Recensione di Luigi Foschini [ * ]
del libro di Massimiano Bucchi "Scienza e società"
(aggiornata il 4 maggio 2002 con l'Addendum)upda.gif (933 byte)

I rapporti tra sociologia e scienza sono sempre stati caratterizzati da un’accesa spigolosità e ancora oggi le due discipline faticano a trovare un comune terreno su cui costruire un dialogo. Massimiano Bucchi, nel suo libro Scienza e società, si cimenta nella non facile impresa. Bucchi imposta il suo percorso su base storica, tracciando le linee di sviluppo della sociologia della scienza a partire dai primi saggi di Robert K. Merton, per poi passare a Bloor, Latour, e tanti altri.

Vengono analizzati diversi casi di studio, da cui si estraggono modelli, visualizzati con metafore. Per esempio, l’effetto San Matteo, che trae origine dalle parole del Vangelo secondo Matteo, dove si dice "poiché a chi ha verrà dato, e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha". Questo "effetto" sta a indicare come la comunità scientifica sia caratterizzata da una forte disuguaglianza in termini di premi e risorse, in cui si tende a dare a chi ha già. Così lo scienziato già noto avrà sempre più finanziamenti per le sue ricerche, mentre il giovane, lo sconosciuto, faticherà anche solo a trovare il minimo per il proprio sostentamento personale. Andrebbe però sottolineato che, almeno in ambito scientifico, questo effetto San Matteo è più marcato nella nostra cara vecchia Europa, mentre negli Stati Uniti si tende a ascoltare chi ha qualcosa da dire, indipendentemente da chi lo dice. C’è almeno una possibilità per ciascuno. Ma anche questa non è una prova di come la società influisce sulla scienza, o meglio sullo sviluppo scientifico?

In un altro capitolo, Bucchi analizza lo strumento principale di comunicazione tra ricercatori, il cosiddetto paper (in italiano scientifico—goliardico "papero"), dimostrando come sia ormai molto lontano da una forma di comunicazione nel senso di discussione, ma si sia pietrificato in una forma di nuntio vobis. Il paper è ormai distante anni luce dall’effettivo lavoro di laboratorio e viene inteso appunto come uno strumento di annuncio alla comunità scientifica, piuttosto che di comunicazione vera e propria. Proprio questo aspetto ha forse portato alla degenerazione odierna della "scienza per comunicati stampa", che adotta la press release come strumento principale per scavalcare il processo di peer review nella corsa ai finanziamenti.

Un capitolo è dedicato alle cosiddette "Science wars", a quelle che potremmo chiamare incomprensioni tra scienza e sociologia, che trovano nella cosiddetta "beffa di Sokal" il punto di massimo antagonismo. Argutamente Bucchi mostra come i risultati più interessanti di questa beffa siano proprio opposti allo scopo che Sokal si prefiggeva (dare una "lezione" agli umanisti). Personalmente aggiungo che se si confronta il testo di Sokal e Bricmont sulle Imposture intellettuali con il Malleus maleficarum – il libro scritto da due frati domenicani in cui vengono spiegate le ragioni teoriche e le procedure da adottare nella caccia alle streghe – si possono osservare dei preoccupanti parallelismi. Si può solo sperare che siano veramente pochi i ricercatori che si riconoscono e approvano la bravata di Sokal e Bricmont.

Bucchi prosegue dedicando anche un capitolo alla sociologia della tecnologia e a un aspetto veramente sociale della scienza, cioè la comunicazione con il pubblico, detta – molto riduttivamente – divulgazione scientifica. L’ultimo capitolo è infine dedicato al tentativo di immaginare una nuova scienza per il prossimo futuro. Le prospettive non sono certo entusiasmanti se si pensa al Progetto Genoma e a tutto ciò che vi ruota intorno.

Da un punto di vista globale, si può dire che Bucchi sia abilmente riuscito a porre in risalto come la sociologia della scienza non cerchi di minare le basi di verità dei risultati raggiunti dalla scienza (si pensi alla querelle sul relativismo culturale). Il volume può quindi essere un ottimo "primo approccio" alla materia da parte di uno scienziato che voglia cercare di capire le dinamiche sociali in cui si muove la sua attività, senza per questo vederla svilita.

D’altro canto, spicca la mancanza di una minima discussione su uno dei meccanismi principali attraverso cui la società influisce – nel bene e nel male – sull’attività del ricercatore: l’inconscio freudiano. Se, infatti, il ricercatore può riuscire a tenere sotto controllo eventuali pregiudizi di cui è cosciente, lo stesso non può dirsi per ciò che sfugge alla sua coscienza, ma che nel contempo deborda in essa, qualcosa che si costruisce e modella giorno per giorno in base anche alle relazioni con la società. Sul ruolo dell’inconscio nella scoperta scientifica è esemplare la testimonianza di Enrico Fermi, raccolta da Subrahmanyan Chandrasekhar – noto astrofisico indiano e premio Nobel per lo sviluppo della teoria matematica dei buchi neri – sulla scoperta dell’effetto dei neutroni lenti sulla radioattività indotta: "Stavamo lavorando sodo sulla radioattività indotta dai neutroni e i risultati che ottenevamo non avevano senso. Un giorno, arrivando al laboratorio, mi venne in mente di esaminare l’effetto del porre un pezzo di piombo davanti ai neutroni incidenti. Contrariamente a quanto facevo di solito, curai molto la preparazione del pezzo. Ero chiaramente insoddisfatto di qualcosa: cercavo qualunque "scusa" pur di postporre il piazzamento del pezzo di piombo. Quando finalmente, con molta riluttanza, stavo per porre al suo posto il pezzo, mi dissi: "No! Non voglio questo pezzo di piombo; quello che voglio è un pezzo di paraffina." Fu proprio così: senza alcun preavviso, senza alcun conscio, precedente, ragionamento. Presi immediatamente il primo pezzo di paraffina che trovai e lo misi al posto dove avrebbe dovuto stare il piombo."

 Addendum
(4 maggio 2002) 

Da: Gian Maria Borrello
A: Luigi Foschini
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«La paraffina... ok, va bene così, ma --mi scusi-- giuro che non riesco a capire quale sia stata l'idea, la spinta inconscia che ha spinto Fermi a prendere proprio la paraffina, cioè perché fosse poi così contrario al piombo e invece così attratto dalla paraffina. Me lo può chiarire. E' possibile avere una spiegazione "for dummies"?»

Da: Luigi Foschini
A: Gian Maria Borrello
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«La spiegazione non c'e', neanche Fermi sa spiegare, come dice la sua testimonianza, cosa gli e' saltato in mente. Non di meno la cosa e' importante - almeno per me - e magari uno studio in questo contesto potrebbe portare a capire molte cose sul processo di scoperta scientifica e il suo rapporto con la societa' in cui lo scienziato vive»

In questo caso, l’inconscio ha aiutato Fermi – come egli stesso ammette – a scoprire la strada giusta per il suo esperimento, ma quante altre volte è invece accaduto il contrario? Come questo approccio si estende al ricercatore "medio"? Tutte queste sono domande a cui la sociologia della scienza potrebbe dare interessanti risposte.

(3 maggio 2002)

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[*] Luigi Foschini svolge attività di ricerca presso l'Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica del CNR, Sezione di Bologna (ex TeSRE), nel campo dell'astrofisica alle alte energie
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