Brevetto e organismi viventi nodo.gif (891 byte)
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(Percorso iniziato in Gennaio 2001 -- Ultimi aggiornamenti : il 12 ottobre 2001 con L'Unione Europea conferma i brevetti biotech ; il 12 novembre 2001 con la segnalazione del libro "La guerra al vivente" ; il 16 novembre 2001 con una citazione e l'opinione di Jeremy Rifkin tratte dalla trasmissione RAI "Report" ; il 17 novembre 2001 con   "Vite a rischio nell'era dei brevetti"articolo.gif (899 byte), di Marcello Cini (Il Manifesto, 28 agosto 2001) -- Revisionato e Chiuso in Agosto 2002)

Parte di questo Percorso è stata sviluppata in collaborazione con Andrea Tatafiore ( * )

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Perché questo Percorso

Nel settore del biotech, i brevetti depositati presso l'Ufficio Brevetti Europeo erano, nel corso del 1990, circa 1200; nel 1996 erano diventati più di 3400. Gli anni successivi hanno confermato il trend in crescita.
Dire "brevetto" equivale a dire "privativa industriale", cioè "diritto esclusivo di sfruttamento economico di un'invenzione". A ciò si aggiunga che disquisire sul fatto che il portato della ricerca scientifica consista in una scoperta (in sè non brevettabile), piuttosto che in una invenzione, appare ormai come una discussione oziosa, perché oggi, nel settore della ricerca biotecnologica, spesso la scoperta scientifica è associata immediatamente ad una sua applicazione pratica. Quest'ultima considerazione sarebbe avallata dalla policy normativa europea che sembra seguire (anche se in modo lacunoso) una tendenza volta a un esteso riconoscimento di privative industriali su organismi viventi.
Ciò premesso, veniamo al motivo che ha dato origine a questo Percorso.
L'innovazione in campo scientifico, tecnologico, economico, sociale è sempre compenetrata con l'esercizio di un potere. Può essere espressione di un potere preesistente, così come esserne l'origine. Il brevetto, dunque, essendo, in quanto istituto giuridico, un riconoscimento di un diritto di sfruttamento economico, interviene a suggello di un potere: un potere costituito "ex ante", oppure che verrà a costituirsi "ex post" (i due casi sarebbero in teoria molto diversi, ma nella realtà pratica possono presentarsi senza soluzione di continuità). Oggi, un brevetto che riguardi processi applicati a esseri viventi è quindi fonte, o conseguenza, di potere economico in campo biologico. E il potere del capitale in campo biologico può essere inquietante: il rischio presente è che i "biopoteri" operino in totale assenza di regole condivise, regole sulla cui base possa essere correttamente gestita la responsabilità dei risultati applicativi della ricerca.

(16 novembre 2001 -- G.M. Borrello)

v.gif (842 byte) Abstract in English

The number of patents issued by the European Patent office within the field of biotechnology was approximately 1200 during 1990’ In 1996 the number had totalled more than 3400 and subsequent years confirmed the trend in growth. The word "patent" is the equivalent of saying "industrial privative", that is to say "the exclusive right to economic exploitation of an invention".
Innovation within the scientific, technological, economic, social field is always entwined with the wielding of power. Today, a patent concerning processes applied to living beings is therefore the source or consequence of economic power in the biological world. Furthermore, power of capital in the field of biology can be worrying: the current risk is that the "bio-powers" may operate with a complete disregard to rules. Which rules for a responsible management of research findings?

 

v-grigia.gif (82 byte) Nel corso del 2000 la polemica sull'applicazione delle privative industriali ai procedimenti biotecnologici si è concentrata in particolar modo sui brevetti individuati con i seguenti codici: EP 695351 (che corrisponde, in termini di contenuto, al brevetto internazionale WO 99/21415) ed EP 380646 ... [continua]continua.jpg (1202 byte)
v-grigia.gif (82 byte) During the 2000 ... [to be continued]continua.jpg (1202 byte) [contains some links in English]


I seguenti items sono stati inseriti nel 2001.

v-grigia.gif (82 byte) From "America’s next ethical war"working-doc.gif (938 byte) (The Economist, Apr 14th 2001) [in English] [23 aprile 2001]

«Much of Americans’ unease with new genetic research stems from the feeling that big business, or the government, may thereby gain more control over their bodies. As long ago as 1995, Mr Rifkin organised a coalition against patents on human genes that included virtually all the main churches. For religious leaders, human bodies are God’s property, not man’s. For leftish anti-corporate types, the idea of big drug firms patenting bits of bodies is another example of the evils of "Big Pharma". Genetic information is not something that you invent; it belongs to society, not companies.
Drug firms reply that they need some payback for all their research. The system grants patents only when advances are original, non-obvious and useful. It also means that discoveries are made public. The American patent office has issued about 1,000 patents to companies that have identified genes producing specific proteins. Tens of thousands of human gene patents are pending. Now it is apparently being less generous.»

v-grigia.gif (82 byte) L'Unione Europea conferma i brevetti biotech [12 ottobre 2001]

europa.gif (1408 byte)Lussemburgo, 10 ottobre 2001
Respinto dalla Corte di giustizia europea il ricorso dei Paesi Bassi per l'annullamento della Direttiva comunitaria sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, nota come "direttiva sulla brevettabilità della vita". Secondo la Corte, la Direttiva --criticata da Olanda, Italia e Norvegia-- «delimita il diritto dei brevetti in modo sufficientemente rigoroso, affinché il corpo umano resti effetivamente inalienabile e venga salvaguardata la dignità umana».

 Correlazione 

right.gif (841 byte)Organismi geneticamente modificatinodo.gif (891 byte)

v-grigia.gif (82 byte) La guerra al vivente [12 novembre 2001]

"La guerra al vivente. Organismi geneticamente modificati e altre mistificazioni scientifiche", a cura di Jean-Pierre Berlan, Bollati Boringhieri, 2001 (su Internetbookshop.it)

La guerra al viventeLa raccolta di saggi qui proposta sotto il nome collettivo di La guerra al vivente, è preceduta da una illuminata e illuminante Prefazione di Jean-Pierre Berlan in cui viene tracciata una breve storia della manipolazione genetica in agricoltura. Ma i dati che vengono indicati, le tappe, le figure di riferimento, non sono segnalati con finalità puramente informative o statistiche, quanto come prove, testimonianze di una tesi che il curatore e autore (unitamente agli altri autori della raccolta, Michel Hansen, Gilles-Éric Séralin, Suzanne Pons, Paul Lannoye) sostiene: sono stati forti interessi economici a spingere le grandi transnazionali biotecnologiche a imporre sulle tavole di tutto il mondo prodotti transgenici come mais, soia, patate, pomodori, riso...
(...) tema trattato in La guerra al vivente è quello relativo al "brevetto": si informa il lettore sui perché si debba respingere il brevetto del vivente e vengono indicate le varie direttive europee in proposito.

 Links 

right.gif (841 byte)"Report" (trasmissione RAI)

v-grigia.gif (82 byte) Tutta la partita si gioca attorno al brevetto [16 novembre 2001]
(brano tratto dalla puntata della trasmissione di RAI 3 "Report" di giovedì 24 settembre 1998 ore 23:00)

«Tutta la partita si gioca attorno al brevetto. Quella del brevetto ha una sua storia e risale al 1971 quando un microbiologo indiano, impiegato della General Electric, fa domanda negli Stati Uniti per un brevetto su un microrganismo modificato geneticamente progettato per consumare le chiazze d'olio negli oceani. L'Istituto per i brevetti americani glielo nega perché, dice, non si può brevettare un organismo vivente. La causa si protrae e arriva davanti alla Corte Suprema dove nel 1980 viene concesso il brevetto. E qui partono le quotazioni in borsa.
La prima società di ingegneria genetica privata, la Genetech, nel 1980 offre su piazza un milione di azioni a 35 dollari l'una. Nei primi 20 minuti salgono a 89 dollari, a fine giornata la Genetech guadagna 36 milioni di dollari.
La cosa sconcertante è che questa società non ha ancora introdotto un singolo prodotto sul mercato.
Nel '94 l'Organizzazione per il Commercio Mondiale firma un accordo per il libero accesso al materiale genetico di tutto il mondo, assicurandosi però la protezione dei loro prodotti di ingegneria genetica. Il brevetto è fondamentale perché è una garanzia per gli investitori. Questo accordo dovrà essere revisionato nel '99, cioè l'anno prossimo, ma sono in molti a chiedere che venga abolita la clausola che chiede agli Stati membri di concedere il brevetto su piante e microrganismi poiché il rischio che si prospetta è quello del monopolio.
Quindi potrebbe essere ancora tutto in ballo. Intanto, però, le multinazionali invocano pubblicamente grandi argomenti come la riduzione della fame nel mondo, un aumento della produzione e benefici all'ambiente.
Dall'altra parte però chi è contro sostiene che queste sono tutte mistificazioni.»

 Correlazione 

right.gif (841 byte)Jeremy Rifkinnodo.gif (891 byte)

v-grigia.gif (82 byte) L'opinione di Jeremy Rifkin [16 novembre 2001]
(brano tratto dalla puntata della trasmissione di RAI 3 "Report" di mercoledì 6 ottobre 1999, ore 23:00)

«La questione fondamentale è questa: chi controlla i geni, controlla il ventunesimo secolo. Ci troviamo nel mezzo di una fondamentale trasformazione dell'economia globale. La risorsa primaria nell'età industriale erano i combustibili fossili, i metalli e i minerali. La risorsa primaria nell'età della biotecnologia sono i geni. Chiunque possiede e controlla i geni controlla la risorsa mondiale che forma la base di tutta l'età del commercio genetico. Geni per le fibre tessili, per i materiali da costruzione, per l'energia, per le medicine, per gli alimentari.
(...)
In questo momento è in atto una battaglia tra i giganti dell'economia per localizzare tutti i geni rari nel mondo e reclamarli nella forma di proprietà intellettuale.
Per darvi un'idea dell'enormità della scala, considerate quattro aziende chimiche gigantesche: la Monsanto, la Novartis, la Hoechst tedesca e la Dupont.
Queste erano multinazionali giganti durante la rivoluzione industriale, erano compagnie chimiche. Negli ultimi tre anni, ognuna di queste multinazionali ha deciso di vendere o condividere le sue divisioni chimiche allo scopo di essere esclusivamente focalizzata sulla ricerca genetica, le scienze della vita, la tecnologia dei geni e i prodotti genetici.
E' molto importante capire che non si può, non ancora almeno, creare un gene in laboratorio, un gene raro devi trovarlo. Così le grandi aziende stanno girando il mondo in cerca di geni rari, microrganismi, piante, animali e anche esseri umani che possono avere un valore commerciale in qualche campo.»

right-sfondochiaro.gif (838 byte)v., anche, nel Forum l'intervento di G.M. Borrello del 18 marzo 2000, che faceva riferimento alla puntata di ottobre '99 della trasmissione Report.

v-grigia.gif (82 byte) Marcello Cini, "Vite a rischio nell'era dei brevetti"articolo.gif (899 byte), Il Manifesto, 28 agosto 2001 [17 novembre 2001]

«Ultimo anello, ma non in ordine di importanza, della catena che lega la scienza alla società del capitale globale è il brevetto. Le argomentazioni che gli "scienziati" usano per giustificare, anzi per raccomandare la brevettazione di ogni prodotto da immettere sul mercato ottenuto utilizzando i risultati della ricerca condividono l'ideologia di William Tucker, un oscuro ma efficace biotecnologo di Oakland secondo il quale "il fatto che una cosa abbia natura biologica e si autoriproduca non basta a renderla diversa da un pezzo di macchina costruita con dadi, bulloni e viti." E' una affermazione discutibile sotto molti punti di vista.
(...) Come è noto, fino alla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1980, che ha concesso il primo brevetto su di un batterio geneticamente modificato, la materia vivente non poteva essere brevettata. Non solo. Si potevano brevettare solo le invenzioni (il risultato dell'ingegno), ma non le scoperte (ciò che esiste in natura). Nemmeno gli elementi transuranici (il plutonio ne è il più noto) che pure non esistono stabili in natura, sono mai stati brevettati, poiché sono comunque trasformazioni artificialmente indotte in elementi naturali. A maggior ragione la regola dovrebbe valere per gli organismi geneticamente modificati, dato che si tratta sempre, di modificazioni artificiali di organismi naturali. Il capovolgimento di questa regola è dunque soltanto uno dei tanti fatti compiuti che hanno segnato l'espansione del capitalismo a partire dalla sua nascita, nell'Inghilterra del '600, quando, con la recinzione delle terre comunali, alcuni privati intraprendenti si appropriarono di quello che prima apparteneva alla comunità.»