanno pagare le spese come prima). Allo stesso modo, i primi a risparmiare con l'innovazione del registro informatico, in termini di lavoro risparmiato, siamo stati noi, sono state le camere di commercio.

Tornando alla domanda: abbiamo fatto risparmiare le imprese? Abbiamo semplificato loro la vita? Francamente, ci abbiamo provato, ma temo che non ci siamo riusciti. E la prova qual è? Queste firme digitali ultra-sicure, di cui noi deteniamo il primato mondiale, chi le usa?
Il deposito degli atti deve essere fatto obbligatoriamente dal notaio, e quindi la firma ce la mette il notaio. Certo, il notaio, se è particolarmente tecnologico, può anche far firmare digitalmente il Consiglio d'Amministrazione che deposita un verbale, oppure il rappresentante legale che deposita una modifica. Ma normalmente il notaio fa firmare tutto su carta, scannerizza il tutto e poi firma digitalmente un file pdf. E a noi arriva questo. Questo semplifica la vita al notaio, certamente, ma semplifica poco la vita ai clienti del notaio. Se poi il notaio si faccia pagare di meno... ne dubito. Questo per quanto riguarda gli atti delle società.
I bilanci, dal canto loro, sono faccende complicate che le imprese fanno fare ai commercialisti. I quali, nel caso delle piccole imprese, spesso tengono tutta la contabilità e fanno il bilancio. Per poter ottenere che i bilanci fossero presentati con la firma digitale, alla fine si è dovuto accettare che bastasse la firma del commercialista, insieme alla firma del titolare dell'impresa. Ma ciò che si pensava dovesse compiersi era la seguente trafila: il commercialista fa il bilancio, lo manda per e-mail all'impresa, il cui delegato lo firma, lo rimanda per e-mail, e infine il commercialista controfirma il bilancio e lo deposita attraverso con una procedura simile a quella necessaria a voi per comprare un libro su Amazon o Ibs. In realtà le cose, spesso, non vanno così. Ci siamo accorti che spesso i titolari delle imprese consegnano la propria smart-card personale al commercialista affinché sbrighi tutte le pratiche e apponga autonomamente le firme digitali necessarie. Questo è proibito dalla legge, però, di fatto, succede.

Ciò dimostra che questo sistema è un marchingegno ancora troppo complicato. Le procedure sono troppo complesse per le imprese, che delegano i commercialisti. Abbiamo semplificato la vita ai commercialisti, più che alle imprese. Anche in questo caso, dubito che la semplificazione del lavoro dei commercialisti si sia tradotta in una riduzione delle spese per le aziende.
Insomma, gli effetti di questa innovazione sono stati catturati dagli intermediari. Sono pochissime le imprese che fanno direttamente le loro pratiche. Naturalmente parliamo delle pratiche che possono fare, perché per alcune pratiche la legge impone l'intervento dei notai, che non possono essere elusi se non cambia la legge.

Siamo riusciti a diffondere circa centomila collegamenti Telemaco. Con questo tipo di collegamento, che costa 50 euro di traffico prepagato, senza costi di collegamento, l'impresa è in grado di fare direttamente tutto ciò che la legge consente, senza muoversi dalla propria sede. Su centomila collegamenti, le aziende che fanno davvero direttamente le proprie pratiche sono soltanto alcune migliaia. Questo avviene perché le pratiche sono ancora troppo complicate: ci vuole un professionista. In questo caso non è tanto un problema di tecnologia, quanto di organizzazione della pubblica amministrazione.
Tre sono state, riepilogando, le innovazioni che abbiamo individuato: la banca dati, il registro telematico, la firma digitale (che è l'unico modo per abolire la carta). Alcune teorie, sempre più diffuse, annunciano la prossima scomparsa delle banche dati. Le banche dati, si dice, sono troppo complicate: bisogna conoscere il sito giusto, avere la password per accedere ai dati, sapere come è strutturato l'archivio e come va consultato. Ora si va verso il superamento di questa fruizione dei dati: la banca dati rimarrà, sì, ma come sistema non visibile a chi la consulta. Non sarà più necessario conoscere il nome o il numero di registro imprese di una impresa, per trovare i suoi dati; basterà compilare un documento che faccia riferimento a una certa impresa perché quel documento faccia automaticamente dei check per verificare se alcuni campi di quel documento sono certificati oppure no. E', grossomodo, ciò che accade con il programma i-Tunes: quando inserite un disco di musica nel lettore del computer, il sistema consulta una banca dati e in un attimo vi dà la lista dei brani e il titolo dell'album. Stiamo lavorando su una analoga semplificazione: la nostra speranza è di arrivare presto a fare una nuova scissione per gestire questa innovazione.


by Valentina Porcellana on 29.01.06 at 23:14 | Permalink |