Tecnica e Responsabilità nodo.gif (891 byte)

(Percorso iniziato in Luglio 2000 -- Revisionato e Chiuso in Aprile 2002)

v-grigia.gif (82 byte) Davide Fasolo ha inaugurato questo thread, nel Forum, nel Maggio 2000 (la discussione era iniziata a partire da un intervento dello stesso Fasolo nel Forum dello SWIF --Sito Web italiano per la Filosofia).
Le questioni poste erano: "Può l'innovazione tecnologica modificare l'essere umano nella sua essenza? Quali sono le conseguenze etiche di questo pericolo? Ma è veramente un pericolo? I problemi che comunemente si attribuiscono alla tecnica non sono spesso imputabili ad errori umani?"
Qui sotto viene riportato uno stralcio di uno dei primi interventi di Fasolo, che ci permette di introdurci nel cuore di una discussione che si pone la questione del complesso rapporto che intercorre tra l'uomo, la tecnica e la scienza,

«Il filosofo che più di ogni altro nel nostro secolo ha posto il problema della tecnica e dei suoi pericoli per l'esistenza dell'uomo è Heidegger. La tecnica in Heidegger non è uno strumento nelle mani dell'uomo, ma una sorta di orizzonte all'interno del quale l'uomo vive e che non può dominare ma piuttosto esserne pericolosamente dominato nello stesso modo in cui viene dominata la natura.
Una citazione di Heidegger all'interno di "Saggi e discorsi" [pag. 11 ] è al proposito eloquente:
"Il disvelamento che vige nella tecnica moderna è una pro-vocazione (Herausfordern) la quale pretende dalla natura che essa fornisca energia che possa come tale essere estratta (herausgefordert) e accumulata. [...] La terra si disvela ora come bacino carbonifero, il suolo come riserva di minerali. In modo diverso appare il terreno che un tempo il contadino coltivava, quando coltivare voleva ancora dire accudire e curare. L'opera del contadino non pro-voca la terra del campo. Nel seminare il grano essa affida le sementi alle forze di crescita della natura e veglia sul loro sviluppo. Intanto, però, anche la coltivazione dei campi è stata presa nel vortice di un diverso tipo di coltivazione (Bestellens) che richiede (stellt) la natura. Essa la richiede nel senso della pro-vocazione. L'agricoltura è diventata industria meccanizzata dell'alimentazione. L'aria è richiesta per la fornitura di azoto, il suolo per la fornitura di minerali, il minerale ad esempio per la fornitura di uranio, l'uranio per l'energia atomica, la quale può essere utilizzata sia per la distruzione sia per usi di pace."
La pro-vocazione di cui parla Heidegger negli anni '50, rimane ancora oggi una chiave che ci permette di cogliere il carattere totalizzante della tecnica. Il mondo con il quale l'uomo deve fare i conti oggi è sempre più un mondo tecnologico in cui le cose vengono filtrate come beni disponibili allo sfruttamento ed alla manipolazione. Heidegger non è, come sembra, esclusivamente pessimista nei confronti della tecnica, riportando il verso di Hölderlin: "Ma là dove c'è il pericolo, cresce anche ciò che salva" ammette una possibilità di redenzione per l'uomo anche nel mondo della tecnica.
Ma tale redenzione sarà possibile a partire dall'agire responsabile dell'uomo che innova (lo scienziato, l'imprenditore o il principe) oppure a partire da altro? Il fatalismo di Heidegger forse non ci viene ad aiutare: "Ormai solo un Dio ci può salvare" (Intervista a "Der Spiegel" pubblicata il 13 maggio 1976)»

v-grigia.gif (82 byte) Il Dibattito "sulla Tecnica" svolto nel forum "swif-discussione" (10 Aprile - 10 Maggio 2000)

v-grigia.gif (82 byte) "L'impatto economico dell'evoluzione tecnologica: aspetti di valutazione": un rapporto dell'Associazione biomedica (segnalato nel Forum da Davide Fasolo il 5 maggio 2000)

 Correlazione 

right.gif (841 byte)Percorso Caso "Tabacco"nodo.gif (891 byte)

v-grigia.gif (82 byte) Giuseppe Cattaneo, nell'intervento al Forum del 28 maggio 2000 (contenente un riferimento al mercato dell'industria del tabacco) si sofferma sul ruolo di chi possa dare un giudizio di valore in merito agli effetti della tecnologia. Conclude con le seguenti parole:

«il problema dello sviluppo tecnologico è un problema di ignoranza tecnica di persone che lavorano utilizzando strumenti estremamente potenti e sofisticati. Sarebbe utile forse calcolare la probabilità di errore normale praticamente inevitabile a seconda della tecnologia che si usa. Ma forse questo viene già fatto dai tecnici, e forse qualcuno decide sulla base di errori probabili...».

 Correlazione 

right.gif (841 byte)Appunto sullo Sviluppo sostenibile

right.gif (841 byte)Percorso "Una questione..."nodo.gif (891 byte)

v-grigia.gif (82 byte) Quello di "errore 'normale'" è davvero un concetto per certi versi inquietante, che forse dovrebbe essere approfondito in funzione di una misurazione del rischio, misurazione che potrebbe contribuire a una rivisitazione dei concetti di "profitto" e di "convenienza" in un'ottica di sviluppo sostenibile, e quindi in un significato originato da una visione organica dello sviluppo.

 Correlazione 

right.gif (841 byte)P. Bassetti "Quale impresa..."scritto.gif (937 byte)

right.gif (841 byte)I. Masulli "Brevi note..."scritto.gif (937 byte)

Nell'intervento del 30 maggio, Gian Maria Borrello metteva quindi in relazione l'intervento, sopra citato, di Giuseppe Cattaneo con le tesi espresse da Piero Bassetti in "Quale impresa..." e da Ignazio Masulli in "Brevi note...".

v-grigia.gif (82 byte) Seguono alcuni articoli tratti da quotidiani tra il 2000 e il 2001

L' articolo di Bottazzini presenta il libro di Michela Naucci: "Pensare la tecnica. Un secolo di incomprensioni", Laterza, Bari, 2000.
Michela Naucci mette in discussione il modo in cui gli intellettuali del secolo appena concluso hanno affrontato la questione della tecnica. Questi avrebbero colpevolmente attaccato "la Tecnica" come fosse un grosso mostro colpevole dei mali del mondo, senza comprendere che è assai limitante ridurre la molteplicità delle tecniche ad un concetto generale e alla fin fine vuoto quale "la Tecnica". Per questo viene auspicato che ad occuparsi del problema siano intellettuali di formazione scientifica .
Davide Fasolo in un suo intervento nel Forum della Fondazione Bassetti rilevava tuttavia che se il riferimento a pensatori che vivono i problemi della scienza e della tecnica "dall'interno" è importante, è però fondamentale, al fine di elaborare una visione globale del problema e non cadere nel "tecnicismo", riuscire ad astrarsi dalle questioni delle tecniche ed elaborare una teoria generale "della Tecnica" che entri in relazione con questioni decisive, quali il suo rapporto con la società, la politica, l'etica e la cultura.
Da segnalare, nella prefazione del libro, il giudizio di Gianni Vattimo: «il problema della tecnica non è un problema tra gli altri, sia pure importante, delle riflessioni del Novecento, ma è il tema dominante, per lo più esplicito ma presente anche là dove non appare, di tutta la riflessione e della cultura del secolo»
(Davide Fasolo)