02.02.06

Quale responsabilità? -parte 1- ...Il call for comments continua nel prossimo post...
Which responsibility? -part 1- ...This call for comments continues in the next entry...

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L'idea di questo call for comments è nata con l'ambizioso obiettivo di esplorare, necessariamente sul medio-lungo periodo, la pertinenza della riflessione sui concetti di responsabilità e innovazione, senza perdere di vista i contesti sociali, politici ed economici di riferimento che danno concretezza alla mission della Fondazione Bassetti. Non dimentichiamo infatti che quando si parla di responsabilità dell'innovazione, non si parla solo di responsabilità in senso tecnocratico, ma politico, poiché "chi fa innovazione fa storia e chi fa storia fa sempre politica" (Piero Bassetti). Il problema è piuttosto di "come e quanto consapevolmente chi fa innovazione si faccia carico delle conseguenze che le innovazioni hanno nella storia" (idem).

Le seguenti domande vorrebbero seguire da guida per invitare i lettori e interlocutori di questo sito a rinnovare la propria riflessione sull'idea di responsabilità nell'innovazione. Questo call for comments vuole però anche avere una funzione di servizio ed essere una chiamata in con-causa dei propri lettori, per segnalarci eventuali altri siti, centri, think tanks o istituti di politica culturale che si pongano in modo simile o interessante per la Fondazione la doppia domanda dell'innovazione e della responsabilità.

Uno degli snodi fondamentali che si vanno delineando nella riflessione interna della Fondazione oggi, per esempio a proposito della questione della responsabilità dello scienziato, è la decostruzione progressiva del concetto di esperto, e questo non solo per la proliferazione dei ruoli e dei modi in cui la globalizzazione fa di tutti noi degli utilizzatori "spontanei" di tecnologia, ma in modo più significativo come uno snodo teorico-pratico, quello della problematizzazione dell'idea di "innovazione responsabile", che si gioca tra scienza, politica e comunicazione. Proprio per approfondire quali siano le modalità concrete atte a localizzare l'innovazione nel rapporto tra sapere e potere, la Fondazione Bassetti ha già sponsorizzato un esperimento concreto di democrazia partecipata (Progetto 'Partecipazione Pubblica e Governance dell'Innovazione').

In seguito ad esperimenti come questi, e alla parallela riflessione su concetti come quello delle "audit cultures" e delle "comunità di pratica" (vedi i post precedenti in questa rubrica), sempre più la Fondazione si chiede: smetteremo di pensare in termini di responsabilità, per adottare il termine e una filosofia della governance dell'innovazione? Con ciò ci si chiede se si possa pensare alla responsabilità dell'innovazione in termini di auto-organizzazione di un fenomeno complesso, piuttosto che di volontà individuale, di progetto e di governo. È una prospettiva che suscita non pochi problemi, teorici e pratici, soprattutto perché, nella società del rischio, essa tende a diventare una prospettiva "di senso comune" e di effettiva de-responsabilizzazione dei singoli e delle istituzioni, non sottoposta a vaglio critico.

Porre il problema della responsabilità dell'innovazione significa fare una scelta di laicità del pensiero nel momento in cui falliscono altre ipotesi di mediazione tra fato e rischio, mantenendo ferma l'idea di autonomia della persona. Tuttavia, rispetto ai nuovi scenari, potenzialmente e sempre più evidentemente irresponsabili, dell'innovazione globale, dove si colloca il punto di esercizio della critica? Per riprendere il discorso, citato in apertura, di Piero Bassetti, " Dobbiamo fare appello all'etica? Ma di chi? Quando il soggetto attore di una innovazione non è una persona singola ma una tecnostruttura, di per sé deresponsabilizzante, chi sarà il responsabile? ... Chi avrà la responsabilità delle innovazioni non sostenibili rese possibili dal rifiuto del Trattato di Kyoto?" E, in ultima analisi, "chi, quale potere, è legittimato a determinare i fini che l'innovazione è chiamata a perseguire?"

La sfida si pone tra la definizione di un concetto puramente funzionale di responsabilità, che sostituisca al valore la forza della procedura efficiente (con tutte le derive pericolose e dis-umanizzanti denunciate da ricerche come appunto Audit Cultures), ed il reperimento di un nuovo, più ampio e più profondo, concetto di responsabilità. In altre parole, è davvero "probabile che delle procedure opportunamente studiate per esaltare il senso di responsabilità di chi innova possono aumentare la qualità e l'accettabilità politica delle innovazioni poste in atto dal sistema"? Oppure è nell'ambito più articolato della "politica" che occorre stabilire la direzione dell'innovazione e della responsabilità comunitaria rispetto ad essa?

Le seguenti domande vogliono esplicitare i molti dubbi e quesiti relativi alla responsabilità dell'innovazione rispetto agli ambiti della sua comunicazione e della sua implementazione politica, rispetto al problema della sua ricerca e osservazione, rispetto al problema della definizione di soggetti e scenari di responsabilità, e infine rispetto al concetto di governance dell'innovazione.

- Esistono/siete al corrente di agenzie o centri di ricerca che si prefiggano di far crescere la consapevolezza della responsabilità nell'innovazione? Con quali politiche culturali?
- In che modo si può evocare il concetto di responsabilità dell'innovazione nell'opinione pubblica (oltre che negli operatori)?

- Come è possibile osservare l'innovazione?
- Come è possibile prevederne gli effetti e quindi operare in regime di responsabilità?
- Con quali strumenti si può rilevare la dimensione di responsabilità "storica" dell'innovazione? In altre parole, è possibile stabilirne le co-ordinate solo ex post facto oppure esistono strumenti e criteri atti ad anticipare scenari di responsabilità e a valutarne l'impatto?
- Come si può misurare e/o implementare il grado di responsabilità di un innovatore?

- Fino a che punto questi è responsabile in quanto soggetto di azione e innov-azione, e fino a che punto le conseguenze delle sue innov-azioni sono legate a complesse interazioni con scenari sociali, politici, culturali, economici, storici che trascendono la sua volontà e quindi la sua responsabilità?
- Fino a che misura la responsabilità dell'innovazione è definita dal contesto e in particolare dai vari attori che con essa interagiscono? Esistono/siete al corrente di esempi di pianificazione del coinvolgimento dei diversi stakeholders in scenari responsabili dell'innovazione?

- Quali criteri definiscono un'innovazione "sostenibile"? Ci può essere responsabilità prima di un giudizio di sostenibilità?
- In che misura l'idea e la pratica della governance dell'innovazione lascia spazio a un'idea e una pratica della responsabilità dell'innovatore?

English version

The ambitious goal of this call is that of initiating an exploration of possible ways of reflecting on the concepts of responsibility and innovation, without losing sight of the social, political and economic contexts that grant a concrete and pragmatic scope to the mission of the Bassetti Foundation. When we mention the responsibility of innovation, we do not mean it only in a technocratic sense, but in a political sense, since "innovators make history, and those who make history always make politics" (Piero Bassetti). The problem is rather to determine "how and how consciously innovators take upon themselves the consequences that innovation brings about in history" (idem).

The following questions have been devised as a guideline to invite all interlocutors and readers of this web site to help us reflect on the issue of responsibility in innovation. This call for comments also wishes to serve a pragmatic purpose, calling on all readers to make us aware of other web sites, research centres, institutions, agencies and think tanks that are reflecting in similar or related ways on the double issue of innovation and responsibility together.

One of the most fundamental turning points in the evolution of the Foundation's philosophy today, regarding the issue of responsibility of innovation, is the realisation that the notion of "expert" has been gradually deconstructed. This is not only the result of the fact that globalization makes us all "technological actors". It is also a theoretical and practical issue that deals with the problematisation of the very idea of "responsible innovation" across the realms of science, politics and communication.

In order to investigate concrete ways of locating innovation within the relationship between knowledge and power, the Bassetti Foundation has recently sponsored an experiment of participatory democracy (see the project "Public Participation and the Governance of Innovation"). Following such an experiment, and following further reflections on concepts such as that of "audit cultures" and of "communities of practice" in this web space (see the interview to Grasseni and Ronzon), the Foundation has come to the following question: "have we stopped thinking in terms of responsibility, and are we bound to adopt instead a philosophy of governance of innovation?" In other words, we are asking if it is possible to understand the responsibility of innovation in terms of a self-organizing complex system, instead of trying to plan and govern innovation. This also means renouncing to evaluate the responsibility of innovation in terms of individual will.

This latter perspective is not free from both theoretical and practical problems, especially because, in the "risk society", it tends to become something of a common sense perspective that lifts both individuals and institutions from any responsibility, preventing any kind of critical analysis.

Posing the problem of the responsibility of innovation means taking a lay stand in the face of the problems of fate and of risk, and maintaining as a given the idea of the autonomy of the person. But in the new scenarios of potentially more and more irresponsible global innovation, where can we locate critical analysis? Quoting Piero Bassetti's lecture again, "Should we appeal to ethics? Whose ethics? If the subject of an innovation is not an individual, a person, but a techno-structure which holds no responsibility to anyone, who will be responsible? ... Who will be responsible for the unsustainable innovations made possible by refusing the Kyoto treatise? And finally, "who, which power, is legitimated to determine the goals that innovation is called to pursue?"

A new challenge emerges, between a purely functional concept of responsibility, which supersedes the idea of moral value in order to substitute it with the force of an efficient procedure (but this can cause a number of problems and dangers, as explained for instance in Audit Cultures ), and a new, deeper concept of responsibility which still has to be defined. In other words, is it really "probable that procedures apt to incentive a sense of responsibility in the innovators can increase the quality and the political acceptability of innovations"? Or is it, after all, still in the wider realm of politics that one should establish the direction of innovation and the common responsibility for it?


The following questions are aimed at making the many doubts and issues about the idea of responsibility in innovation explicit, under the different aspects of its communication , of its political implementation and of its observability. Finally, we pose the problem of defining subjects and scenarios for responsibility, and of defining what a governance of innovation may consist of.

- Are you aware of agencies or research centres that work towards increasing awareness about responsibility in innovation? What are their cultural policies? What do you think should be the cultural policy of such an agency?
- How do you think one can evoke and promote the concept of responsibility of innovation in the public opinion (as well as amongst operators)?

- How can one observe innovation in such a way as to foresee its effects and to act in a responsible way?
- With which tools can one measure the presence of responsibility in innovation? In other words, is it only possible to establish it ex post facto, on the basis of a historical review of the facts? or can we devise criteria and tools that help anticipating possible scenarios for responsibility in innovation, and evaluate its impact?
- How can one measure and/or implement an innovator's responsibility?

- To what degree is an innovator responsible as a subject of action (and of innovative action)? To what degree do the consequences of her innovations depend instead from complex interactions with political, cultural, economic, historical scenarios? Shall we say that, since these transcend her will, they also supersede her responsibility?
- To what degree is responsibility in innovation defined from context, and in particular by the various actors that interact in it? Are you aware of examples of plans to keep the various stakeholders involved in possible scenarios for responsible innovation?

- By which criteria would you define "sustainable" innovation? Is it possible to talk about responsibility without expressing a judgement of sustainability?
- Can we say that the idea and the practice of a governance of innovation is superseding the idea and practice of the innovator's responsibility? (By governance we mean, not "governing" or "steering" but a self-governing phenomenon, akin to an orchestra without a conductor).
- To which degree is this already true of innovation? Can you quote examples?


by Cristina Grasseni on 02.02.06 at 12:00 | Permalink |