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(Percorso iniziato in Novembre 2000  -- Aggiornato e revisionato il 18 marzo 2002 -- Chiuso in Agosto 2002)

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Perché questo Percorso
 Riferimento 

Da un articolo di Alberoni a un'intervista a Sen (entrambi presenti in questo itinerario di lettura): l'imprenditore non può sfuggire a sistemi valoriali dai quali dipende il suo rapporto col mondo e con la società. Tra il 2000 e il 2001, si sono esercitati su questa tematica acuni tra i più assidui frequentatori del sito della Fondazione Bassetti, ognuno esprimendo un proprio deciso punto di vista.
Questo Percorso è stato ripristinato di recente, in occasione della Rassegna stampa commentata da Vittorio Bertolini, intitolata "Impresa e responsabilità sociale".

(Marzo 2002 - GMB)

 

v-grigia.gif (82 byte) Lo spunto per l'inizio di questo thread fu un articolo di Francesco Alberoni: "L'imprenditore, come l'artista, riesce se esprime se stesso" (Corriere della Sera, 2 ottobre 2000)documento.gif (899 byte), da cui è tratta la seguente citazione:

«Imprenditori sono tutti coloro che mettono insieme i fattori sociali, economici e organizzativi per creare una nuova entità sociale e materiale che dà lavoro, benessere, servizi.»

v-grigia.gif (82 byte) Ma già Andrea Amato, in ottobre, aveva affrontato il tema della Responsabilità sociale dell'imprenditore e, con un successivo intervento ("L'imprenditore ideale e quello reale") ha meglio precisato, raccordandosi ad Alberoni, il proprio pensiero:

«L'interesse personale e l'anelito umanitario, o la tensione interiore, non sono in contraddizione tra di loro ("Se non sono per me, chi sarà per me? Se sono per me soltanto, che sarà di me? Se non ora, quando?" - detto talmudico)».

v-grigia.gif (82 byte) L'intervento di Amato forniva lo spunto a Vittorio Menesini per un efficace intervento:

«Ho letto con interesse sia Amato che Alberoni, ma devo dire che non sono del tutto convinto.
(...)
Quale rimedio per mantenere integro e funzionante un sistema che crea sia danno che ricchezza, senza le solite chiacchiere sul solidarismo, la filantropia, le belle intenzioni?»

 Correlazione 

right.gif (841 byte)Responsabilità sociale dell'imprenditore (a cura di P. Lombardi)nodo.gif (891 byte)
(«(...) In questo quadro non trova posto la visione dell'impresa come soggetto belligerante sul campo di battaglia né come generatore di danno alle altre imprese ed alla collettività. Con questo non voglio dire che tale visione non sia mai applicabile, voglio piuttosto dire che essa non è necessariamente l'unica prospettiva possibile. Sta agli imprenditori e, prima ancora, alla società una scelta in questo senso.

v-grigia.gif (82 byte) Alla "provocazione" di Menesini rispondeva Piero Lombardi portatore di un diverso punto di vista.

Se, da un lato...
• Menesini attribuisce a un sistema di regole eteronome il compito di coniugare l'operato dell'imprenditore con la garanzia di interessi diversi da quelli dell'imprenditore:

«La società non può accettare, almeno senza averne prima compreso le ragioni, che si crei la ricchezza propria distruggendo quella altrui. E non tanto quella del concorrente, il che è legittimo, ma di chi non c'entra per niente.» ( il testo dell'intervento),

dall'altro lato...
• Lombardi sostiene, invece, che per l'imprenditore la "presa in carico" di tale questione sia in realtà una questione di convenienza. Da qui la sua riflessione sulla "dimensione sociale" dell'imprenditore:

«Rispetto l’opinione autorevole del Prof. Vittorio Menesini ma desidero manifestare il mio diverso punto di vista.
(...)
La dimensione sociale (o, per meglio dire, socio-ambientale) fornisce indicazioni riguardo al complesso sistema di relazioni "che ogni organizzazione intrattiene, consapevolmente o no, con una serie di attori non sempre riconducibili in modo diretto ai meccanismi del business" (*)»
(*) Piero Lombardi, "Impresa Sapiens", Franco Angeli, 2000

Se, in Lombardi, l'obiettivo dell'impresa è (come per ogni organismo vivente) la sopravvivenza, l'azienda, in quanto impianto strutturale (potremmo dire "corpo") dell'impresa, deve (nel senso che le conviene) instaurare uno scambio equilibrato col suo ambiente: l'impresa (l'azienda) deve non solo acquisire o generare ricchezza, ma anche restituirla, affinché il suo progetto di sopravvivenza possa attuarsi nel tempo. E la dimensione sociale dell'organismo, portatore di interessi, che chiamiamo "impresa" è costituita proprio dalle relazioni che esso riesce a generare con altri portatori di interessi. La misura dell'efficacia dell'agire sociale dell'impresa è quindi data dalla sua stessa sopravvivenza.

 Correlazione 

right.gif (841 byte)Una questione di... convenienzanodo.gif (891 byte)

v-grigia.gif (82 byte) Queste considerazioni presentano forti analogie con le idee già tracciate nel Percorso "Una questione di... convenienza"nodo.gif (891 byte) (Luglio 2000)

v-grigia.gif (82 byte) Qualcosa di simile viene inoltre sostenuto anche da Giuseppe Cattaneo, secondo il quale l'impresa:

«è la definizione di rapporti (nel senso più ampio e generale del termine). Questa è, io credo, l'essenza dell'imprenditore, inventare la dinamite, la catena di montaggio o Windows è un "di-più". In economia non è questione di quantità, ma sempre di rapporti e di proporzioni.»

E la domanda con cui Cattaneo conclude il suo intervento:

«occorre chiedersi quali sono le motivazioni reali e non immaginarie della richiesta di un comportamento etico da parte dell'imprenditore e quale etica vi può essere nel fondare dei rapporti»

potrebbe trovare una risposta in Lombardi, il quale identifica la funzione etica dell'imprenditore con la consapevolezza che questi ha del rapporto col proprio ambiente, a prescindere dalle belle intenzioni, dalla solidarietà o dalla filantropia che, a suo parere, per un'azienda sono opzioni non obbligate.

 Correlazione 

right.gif (841 byte)Caso Microsoftnodo.gif (891 byte)

v-grigia.gif (82 byte) Di nuovo, esistono consonanze rispetto a quanto si è detto in un precedente dialogo on-line, quello sul monopolio della Microsoft, che ha dato luogo a uno specifico Percorso intitolato "Caso Microsoft"nodo.gif (891 byte). La vicenda ivi considerata è paradigmatica della mancanza di una visione organica dello sviluppo, concettualmente simile a quello che, in altro campo, sarebbe un modo di fare impresa che genera un progressivo danneggiamento dell'ecosistema, con la non trascurabile differenza, però, che l'espansione della Microsoft è stata fermata da un organo giudicante a seguito, appunto, dell'azione antitrust intentata dalla concorrenza.

v-grigia.gif (82 byte) Al tema della "Responsabilità sociale dell'imprenditore" ha dato un contributo anche Francesco Zanotti, illustrando un paradigma (frutto di una personale elaborazione) dell'evoluzione degli scambi economici di un'impresa con il proprio ambiente. Attraverso questo modello interpretativo egli sostiene che la competizione indotta dagli imitatori indebolisce la carica innovativa alla quale è dovuto il successo di un'imprenditore. La sua tesi è che la competizione va considerata non come un fattore di evoluzione, bensì di involuzione e che l'imprenditore riesce a sfuggire all'esiziale circolo vizioso che ne consegue soltanto se ...

«accetta di trasformare continuamente e profondamente lo scambio economico che egli stesso ha creato»;

in tal caso...

«gli imitatori non lo danneggiano: anzi contribuiscono a rafforzare il suo mito».

"Ciclo di vita del valore" è il titolo che Zanotti ha dato al paradigma che ha proposto. In seguito, egli ha inquadrato la sua tesi, in modo più discorsivo. Nella sua impostazione, il tema fondamentale è il significato del fare impresa, mentre quello della responsabilità sociale dell'impresa va visto come un corollario della sua riflessione.

v-grigia.gif (82 byte) Andrea Amato, nell'intervento "Il fondamento dell'etica economica" (novembre 2000), sosteneva che è la coniugazione tra valori e compiti morali ciò che fa sì che l'interesse personale possa conciliarsi con la visione solidale dei rapporti umani.

«L’etica, in qualche modo, si pone come a priori, in quanto si rifà ad alcuni valori ritenuti universali ed irrinunciabili; per altro verso, l’etica si definisce come un insieme di compiti morali, i quali nascono dalle concrete esigenze storiche ed esigono una più precisa progettualità.»

v-grigia.gif (82 byte) Giacomo Correale, nell'intervento "Imprenditorialità" (novembre 2000), svolge alcune considerazioni critiche riguardo alle tesi di Alberoni, di Amato e di Zanotti, soffermandosi infine su quello che considera il vero nocciolo della questione: che cosa sia il "valore" che l'imprenditore produce:

«E' relativamente facile dire che chi non produce valore (per gli altri e per sè) non è un imprenditore. Cioè, chi si arricchisce in un gioco a somma zero a danno di altri, invece di inventare un gioco a somma positiva con l'innovazione (che non è semplicemente un gioco combinatorio),  capace di  arricchire ambedue gli scambisti (e la società, come  osservato da  Adamo Smith due secoli fa)  non è un imprenditore. E' più difficile dire quali sono i limiti al di qua dei quali c'è valore e al di là no. Io condivido l'opinione di quelli che  dicono che il valore è dato da una scelta soggettiva del destinatario dei beni o servizi o, come si dice oggi, delle "esperienze". Ma poi mi chiedo: la droga, così ambita dagli addetti,  è un valore? E' di fronte a questo problema, come si pone l'imprenditore? Chi traffica in droga, è un imprenditore? Io penso di no. Ma chi produce beni cosiddetti superflui, o induce bisogni non primari, chi consapevolmente o no contribuisce al cosiddetto consumismo, non sarebbe un imprenditore?  Io propendo a dire che lo è. E chi produce armi? La questione del valore  chiama  giudizi di valore, come in un gioco di specchi.»

 Correlazione 

right.gif (841 byte)Amartya Sennodo.gif (891 byte)

v-grigia.gif (82 byte) E, per finire... Amartya Sen, che in un'intervista di Armando Massarenti, apparsa in novembre 2000 nel sito de Il Sole 24 Ore e riportata nel nostro Forum da Davide Fasolo, si soffermava anche sul rapporto tra etica ed economia e, dunque, sui valori che stanno alla base di ogni valutazione dell'agire:

- Massarenti: «Lei sostiene che l'etica è importante in economia ma che, vice versa, anche teorie economiche come quella dell'equilibrio generale possono contribuire a sviluppare un'etica. In che modo?
- Sen: «Credo che il legame tra economia ed etica vada nei due sensi. L'etica è molto importante per l'economia per due diversi motivi. Il primo è che molta economia riguarda provvedimenti che vanno presi e poi esaminati e valutati. E non è possibile fare una valutazione se non si hanno dei valori, quindi c'è bisogno di un'etica per decidere se le cose vanno meglio o se vanno peggio, se tal provvedimento sarebbe un bene o se talaltro sarebbe un male. Per questo, ci vuole un'etica. Il secondo motivo per cui l'etica è importantissima in economia è che il comportamento umano dipende da valori etici. Non è vero che non ci badiamo. Abbiamo tutti una quantità di valori etici diversi. A volte sono valori molto forti, a volte sono addirittura universali. A volte, invece, sono localizzati e forse legati a una comunità o a un particolare gruppo: il comportamento morale dell'imprenditore è più solidale con gli imprenditori che con i lavoratori e quello dei sindacati è meno solidale con gli imprenditori. Qualunque essa sia, qualunque forma assuma, l'etica influisce parecchio sul comportamento delle persone. E perfino nell'economia non prescrittiva, non in quella che si occupa dei provvedimenti da decidere e della loro valutazione ma nell'economia descrittiva e predittiva, c'è bisogno di etica, di un'analisi etica, perché l'etica influisce sui nostri valori.
Allo stesso modo, penso che l'economia possa dare un contributo all'etica perché la maggior parte delle preoccupazioni etiche riguardano questioni in cui l'economia ha un ruolo notevole. Penso per esempio alla libertà dalla fame, al poter contare sull'aiuto degli altri e così via, questioni che sono al centro dell'etica e sulle quali l'economia ha molto da dire. Come aiutare gli altri, o come far sì che il diritto di non soffrire la fame si trasformi in una realtà del mondo, è chiaramente qualcosa che ha molto a che fare con l'economia. Credo che integrare etica ed economia sia essenziale, proprio perché l'etica conta in economia e vice versa.»
- Massarenti: «Anche perché in questo modo si valutano meglio le conseguenze dell'azione?»

L'etica ha bisogno dell'economia

- Sen: «Penso che il nesso sia proprio questo. Mi spiego. Se adottassimo un'etica che non tenesse conto delle conseguenze, l'economia perderebbe la sua importanza. Ma voglio dire che sarebbe un errore, anche se c'è gente che propone sistemi etici come se le conseguenze non contassero, addirittura rifacendosi a Immanuel Kant o attribuendogli questa posizione. In realtà, non è vero che si possa dare un giudizio etico che prescinda interamente dall'azione. Se facciamo una cosa con le migliori intenzioni possibili e questa cosa uccide un milione di persone, è ovvio che si tratta di una cosa tremenda e che non va fatta. Quindi non vedo come si possa dissociare l'etica dalle conseguenze. E molte conseguenze delle nostre azioni operano attraverso l'economia, perché l'economia è un legame forte tra le azioni umane e le loro conseguenze. E questo è in assoluto il motivo per cui l'etica ha bisogno dell'aiuto dell'economia per completare la propria analisi.»