Internet come innovazione

(G.M. Borrello, intervento del 30 aprile 2000)

Bene ha fatto Enrico Ferrari a presentarsi; inviterei i nuovi partecipanti a fare altrettanto (per quanto riguarda i membri dell'eGroup, nel Sito sono già presenti alcune schede biografiche e altre saranno inserite). Il suo intervento mi sembra presenti delle contiguità con i due report che Pitasi ha inviato all'eGroup in marzo e che sono oggi pubblicati nel Sito (sotto il titolo "Le strategie dell'innovazione", nella sezione Materiali) con riferimenti in calce che conducono anche alla Personal Home Page di Norman. Mi riferisco, in particolare, alla tipologia degli attori sociali; tra l'altro, Ferrari, che parlando in base alla propria esperienza personale ci propone un caso attualissimo di processo diffusivo di un'innovazione quale è Internet, rientrerebbe negli "early adopters" . Inoltre, facendo riferimento ai documenti programmatici governativi, l'intervento pone di riflesso in luce la questione della guida dell'Innovazione, o, per meglio dire, della guida del processo diffusivo dell'Innovazione.

Ma veniamo alle domande che pone.

Riguardo all'interazione --se sia "vera" o "fittizia"-- sarei tentato di rispondere che essa è vera perché c'è. Se invece si intende fare riferimento alla sua virtualità, direi: nel campo della comunicazione, quale interazione non è "virtuale"? Ma mi chiederei il perché del cercare una risposta, visto che, secondo me, l'interazione in Internet non possiede caratteri tanto peculiari da renderla diversa da... da quale altro "genere" di interazione? Ciò che facciamo attraverso Internet non lo considero "altro da", quindi: perché porsi la domanda con riferimento specifico alla Rete? La Rete, se la utilizziamo, è nelle nostre vite così come le nostre vite sono (anche) in Rete. Per esempio, l'interscambio comunicativo che si sviluppa in questo forum --a parte il fatto che, in alcuni casi, è un prolungamento di incontri "de visu", contatti telefonici, ecc.-- consente le stesse dinamiche che deriverebbero dal partecipare a una tavola rotonda. In uno dei documenti preliminari allo sviluppo della presenza in Internet della Fondazione avevo scritto qualcosa a riguardo, con riferimento ai forum come il nostro. In sintesi, ritenevo (come ritengo) che non avesse molto senso chiedersi se l'interazione on-line sia fittizia, perché "si sta al gioco" non diversamente da come "stiamo al gioco" in altre occasioni della vita di tutti i giorni.

Una seconda domanda di Ferrari riguarda la globalizzazione dell'informazione e, a mio parere, viene completata dal chiedersi se, nel mondo dell'informazione, esista ancora il ruolo dell'intermediario e se la "knowledge augmentation", che, di primo acchito, deriverebbe dall'utilizzo della Rete, rappresenti un "improvement".

Risponderei che l'informazione è globalizzata, sì , ma questo non significa molto (almeno, non per la gran parte degli utenti), perché, unitamente all'"information overload" prodotto dalla Rete (ma non solo da essa), conduce a fletterci su noi stessi, cioè ad allontanare le possibilità di espansione della conoscenza, che il mezzo indubbiamente offre.

Il ruolo dell'intermediario esiste eccome: è vero che Internet consente di saltare svariati passaggi che, invece, di altri media sono elementi strutturalmente integranti (e questo mi sembra uno degli aspetti che la rendono un medium davvero "innovativo"), ma, proprio per tale motivo, siamo noi per primi che andiamo alla ricerca di un'intermediazione, di qualcuno (information-broker), o di qualcosa (portali, motori di ricerca settoriali),che faccia da tramite tra le nostre esigenze e l'universo informativo che è "là fuori". E, per l'appunto, l'intrigante questione che non da ieri è sorta concerne i servizi di "news alert", o di "search alert", nonché gli "agenti elettronici" (chiamati in diversi modi: "Web bots", o "Web crawlers"), cioè quei servizi e quei software per l'acquisizione di informazioni che possiedono un potere elevato (va da sè che è di chi li ha realizzati) nel fornirci (qualcuno direbbe "propinarci") un "sapere" di un tipo piuttosto che di un altro. Questo lo sa molto bene chi, da un punto di vista sociologico, si occupa di Commercio Elettronico e dei relativi "tools".

Credo che le domande con cui Ferrari ci porta a confrontarci possano essere collegate ai seguenti interrogativi: perché, nel campo delle tecnologie dell'informazione, Internet andrebbe considerata quale innovazione epocale? Dove ci sta portando questa rivoluzione o presunta tale? Da chi dipende la sua evoluzione? Non certo dai semplici utilizzatori, anche se ne sono attori tra i tanti. Forse, allora, dai Governi che intendono favorirne lo sviluppo con delle "policy"? Dai giganti delle varie "industry"? Oppure, ancora, la Rete stessa è ormai un sistema, un unico complesso meccanismo, autoevolvente?

Ma, alla fine: ha senso chiedersi tutto ciò? Sì, ha senso. O meglio: apprezzeremo davvero quanto abbia senso chiederselo, nel momento in cui lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione produrrà fenomeni confliggenti con le nostre convinzioni e col nostro modo di vivere. Perché non è affatto bello essere dominati da un'Innovazione.