The man who knew too much

(G.M. Borrello, intervento del 27 maggio 2000)

At 19.45 29/03/00 +0200, Bassetti wrote:
>... interessanti sarebbero rivelazioni di managers di imprese nei cui Boards
>si fosse dicusso sulla possibilità di investire per realizzare una
determinata
>innovazione, cioè un nuovo prodotto o processo o servizio; fosse nata
qualche
>obbiezione ispirata a preoccupazioni ecologiche, sanitarie o di qualunque
altro
>tipo e il board avesse proceduto lo stesso a implementare l'innovazione di
>dubbia accettabilità
(v. l'intervento del 29 marzo)

Questa sollecitazione di Bassetti mi ha fatto pensare a un evento di cronaca che, in questi ultimi anni, ha goduto, negli Stati Uniti, della più ampia eco. Mi riferisco alla vicenda che ha portato l'ex direttore di ricerca della Brown & Williamson Tobacco, Jeffrey Wigand, a divenire il testimone chiave nella causa legale contro le sette maggiori multinazionali dell'industria del tabacco, intentata nel maggio del '94 dal Missisippi e da altri 49 Stati americani e finalizzata al rimborso delle spese mediche derivanti da malattie da fumo.
Un articolo della giornalista Marie Brenner, "The Man Who Knew Too Much", apparso su Vanity Fair nel '96, ricostruisce, con grande maestria, le vicende che hanno portato un "insider" come Wigand a incarnare il ruolo del perfetto informatore "colpevole di verità aggravata" riguardo alla manipolazione delle sostanze contenute nelle sigarette. Ma l'ex direttore di ricerca della Brown & Williamson non è il solo protagonista dei fatti: senza l'ostinazione di un Lowell Bergman, reporter investigativo e produttore del celebre programma televisivo statunitense "60 minutes", probabilmente non ci sarebbe stata quella reazione a catena che ha portato Wigand ad essere il principale testimone di accusa nell'attacco che le multinazionali del tabacco si sono trovate a fronteggiare per difendere il proprio business. Bergman registrò per "60 minutes" l'intervista con le sconvolgenti rivelazioni di Wigand e gli organizzò la difesa legale per fronteggiare l'inevitabile reazione. Ma prima di mandare in onda il servizio, la CBS, preoccupata dalle recenti disavventure legali della ABC con la Philip Morris, decise di cancellarlo suscitando, peraltro, profondi contrasti nella redazione del programma. Intanto Wigand veniva citato in giudizio, fatto oggetto di continue diffamazioni, lasciato dalla moglie.
Gli avvenimenti succedutisi dal febbraio '96 sono stati i seguenti: il Wall Street Journal riferisce di un documento di 500 pagine, divulgato dalla Brown & Williamson, che espone innumerevoli episodi a discredito di Wigand; il giornale fa le sue verifiche e conclude che si tratta, per la gran parte, di rivelazioni prive di fondamento; "60 Minutes" alla fine manda in onda l'intervista, scatenando una serie di minacce e intimidazioni; in maggio '96, ecco l'articolo di Marie Brenner su Vanity Fair, che gioca un ruolo fondamentale a sostegno di Wigand; la Disney ne comprerà i diritti e produrrà il film "The Insider", la cui sceneggiatura ricalca l'articolo della giornalista.
La causa pioneristica intentata dal Mississipi e dagli altri Stati si concluse tra il '97 e il '98, con la condanna delle sette maggiori multinazionali a un risarcimento complessivo ammontante a 246 miliardi di dollari.
La documentazione consultabile in Internet, attraverso i reference indicati qui sotto, restituisce un quadro degli avvenimenti avvincente.

I Reference:
- La timeline degli avvenimenti
- Marie Brenner, "The Man Who Knew Too Much", Vanity Fair, maggio 1996
- Trascrizione dell'intervista di "60 minutes": http://www.gate.net/jcannon/documents/960204t1.txt
- Il sito ufficiale di Jeffrey Wigand: http://www.jeffreywigand.com/
- Il sito ufficiale del film "The Insider": http://studio.go.com/movies/insider/index_html.html
- Special Report in tobaccofreekids.org: http://tobaccofreekids.org/reports/insider
- Le cause legali contro l'industria del tabacco: digitare "lawsuit against the tobacco industry" in http://www.altavista.com/

Credo che possa interessarci, inoltre, il report "Un examen de l'industrie du tabac", pubblicato in http://www.cam.org/francis/info-tabac/cqct/industr.html, perché fornisce un esempio concreto delle tattiche di sostegno all'immissione sul mercato di un prodotto che, per i suoi effetti, scatena reazioni nel pubblico.
Si tratta di un documento di parte --cioè della "Info-tabac" ( http://www.cam.org/francis/info-tabac), un'organizzazione no-profit che incoraggia e sostiene la diffusione di informazioni sul tabagismo-- che analizza il comportamento dell'industria del tabacco. Vi si afferma che sin dagli anni sessanta essa era al corrente del fatto che il fumo causa malattie, che la nicotina genera dipendenza e che, per aumentare questa dipendenza, alcune società produttrici manipolavano il tenore di nicotina nelle sigarette. Ovvio che tutto ciò sia stato deliberatamente tenuto nascosto. La sigaretta è stata uno strumento efficacissimo (anche perché socialmente accettato o, quantomeno, tollerato) per realizzare quello che è il sogno di qualsiasi produttore: rendere il consumatore dipendente (hooked) dal prodotto. Per aumentare la dipendenza dal fumo incrementando la liberazione di nicotina nei polmoni, sono stati usati agenti tossici, come l'ammoniaca. I test di laboratorio che accompagnano le manipolazioni chimiche avvengono in segreto. Si aggiunga che recenti indagini hanno scoperto che alcune piantagioni di tabacco vengono sottoposte a modifiche genetiche per raddoppiare il tenore di nicotina nelle sigarette.
Ma l'aspetto che intendo evidenziare è il seguente: questi comportamenti sono stati sistematicamente accompagnati da diverse tecniche di "opinion making". La creazione di organizzazioni che in apparenza non hanno alcun contatto con l'industria del tabacco, ma che in realtà agiscono per suo conto, è una di queste tecniche. Cosicché, vengono create associazioni per la tutela di diritti (nel caso di specie, i diritti del fumatore) che hanno per unico scopo l'esercitare pressioni a favore degli interessi delle imprese da cui sono finanziate. Le campagne di marketing, inoltre, assumono caratteri tipici dei movimenti di opinione, alla conquista del consenso di un pubblico sempre più vasto.

Ho intenzionalmente evitato di rispondere al chiedermi se l'intervento chimico sulle sostanze contenute nella sigaretta costituisca un caso di innovazione, perché mi sembra che l'esempio concreto possa offrirci degli spunti interessanti anche se è solo parzialmente calzante col nostro dibattito. Inoltre, credo che i fatti esposti --che riguardano la manipolazione di un prodotto di largo consumo attorno al quale ruotano imponenti affari industriali, nonché interessi economici di intere nazioni-- servano a rammentarci quale rilevanza strategica assuma il controllo del consenso del pubblico e quale responsabilità ne derivi.