Rassegna stampa
commentata da Vittorio Bertolini [ * ]

Marzo 2002

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Impresa e responsabilità sociale

normann-ridisegnare-impresa.gif (12017 byte)"C'è del sano in Danimarca"
Parla il guru del management modello Scandinavia
Il "capitalismo estremista" stile Enron gli fa orrore. Ma non gli piace neppure lo "statalismo inefficiente" dell'Europa. La strada giusta? Per Richard Normann resta quella nordica

«Il "capitalismo estremo" stile Enron gli fa orrore», così inizia l’intervista di Edoardo Segantini, (Corriere della Sera, 20 febbraio, "C’è del sano in Danimarca"), a Richard Norman, uno dei «maggiori guru del management e consulente strategico dei maggiori manager del mondo», in Italia per presentare il suo ultimo saggio, "Ridisegnare l'impresa" pubblicato da Etas Libri. Indubbiamente il caso Enron ha mostrato come i meccanismi tecnici (advisors, codici etici, certificazione dei bilanci ecc.) per il controllo delle corporate governance non riescano a svolgere in modo adeguato le funzioni per cui sono stati progettati. «Dirigenti che avallano sistemi contabili fuorvianti, società di revisione e audit board che certificano bilanci pur sapendo delle loro irregolarità, manager che si arricchiscono facendo affari con la loro azienda, consigli di amministrazione ciechi davanti ai comportamenti sospetti o addirittura illeciti del top management» scrive su Il sole 24 Ore del 21 febbraio il corrispondente da New York Alessandro Plateroti.

«Il sistema americano è ossessionato dalla creazione di valore per gli azionisti. - dice Richard Norman - E' un tipo di capitalismo che può portare catastrofi e non a caso sta preoccupando i mercati. Certo, Enron è stato un caso limite, con truffe e lobbysmo oltre il lecito, ma non è l'eccezione patologica di un sistema sano, bensì l'inatteso prodotto di quel sistema». E poi aggiunge, riferendosi alla realtà europea: «Da noi contano di più gli stakeholder, la comunità in cui l'impresa vive».

Al centro della riflessione di Norman vi è il rapporto fra politica e impresa e se nel modello americano prevale il "capitalismo estremista" alla Enron, nel modello europeo «Fra i grandi del business e i grandi della politica c'è una diffidenza invincibile», che si concretizza in uno «statalismo inefficiente che impregna la politica economica europea» e nelle «pesanti burocrazie di Bruxelles». Norman individua una felice combinazione tra le due filosofie nel modello scandinavo: «Le élite scandinave, con tutti i loro difetti, hanno svolto un ruolo molto più positivo e democratico. Hanno consolidato un clima di fiducia e di dialogo tra le componenti economiche e sociali, che continua a funzionare bene anche nell'epoca della globalità».

"Senza valori il mercato resta debole"

Della necessità di guardare al mercato come sistema di valori, sull’«attenzione crescente del pensiero economico al ruolo che i sistemi di valore possono giocare nel determinare lo sviluppo finanziario e la crescita economica», scrive Donato Masciandaro su il Sole 24 Ore del 21 febbraio, "Senza valori il mercato resta debole". «Che la presenza di valori "conti" anche e soprattutto in economia, stanno finendo per riscoprirlo, come spesso accade, sia i mercati finanziari che i teorici dell'economia» scrive Masciandaro, che in particolare si sofferma sul fatto che la funzione obiettivo dei risparmiatori si fa sempre più complessa interiorizzando oltre fattori tradizionali quali il «rapporto rischio-rendimento dell'investimento o la solvibilità del prenditore di fondi - anche la qualità dell'investimento e/o del beneficiario, ove per qualità si intenda la coerenza della destinazione dei fondi con determinati sistema dei valori». I sistemi di valori «possono essere di varia natura» e ciascun sistema etico influenza le scelte strategiche e tattiche».

"Quando la Banca è verde"
Una serie di studi sul comportamento degli istituti e il sistema dei valori della società

Infatti, Masciandaro, che è docente di politica monetaria presso l'Università di Lecce, su Il Sole 24 Ore del 6 gennaio, scrive: «Vi è l'etica del mercato, messa in atto da quel banchiere che volontariamente persegue finalità coerenti con l'efficienza allocativa del mercato: trasparenza nei comportamenti, adesione alle regole formali a prescindere dall'entità della sanzione e dalla probabilità di essere scoperto in caso di violazione delle stesse, astensione dall'abuso di posizione dominante, scelte che favoriscono la pari opportunità di accesso agli scambi. Vi è poi un'etica del mercato sostenibile, quando il banchiere prova, allungando l'orizzonte temporale di riferimento, a rendere espliciti o a internalizzare taluni costi legati ai cosiddetti fallimenti del mercato, senza però tradire l'adesione ai suoi principi cardine. Esempio tipico è l'emersione del rischio di danno ambientale, con i relativi possibili effetti sulla redditività delle imprese o dei loro investimenti, e quindi sulla rischiosità riflessa per le banche o le assicurazioni di cui le aziende interessate sono clienti». Questo passo è stato tratto da un articolo in cui vengono recensiti alcuni testi che analizzano il fenomeno della cosiddetta finanza ecologica. «Si parla di "sostenibilità finanziaria", o "finanza verde", quando le scelte allocative vengono influenzate da considerazioni legate all'impatto sulle risorse naturali».

Ma accanto a una valutazione positiva della responsabilità sociale dell’impresa economica, sono da sottolineare anche le considerazioni contrarie alla crescente "propensione ecologica" della finanza.

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David R. Henderson
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«David Henderson ("Misguided Virtue: False Notion of Corporate Social Responsibility", Institute of Economic Affairs, London 2001, £. 12,50), economista vicino al movimento dell’anarco-capitalismo, ritiene pernicioso che un'impresa, quindi anche una banca, si costruisca un'identità attenta alla responsabilità sociale, in quanto il dilatarsi della funzione obiettivo aziendale può avere due effetti indesiderati: una deresponsabilizzazione delle istituzioni pubbliche; un aggravio dei costi di produzione, quindi un innalzamento dei prezzi, a danno dei consumatori». Occorre però rimarcare, che esiste una sostanziale differenza fra una responsabilità sociale imposta, lo "statalismo inefficiente" come denuncia Richard Norman nell’articolo di apertura, e l’interiorizzazione nel mercato delle propensioni etiche. Il caso di Big Pharma che cede nella controversia di Pretoria sui brevetti per l’Aids o della multinazionale Nike che muta la propria politica di outsourcing, sono esempi evidenti di un mercato, che più o meno strumentalmente, si fa carico della propria responsabilità sociale di fronte ad una innovazione che più che tecnologica è sistemica.

 

maffettone-etica-pubblica.jpg (4451 byte)"Globalizzazione, servono nuove regole"
L'impegno perché lo sviluppo abbia un volto umano

Un mercato adattativo e evolutivo, in cui, come ha chiarito Sebastiano Maffettone, che ha coordinato, su commissione della Confindustria, un progetto di codice etico (cfr. Sebastiano Maffettone, "Etica Pubblica", bibliografia Fondazione Giannino Bassetti), al convegno dei Giovani imprenditori di Santa Margherita (cfr. Il Sole 24 Ore del 23 giugno 2001), l'impegno etico diventa uno strumento che dà all'impresa un "vantaggio reputazionale".

"La marca riscopre la responsabilità sociale"
Si apre una nuova fase di marketing per le aziende di tutte le dimensioni

L’altra critica rivolta alla "finanza etica" è che molte volte sembra risolversi in una strategia di marketing. Infatti, come nel caso dell’agricoltura biologica, è difficile distinguere fra la pura e semplice scelta mercantile e il caso in cui le «strategie della marca mostrano una forte accentuazione della sensibilità di impresa alla dimensione etica e delle responsabilità sociali», come scrive Giampaolo Fabris su Il Sole 24 Ore del 24 febbraio ("La marca riscopre la responsabilità sociale").

«La marca non deve render conto soltanto alla proprietà ma sviluppare una responsabilità più ampia nei confronti della società». Per Fabris la marca, nella quale si viene a riassumere la mission aziendale, deve uscire dalle interpretazioni più banali e retoriche, tipo «produrre un determinato bene o rendere felici i consumatori e gli azionisti», per assumere, invece, un significato molto vicino all'etimologia originaria di mission. «è indispensabile che i comportamenti della marca divengano del tutto coerenti con i nuovi impegni presi con il sociale… occorre che la dimensione etica, il rigore morale vengano interiorizzati dalla cultura aziendale. La eticizzazione della marca rappresenta una precisa assunzione di responsabilità che non si esaurisce nella redazione di un bilancio sociale».

"Finanza etica, gli affari scoprono l'anima"
Anche in Italia cresce l'attenzione verso gli investimenti che si preoccupano di rispettare l'ambiente e i diritti umani - L'indice europeo Stoxx ha promosso soltanto Unicredit perché nel 2001 è uscita dal businness militare
In Italia l'Abi studia uno specifico dipartimento

Di fronte alla difficoltà di definire l’etica di riferimento in un sistema plurivaloriale si sofferma Marco Magrini su Il Sole 24 Ore del 21 febbraio ("Finanza etica, gli affari scoprono l'anima"). Qual è il target dell'investitore-risparmiatore? «Laico o credente? Di quale religione? E' contro le armi ma non avverso al tabacco? Ritiene giusto non investire nei cibi modificati, ma è favorevole al controllo delle nascite? L'indice della Ethical Capital Partners ad esempio, non include le aziende farmaceutiche che producono contraccettivi. Le variabili in campo sono talmente numerose, da rendere quasi impossibile una scelta su misura dei convincimenti morali del cliente». Ma queste discrepanze per Masciandaro (cfr. articolo del 6 gennaio) rappresentano anzi la «ricchezza innegabile di un'autentica economia di mercato: consentire ad una pluralità d’identità etiche - delle famiglie, delle imprese, delle banche - di incrociarsi, al fine di migliorare l'allocazione complessiva delle risorse». Ed infatti anche se «Secondo i principi matematico-finanziari - commenta Michele Calcaterra, amministratore delegato di E. Capital Partners - quando nelle scelte di portafoglio vengono inseriti dei vincoli, i rendimenti dovrebbero deprimersi, [...] la verifica empirica sconfessa questo assunto: almeno nel lungo periodo, si scopre che lo sviluppo sostenibile è una variabile importante nelle performance aziendali". Dal dicembre '93 ad oggi, il Dow Jones Sustanaibility World Index è cresciuto del 146%, contro il 99% del corrispondente indice mondiale senza vincoli etici».

(12 marzo 2002)

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[*]Vittorio Bertolini (right-sfondochiaro.gif (838 byte)Scheda biografica) collabora con la Fondazione Giannino Bassetti

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