Interventi al Forum nel mese di Ottobre 2000

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From: G.M. Borrello  <borrello@f...>
Date: Sun Oct 1, 2000 1:55am
Subject: Re: Dove sta andando l' Internet guidata da Napster e soci ?

 

Vittorio Menesini wrote:
>a) i diritti di proprietà intellettuale, cioè le esclusive sulle
>innovazioni, sono sacre, e vanno tutelate, perchè sono il motore del
>cambiamento sociale, (non del progresso......che è altro..., ma merita
>un discorso a parte).

Sarebbe molto interessante farlo, questo "discorso a parte".

Sul punto dei diritti di proprietà intellettuale, il mio parere è che
la questione non è tanto se "debbano" essere tutelati, perché lo
sono: nella sostanza (sia pur con qualche perdita di efficacia negli
ultimi tempi) e nella forma (ed è nella dimensione formale che
avvengono i tentativi di recupero dell'indebolimento di efficacia
sostanziale). E lo rimarranno, in quanto sono nati nel momento in cui
si è reso possibile lo sfruttamento commerciale di un'opera
dell'ingegno, cioè con la nascita dell'editoria. E ciò vale anche per
i "diritti morali" d'autore, che non riguardano gli aspetti
economici. Il che è sintomatico di come, scomodando la terminologia
marxiana, la "sovrastruttura" dipenda dalla "struttura" sociale.
Chiaramente, la questione si pone non sul "se" (aspetto pur
contestato dalle posizioni più estreme del "no-copyright"), ma
sul "come".
Stesso discorso per il "cambiamento sociale": si tratta di vedere in
che direzione il "motore" sta spingendo. E poi... siamo proprio
sicuri che il cambiamento sociale necessiti di un "motore"?

Grazie per il puntuale intervento. Rimaniamo in attesa della Sua
riflessione sul Principio di precauzione.

Gian Maria Borrello
____________________________________________

Dott. Giovanni Maria Borrello
(Web Master della Fondazione Bassetti)
<mailto:borrello@f...>
<http://fondazionebassetti.org/borrello.htm>
____________________________________________

From: vittoriome@l...  <vittoriome@l...>
Date: Mon Oct 2, 2000 7:00am
Subject: Re: Re: Dove sta andando l' Internet guidata da Napster e soci ?

 

Grazie della pronta risposta...

Sul web e la proprietà intellettuale ci
penserò sopra e farò avere mie notizie ancora su questi problemi.
Intanto, in allegato,invio qualche pagine che ho scritto sul principio
di Precauzione, che è stata pensata per l'innovazione in genere, ma che
vi arriva tarata su quella "genetica". Ogni volta che compare la
parola "innovazione genetica", si può pensare all'innovazione in
generale, e così può funzionare. Ho scritto queste pagine per un volume
che sto rifinendo,dedicato ad " Innovazione tecnica e mercato", e sono
molto curioso di conoscere le obbiezioni critiche degli amici del
Forum , che vorrei poter citare nel testo del volume, sempre che gli
autori siano d'accordo. Grazie della cortese attenzione e buona
lettura.

vittorio menesini

Attachment: Principio di precauzione

From: danilo  <daniloloiacono@t...>
Date: Mon Oct 2, 2000 11:56am
Subject: Brevi considerazioni sui "massimi sistemi"

 

Alcune "minime" considerazioni sui "massimi sistemi"

 

Ho spesso l'impressione, nel seguire il dibattito sull'innovazione responsabile, in particolare sul rapporto tra tecnologia e ambiente umano, dibattito che trova nel forum della fondazione ampi e interessantissimi spunti, che si sia creata una sorta di scissione tra chi insiste sui vantaggi dell'innovazione (in primo luogo sul suo lato tecnologico) e chi punta il dito innanziztutto sui rischi e/o sugli svantaggi in termini di "costi" umani. Generalizzando ( spero senza banalizzare troppo) il dibattito, potrei dire che sembra quasi che ormai si confrontino due posizioni nette e distinte ( la qual cosa, mi pare, succede anche all'interno del forum): da un lato, chi è sostanzialmente a favore; dall'altro, chi è sostanzialmente contro. Esistono senz'altro all'interno dei due "blocchi" due posizioni più moderate, rispettivamente, chi è cautamente a favore, e chi cautamente contro. Vorrei sottolineare che parlo di impressioni proprio perchè è tra le righe che si può cogliere la disposizione dei vari contendenti. Quell'avverbio "sostanzialmente" va letto un po' come "istintivamente", come "orientamento latente e immediato"; un po' come dire: nel prendere posizione su temi-dilemmi così difficili anche da decifrare, sembra esistano quasi delle reazioni istintive, degli orientamenti di fondo spontanei, che sono o di netto assenso, o di netto dissenso, o di moderato assenso, o di moderato dissenso.  Il resto, la discussione, intendo, le prove e gli argomenti spesso molto tecnici e specifici, addotti per sostenere la propria posizione , vengono dopo. Il dibattito, ad esempio, sull'intervento tecnologico su materia organica (dai pomodori, agli esseri umani, passsando per spermatozoi e ovuli) e, quindi, anche quello strettamente collegato della rilfessione bio-etica, registra a mio modo di sentire, più che di vedere, proprio una suddivisione in questi due tipi di atteggiamenti di fondo, trasformati poi in posizioni intellettuali, per così dire, pubbliche, che spesso prendono toni più moderati.

Una delle domande che mi pongo più spesso è: come sposare una tesi in un senso o nell'altro ( in generale su ampie problematiche ma anche nel particolare, per esempio nel vivace botta-e-risposta su Napster), rischiando di trascurare ragioni che entrambe le posizioni hanno? In altri termini: trovo molto difficile schierarsi apertamente per una o l'altra delle posizioni (anche se ripeto la dicotomia è qui esasperata), dal momento che entrambe le prospettive possono contare su motivazioni forti. O ancora: prendere posizione sui problemi sopra menzionati, presentando argomenti a favore o contro questa o l'altra posizione, non finisce per mascherare o perdere di vista il "che cosa" stiamo confrontando? Non si sta trascurando, mi chiedo, la visione del mondo che anima le rispettive posizioni? Se per "visione del mondo" si intende una sorta di antropologia di riferimento, esplicita o implicita, non è questa che direttamente o indirettamente, parla "attraverso" il dibattito? Sono certo che non tutti gradiscono o danno importanza a questo aspetto, ritenuto un livello lontano di discussione. E senz'altro lo è, soprattutto negli addetti ai lavori. Ma credo, tuttavia, come insegnano molti maestri del pensiero contemporaneo, che dietro anche una sola parola, dietro un solo termine esiste una storia semantica che non può essere trascurata.

Prendiamo per esempio lo scontro (che spesso è una reciproca indifferenza) sul problema della manipolazione genetica, tra cattolici e laici in Italia; i primi sono contro ogni forma di intervento dell'uomo che vada a intaccare, manomettere, sistemi viventi; i secondi sono a favore, per varie ragioni, di un simile intervento (forse sto esasperando la pazienza del lettore con l'eccessiva superficialità nell'esporre i reali termini della questione: lo faccio solo per arrivare in fretta al punto che mi interessa sottolineare). Pur non mancando le due posizioni più moderate in entrambi i sensi, mi sembra evidente che ci sono due culture a confronto, due antropologie, come dicevo sopra. E non mi pare siano tanti coloro i quali cerchino una terza via d'uscita dalle secche dell'incomprensione. Con questo vorrei sottolineare la mia personale difficoltà ad entrare di più nel vivo della "contesa", proprio perchè sono incapace di leggere il confronto in termini tecnici e/o specifici.

Innovazione e responsabilità: il mio "chiodo fisso" è: che idea di Vita, di Uomo, di Sapere abbiamo? I "massimi sistemi" come si dice banalmente, c'entrano. Ritengo che si abbia a che fare con loro molto più di quanto si tenda a credere.

Un cordiale saluto a tutti, Danilo Loiacono.

 

 

 

From: ilpolitecnico  <ilpolitecnico@t...>
Date: Fri Oct 6, 2000 8:56am
Subject: Principio di Precauzione

 

Ho trovato le osservazioni del Prof. Menesini al c.d. Principio d
Precauzione molto
stimolanti. Anche io penso che un astratto Principio di Precauzione possa
essere solo
un principio vuoto e quindi funzionante come un alibi sociale ovvero possa
diventare
qualora si tenti di dargli concretezza uno strumento di ingerenza ( non di
reale controllo su un processo di cui non si conosce lo svolgimento) da
parte di costituendi Comitati Etici, sulla cui funzione occorrerebbe
interrogarsi.

Occorre io credo introdurre invece un principio di formalizzazione
nell'operare concreto di chi si occupa di innovazione.

E vorrei proporre un esempio.
L'azienda, l'ente pubblico o privato, l'università, insomma qualsiasi
soggetto
che si propone di operare in un ambito di ricerca sensibile
dovrebbe essere tenuto ad elaborare un documento in cui anche in forma molto
semplice, vengono dichiarate le prospettive, le finalità della ricerca, le
informazioni ed i riferimenti concettuali che sostengono la ricerca,le
metodologie utilizzate e quanto il proponente la ricerca ritiene sia utile
dichiarare ( la forma del documento
dovrebbe essere fondamentalmente libera e solo sulla base dell'esperienza si
potrà valutare l'opportunità di dargli una forma più stretta). Questo
documento dovrebbe essere depositato in termini giuridicamente validi di
prova documentale presso una banca dati pubblica facilmente accessibile
internet sembra essere fatto apposta per queste cose)
ed a cui qualsiasi persona abbia accesso.
Chiunque avrà titolo ad apporre al documento le proprie conoscenze ed
osservazioni sulla materia. Queste annotazioni saranno messe a conoscenza
dell'innovatore perché sappia che gli potrebbero essere opposte in caso di
danni derivanti dall'innovazione.
A ricerca conclusa, a brevetto ottenuto o ad immissione sul mercato dei
prodotti della ricerca dovrà essere redatto e depositato dall'innovatore un
documento integrativo con analogo valore legale in cui verranno fatte le
considerazioni che l'innovatore riterrà opportune. E così via.
Qualora si presentino inconvenienti detta documentazione potrà essere
utilizzata per dimostrare il comportamento dell'innovatore con certezza di
data. Inoltre questa documentazione sarà utile in ogni caso per una verifica
a feedback del risultato ottenuto e della distanza fra le ipotesi di
partenza ed i risultati finali.
Probabilmente una metodologia di lavoro simile viene già usata dalle aziende
più consapevoli ma non è pubblica e quindi non facilmente verificabile ed
opponibile.

Come ho detto questo è un esempio di come dovrebbe porsi un metodo che non
proponga
condanne o assoluzioni anticipate da parte di Comitati, ma permetta di
stabilire con certezza lo svolgimento di un percorso innovativo per poterlo
in ogni momento valutare ed intervenire di conseguenza su di esso nel modo
più oggettivo possibile.
In questo modo inoltre il controllo sarebbe possibile concretamente da parte
di quel soggetto- il singolo cittadino - che è titolare del diritto di
controllo ma ne è spossessato nei fatti dalle difficoltà concrete di accesso
ai dati. Il ruolo di controllo dell'istituzione non verrebbe meno, ma non
sarebbe più il solo controllore e questo sarebbe un controllo sul
controllore.

Ancora una annotazione. Io credo che promotore di questa organizzazione non
dovrebbero essere gli Stati, le organizzazioni o gli enti pubblici ma i
soggetti privati, le aziende, le fondazioni, le università che operano nel
campo dell'innovazione ed anche le associazioni di tutela dei consumatori,
sul modello ad esempio del consorzio W3C. Per il necessario finanziamento
dell'organizzazione ( non credo siano necessari capitali rilevanti
trattandosi sostanzialmente di un database ) la soluzione migliore sarebbe
una fondazione indipendente che possa ricevere donazioni sia da soggetti
pubblici che privati.

cordiali saluti
giuseppe cattaneo

From: vittoriome@l...  <vittoriome@l...>
Date: Fri Oct 6, 2000 9:46pm
Subject: Re: Brevi considerazioni sui "massimi sistemi"

 

" Il mercato non è una farmacia" !
Così ieri una politica militante del movimento ambientalista ha bollato la riflessione di Veronesi in quanto oncologo, non in veste di ministro, su una alimetazione non solo "corretta" dal punto di vista della prevenzione , ma " corretta" geneticamente. Era l'ora che qualcuno dicesse la verità: E in realtà l'hanno detta tutti, seppure qualcuno in modo rovesciato.
Il mercato è " anche" una farmacia perché l'alimentazione può far bene. E questo dovrebbe rispondere al Verdismo imperante.
I geni sono brevettabili, non in quanto tali, ma quando si sia inventato un procedimento per renderli " utili" indicando anche a che cosa servono. E questo lo dice la Direttiva europea, perchè senza la protezione brevetttuale nessuno farebbe ricerca, le scoperte sarebbero a mezz'aria senza applicazioni tecniche.
Se queste riflessioni convincono, ne trarrei alcune conclusioni:
1) non servono i massimi sistemi .....caso mai questi dovrebbero riflettere,e cambiare se stessi, dopo la scoperta del DNA e la possibilità di entrare all'interno dei viventi
2) l'autorità, se così la si può chiamare, "politica", non dovrebbe mettere in naso in cose che non la riguardano. L'innovazione ha autonomia e responsabilità, e non esistono poteri legittimati a dire la propria, se non nell'ambito delle proprie
responsabilità e competenza.

Grazie dell'attenzione.

Vittorio Menesini

From: vittoriome@l...  <vittoriome@l...>
Date: Sun Oct 8, 2000 7:10am
Subject: Re: Principio di Precauzione

 

trovo che i suggerimenti di GIUSEPPE CATTANEO siano nella direzione
giusta: l'autoprevenzione cone testimonianza di futura responsabilità
per danni, (con termini di prescrizione allungati rispetto a quelli
attuali suggerirei), mi sembra una formula felice.
Il problema in quel caso è la descrizione di quanto si sta facendo, o
si intenderà fare, che deve essere formulata in modo comprensibile da
un tecnico del settore, il quale possa tutt'al più domandare
chiarimenti ....se vi sono "passi" volutamente incomprensibili.
V'è TUTTAVIA UN PROBLEMA : la segretezza di ricerche che non possono
essere svelate se non al momento del brevetto. E in quel caso, il
problema si potrebbe risolvere come dice Cattaneo.
Ma il problema si complica. A meno di non rendere obbligatoria la
brevettazione,il che pone altre questioni di libertà,perchè molti
preferiscono non brevettare,che fare quando si fanno ricerche in
assoluto segreto ? E credo sia il caso di molti procedimenti innovativi.
Che infatti sono protetti sin quando non vengano svelati.
Il c.d. "saper fare", anche, può essere oppugnabile, ma solo se
imputabile con chiarezza e precisione.
Nonostante questi problemi, ritengo comunque che la strada della
libertà da controlli e placet sia la migliore.
Non a caso, nelle grandi sventure che vi sono state nel secolo in
seguito all'innovazione - ricordo ancora il caso del talidomide- i
responsabili sono sempre stati trovati. E che mi reisulti, almeno
patrimonialmente,hanni sempre pagato. Ma basta questo, si chiederanno
altri ?
Grazie dell'attenzione.
vittorio menesini

From: G.M. Borrello  <io2@m...>
Date: Mon Oct 9, 2000 1:52pm
Subject: Re: Dove sta andando l' Internet guidata da Napster e soci ?

 

Le università americane rifiutano il divieto d'accesso a Napster in nome della libertà accademica.

«(...) Lo scontro tra un principio di tutela degli interessi economici ed il principio di libertà di accesso alla cultura si ripresenta dunque sotto forma di battaglia contro Napster e tutte le compagnie che, su Internet, tentano di trovare una via che oltrepassi le tradizionali norme ed i vincoli che regolano l'economia occidentale.»

<http://www.mediamente.rai.it/docs/approfondimenti/250900.asp>


(Gian Maria Borrello)

From:   <aamato@s...>
Date: Tue Oct 10, 2000 5:01am
Subject: Una possibile nuova prospettiva

 

Si sta verificando nella nostra discussione una felice circostanza, 
quella per cui si può addivenire ad un proficuo confronto tra interventi 
che pongono l'accento sulle soluzioni concrete da peoporre ed interventi 
che sollecitano un loro aggancio a questioni di fondo. Questa duplice 
esigenza, se non presentata in termini antitetici, può promettere buoni 
frutti.
 A questa opportunità vorrei offrire un mio contributo.
 Riallacciandomi al mio precedente intervento su: "Responsabilità 
imprenditoriale e compiti della società", vorrei presentare al Forum un 
mio scritto, che allego alla presente e-mail, con il quale affronto tre 
questioni a mio avviso cruciali: a) la sconvolgente redistribuzione dei 
poteri e la significativa ridefinizione dei ruoli che la nostra società sta 
vivendo; b) la necessità di riorganizzare radicalmente i nostri tempi di 
lavoro, al fine di consentire una riappropriazione dei nostri tempi di vita; 
c) l'esigenza di una maggiore apertura verso i fenomeni di mobilità 
professionale e sociale.
           Andrea  Amato 
Attachment: Una nuova prospettiva

From: ilpolitecnico  <ilpolitecnico@t...>
Date: Wed Oct 11, 2000 9:34am
Subject: R: Principio di Precauzione

 

Il prof Menesini ha colto molto bene il senso di quello che volevo
dire con il mio esempio riassumendolo nella formula:
l'autoprevenzione come testimonianza di futura resposabilità per danni.
In sostanza si tratta di questo: chi fa ricerca deve dimostrare di
aver agito in termini di correttezza.
Perché questa dimostrazione sia possibile occorrono delle prove
rese pubbliche "prima" che avvenga il danno.

E qui ovviamente sorgono le difficoltà. Come ha osservato il prof
Menesini rendere pubbliche certe informazioni può vanificare
il lavoro stesso di ricerca ed esporlo alla concorrenza.

Sullo stesso tema aveva già fatto alcune interessanti osservazioni
Gian Maria Borrello, sull'intervento del governo francese a
difesa delle infomazioni ottenibili su
aziende francesi attraverso l'uso di una banca dati.
Il che dimostra quante minute sfumature possa avere la circolazione
delle informazioni nella società contemporanea.

Il tema della segretezza delle informazioni è uno dei punti deboli
della costruzione che ho portato come esempio,
non è l'unico ma certamente il più importante.
La libertà di formulazione del documento di presentazione della
ricerca che avevo previsto nell'esempio teneva conto proprio
della necessità di non poter dire tutto e di avere la
facoltà di mantenere a discrezione una zona di segreto nella ricerca.

In realtà la segretezza delle informazioni assume aspetti diversi
se considerata prima o dopo l'ottenimento del brevetto.
Il brevetto è già in se stesso una forma di comunicazione pubblica di
informazioni.
La vera difficoltà riguarda quindi la ricerca prima del brevetto.
Sempre per seguire l'esempio si potrebbe ipotizzare che la documentazione
pubblica della ricerca diventi uno degli elementi di valutazione
nella concessione del brevetto. Questo potrebbe essere sufficiente
ad incentivare la diffusione delle informazioni.


Da un punto di vista teorico il tema dei limiti dell'agire innovativo
che è uno dei temi di ricerca della Fondazione Bassetti, dovrebbe
essere concepito in primo luogo come una ricerca di metodo
a cui non possono rimanere estranei i soggetti dell'innovazione
aziende, enti, università etc.

Il senso dell'esempio che ho fatto è anche quello di riconoscere
che sull'agire innovativo è necessario acquisire delle informazioni
che solo l'analisi concreta dei processi innovativi può dare
e che solo sulla base di queste informazioni sarà possibile
formalizzare un agire razionale.

Queste informazioni sono disponibili solo attraverso i soggetti
dell'innovazione e solo se questi avranno un interesse concreto a
renderle pubbliche.

giuseppe cattaneo

From: ilpolitecnico  <ilpolitecnico@t...>
Date: Thu Oct 12, 2000 8:37am
Subject: R: Re: Dove sta andando l' Internet guidata da Napster e soci ?

 

vorrei fare alcune riflessioni sul diritto d'autore
distinguendo opera d'arte, letteraria, musicale etc.
dall'opera di scienza.
nell'opera di scienza il diritto d'autore è
legato alla funzionalità dell'opera ed è entro certi
termini indipendentemente dalla sua confezione.
nell'opera letteraria, musicale etc invece è sempre più
questione di confezione e di potere di commercializzazione.
credo che pochi autori contemporanei veramente grandi siano
vissuti con i proventi delle loro opere mentre dei buoni
artigiani hanno avuto compensi superiori loro meriti solo
perché la loro opera è stata costruita e commercializzata bene.
Quindi quando si parla di diritto d'autore si deve tenere
conto di una ambiguità di fondo. In un mercato chiuso -
un mercato globale è un mercato chiuso -
dove la moneta cattiva scaccia quella buona può accadere
che si ottengano risultati opposti a quelli che il legislatore
si era proposto definendo la protezione dell'opera d'arte.
Se prendiamo l'esempio del baratro commerciale in cui si trova
la musica classica contemporanea e il fiorire della musica
leggera abbiamo un esempio del risultato che si ottiene dalla
la saturazione di un mercato attraverso la protezione di
una merce scadente. ( non faccio un discorso estetico perché
ogni epoca ha la sua arte e la musica leggera è forse la musica
di questa epoca, ne è la misura almeno)
Lo stesso discorso si può fare per il cinema.
Si dirà è la legge del mercato. Sono d'accordo, ma forse quando
si fanno le leggi, occorrerebbe studiare il mercato.
C'è un bellissimo libro di Carlo Cattaneo - Interdizioni israelitiche -
il cui concetto centrale è in sintesi questo: si sono fatte per secoli
leggi vessatorie degli israeliti per impedire loro il possesso dei
beni materiali, queste stesse leggi hanno invece determinato il loro
arricchimento. E Cattaneo si ingegna a dimostrare questa tesi.
L'apologo di Cattaneo non ha secondo me di mira solo il pregiudizio
verso gli ebrei, ma anche e soprattutto la legge ed il suo risultato.
Il risultato di una legge spesso non è quello che il legislatore si
prefiggeva.
(Cattaneo è pur sempre stato allievo di un giurista come Romagnosi
e forse voleva dire la sua sulla legge)
Spero di non essere andato troppo fuori tema, ma se
seguite il discorso con pazienza esso si ricollega anche alla
innovazione ed alle leggi che la dovrebbero regolare.
La legge non ha un feed back! Ovvero una legge che ha un feed back
è un'altra cosa...

giuseppe cattaneo

From: G.M. Borrello  <io2@m...>
Date: Thu Oct 12, 2000 11:04am
Subject: Principio di Precauzione

 

Il brano riportato qui in calce mi sembra utile per inquadrare il
Principio di precauzione su basi pragmatiche.
	Vittorio Menesini ha esposto (v. allegato al msg n. 128) con molta
franchezza il proprio punto di vista e io credo che meriti un particolare
ringraziamento un docente universitario che si espone in modo così aperto
in un Forum virtuale, dai confini inesistenti, davanti a un pubblico
invisibile e vario.
	Personalmente, sul Principio di precauzione non mi sento di condividere il
suo giudizio, perché le motivazioni che egli porta a sostegno della propria
opinione non mi sembrano appropriate. Con ciò intendo dire che secondo me
la riflessione sulla "bontà", o meno, di questo Principio dovrebbe
svolgersi su un piano diverso rispetto a quello seguito nel suo scritto,
cioè dovrebbe svolgersi in termini politici. Vorrei anche aggiungere che un
conto sono le motivazioni addotte per legittimare una posizione politica
(acquisizione del consenso), altro conto sono le ragioni su cui essa si
fonda. Pertanto, discutendo del "perché" condividere, o meno, il Principio,
terrei presente questa distinzione. In tal modo il ragionamento si
sposterebbe su un piano che ha più a che fare con la sociologia del diritto
che con l'analisi del diritto. E a mio modo di vedere, rispetto al tempo
attuale, sarebbe adeguato discutere di questo Principio in un'ottica più
politica che giuridica.
	Vedo di chiarire che cosa intendo: che cosa rispondere all'atteggiamento
contrario "della gente" rispetto a una determinata innovazione? Questo è un
problema politico, che ha a che fare col consenso. Mi sembra illuminante in
proposito la distinzione tra "rischio oggettivo" e "rischio soggettivo" (in
termini prosaici, rispettivamente: "quello calcolato in sede scientifica" e
"quello percepito 'dalla gente'") che troviamo ripresa da Latour (v., sul
sito, le News del 9 ottobre), il quale auspica un superamento della
contrapposizione che ne deriva. Anche Boncinelli sottolinea che il modo in
cui un rischio è percepito a livello socialmente diffuso costituisce
indubbiamente un problema: « Il problema è che molte persone, che non sanno
assolutamente nulla di questi argomenti, sono convinte che gli scienziati o
sono stupidi o disonesti. In questo clima è ben difficile discutere.» (v.
sul sito, nelle News dell'11 ottobre, "'Come sfamare il Terzo Mondo?' Tutti
i sì al cibo transgenico"). Il modo in cui l'introduzione di un'innovazione
viene vissuta, viene "sentita" "dalla gente" è una variabile determinante
il flusso degli eventi.
	Ma non vorrei abusare della vostra pazienza e neppure di quella di
Menesini che, in questo momento, si chiederà dove io voglia arrivare.
Vorrei riuscire a chiarire perché ritengo quello politico come piano di
analisi più adeguato rispetto a quello prettamente giuridico. Per farlo ho
bisogno di rileggermi il documento della Commissione europea che espone la
linea politica adottata in merito: lo allego a questo messaggio, mentre
entro breve sarà pubblicato, sul sito, nel Percorso già esistente
dedicato al Principio di precauzione (il documento è in formato "PDF" che,
insieme al "DOC" [quello di Word] è uno dei formati standard per la
produzione di documenti, usato massicciamente dalla dalla Commissione
europea; per leggerlo occorre che sul vostro computer sia installato
Acrobat Reader: se non riuscite ad aprirlo scrivete a
fondazionebassetti-owner@egroups.com).

      Gian Maria Borrello

	"Inquinamento genetico": le assicurazioni, il risarcimento danni e la
responsabilità dei Governi.
	-------------------------------------------------------------------
	Jeremy Rifkin: "L'uomo architetto del futuro nel secolo biotech", su
www.repubblica.it
	«(...) non c'è un risarcimento assicurativo a lungo termine contro
eventuali perdite nel caso in cui uno di questi organismi [ndr: gli
organismi geneticamente modificati"] diventasse nocivo. C'è solo
un'assicurazione a breve termine per i danni all'agricoltura e per
negligenza. Il motivo per cui il sistema assicurativo non farebbe mai
assicurazioni per queste perdite a lungo termine è che dicono che nessuna
scienza è in grado di valutare i potenziali rischi. Quindi la mia domanda
è: non è un atto di irresponsabilità da parte dei governi permettere che
vengano introdotti nell'ambiente organismi manipolati geneticamente, di
qualunque tipo? Se non ci sono responsabilità per potersi assicurare contro
le perdite a lungo termine, chi sarà responsabile? Queste società non
potrebbero mai pagare i danni. Se un organismo diventa nocivo, il danno
potrebbe ammontare a centinaia di milioni di dollari, forse a miliardi. Chi
pagherà i danni? Gli agricoltori italiani? O i proprietari di case o i
contribuenti? Sarà il governo italiano ad assumersi per generazioni milioni
di dollari di danni in quanto responsabile della tragedia?»
	
(v. risposta alla domanda dell'intervistatore «Cosa si intende per
'inquinamento genetico'?»)
Attachment 114k (pdf) com2000_0001it01.pdf

From: vittoriome@l...  <vittoriome@l...>
Date: Thu Oct 12, 2000 11:12am
Subject: Re: R: Re: Dove sta andando l' Internet guidata da Napster e soci ?

 

In risposta a getto alle riflessioni di cattaneo, vorrei dire questo:
la legge è solo una tecnica....come tutte le altre tecniche.....è in sè
neutra.....serve a conseguire solo lo scopo che è previsto.....il resto
dipende dagli uomini, o in generale , dalla società civile....se questi
preferiscono musicaccia o robette o altro ancora...è problema loro.
Le forme contrattuali sono però sempre le stesse: contratto d'opera,di
commissione, di edizione, in genere, molto atecnicamente. di SCAMBIO.
L'oggetto che si scambia è lo stesso formalmente, ma sostanzialmente
muta a seconda delle persone. E ciò è ineluttabile.
In questo senso , il Mercato delle opere dell'ingegno, è il miglior
Mecenate che sia mai esistito, perchè in teoria sono tutti contenti,
gli scontenti...invece, possono esistere in altri
mercati....immobiliare,finanziario, dove qualcuno guadagna,ma
necessariamente qualcun'altro perde.
Nel mercato delle opere dell'ingegno, forse, lo scontento può esistere
quando si "compra" il consumo di un'opera.....un'esecusione artistica,
un libro, e poi ci si accorge che non ci piace....ma questo non
riguarda il diritto, per fortuna.
Grazie e presto,
Vittorio Menesini

From: G.M. Borrello  <io2@m...>
Date: Thu Oct 12, 2000 2:59pm
Subject: Re: Principio di Precauzione

 

L'indirizzo Web completo dell'intervista a Rifkin citata in calce al
mio precedente messaggio è:

http://www.repubblica.it/online/internet/mediamente/rifkin/rifkin.html

(il brano era tratto dalla risposta alla domanda dell'intervistatore «Cosa si intende per 'inquinamento genetico'?»)

Lo trovate anche linkato sul sito, nelle News dell'11 ottobre.

Gian Maria Borrello

From: vittoriome@l...  <vittoriome@l...>
Date: Fri Oct 13, 2000 00:29am
Subject: Re: Principio di Precauzione

 

Rispondo dopo averci pensato sopra una notte , ma durante la quale ho
dormito bene....perché ero e sono convinto della correttezza delle mie
conclusioni.
Non dico "validità" perché non si puo impiegare questo termine.
Non dico "condivisibilità" perché non ritengo il consenso un aspetto
così rilevante. Certo, è importante per vendere saponi,ottenere
voti,far si che la gente si comporti in un dato modo.
Ma in termini di "analisi" , o di aspetto legato all'innovazione, è un
problema che non mi riguarda.
In termini di analisi, conta la correttezza dell'approccio,e gli
argomenti di "campo" che si impiegano.
In termini di aspetto legato all'innovazione,può essere un problema
ottenere il consenso,ma è "solo" un problema di convinzione, o di
convincimento, non altro: ricorderete che quando comparvero le auto, fu
proposto,e credo anche fatto in qualche posto, che venissero precedute
da uomini con bandierine....per evitare che i cavalli si spaventassero
per via del rumore dei motori.....oppure che per convincere a mangiare
le patate, da qualche parte, fecero finta di estrarle di notte....così
da far credere mche si trattasse di un tesoro.
Veniamo a noi.
O facciamo il gioco delle tre carte, cambiando il tavolo di confronto,
o si discute su unn tavolo, o anche su più di uno, ma dicendolo ogni
volta.
E' un tavolo di analisi del Diritto ?
E' un tavolo di sociologia del Diritto ?
E' un tavolo politico ?
In termini di analisi del diritto, non credo che le contro-
argomentazioni alle mie abbiano colto nel segno, anche perchè non ve ne
sono state.
Sono del parere che la diligenza. la professionalità,il senso di
responsabilità, la responsabilità per danni, caso mai dilatata, con
termini di prescrizione allungati, bastino ed avanzino.
Quanto al terrorismo di un Rifkin, posso solo dire che non conosce i
problemi delle Assicurazioni: tutto è assicurabile, basta dirlo. E
pagare i premi. E sostenere il contrario è "giuridicamente" sbagliato.
Il tavolo della sociologia del diritto non lo conosco, e mi astengo.
Il tavolo politico :quanto a quest'ultimo,credo che ciascuno abbia il
diritto di dire quello che vuole, e come lo vuole. Ad esempio : il
ministro agricolo italiano favoleggia produzioni tipiche italiane
inesistenti,per proteggere quelle poche che ci sono, e per ostilità
politica agli OGM. Per me , da studioso del Diritto e Imprenditore
agricolo,bravino, direi, posso dire che sono idee deliranti.
Fra l'altro, perchè distinguere fra genetica terapeutica, che a denti
stretti e con sorriso di sufficienza, forse passerebbe all'esame Verde,
e genetica alimentare ...???Non lo capisco....è una questione di
cattutare il consenso-voti, speculando sulle paure della "gente "? Che
lo facciano i Rifkin per vendere libri, passi....ma altri,,,con
responsabilità politiche...cioè di guida....è semplicemente ridicolo.
Al momento non ho altro da dire. salvo ringraziare Borrello per la
stima che dimostra.
Quanto al coraggio.....da sempre vivo pericolosamente....e da sempre
dico quello che penso, anche nelle aule universitarie.
Certo, una cosa è curiosa. nessuno fra i miei colleghi giuristi ha
ancora commentato la normativa sulle biotecnologie di deriva
comunitaria.E operativa, con buona pace di quanti l'hanno sabotata.
Da parte mia ho terminato una " Introduzione allo studio giuridico alla
nuova genetica ", che quest'anno darò come dispensa agli studenti del
mio corso per monitorarne l'efficacia...e valutare il
consenso....spesso , molti di loro dissentono, ma questo è il bello
della vita.....sennò saremmo in Vaticano.Counque, vi faò avere una
copia, casomai telematica.
Grazie e saluti.
Vittorio Menesini

From: ilpolitecnico  <ilpolitecnico@t...>
Date: Sat Oct 14, 2000 9:22am
Subject: R: Principio di Precauzione

 

Mi permetto di intervenire ancora sul Principio di Precauzione sperando di
non tediarVi

Devo confessare che non conoscevo il documento della Commissione delle
comunità
europee quando ho scritto la mia risposta al Prof Menesini, ma avevo in
mente qualcosa di
molto simile a quanto ho letto. Ciò significa che il discorso del politico
di fronte all'innovazione
è facilmente prevedibile ed il fatto che l'Unione Europea abbia prodotto un
documento di questo
tipo non fa che confortarmi nella cattiva opinione che ho dell'operato della
burocrazia europea.
( la stima che ho di Kojeve mi porta pensare che non sempre sia stato così )

Il documento dell'UE è sostanzialmente quello che avevo definito un alibi
sociale costruito
in modo da essere al momento opportuno una giustificazione per "qualsiasi"
tipo di intervento.
Ad esempio le ripetute affermazioni di non ingerenza sono sempre
contraddette da affermazioni
di segno contrario ed è quasi impossibile trarre dal documento una chiara
definizione del
tipo di controllo da operare sul procedimento dell'innovazione.

Questo, secondo me, è veramente un modo sbagliato di procedere.

L'organo politico legittimato ad agire - ( fra parentesi si noti che
l'Unione Europea non è un
organo politico e non ha legittimazione ad agire politicamente, almeno per
ora è così )
non solo può, ma deve intervenire, "è tenuto" ad intervenire dal suo stesso
mandato in
qualsiasi momento lo ritenga opportuno.

Se la commissione delle comunità europee sente la necessità di giustificare
un intervento dell' UE
ciò significa rivendicazione di competenza che è rivolta sia verso gli
Stati membri dell'Unione, che
verso gli Stati Uniti e le organizzazioni che regolano il commercio
internazionale.

Rivendicazione significa in questo caso soprattutto rivendicazione di una
competenza giuridica
più che politica, essendo l'Unione Europea più un organismo giuridico che un
organismo politico.

La legge è una tecnica ci ricordava il Prof Menesini e questa primavera sul
forum dello SWIF
avevamo sfiorato il tema della politica come tecnica. Forse l'ambito della
tecnica riunisce il
discorso del politico e il discorso della legge in un unico discorso; il
discorso della tecnica appunto.

Mi permetto qui di seguito di proporre un florilegio retorico tratto dal
testo della
Commissione delle comunità europee ( in grassetto le citazioni )

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Una frase di questo tipo è contraddittoria :

5.1
Il ricorso al principio di precauzione interviene unicamente in un’ipotesi
di
rischio potenziale, anche se questo rischio non può essere interamente
dimostrato, o la sua portata quantificata o i suoi effetti determinati per
l’insufficienza o il carattere non concludente dei dati scientifici.
È opportuno rilevare tuttavia che il principio di precauzione non può in
nessun
caso legittimare l’adozione di decisioni arbitrarie.

che si riassume così: Si può intervenire sulla base di una ipotesi
indimostrabile ma che non deve portare a decisioni arbitrarie.

se una ipotesi è indimostrabile la decisione che ne deriva è necessariamente
arbitraria!

Con questo non è detto che non possa essere legittima, ma la frase è scritta
in un modo
giuridicamente e logicamente scorretto.

le decisioni politiche scontano un grado di arbitrarietà molto elevato pur
essendo legittime.

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5.2.1. La decisione di agire o di non agire
Di fronte alla situazione appena descritta, a volte su richiesta più o meno
pressante di un’opinione pubblica inquieta, i responsabili politici debbono
dare
risposte. Dare risposte non significa tuttavia che debbano sempre essere
adottate
misure. Anche la decisione di non agire può costituire una risposta.

La scelta della risposta da dare di fronte ad una certa situazione deriva
quindi da una decisione eminentemente politica, funzione del livello del
rischio “accettabile” dalla società che deve sopportarlo.

In questo testo si afferma che il tecnico che decide il rischio è il
politico, e che decide
su richiesta più o meno pressante dell'opinione pubblica!
Paradossale: il politico non decide sull'emergere di dati oggettivi che lo
obbligano ad agire
ma sulla pressione dell'opinione pubblica... e dalle lobby da cui è
condizionato.
( il politico non agisce perchè legge sul Bucalossi-Veronesi che l'amianto è
cancerogeno
ma perché la gente comincia a morire di cancro e protesta !!!! )
Questo spiega perché le scelte politiche non possono essere imputate per
danni, salvo
che l'opinione pubblica non decida di risarcire i danneggiati !!!!!
Il "luogo del politico" è quello dell'impunità.
Ma un discorso sulla responsabilità dell'agire innovativo impostato in
questo modo non
ha senso. Tanto vale fare testa o croce.

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Il politico dovrebbe prendere una decisione seguendo questi criteri

Le misure adottate presuppongono l’esame dei vantaggi e degli oneri
derivanti dall’azione o dall’inazione. Questo esame dovrebbe comprendere
un’analisi economica costi/benefici quando ciò sia adeguato e realizzabile.
Potrebbero tuttavia essere presi in considerazione altri metodi di analisi,
come
quelli relativi all’efficacia e all’impatto socioeconomico delle opzioni
possibili. D’altro canto, il responsabile può essere guidato anche da
considerazioni non economiche, quali ad esempio la tutela della salute.

Quale politico è in grado di prendere decisioni rispettando queste
condizioni di competenza?
Secondo la citazione di cui sopra l'opinione pubblica è in grado di
indirizzare le decisioni
con questo livello di competenza.
Si noti che la tutela della salute è un'opzione fra le altre non è l'opzione
di prima scelta.

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Il ricorso al principio di precauzione presuppone
- L’identificazione di effetti potenzialmente negativi derivanti da
un fenomeno, da un prodotto o da un procedimento;
- Una valutazione scientifica del rischio che, per l’insufficienza dei dati,
il
loro carattere non concludente o la loro imprecisione, non consente di
determinare con sufficiente certezza il rischio in questione.

L'identificazione di effetti potenzialmente negativi pone un obbligo ad
agire.
Una inconcludenza dei dati pone un obbligo a ricercare altri dati ma non un
obbligo ad agire
Condizioni così diverse non possono essere causa di uno stesso agire.

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Più volte il testo fa riferimento ad un elevato livello di protezione senza
altri riferimenti
Affermazioni di questo tipo sono prive di valore se non si definisce il
livello di protezione
desiderato, in questo caso elevato è un termine vuoto, non significa nulla,
ha solo un
valore retorico.

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perdonatemi se mi sono lasciato andare alle critiche, ma credo siano
giustificate.
cordiali saluti
giuseppe cattaneo

From: G.M. Borrello  <io2@m...>
Date: Mon Oct 16, 2000 2:50pm
Subject: Re: Principio di Precauzione

 

Vittorio Menesini wrote:

>In termini di aspetto legato all'innovazione,può essere un problema
>ottenere il consenso,ma è "solo" un problema di convinzione, o di
>convincimento, non altro:

Io credo invece che sia per l'appunto "altro" cioè che sia (si legga: "debba essere") non un problema di "ottenimento", ma di "rispetto" della posizione di chi non fa parte dell'élite degli innovatori, o comunque di imprescindibile presa d'atto dell'atteggiamento dei più. Un po' ingenua come posizione? Comunque, era in tal senso che mi riferivo al consenso, riassumendo la questione (per come la vedo io) nella domanda: «che cosa rispondere all'atteggiamento contrario 'della gente' rispetto a una determinata innovazione?». Quindi "consenso" inteso come fattore con cui (lo si voglia o no) chi fa innovazione deve oggi confrontarsi in modo diverso rispetto al passato.

>Veniamo a noi.
>O facciamo il gioco delle tre carte, cambiando il tavolo di confronto,
>o si discute su unn tavolo, o anche su più di uno, ma dicendolo ogni
>volta.
>E' un tavolo di analisi del Diritto ?
>E' un tavolo di sociologia del Diritto ?
>E' un tavolo politico ?

Sono riconoscente a Menesini per essere "stato al gioco" pronunciandosi su tutti e tre i piani.

>In termini di analisi del diritto, non credo che le contro-
>argomentazioni alle mie abbiano colto nel segno, anche perchè non ve ne
>sono state.

Vero. Un mio errore retorico. Non condividevo il giudizio drastico di Menesini in quanto fondato su argomentazioni appartenenti a un approccio che mi sembra inadeguato rispetto al *tenore* attuale del Principio di precauzione.

Con ciò intenderei dire che, non essendo (ancora) introiettato dagli ordinamenti giuridici, tale principio dovrebbe essere sottoposto a critica per quello che è: *soltanto* un vademecum per il legislatore. Certo, un vademecum vincolante, ma che lascia spazio a scelte discrezionali che non mi sembra siano state effettuate in termini giuridico-normativi all'interno dei singoli Stati (perlomeno non in Italia). Siccome però non mi sento pronto a fare questa affermazione con cognizione di causa, fingiamo che non l'abbia detto. Anche perché non escludo di pervenire a un'opinione diversa, se non opposta. Devo approfondire.

> Quanto al terrorismo di un Rifkin, posso solo dire che non conosce i
>problemi delle Assicurazioni: tutto è assicurabile, basta dirlo.

Tutti coloro con cui parlo di Rifkin sembra lo conoscano per cliché, oppure che gliene attribuiscano uno. Io di suo ho letto qualcosa, ed effettivamente devo dire che le sue posizioni mi sembrano piuttosto demagogiche. Ma, per ora, non mi sento di etichettarle, e proprio per questo motivo vorrei ascoltare le relative opinioni di chi ci legge.

Credo di poter parlare per tutti i lettori di questo forum ringraziando Menesini per la graditissima offerta di metterci a disposizione il suo materiale di docenza. Vorrei potergli promettere che lo leggeremo criticamente e che il dibattito sulla disciplina giuridica dell'innovazione nel campo nelle biotecnologie si aprirà ad altri partecipanti. Ne riparleremo.

Gian Maria Borrello

From: G.M. Borrello  <io2@m...>
Date: Thu Oct 19, 2000 5:03am
Subject: Principio di precauzione: la Comunicazione della Commissione europea

 

Ho riletto il documento della Commissione: ecco una mia impressione.

E' la Commissione stessa a indicare che il Principio di precauzione non è
definito, quindi direi: come si può farne un'analisi sul piano strettamente
giuridico confrontandolo con altri princìpi, come per esempio quelli
attinenti al campo della responsabilità per danni?

Dico questo solo per chiarire in che senso ritenevo inadeguato l'approccio
critico di Vittorio Menesini. Ma vorrei qui precisare che mi riferivo solo
a una porzione del suo esame, il quale a onor del vero va ben oltre questo
aspetto.

Ai giudizi di Menesini e Cattaneo, entrambi contrari (anche se il primo lo
è in un modo che definirei "senza appello") alla sostanza della posizione
espressa dalla Commissione, affiancherei il mio, che definirei come
"perplesso".

Il documento della Commissione è scritto in uno stile prolisso e involuto,
ma non vi è nulla di strano se lo si paragona a documenti che appartengono
alla medesmia categoria: quella cioè degli atti di indirizzo politico. Si
tratta di atti formali che derivano da un processo dialogico che riunisce
le posizioni dei diversi rappresentanti dei Paesi membri. Alla procedura
appartengono peraltro diverse consultazioni con quelle parti che
risulterebbero interessate dai futuri atti di indirizzo e poi da quelli
normativi: rappresentanti dell'industria, dei consumatori, ecc. Spesso sono
invitate a partecipare direttamente le grosse imprese, e sempre sono
sentite le associazioni che rappresentano le parti coinvolte e che svolgono
il ruolo (istituzionalizzato) di gruppi di pressione. E' quindi
assolutamente normale che i documenti che --come la Comunicazione in
questione-- appartengono alle fasi procedurali iniziali siano fortemente
improntati alla mediazione, e quindi che alla fine risultino "insipidi". In
realtà, però, nel dispiegarsi dell'iniziativa comunitaria hanno una loro
ben precisa funzione e non vanno presi alla leggera, perché integrano
sempre, nelle pieghe del discorso, posizioni che giungono a condizionare
futuri atti (questi sì) decisionali, anche a notevole distanza di tempo. In
breve, potremmo dire che hanno comunque un valore fondativo e non sono
privi di efficacia.

Nel nostro caso, la Comunicazione della Commissione trova la sua origine
nella Risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 13 aprile 1999, ove
veniva chiesto alla Commissione «di essere in futuro ancora più determinata
nel seguire il principio di precauzione preparando proposte legislative e
nelle altre attività nel settore della tutela dei consumatori, sviluppando
in via prioritaria orientamenti chiari ed efficaci per l’applicazione di
questo principio».

Bene o male, dunque, il documento della Commissione va letto come un atto
dovuto. Questo mi sembra importante sottolinearlo perché credo possa
mitigare l'atteggiamento refrattario che si può avere nei suoi confronti.

Premesso ciò vengo a una mia considerazione e, per ora, mi fermo.

La parte della Comunicazione che ho maggiormente apprezzato (con
moderazione) è quella iniziale, perché la trovo assolutamente utile per
comprendere che l'iniziativa comunitaria tenta di rispondere a un'esigenza
che tutti --sia pur da punti di vista differenti, se non opposti--
avvertiamo come attuale: la necessità di rendere controllabili, attraverso
una disciplina di genere procedurale, le decisioni politiche nel campo
delle biotecnologie. In altre parole, il sottrarre spazio alla
discrezionalità delle scelte.

Su questo punto gradirei ascoltare l'opinione di Menesini, che, da giurista
navigato, possiede un occhio secondo me alquanto cinico.

.
Gian Maria Borrello

From: vittoriome@l...  <vittoriome@l...>
Date: Thu Oct 19, 2000 1:10pm
Subject: Re: Principio di precauzione: la Comunicazione della Commissione europea

Ottime considerazioni sui problemi decisionali della
Commissione.....domani cercherò di formulare un'opinione motivata che
dia conto della mia preoccupazione circa gli effetti devastanti di
quello che sempre di più mi sembra possa assumere i contorni di un
principio di Prevaricazione.
Mi spiego meglio.La civiltà del diritto è nel senso di garanzie
obbiettive che si applicano senza la necessità di previlegi, o di
placet, o di autorizzazioni, o di concessioni da parte di nessuno.
Il passaggio nella tutela di un interesse dalla specie di semplice
interesse tutelato indirettamente, ad interesse protetto nella forma
del diritto soggettivo , è l'abc del diritto moderno...
Nel nostro caso, trattandosi di innovazione,che per essere protetta
sarebbe opportuno che venisse brevettata, è demagogia pensare di
sottoporla al controllo di qualche autorità. E tuttavia, comincia ad
accadere....o lo si vorrebbe fare.... Sul giornale di oggi ho letto una
notizia che è analoga - so di dire una cosa grossa....-al rogo nazista
dei libri scomodi : alle frontiere stanno per installare dei
marchingegni per rilevare gli OGM ....vietati: Ma siamo impazziti ???(
a parte che non funzioneranno....e si tratterà della solita sceneggiata
all'italienne !!)
Buona notte......e complimenti per il dibattito, che è sempre più
divertente.
Grazie
Vittorio Menesini

From: Guido  <guido.pas@t...>
Date: Sun Oct 22, 2000 12:07pm
Subject: Commento ad A. Amato

 

Intervengo per commentare il breve scritto di Andrea Amato recentemente comparso nel forum.

 

Limmane ridistribuzione dei poteri e la ridefinizione dei ruoli. Il ruolo cangiante e lincarico continuamente riassegnato possono essere buona cosa solo se si configurano come armonico ed organico tentativo di integrale sviluppo del singolo (che è poi il "mattone fondamentale"), e non come strumenti attraverso cui istituzionalizzare superficialità e vacuità. Inoltre, le vie intraprese non devono essere troppo numerose: si rischia una dispersività mascherata da pseudo  ricchezza (come ben dice A. Amato: "proliferazione delle differenze, cioè una diversificazione di comportamenti e di visioni di vita che, dal mio punto di vista, a tuttoggi resta ancora in bilico tra ricchezza e spinta disgregatrice").

Lesigenza di rivoluzionare i nostri tempi di lavoro per pervenire ad una riappropriazione dei nostri tempi di vita. Sembra una banalità e proprio perché lo è (in senso positivo: i luoghi comuni sono chiaramente certezze acquisite o errori disvelati) merita di essere rivestita retoricamente con termini blochiani: "Lagire umano, possiamo sostenerlo senza vergogna, tende, al suo meglio, al sogno ad occhi aperti della vita perfetta, al sogno del regnum humanum, allintuizione originaria delletà delloro (come fine assoluto), alla riappropriazione e realizzazione definitiva di quel qualcosa che appare a tutti nellinfanzia e dove nessuno è ancora mai stato: la vera patria (Heimat)". Si deve volere lutopia, e niente di meno.

I mezzi? Delle buone capacità manageriali ed organizzative; delle buone relazioni sindacali; la disponibilità alla collaborazione allinterno delléquipe, la ridefinizione di tutti i tempi di lavoro (in una società di massa, per di più fortemente differenziata, le soluzioni rigidamente centralistiche sono destinate a fallire).

Le conseguenze immediate? La società stessa verrebbe così chiamata allassunzione di una responsabilità nuova, quella dellaffermazione e del rispetto concreti della centralità dellindividuo (si tratterebbe di un potente recupero della dimensione personale in una società di massa [un ideale prettamente umanistico che non manca mai di ristorare gli animi di chi, come Kant, si alza in piedi quando compare sulla scena un uomo). Un ulteriore problema è questo: dove converrebbe situarci (sempre che ci si riesca) tra i due estremi della scala graduata delle società, e cioè la democrazia come buon padre pasticcione e la tirannia come cattivo patrigno, ma efficiente?

Ma: "Rispetto a questi fenomeni prevale ancora oggi in diverse sfere della società un atteggiamento di diffidenza, in quanto il cambiamento ripetuto viene visto come fattore di instabilità o di destabilizzazione (caratteri, invece, secondo me propri del cambiamento asservito alla pura gratuità)". Il punto è questo: bisognerebbe distinguere tra la costanza come valore borghese (meschinamente ipocrita e mascherante la paura della libera scelta) e la Costanza come superiore unitarietà delloperare nellindividuo e finanche nella società (prescindendo  altrimenti sarebbe tutto troppo facile  da ogni dialettica storica o teleologia o schematismo teologico).

Guido Pastorino

 

Gli interventi di:
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