Bene ha fatto Enrico Ferrari a presentarsi; inviterei i nuovi partecipanti a fare
altrettanto (per quanto riguarda i membri dell'eGroup, nel Sito sono già presenti alcune
schede biografiche e altre saranno inserite). Il suo intervento mi sembra presenti delle
contiguità con i due report che Pitasi ha inviato all'eGroup in marzo e che sono oggi
pubblicati nel Sito (sotto il titolo "Le strategie dell'innovazione", nella
sezione Materiali) con riferimenti in calce che conducono anche alla Personal Home Page di
Norman. Mi riferisco, in particolare, alla tipologia degli attori sociali; tra l'altro,
Ferrari, che parlando in base alla propria esperienza personale ci propone un caso
attualissimo di processo diffusivo di un'innovazione quale è Internet, rientrerebbe negli
"early adopters" . Inoltre, facendo riferimento ai documenti programmatici
governativi, l'intervento pone di riflesso in luce la questione della guida
dell'Innovazione, o, per meglio dire, della guida del processo diffusivo dell'Innovazione.
Ma veniamo alle domande che pone.
Riguardo all'interazione --se sia "vera" o "fittizia"-- sarei tentato
di rispondere che essa è vera perché c'è. Se invece si intende fare riferimento alla
sua virtualità, direi: nel campo della comunicazione, quale interazione non è
"virtuale"? Ma mi chiederei il perché del cercare una risposta, visto che,
secondo me, l'interazione in Internet non possiede caratteri tanto peculiari da renderla
diversa da... da quale altro "genere" di interazione? Ciò che facciamo
attraverso Internet non lo considero "altro da", quindi: perché porsi la
domanda con riferimento specifico alla Rete? La Rete, se la utilizziamo, è nelle nostre
vite così come le nostre vite sono (anche) in Rete. Per esempio, l'interscambio
comunicativo che si sviluppa in questo forum --a parte il fatto che, in alcuni casi, è un
prolungamento di incontri "de visu", contatti telefonici, ecc.-- consente le
stesse dinamiche che deriverebbero dal partecipare a una tavola rotonda. In uno dei
documenti preliminari allo sviluppo della presenza in Internet della Fondazione avevo
scritto qualcosa a riguardo, con riferimento ai forum come il nostro. In sintesi, ritenevo
(come ritengo) che non avesse molto senso chiedersi se l'interazione on-line sia fittizia,
perché "si sta al gioco" non diversamente da come "stiamo al gioco"
in altre occasioni della vita di tutti i giorni.
Una seconda domanda di Ferrari riguarda la globalizzazione dell'informazione e, a mio
parere, viene completata dal chiedersi se, nel mondo dell'informazione, esista ancora il
ruolo dell'intermediario e se la "knowledge augmentation", che, di primo
acchito, deriverebbe dall'utilizzo della Rete, rappresenti un "improvement".
Risponderei che l'informazione è globalizzata, sì , ma questo non significa molto
(almeno, non per la gran parte degli utenti), perché, unitamente all'"information
overload" prodotto dalla Rete (ma non solo da essa), conduce a fletterci su noi
stessi, cioè ad allontanare le possibilità di espansione della conoscenza, che il mezzo
indubbiamente offre.
Il ruolo dell'intermediario esiste eccome: è vero che Internet consente di saltare
svariati passaggi che, invece, di altri media sono elementi strutturalmente integranti (e
questo mi sembra uno degli aspetti che la rendono un medium davvero
"innovativo"), ma, proprio per tale motivo, siamo noi per primi che andiamo alla
ricerca di un'intermediazione, di qualcuno (information-broker), o di qualcosa (portali,
motori di ricerca settoriali),che faccia da tramite tra le nostre esigenze e l'universo
informativo che è "là fuori". E, per l'appunto, l'intrigante questione che non
da ieri è sorta concerne i servizi di "news alert", o di "search
alert", nonché gli "agenti elettronici" (chiamati in diversi modi:
"Web bots", o "Web crawlers"), cioè quei servizi e quei software per
l'acquisizione di informazioni che possiedono un potere elevato (va da sè che è di chi
li ha realizzati) nel fornirci (qualcuno direbbe "propinarci") un
"sapere" di un tipo piuttosto che di un altro. Questo lo sa molto bene chi, da
un punto di vista sociologico, si occupa di Commercio Elettronico e dei relativi
"tools".
Credo che le domande con cui Ferrari ci porta a confrontarci possano essere collegate ai
seguenti interrogativi: perché, nel campo delle tecnologie dell'informazione, Internet
andrebbe considerata quale innovazione epocale? Dove ci sta portando questa rivoluzione o
presunta tale? Da chi dipende la sua evoluzione? Non certo dai semplici utilizzatori,
anche se ne sono attori tra i tanti. Forse, allora, dai Governi che intendono favorirne lo
sviluppo con delle "policy"? Dai giganti delle varie "industry"?
Oppure, ancora, la Rete stessa è ormai un sistema, un unico complesso meccanismo,
autoevolvente?
Ma, alla fine: ha senso chiedersi tutto ciò? Sì, ha senso. O meglio: apprezzeremo
davvero quanto abbia senso chiederselo, nel momento in cui lo sviluppo delle tecnologie
dell'informazione produrrà fenomeni confliggenti con le nostre convinzioni e col nostro
modo di vivere. Perché non è affatto bello essere dominati da un'Innovazione.