Rassegna stampa del sito della Fondazione Bassetti  

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 Videogiochi e il nuovo simbionte "uomo-console"

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L' "uomo game" di cui parla Anna Masera ("Homo sapiens e homo game", La Stampa, 23 aprile) nella recensione a "Videogiochi e cultura della simulazione" --sottotitolo: "La nascita dell'homo game"-- (Laterza) di Gianfranco Pecchinenda, docente di Sociologia della Comunicazione all'Università di Salerno, a parte una certa assonanza semantica, non è una qualche variante tecnologica dell' "homo ludens" di Johan Huizinga.
Mentre per il filosofo olandese il gioco e la competizione sono fra i dati distintivi della socialità dell'uomo, per l' "uomo game" di Pecchinenda:
«Il mondo in cui si immerge è sempre più quello delle realtà virtuali da lui stesso create»

L' "uomo game", perciò, più che una variante del "ludens" è una sorta di simbionte (vedi in FGB pag. 8 Argomenti) tra uomo e console della playstation.
«L'«Homo game» descritto da Pecchinenda si identifica nella metafora della Playstation: la console di videogiochi è la rappresentazione dell'essere umano contemporaneo, che ha un'immagine di sé che può essere metaforicamente rappresentata da un videogame».





martedì, aprile 29, 2003  

 Polmonite atipica e responsabilità: Galimberti, Tognotti e Boncinelli

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«Non abbiamo dominato la natura come la nostra onnipotenza tecnica ci fa credere. La natura l'abbiamo usata, anzi usurata, ma non domata». Così scrive Umberto Galimberti su La Repubblica del 18 aprile "Il terrore del contagio".
In questo articolo Galimberti si distacca dalla tesi di "Pische e techne" (cfr. in FGB la pagina Galimberti Umberto), per porre il problema della tecnica nella chiave di una nuova comprensione etica:
«Perché le etiche che finora abbiamo concepito regolano solo i rapporti tra gli uomini, ma non si fanno carico degli enti di natura come l'aria, l'acqua, la flora, la fauna, che tutte le etiche finora formulate concepiscono come mezzi al servizio dell'uomo, quando ormai sono diventati fini da salvaguardare, espressioni della natura da tutelare e da proteggere».

Una comprensione etica che sappia richiamare la responsabilità di fronte all'imprevedibilità dell'innovazione tecnica:
«Acclimatati alla potenza della tecnica (medica) retrocediamo a quel primitivismo che è il trovarsi senza difese di fronte all'imprevedibile. Dove l'imprevedibilità non è più dovuta all'ignoranza degli uomini, ma alla loro incuria della natura, accompagnata dalla persuasione di averla in ogni suo aspetto dominata».

Alla responsabilità verso le conseguenze globali richiama Eugenia Tognotti su La Stama del 25 aprile "Virus globale":
«La vulnerabilità di tutti i paesi del mondo che la famigerata "polmonite atipica" sta disvelando con tanta spietata evidenza, propone un «principio della responsabilità» che non può essere «locale», limitato nello spazio e nel tempo, ma ampliato fino a comprendere una capacità «globale» di previsione e di prevenzione, capace di eliminare dal nostro futuro lo spettro di emergenze sanitarie come quella che stiamo vivendo».

Anche Edoardo Boncinelli, su Il Corriere della Sera del 26 aprile "La vita è anche questa", nella vicenda della "polmonite atipica" coglie l'aspetto di un processo evoluzionistico in cui il confine fra "naturale" e "culturale" si fa sempre più indistinto:
«L'Aids, la «mucca pazza» e ora la Sars ci ricordano che siamo organismi viventi fra gli organismi viventi. [....]
Ogni organismo, dal più grande al più piccolo, si agita e si trasforma per guadagnare e per mantenere il suo posto al sole, naturalmente e inconsapevolmente. Osservato su tempi lunghi questo formicolio si compone in un quadro armonico, caratterizzato da un sostanziale livello di convivenza. C'è posto per tutti e alla lunga il tutto compone un puzzle smussato e quasi armonioso. In questo puzzle in passato figurava anche l'uomo, predatore e preda, sfruttatore e sfruttato, sullo stesso piano di tutti gli altri viventi. Il gioco non ci è piaciuto del tutto e ci siamo parzialmente svincolati da alcune dipendenze e sudditanze. Siamo sempre più spesso predatori e sempre meno spesso prede, ma questo non significa che il quadro di riferimento generale sia cambiato e non è detto che se cambiasse troppo noi stessi potremmo sopravvivere.
Un aspetto ineliminabile di questo quadro è che di tanto in tanto il miracoloso equilibrio mostra una qualche falla, un anello che non tiene».

Boncinelli però si pone anche nell'ottica positiva di una ricerca scientifica che deve restare sempre attenta alla prevenzione dei problemi indotti da nuove forme evoluzionistiche:
«Nessun pericolo giustifica l'abbandono dei presidi della civiltà, né l'abbandonarsi al «tanto peggio, tanto meglio»: c'è sempre un domani. E c'è sempre un dopodomani. Altri virus, altri batteri e altri morbi verranno a trovarci, anche transitoriamente».



domenica, aprile 27, 2003  

 Severino, l'Islam e il dominio della tecnica

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Emanuele Severino è senz'altro uno dei maggiori epigoni di Heidegger critico della società tecnologica. In una intervista a Paolo Ferrandi, sulla Gazzetta di Parma del 18 aprile, "Lontano ma vicino", il filosofo di Brescia analizza, alla luce dei recenti avvenimenti iracheni, i rapporti fra tecnica e capitalismo.
«Indubbiamente la guerra contro l'Iraq è un aspetto della conflittualità economica. [...] E' la tecnica ad assicurare quella sopravvivenza che il capitalismo ritiene di dover esso stesso assicurare. Si sta andando da uno stato da cui il capitalismo crede di essere il difensore della normalità sociale e in cui si presenta come lo scopo fondamentale della società ad uno stato in cui le forme primarie della volontà di potenza tendono a servirsi esse stesse del capitalismo. Così il capitalismo diventa un mezzo invece di perpetuarsi come scopo, anzi lo scopo per eccellenza della società. Le forme determinanti tendono a servirsi esse stesse del capitalismo che non è più uno scopo, ma solo un mezzo».

Dalla constatazione, inoltre, delle comuni origini razionalistiche della cultura cristiano-occidentale (San Tommaso) e di quella islamica (Avicenna), Severino giunge alla conclusione che il fondamentalismo non è che una una fase di transizione verso una società dominata dalla tecnica:
«Dopo un periodo in cui sembrerà che le istanze di tipo fondamentalistico abbiano la prevalenza, accadrà che queste istanze verranno subordinate alla dominazione dalla tecnica. Naturalmente quando parliamo di tecnica non dobbiamo intenderla in senso ingenuo, ma come alleanza tra pensiero tecnologico e filosofia contemporanea».


lunedì, aprile 21, 2003  

 Marcello Cini e la manipolazione della vita

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Un fattore non secondario che ha alimentato l'attenzione (se non la diffidenza) dell'opinione pubblica verso i prodotti della scienza vi è, senza dubbio, come scrive Marcello Cini su Il Manifesto del 9 aprile "Se i geni sono ridotti a merce":
«Una cosa è infatti manipolare, controllare, forgiare un oggetto fatto di materia inerte e altra cosa è compiere le stesse operazioni su un organismo vivente o addirittura sull'uomo».

Poichè nel secondo caso i fatti della scienza si caricano di valori, Cini pone il problema del rapporto fra conoscenza ed etica, e questo «comporta l'introduzione di criteri di equità e di giustizia nei giudizi di "verità"».
Da questi presupposti il saggio di Cini affronta alcune questioni:
«Le scelte di oggi avranno conseguenze rilevanti, non tutte positive né facilmente prevedibili sulla vita degli uomini e delle donne di domani.»

«Chi sono i soggetti sociali chiamati in causa e quali sono i compiti ad essi richiesti nel farsi carico della categoria etica responsabilità?».

«L'introduzione, ormai accolta da una serie di documenti ufficiali e da norme dell'Unione Europea (gli Stati Uniti si differenziano anche su questa come su molte altre questioni) del principio di precauzione».

«Occorre per prima cosa riconoscere la differenza profonda esistente fra ricerca privata e ricerca pubblica e dunque fra i dipendenti (o i consulenti) di imprese private legati al segreto industriale e gli operatori degli enti pubblici di ricerca che dovrebbero rispondere dei loro programmi alla collettività che li finanzia, o per lo meno concordare con i suoi rappresentanti le scale di priorità da rispettare».

Infine vengono analizzate le tesi espresse da Habermas in "ll futuro della natura umana. I rischi di una genetica liberale".
«La sua convinzione, tuttavia - e siamo in molti a condividerla - è che "senza l'emozione dei sentimenti morali di obbligazione e colpa, rimprovero e perdono, senza la libertà del rispetto morale, senza la felicità dell'aiuto solidale e lo sconforto del fallimento morale, senza la 'gentilezza' di un procedimento incivilito nel trattamento di conflitti e contrasti, noi dovremmo sentire come insopportabile questo universo abitato dagli uomini".»

Sul libro di Habermas confronta in FGB Habermas e "Il futuro della natura umana: i rischi di una genetica liberale"


giovedì, aprile 10, 2003  

 Galimberti: l'uomo nell'età della tecnica

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Su L'Arena del 23 marzo è stata pubblicata una intervista di Maria Teresa Ferrari a Umberto Galimberti "Galimberti: l'uomo nell'età della tecnica". L'intervista tocca diversi aspetti del pensiero di Galimberti: dal suo credo filosofico alle sue riflessioni sulla riforma della scuola.
La parte centrale dell'intervista affronta, però, la questione della tecnica e del suo rapporto con l'uomo.
«L'età della tecnica, quella in cui viviamo, non è un'età che si aggiunge alle altre ma fa una cesura, perché soggetto della storia è la tecnica e l'uomo è un funzionario. [...] Si è passati dall'agire al puro e semplice fare. Tu sei esonerato dalla conoscenza dello scopo, non ti riguarda, non è necessario che tu lo sappia e se lo sai non è interessante, non ne sei responsabile, perché ti muovi all'interno di un apparato i cui fini non sono di tua competenza. [....] Nell'età della tecnica noi siamo funzionari degli scopi dell'apparato che non sono di nostra competenza».

[L'occasione più recente in cui, nel sito della FGB, ci siamo occupati del pensiero di Umberto Galimberti è stata in gennaio, a pagina 7 degli Argomenti -- 9 aprile 2003, G.M. Borrello]


martedì, aprile 08, 2003  

 La scienza che genera "insicurezza"

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«Una innovazione funziona in un particolare sistema, difficilmente o non sempre ha una sua vita e una sua penetrazione autonoma in un altro, il che implica la necessità di adattare le innovazioni alla cultura che ne usufruisce o di potenziare le capacità e le culture locali anziché stravolgerle attraverso innovazioni che possono dissestare un sistema culturale troppo diverso».

Con questa proposizione termina l'articolo di Alberto Oliverio su Il Messaggero del 23 marzo "Questa scienza "onnipotente" che crea anche insicurezza".
Al centro della riflessione di Oliverio vi è che:
«L'ottica con cui bisogna considerare i sistemi complessi non coincide con la somma delle loro parti e che man mano che aumenta il livello di controllo esercitato da scienza e tecnologia aumenta anche il livello di incertezza e di rischio potenziale. [...] La nostra conoscenza di un sistema naturale è imperfetta e che i sistemi complessi ... non sono né completamente conoscibili né prevedibili con i tradizionali strumenti di analisi. [....] Molte azioni umane hanno conseguenze imprevedibili sulla natura. [....] Sarebbero perciò le conseguenze involontarie delle azioni volontarie, cioè le ricadute impreviste del controllo tecnologico, a limitare la validità dell'approccio scientifico «oltre un certo livello», anche se è tutt'altro che facile stabilire quale sia il livello oltre il quale il controllo comporta rischi e ricadute conseguenze negative. Ad esempio, una medicina che salva la vita di un malato ha anche effetti negativi, legati alla sua tossicità o ad altri effetti secondari, a breve o a lunga durata: come stabilire quali sono i limiti del suo impiego?».

Nato a Catania nel 1938, Alberto Oliverio è docente di Psicobiologia presso la facoltà di Scienze Biologiche dell'Università La Sapienza di Roma (Dipartimento di Biologia genetica e molecolare "Charles Darwin") e Direttore dell'Istituto di Psicobiologia e Psicofarmacologia del Cnr di Roma.
Dopo essersi laureato, nel 1962 ha iniziato ha occuparsi di biologia del comportamento ed è stato impegnato in numerosi studi di ricerca nazionali ed internazionale. Ha lavorato presso il Kavolinska Institute di Stoccolma dal 1964 al 1965 e presso l'UCCLA School of Medicine and Brian Research Insititute di Los Angeles dal 1965 al 1967.
In quegli stessi anni ha fatto ricerca presso l'Università di Sassari e poco dopo è stato ospitato, in qualità di visiting scientist, presso l'Università del Visconsis. Nel 1971 è stato Direttore di ricerca presso l'Istituto di Psicobiologia e Psicofarmacologia CnR di Roma.
Nel 1973 ha ottenuto la docenza in Psicologia animale, presso la facoltà di Psicologia dell'Università di Roma, come Professore associato. Fa parte del comitato editoriale di numerose riviste scientifiche e collabora al "Corriere della Sera" ed al "Messaggero". E' autore di circa trecento pubblicazioni scientifiche e numerosi saggi sia didattici che divulgativi.



sabato, aprile 05, 2003  

 Scelte della scienza e scelte della società

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(Rassegna stampa sull'incontro a Roma con Enzensberger il 7 marzo scorso, organizzato dalla rivista Reset e dal Goethe Institut)

L'uso, e l'abuso, del termine bioetica nella cronaca quotidiana ci ha quasi fatto dimenticare che la bioetica è la realizzazione di un progetto culturale in cui diverse discipline di derivazione umanistica, la filosofia, l'etica, la religione, la politica si confrontano con quelle scoperte delle scienze della vita che più mettono in discussione modi di pensiero e di vita consolidati.
Dobbiamo perciò essere grati alla rivista Reset e al Goethe Institut per aver promosso il 7 marzo un convegno, significativamente intitolato "L'umanità di fronte alle promesse delle biotecnologie. Le scelte della scienza e della società tra speranze, utopie e rischi". Il convegno, attraverso la partecipazione di relatori di diversa estrazione culturale e disciplinare (dai bioeticisti Giovanni Berlinguer e Francesco d'Agostino al saggista e poeta Hans Magnus Enzensberger, dal cardinale Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca, e dal neurobiologo Edoardo Boncinelli, fino al vicepresidente della Convenzione europea, Giuliano Amato), ha dibattuto, a partire dai progressi della genetica e delle biotecnologie, sul senso della vita e sul futuro di un'umanità che ha scoperto il segreto della vita ed è in grado di riprodurlo.
Su Il Foglio del 13 marzo, a cura di Marina Valensise è stato pubblicato, con il titolo, forse non del tutto appropriato, "Bioetica, ma senza dogmi" un ampio resoconto del convegno.
Rimandando, per il sunto o dei singoli interventi, all'articolo citato, in questa presentazione si vuole sottolineare quegli aspetti del convegno che più di altri hanno affrontato il tema della ricerca scientifica e delle sue connessioni con il futuro dell'uomo.
«Oggi - ha detto Enzensberger non esistono più governi democratici che professano la rigenerazione dell'uomo, come succedeva nei regimi totalitari del XX secolo. Quest'energia millenaria è passata dall'utopia politica alla scienza della natura. Con la differenza che il progresso della scienza è inarrestabile, oltreché incontrollabile, e l'umanità si trova oggi a doverlo seguire pedissequamente».

Meno apocalittica la posizione di Giuliano Amato:
«Se oggi il legame tra scienza e futuro è più saldo è soltanto per effetto dello stesso progresso scientifico che amplifica il nostro bisogno di certezze, spingendoci continuamente a ridurre l'ignoto attorno a noi».

Per Francesco D'Agostino:
«E' la stessa scienza a essere preoccupante, quando identifica ciò che funziona con ciò che è bene per l'uomo e rappresenta una spinosa questione di natura antropologica nella riflessione del teologo».


Su "Il mattino" del 3 marzo Corrado Ocone intervista Edoardo Boncinelli sulla sua partecipazione al convegno, "Boncinelli: lasciateci lavorare". Boncinelli, parte dal presupposto che:
«La situazione odierna non permette affatto cose tipo la clonazione umana, nonostante che il dibattito in corso sui mass media faccia pensare che sia possibile. È solo possibile curare alcune malattie ereditarie ed effettuare qualche trapianto utilizzando cellule staminali: ad esempio quelli della pelle e della cornea. Tra dieci anni l'ambito dei trapianti probabilmente aumenterà, anche se, come diceva con una freddura il fisico Niels Bohr, la previsione è sempre difficile quando riguarda il futuro!».

In conseguenza di questo presupposto, si contrappone decisamente al catastrofismo alla Enzensberger:
«È un dibattito confuso e superficiale, in cui si parla a vanvera e si ragiona su problemi che non si conoscono. E poi c'è il fatto che in Italia, ma ahimè anche sempre più nel mondo intero, le questioni serie diventano questioni di tifo sportivo: o di qua o di là, o per la Roma o per la Lazio».


Sul sito di Caffè Europa è poi possibile leggere una intervista del direttore di Reset, Giancarlo Bosetti a H. M. Enzensberger "Enzensberger accusa: Golpisti in laboratorio" e un articolo di Corrado Ocone "Boncinelli, Lehmann e Amato rispondono".
Al centro del pensiero di Enzensberger vi è la necessità di uscire dallo "specialismo" e di "pensare generale", per affermare le ragioni non di un singolo gruppo, ma del potere democratico:
«Certe scienze giovani sono troppo euforiche e pericolose per essere lasciate agli scienziati. [...] la scienza si offre come alternativa, capace di risolvere i problemi, soprattutto una parte della scienza: la biologia, le biotecnologie, la scienza dei computer, l'intelligenza artificiale. Hanno soluzioni per tutto: eliminazione di malattie, longevità, magari anche l'immortalità. Le nanotecnologie promettono anche di risolvere tutti i problemi ecologici. [...] In un sistema politico come il nostro ci sono Parlamenti, governi, leggi e un metodo che deve essere rispettato. In Germania da cinque anni c'è un enorme dibattito sulla cellule staminali e sull'uso degli embrioni, e ci sono ricercatori importanti, non ciarlatani né pazzi, che hanno detto che di fronte a un no, si sarebbero trasferiti in altri paesi dove questo tipo di ricerca fosse possibile».

A sua volta l'articolo di Ocone, dopo un ampio resoconto della relazione di Enzensberger, riporta un breve sunto degli interventi degli altri relatori.


venerdì, aprile 04, 2003  
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