Marina Corradi, Avvenire, 15 febbraio 2002
Esperimenti & democrazia
I progressi della ricerca scientifica e i rischi della tecnocrazia, parlano gli esperti

Ogni giorno le cronache annunciano una nuova pecora clonata, o un'ardita gravidanza "assistita" nei cui dettagli complicati il lettore si perde.

La genetica va individuando i codici segreti che indicano a quali malattie ognuno di noi è soggetto. Mangiamo cibi transgenici, con una sorta di diffusa diffidenza: saranno davvero innocui, i pomodori e i piselli "migliorati" dall'uomo? Chi ce lo garantisce? E possiamo fidarci davvero della scienza? O siamo nelle mani di un gruppo di eletti, di tecnocrati delle multinazionali, che molto più dei governi nazionali decidono del nostro vivere?

Perchè di questi tempi si ha la sensazione che la ricerca scientifica vada a una velocità tale, da sopravanzare inevitabilmente la politica. La scienza sa già fare un mucchio di cose, anche inquietanti, e le legislazioni nazionali arrancano ancora nel chiedersi se è lecito, e arrivano quasi sempre in ritardo. È possibile, viste queste due velocità, che la comunità scientifica o una parte di essa finisca col fare le sue scelte da sola, senza attendere più la politica, senza la legittimazione cioè che viene dall'assenso di chi è stato eletto dai cittadini?

Tecnocrazia, è l'oggetto dell'ultimo numero della rivista Keiron, che Avvenire riprende in questo forum. Ne discutono il rettore dell'Università Lateranense monsignor Rino Fisichella, il genetista Edoardo Boncinelli, il preside della Pontificia Accademia delle scienze Nicola Cabibbo, e Ivan Cavicchi, direttore generale di Farmindustria.

 

Professor Boncinelli, lei è un genetista di fama internazionale. Se esistono degli eletti che ci governano, lei dovrebbe essere uno di loro. È possibile, le chiediamo, che la scienza disarcioni la politica in questo terzo millennio, che le vere scelte sulla nostra vita vengano prese nei laboratori, e non nelle aule dei parlamenti?

BONCINELLI: "Questo scavalcamento, nel passato, non è mai accaduto. Posso tentare di fare una proiezione sul futuro. Ugualmente non vedo come sia possibile questo sorpasso della scienza sulla politica. Perché accadesse, occorrerebbe che la ricerca scientifica fosse in mano a pochissime persone, e si contentasse di mezzi economici non spropositati; e che con questi mezzi fosse in grado di produrre risultati di rilievo nell'impatto sociale. Ma queste condizioni non ci sono: la ricerca scientifica va avanti grazie all'apporto di un numero amplissimo di persone, e ha bisogno di risorse economiche cospicue. Non può, la ricerca, fare a meno della cinghia di trasmissione della società, cioè dell'economia, e del profitto. So che alcuni filosofi sono di parere contrario, e dicono che l'avvento di una scienza "dominante" è prossimo. Io, da ricercatore, non sono d'accordo".

CABIBBO: "Anche a me l'ipotesi sembra non realistica. La scienza che scavalca la politica? Ma il potere non si lascia scavalcare facilmente; il potere si detiene, si conquista, difficilmente si delega. Non vorrei che questa idea della tecnocrazia dominante fosse un velo adoperato proprio da chi ha il potere, per trovare un capro espiatorio, per giustificare scelte impopolari. Vero è, invece, che siamo in un momento di transizione, circa la detenzione della conoscenza tecnica e scientifica. In passato, i poteri costituiti hanno sempre tenuto ben strette le tecniche che servivano alla loro espansione e consolidamento. Pensiamo alla tecnologia di costruzione dei castelli normanni, che fortificò e difese quella civiltà per secoli. Tutte le tecnologie necessarie alla conservazione del territorio, quelle della costruzione delle strade, quelle della regolamentazione delle acque, erano saldamente nelle mani del potere politico, in passato. La transizione è che oggi queste conoscenze sono spesso affidate a multinazionali, centri di potere delocalizzati e sovrastatali, in mano a azionisti privati. Se esiste questo mutamento, bisogna dire però che la politica sta molto attenta a mantenere il controllo. Lo scienziato non allineato con la scelta politica dominante viene emarginato. Come accadde al presidente del Cnen, Felice \Ippolito\, quando cercò di sostenere la scelta nucleare".

FISICHELLA: "Vorrei ricordare che "tecnocrazia" non è un termine recente. Se ne cominciò a parlare negli anni Venti, e si continuò a parlarne. Un filosofo come \Heidegger\, dieci anni prima di morire, concesse a Der Spiegel un'intervista dietro la promessa di pubblicarla dopo la sua morte. All'intervistatore che gli elencava le meraviglie del progresso, e come tutto, dalle centrali elettriche alle missioni spaziali, dimostrasse di funzionare egregiamente, Heidegger rispose: "È proprio questo che mi preoccupa: che funziona tutto. La cosa che personalmente più mi spaventa è che l'uomo sia riuscito a andare sulla Luna: mi è sembrato uno sradicamento dell'uomo da sè stesso". Questa di Heidegger è una delle interpretazioni del termine"tecnocrazia", che però oggi si è esteso nel suo significato; oggi è un potere con diverse teste, che sfrutta comunque delle conoscenze elitarie per il proprio interesse".

 

Anche lei è convinto che la subornazione del potere politico da parte di una scienza più veloce sia inimmaginabile?

FISICHELLA: "Io credo che il rischio concreto di questa ipotesi non esista. Ma ho il sospetto che la scienza viva la tentazione di essere essa stesso elemento di potere, non suddita di nessuno. Sì, ci potrebbe essere questa tentazione, in presenza di un vuoto della politica, di non accorgersi della necessità di un intervento politico nei settori in cui la ricerca scientifica avanza più rapidamente".

 

Connessioni

right.gif (841 byte) Frankenstein (in "11 creature", di Tommaso Correale Santacroce)

A livello di sentire popolare, esiste tuttavia una sorta di diffuso rifiuto istintivo di fronte alla modificazione genetica della natura, o a certe pratiche di fecondazione artificiale, per non dire di clonazione. Un rifiuto istintivo che i più laici degli osservatori giudicano come un misto di oscurantismo e di ignoranza, quasi un'eco inconsapevole del moderno mito di Frankenstein. L'incubo di una scienza troppo ambiziosa che perde il controllo dei suoi esperimenti, e si perde. Monsignor Fisichella, ma questo "sentire", questa diffidenza, è solo ignoranza od oscurantismo?

FISICHELLA: "Io direi che c'è un sentire del popolo che non può non toccare l'intellettuale. Occorre essere capaci di ascoltare questo sentire, che è erede della nostra tradizione occidentale: memoria del rispetto fondamentale per ogni creatura, che a sua volta riconduce alla sacralità del creato. Ora, noi siamo in un momento di cambiamento epocale, in cui anche lo stesso significato del termine "natura" è in discussione. Natura è la natura immutabile della filosofia greca, o qualcosa di dinamico, nel cui ambito tutto è modificabile? In ogni caso il sentire del popolo ci deve dare l'opportunità di non pensare a un futuro senza confini in virtù delle nuove conoscenze, ma a un futuro carico invece del passato, frutto di un cammino che sia umano".

CAVICCHI: "Vorrei tornare sull'ipotesi dell'avvento di una tecnocrazia. Se decliniamo questa espressione più come sfruttamento di sapienze puramente tecniche che scientifiche, io trovo che nell'ambito della medicina e della sanità un simile dominio "tecnocratico" sia già la realtà. La tendenza nel settore sanitario, oggi, sta nel delegare a tecnici scelte che dovrebbero essere politiche. I drg (diagnostic related groups, il budget definito nella sanità pubblica per ogni tipo di patologia, ndr), le linee guida per i ricoveri, altro non sono che modelli di un sapere tecnico che viene imposto alla sanità. L'amministrazione della sanità è la subordinazione del diritto alla salute al limite dei costi previsti dalla Asl. In Italia abbiamo una sanità bilanciofrenica. È il dominio di saperi procedurali da parte di tecnocrati che dicono ai medici: per curare devi usare questo, questo e questo per un tempo determinato. Mentre il medico di famiglia integra sempre la teoria con la pratica, la sanità oggi sembra idolatrare i dati statistici, il puro sapere tecnico. I tecnocrati amministrano il malato, e scelgono sostituendosi alla politica".

 

 Come si è arrivati a questo scavalcamento?

CAVICCHI: "La riforma sanitaria in Italia è nata nell'ottica del nessun limite alle prestazioni. Poi la necessità di limitazione delle risorse economiche ha portato alla delega dei poteri ai tecnici, coloro che "sanno" come risparmiare. Di fatto, è stato una cessione di poteri da parte della politica. Personalmente, vedo una soluzione forse solo nel federalismo, inteso come una redistribuzione del potere fra tecnocrazia e società".

CABIBBO: "Scusi, ma non riesco a vedere questo potere dei tecnici come un problema. I tecnici sono scelti dalla politica: se non vanno bene, non li si può rimuovere? Io non vedo in Italia questa minaccia di una classe di tecnocrati agguerriti. Mi sembra che il guaio sia anzi che mancano tecnici esperti. Pensiamo solo all'Enav, che sembrava essere il massimo delle conoscenze circa il controllo dei voli, e si è rivelato quel che sappiamo...".

CAVICCHI: "Mi spiego meglio. Ci sono argomenti che sono, io credo, di competenza esclusiva della politica. Per esempio la determinazione del livello minimo di assistenza sanitaria cui il cittadino ha diritto. Questa è una scelta eminentemente politica, che non può essere delegata ai tecnici, e invece spesso lo è".

 

L'Occidente procede verso un invecchiamento di massa. In questa prospettiva, si profila la necessità di una razionalizzazione delle risorse sanitarie. Cioè presto bisognerà decidere chi ha diritto a che cosa, e non sarà una scelta indolore, ma comunque certamente di competenza politica. È così?

CAVICCHI: "Sì. Qui posso rivelare, per esempio, che entro due o tre anni saranno sul mercato dei farmaci personalizzati, che tengono conto del patrimonio genetico del paziente. Farmaci su misura per malattie molto gravi, come alcuni tipi di neoplasie. Ma sono prodotti che costano un'enormità, anche 15 mila euro. Come potrà la sanità pubblica garantire a tutti queste terapie? E se non le garantirà, la società sarà spaccata in due, divisa fra chi può e chi non può curarsi da una malattia mortale. Ci avviamo non solo a una razionalizzazione delle risorse, ma a un vero e proprio razionamento; e la titolarità di scelte così gravi non può essere affidata a chi gestisce burocraticamente la sanità. Il rapporto fra etica ed economia dovrebbe risolversi in equità, cioè in giusta distribuzione delle risorse. Ecco, almeno per quanto riguarda sanità e medicina, mi pare la tecnocrazia gestisca male questo rapporto".

 

Monsignor Fisichella, lei cosa dice di simili scenari, di un'umanità spaccata in due parti di fronte alla sofferenza, fra chi può e chi non può?

FISICHELLA: "È più che mai necessario che la politica legiferi facendo riferimento a principi etici, e non solo economici. Il principio puramente economico non porta allo sviluppo. Proprio l'incremento del sapere scientifico, proprio lo sviluppo esponenziale della tecnica, deve essere accompagnato da un senso di responsabilità sempre maggiore in chi ha la responsabilità di governare".

 

Forse è questa fiducia in chi fa le scelte, che vacilla. Di fronte all'avvento dei cibi transgenici, per esempio, è ben percepibile la diffidenza dei consumatori, che stentano a credere che il motore del sistema non sia il profitto, piuttosto che il benessere collettivo.

BONCINELLI: "Io sono molto critico verso un certo ambientalismo diffuso, che chiama "natura" ciò che si trova sulla Terra oggi, e vede la coda del diavolo in tutto ciò che viene modificato in laboratorio. Ciò che è "natura" oggi, è semplicemente il risultato della millenaria interazione fra l'uomo e l'ambiente. I piselli come li conosciamo, sono il risultato di secoli e secoli di innesti e esperimenti dell'uomo. Tutto è interazione. E allora perchè ciò che è stato fatto fino a ieri è buono e quello che si può fare oggi è cattivo? Questa cesura della cultura ambientalista è del tutto arbitraria. Allora capisco di più le contestazioni dei no global, di chi odia il mercato. Perchè è il mercato che effettivamente guida il mondo, è la catena di bisogni indotti che poi bisogna soddisfare, in un gioco che però non potrà continuare all'infinito. È il mercato, e non la scienza o la ricerca, il vero motore del nostro mondo. Non la vedo, questa presunta perfidia della tecnologia. La scienza oggi, se solo lo si volesse, avrebbe le capacità di sfamare tutta la popolazione mondiale. Perché non può farlo? Perché non c'è la volontà politica. Ma allora ammettiamo che questo nascondersi dietro l'immagine di una tecnocrazia cattiva, non è altro che un alibi".

CABIBBO: "Credo che questa preoccupazione diffusa nel sentire popolare sia dovuta soprattutto alla rapidità dell'evoluzione cui stiamo assistendo. Preoccupa l'idea che, sotto il controllo delle multinazionali, in pochissimo tempo le sementi delle piante alimentari subiscano mutazioni, preoccupa che in pochissimo tempo si arrivi alla possibilità della clonazione".

BONCINELLI: "È vero, è la rapidità che spaventa. L'umanità invecchia, e come tutti gli animali vecchi ha paura delle novità. Fa paura, a quelli della mia generazione, anche la velocità degli ultimi computer. Ma ciò che fa più paura, sono le novità della biologia, quelle che possono entrare "dentro" di noi. Io, che faccio il biologo, mi sono abituato in questi ultimi anni a essere considerato dall'opinione pubblica un "cattivo", un apprendista stregone che tocca ciò che non dovrebbe. E però voglio sottolineare una contraddizione: perché, se l'opinione pubblica ha paura di certe novità, i mass media le enfatizzano tanto? Perché proprio questo, io credo, è ciò che cerca il pubblico. Ha paura del nuovo, ma in qualche modo lo cerca e lo desidera. La gente oggi pretende la salute. Si rifiuta di soffrire, non accetta di soffrire nemmeno per cinque minuti. L'uomo della strada, pure nella diffidenza, è avido di novità che gli promettano sollievo contro ogni tipo di male".

 

Il grande rumore, lo smarrimento da un lato, e la pretesa dall'altro, è attorno alla fecondazione artificiale.

BONCINELLI: "È un tema molto caldo, anche se in realtà guardando al numero delle persone realmente coinvolte in queste vicende, a mio parere è successo molto poco".

 

Poco? L'altro giorno i giornali scrivevano dell'avvento dell'utero artificiale...

BONCINELLI: "Ecco, quello oggi è un esperimento che non funziona per più di pochi giorni. Però, non neghiamolo, è possibile che le conoscenze progrediscano, che fra non so quanti anni l'utero artificiale funzioni. E allora sì, saremmo di fronte a qualcosa di più grande della scoperta del fuoco o della ruota, Che succederebbe, se una metà dell'umanità fosse libera dal compito di procreare? Una cosa come questa rivoluzionerebbe il mondo".

Connessioni

right.gif (841 byte)"11 creature", di Tommaso Correale Santacroce

FISICHELLA: "Io trovo molto vero ciò che dice Boncinelli: l'uomo di oggi non tollera di soffrire. Ora, ben venga tutto ciò che può alleviare la sofferenza. Ma purtroppo questa parte della vita non può essere sempre evitata. E quando si soffre, occorre una capacità di dare senso al dolore, di cui l'uomo è sempre meno capace. Così assistiamo a una sorta di schizofrenia: è vero, il potere tecnologico s'è accresciuto smisuratamente, ma ancora non può, non potrà mai rimediare a ogni male. E allora gli uomini, educati dallo sviluppo della scienza a un sentimento di onnipotenza, paradossalmente quando la scienza si rivela impotente si rivolgono alla magia. Assistiamo a un ritorno all'occulto di dimensioni senza precedenti nella storia recente. Ma mi preme porre un interrogativo: perché l'uomo di oggi deve avere tutto quello che vuole, che cosa lo spinge? Nella Genesi, l'uomo era accanto all'albero del Bene e del Male. Ora sembra volere prendere quello stesso posto, voler sostituirsi all'atto creativo di Dio. Ma, nel momento stesso in cui l'uomo pretende di fare tutto ciò che vuole, si aliena dal suo limite e quindi da se stesso. L'uomo, prima o poi, si scontrerà sempre con la morte. Nessuna scienza lo salverà".

 

L'ultima frontiera della speranza contro il dolore e la morte è nei test genetici, nella medicina predittiva. Ma avanzano anche i timori. Per esempio una medicina predittiva sul nascituro, non è una forma di eugenetica - e quindi di tecnocrazia, in cui un'élite di sapienti decide chi deve vivere?

BONCINELLI "Oggi i test genetici prenatali conoscono ormai quasi il massimo del loro sviluppo. Non credo che si andrà molto oltre. Invece si lavora sui test in grado di predire patologie multifattoriali sugli individui già nati, cioè la predisposizione a sviluppare col tempo determinate malattie. Io personalmente vedo con favore questa possibilità di conoscere i mali cui si va soggetti. Anche se non mi nascondo le possibilità di un abuso, con tutti i rischi connessi. Monsignor Fisichella, lei si chiede perché l'uomo di oggi pretende di avere tutto quello che vuole. Io le rispondo: l'uomo, ci ha sempre provato. Ben prima di Frankenstein, esisteva il mito di Prometeo. E chi ha dato all'uomo il cervello di cui dispone, ha aperto anche una porta a questa possibilità".

 

Connessioni

right.gif (841 byte)Percorso " Jacques Testart e il Principio di precauzione"

Uno dei pionieri della fecondazione artificiale, il francese Jacques Testart, ha detto: "Ciò che è possibile accadrà, tutto ciò che l'uomo con la sua scienza saprà fare, lo farà". Cosa ne dite?

FISICHELLA: "Che la scienza progredisca, ne sono contento. C'è un equivoco diffuso, secondo il quale per la Chiesa ogni sviluppo scientifico è qualcosa di sospetto, qualcosa da frenare. Non è vero: la Chiesa vede con favore qualsiasi scoperta, purché sia in grado di corrispondere allo sviluppo naturale dell'uomo inserito dentro l'armonia cosmica. Il punto è che per questo sviluppo non si perda in umanità. Io sono nato fra le pareti di casa mia, come accadeva a molti della mia generazione, e sono lieto di questo ingresso nella vita nel calore di una casa. Vorrei un progresso scientifico capace di dare garanzie, senza cancellare questo fattore umano".

CABIBBO: "Già, il nascere. Il nascere diventa sempre più difficile e complicato. Complicato proprio dalla scienza. Conosco giovani coppie in attesa che passano i giorni fra ecografie, esami, controlli di ogni genere. Le guardo un po' sgomento. Nascere, una volta, era una cosa semplice. Adesso, è totalmente medicalizzata, affidata nelle mani dei "tecnici"".

BONCINELLI: "Monsignor Fisichella, credo che saremmo tutti felici se l'avanzare del progresso scientifico si accompagnasse all'umanizzazione. Ma un progresso umanizzato, è davvero possibile? E quanto all'affermazione di Testart: sì, ciò che è possibile accadrà. A una condizione: che lo voglia il mercato, il vero motore del mondo".