Il tema della responsabilità imprenditoriale nei confronti dell'innovazione non può
essere affrontato se non cerchiamo prima di rispondere alla domanda relativa al tipo di
rapporti che l'economia, vista nel suo complesso, finora ha stabilito con la società.
In un'epoca di grandi trasformazioni, quale la nostra, nulla può essere dato per
scontato, neppure che l'economia riesca a stare al passo con l'innovazione e a mettersi in
sintonia con le nuove domande sociali. Invece, abbiamo sinora assistito ad una buona
tenuta del sistema economico, e non credo di sbagliare dicendo che questa sua stabilità
ha contribuito notevolmente alla tenuta della stessa società. Ma l'economia, oltre a
resistere e ad adeguarsi all'innovazione, sta facendo qualcosa in più, sta definendo un
modello organizzativo che, mutatis mutandis, può essere proposto all'intera società come
schema di massima per la risoluzione dei conflitti tra individuo e società, tra gruppi e
società, tra gruppi sociali.
Questo modello si incentra su un'originale compresenza di accentramento di alcune linee di
comando e di decentramento di determinate sfere di competenza; così come, a livello
globale, gioca sulla coabitazione tra forte concentrazione produttiva e diffuso sistema di
piccole e medie imprese. In questo schema il piccolo e il grande convivono, l'autorità e
l'autonomia si ritagliano propri spazi.
Secondo questa prospettiva generale, si può dire che l'economia, in linea di massima, sta
già offrendo un suo contributo alla soluzione dei problemi che la società incontra nel
far fronte agli sconvolgenti ritmi dell'innovazione e alle trasformazioni ad essa
connesse.
Tuttavia, bisogna subito aggiungere che tutto ciò non deriva da un atteggiamento
esplicito e consapevole da parte delle imprese, vale a dire che non si è ancora aperta
una discussione (nè tanto meno una collaborazione) sui rapporti tra organizzazione
economica ed organizzazione sociale. Ne consegue che il contributo indiretto e di massima
avanzato dal sistema economico non si traduce per adesso in una piena assunzione di
responsabilità sociale da parte degli imprenditori. Cosicchè, l'economia non ha ancora
interpretato la modernità nel suo senso più profondo, ovvero l'impresa moderna non si
pone sempre e completamente come impresa civile e democratica.
In prima battuta, si potrebbero indicare alcuni caratteri basilari e preliminari di
uneconomia moderna, civile e democratica, tali anche da definire contestualmente i
termini concreti della responsabilità imprenditoriale.
Questi caratteri potrebbero consistere in:
a) riduzione delle emissioni inquinanti, di qualsiasi tipo;
b) sicurezza e igiene delle condizioni di lavoro, giacchè non si può parlare di vera
efficienza organizzativa e di vera innovazione tecnologica se nel frattempo non si sono
assicurate condizioni ambientali idonee all'interno dell'azienda;
c) valore prioritario assegnato alla qualità dei materiali usati e dei prodotti
conseguiti, se davvero si vuole rispettare l'ambiente e la qualità della vita dei
consumatori;
d) astensione dall'offerta di servizi e prodotti diseducativi nei confronti dei bambini, o
comunque moralmente riprovevoli;
e) freno a livelli di concentrazione monopolistica che possano rivelarsi o pericolosi per
la democrazia o controproducenti per gli interessi dei consumatori.
Va da sè che non ci si può aspettare che l'intera economia autonomamente si proponga e
persegua questi obiettivi. C'è, però, da aspettarsi che almeno alcuni settori
imprenditoriali illuminati lo facciano e che essi, con il loro esempio, dimostrino che
responsabilità sociale e competitività possono coniugarsi. Il loro esempio renderebbe
meno coercitivo e meno intollerabile l'eventuale intervento di regolamentazione in questi
campi da parte della società. In un confronto aperto sui termini e sui caratteri
dell'intervento sociale nell'economia, costituirebbe già un dato positivo l'assunzione da
parte degli imprenditori di una posizione non pregiudizialmente ed ostinatamente ostile.
Tuttavia, questo primo approccio, seppure importante, mi sembra che si ponga ancora come
una posizione limitativa (non limitante), cioè serve alla conservazione dellimpresa
e della società, un po come si fa con un bambino, al quale si dice di non fare
questo o quest'altro, affinchè non si scotti, non cada, ecc.. Ma la responsabilità ed il
ruolo dell'impresa non possono consistere soltanto nella risposta allappello rivolto
da una specie di rimorso di coscienza per le strategie finora adottate e per le scelte
finora compiute. Noi, invece, dobbiamo raccogliere entusiasmi, e questo può accadere solo
se indichiamo all'impresa un compito costruttivo ed innovativo, vale a dire se proponiamo
una possibile nuova prospettiva.