Il Sole 24 Ore, domenica, 1 aprile 2001

Ma no ai divieti ideologici

di Silvio Garattini
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Saracci e Vineis [Ndr: * ] pongono una serie di garbate domande ai ricercatori italiani che come me hanno firmato l'appello a sostegno della ricerca scientìfica e della sua libertà. Occorre precisare a questo proposito che l'appello non chiedeva una libertà incondizionata, ma la liberazione da preconcette proibizioni ideologiche. In altre parole si riteneva inaccettabile una proibizione che a priori bloccava i fondi per ogni ricerca riguardante gli Ogm così come era inaccettabile, qualche mese prima, la interdizione dell'uso per finalità di ricerca terapeutica di cellule staminalí embrionali provenienti da embrioni soprannumerari per cui addirittura la distruzione è considerata lecita. È invece assolutamente accettabile una posizione che anziché proibire qualsiasi ricerca consideri la necessità di avere un'authority o un comitato etico che vagli le richieste e conceda permessi sulla base di giustificate utilità per il progresso delle conoscenze o per l'interesse della società o per il benessere degli ammalati. Occorre anche ricordare che in molte ricerche, soprattutto quelle che esplorano le frontiere delle conoscenze è molto difficile prevedere cosa si troverà; spesso accade che una ricerca dia lumi per risolvere un problema completamente diverso da ciò che ci si proponeva di ottenere.

Fatta questa premessa credo che non vi siano sostanziali divergenze con quanto, espresso da Saracci e Vineis. Su molti punti non si può che concordare salvo alcuni aspetti particolari. Una frase dì Rita Levi-Montalcini, avulsa dal suo contesto, è difficilmente interpretabile e non consente speculazioni. Similmente mi sembra che non si debbano «consultare gli esperti di problemi sociali prima di iniziate una ricerca anche del Terzo Mondo», perché nessuno pensa che gli Ogm rappresentino la soluzione di problemi complessi. Tuttavia sembra ovvio che la possibilità di sviluppare piante transgeniche che possano produrre frutti in terreni aridi o in terreni con alta salinità o produrre piante che non richiedano l'uso di pesticidi non può che rappresentare un vantaggio. Gli investimenti che la Cina sta effettuando in questo settore sono indicativi dell'interesse che i Paesi in via di sviluppo hanno nei confronti di tecnologie che possono aumentare la produttività dell'agricoltura. È vero che il problema dei brevetti rappresenta un ostacolo alla diffusione delle sementi geneticamente modificate, ma è altrettanto vero che se aumentassero le risorse per le ricerche indipendenti anche nel nostro Paese si potrebbero mettere a disposizione dei Paesi più poveri i brevetti ottenuti.

Bisogna evitare di demonizzare in toto gli Ogm perché un'occhiata alla storia dovrebbe ricordare la "persecuzione" subita da chi aveva importato in Europa patate, pomodori e melanzane. I ricercatori sono certamente carenti nel confronto con il mondo esterno, ma bisogna ammettere che questo dialogo è reso assai difficile dallo scarso rilievo che ha la scienza nella nostra scuola e dalla tendenza dei mass media a spettacolarizzare anziché informare. La possibilità di «riprodurre la natura» richiede certamente tutta la necessaria saggezza per mantenere in equilibrio dinamico l'ardimento del pioniere e la paura dell'ignorante.

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[ * ] Rodolfo Saracci e Paolo Vineis, "Ogm, libertà e responsabilità", Il Sole 24 ore, 1 aprile 2001

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