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From: G.M. Borrello <borrello@f...> Date: Thu Jun 1, 2000 6:20pm Subject: Un "attacco all'inconscio": la strategia del "prendiamoli da piccoli" |
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A proposito delle strategie delle multinazionali del tabacco e degli additivi che arricchiscono il tabacco (v., qui, "The Man Who Knew Too Much") ... L'Espresso, n. 22, 1 giugno 2000, p. 42 "Fumatori alla gogna" di Stefania Rossini (...) <<David Davies, direttore europeo della Philiph Morris in Europa, ha ammesso pubblicamente che il tabacco provoca il cancro. (...) appare chiara loperazione di restyling e di lungimiranza aziendale della più potente multinazionale del tabacco. Nessuno, tra quanti cominciano a fumare adesso, potrà un giorno pretendere i risarcimenti miliardari che le vittime del fumo hanno imparato a chiedere ai produttori. Erano stati avvertiti.>> (...) La Repubblica, 31 maggio 2000, p. 15 "Lobby del fumo sott'accusa. 'Usano i divi per vendere'" - L'allarme dell'Oms: in cinema e tv pubblicità nascosta. Oggi Giornata anti tabacco. Fumare 20 sigarette al giorno equivale a sottoporsi a 300 radiografie l'anno - di Enrico Bonerandi "Prendiamoli quando sono giovani, resteranno con noi tutta la vita". Se - come ha rivelato l'ex- manager "pentito del colosso della manifattura del tabacco "Browm and Williamson", Jeffrey Wigand, ispiratore del film "The Insider" - questa è la strategia delle multinazionali delle sigarette, nonostante le recenti sonore condanne negli Stati Uniti il "partito del tabacco" non ha affatto perso la sua battaglia. Per la giornata internazionale di lotta contro il fumo, l'Organizzazione mondiale della sanità ha reso pubblici ieri dati allarmanti sulla diffusione della sigaretta tra i giovani: ogni giorno 100mila ragazzi in tutto il mondo iniziano a fumare. Questa volta però l'Oms ha puntato decisamente il dito contro la nuova offensiva delle multinazionali, che ricorrerebbero a strategie commerciali indirette e insidiose rivolte soprattutto al mercato giovanile. Un "attacco all'inconscio" servendosi del cinema, della tv e dei video-clip, che diffonderebbero immagini in cui il fumo viene presentato in modo attraente, per far breccia su di un pubblico debole, preda facile di un messaggio "positivo" e scarsamente sensibile alle informazioni scientifiche sui rischi del fumo. Questa strategia del "prendiamoli da piccoli" avrebbe a disposizione secondo L'Oms un budget stellare: 6 miliardi di dollari, oltre 12mila miliardi di lire. (...) Una nuova accusa per le multinazionali è di "arricchire" il tabacco con additivi che ne rendono l'uso sempre più compulsivo. Un recente studio, diffuso ieri da Legambiente, ha individuato ben 600 diverse sostanze impiegate. Il Codacons ha invece annunciato che un gruppo di ricercatori bolognesi ha scoperto che nel tabacco è presente un elemento radioattivo, il polonio 210: "Fumare 20 sigarette al giorno equivale a sottoporsi a 300 radiografie all'anno al torace". |
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From: Fulvio
Ferrieri <fulvio.ferrieri@l...> Date: Sat Jun 3, 2000 6:10pm Subject: R: Una questione di... "convenienza" |
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L'accenno alla brevettabilita' delle innovazioni tecnologiche, accantonata dopo lo scambio di opinioni con Cattaneo, rimane tuttavia un problema non marginale. Se riteniamo che la creativita' dell'uomo sia all'origine dello sviluppo della Tecnica, ma anche di tutte le altre manifestazioni dell'attivita' dell'uomo quali l'imprenditorialita', ma anche lo sviluppo delle arti figurative, musicali, letterarie, non si capisce l'accanimento con il quale viene contestata la brevettabilita' dell'innovazione tecnologica, ma non l'istituto del "diritto d'autore" che pure consente forme monopolistiche di gestione di prodotti artistici e la formazione di ingenti patrimoni. Forse sarebbe opportuno, all'interno di questa discussione, sgomberare il campo da ideologismi che non contribuiscono al dibattito sulle ragioni epistemologiche e ancor meno sui problemi etici che una serena riflessione sulla tecnica comporta. Forse questo accanimento ha origini ideologiche dove il "profitto" in compagnia dell'"imprenditorialita'" e del "mercato" riveste il ruolo di principale soggetto giudicabile... Ritengo che il richiamo di Borrello al tema della "responsabilita'" sia condivisibile. A breve un mio intervento su questo tema. Fulvio Ferrieri |
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From: G.M. Borrello <borrello@f...> Date: Sat Jun 3, 2000 6:47pm Subject: Chi ci guadagna (Was Re: Biotecnologie [Enrico M. Ferrari, 24 May 2000]) |
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Chi ci guadagna (Was Re: Biotecnologie [Enrico M. Ferrari, 24 May 2000]) ----------------------------------------------- Un articolo di Giorgio Celli porta alcuni argomenti a sostegno della tesi che, con le biotecnologie, chi ci guadagna non sono i diseredati del pianeta, ma gli azionisti dei Paesi del benessere. Il testo integrale dell'articolo è disponibile sul sito della Fondazione nel Percorso sulle Biotecnologie [aggiornamento del 17 aprile 2001] LA STAMPA, 19 APRILE 2000 GIORGIO CELLI Cibi transgenici, la grande bufala |
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From: G.M. Borrello <borrello@f...> Date: Sun Jun 4, 2000 9:27pm Subject: La sconfitta della fame nel mondo (Was Re: Biotecnologie [Enrico M. Ferrari, 24 |
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La sconfitta della fame nel mondo (Was Re: Biotecnologie [Enrico M. Ferrari, 24 May 2000]) --------------------------- Dal FORUM "I geni dell'uomo", sul sito de Il Sole 24 Ore: <http://sole.ilsole24ore.com/cultura/genoma/default.htm> (moderatore: Cinzia Caporale c.caporale@a...) <<(...) C'è poi l'altro mito: quello della sconfitta della fame nel mondo. Sono fra quelli che continuano a ritenere più giusta la definizione di "sterminio per fame", perché oggi sul Pianeta il cibo per tutti gli abitanti non manca. Manca invece la volontà politica di un'equa distribuzione degli alimenti secondo le necessità. Abbiamo tutti negli occhi le immagini di tonnellate di arance inviate al macero per ragioni di mercato, ma meno evidente è lo spreco di alimenti di origine vegetale per l'allevamento di animali destinati alla macellazione. A seconda degli studi, utilizzare gli stessi campi per produrre cereali, legumi e altri alimenti di diretto consumo umano assicurerebbe una disponibilità di cibo maggiore da sette a venti volte. In un mondo dove il 20% della popolazione consuma l'80% delle risorse, e viceversa, è impossibile credere che la risposta si trovi nell'alterare gli assetti biologici. Già oggi le banche dei semi impongono ulteriore miseria e carestia ai coltivatori del sud del mondo. L'ulteriore ricatto genetico, promosso dagli stessi che oggi controllano e determinano buone porzioni di povertà e fame, non è condivisibile né accettabile. Forse sono un oscurantista, un misoneista o un luddista; oppure, più probabilmente, uno che non apprezza la promessa dell'idromassaggio se alla casa mancano le fondamenta. Adolfo Sansolini lav.sansolini@m... (...)>> |
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From: G.M. Borrello <borrello@f...> Date: Sun Jun 4, 2000 9:34pm Subject: Scienza contro ideologia (Was Re: Biotecnologie [Enrico M. Ferrari, 24 May 2000] |
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Scienza contro ideologia (Was Re: Biotecnologie [Enrico M. Ferrari, 24 May 2000]) In quanto alle opportunità derivanti dalle biotecnologie, sull'inserto Domenica de Il Sole 24 Ore di oggi, a p. 32, Gilberto Corbellini replica a Mario Capanna: << (...) lo sviluppo della conoscenza scientifica può immunizzare, meglio di qualunque chiacchiera, contro il razzismo e le discriminazioni, nonché risolvere problemi quando si tratta di prevenire sofferenze. È una responsabilità morale grave quella che si stanno assumendo coloro i quali, facendo leva sull'analfabetismo scientifico, alimentano sentimenti di avversione e sospetto per gli sviluppi scientifici e tecnologici. In ogni caso, per chi scrive, di "vecchio", nell'attuale dibattito sulle biotecnologie, c'è solo il conservatorismo culturale di chi non ha il coraggio di immaginare, sulla base di opportunità che potrebbero andare finalmente a vantaggio di tutti, un futuro per l'umanità e per il pianeta meno carico di morte, malattie e degrado. >> |
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From: giacomo
correale <correale@t...> Date: Mon Jun 5, 2000 4:07pm Subject: BUSINESS ETHICS |
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From: Fulvio
Ferrieri <fulvio.ferrieri@l...> Date: Tue Jun 6, 2000 3:47pm Subject: R: La sconfitta della fame nel mondo (Was Re: Biotecnologie [Enrico M. Ferrari, 24 |
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Mi riferisco a quanto scrive Sansolini, alla polemica scoppiata sugli OGM e in
particolare all'articolo di Celli (La Stampa 19.04.00) per esprimere una personalissima
opinione che, essendo io privo di conoscenze specifiche in materia, vuole solo essere una
pacata riflessione. Innanzitutto non mi pare che, anche all'interno di una diffusa cultura del sospetto, si possa ragionevolmente pensare ad un "complotto" che, tendente a massimizzare il profitto, unisca in una specie di associazione per delinquere le multinazionali impegnate a distruggere l'umanit à e, con questa, il loro mercato. Nemmeno mi viene facile pensare alla Tecnica, in tutte le sue manifestazioni, come una "cattiva infinit à" dove i fini diventano mezzi in un percorso infinito dove l'unico risultato certo è il profitto. Non voglio nemmeno accusare di catastrofismo o di oscurantismo chi consapevolmente e ragionevolmente parla di biotecnologie con atteggiamento critico. Tuttavia mi domando come i "catastrofisti" avrebbero reagito all'epoca della scoperta del ferro e dell'invenzione della ruota che certamente hanno prodotto armi pi ù temibili e micidiali carri da combattimento, ma che hanno anche consentito la costruzione di utensili e attrezzi e di veicoli per il trasporto delle merci. Certamente le industrie farmaceutiche hanno sintetizzato molecole che si sono rivelate dannose per l'uomo e la natura, ma hanno anche prodotto farmaci che hanno consentito di debellare malattie endemiche ed epidemiche, per non parlare della terapia del dolore A proposito di solidariet à, anche l'operazione Arcobaleno che pure ha aiutato migliaia di persone ha, a quanto pare, problemi giudiziari che ipotizzano reati vari commessi da singoli. Ma penso che nessuno voglia buttar via, per questo, il bambino con l'acqua. Certo, il terzo mondo sta subendo gli effetti di una rapida decolonizzazione, ma in realt à, in Africa, si stanno combattendo guerre tribali che sono la continuazione delle guerre precoloniali. La scienza e la tecnica sono in continua evoluzione: ogni scoperta scientifica e ogni innovazione tecnologica ampiano la conoscenza ma certamente aprono anche grandi ambiti d'ignoranza: l'incapacit à di produrre previsioni meteorologiche esatte ne è un tipico esempio. L'attribuire le bizzarrie meteorologiche totalmente all'azione distruttiva dell'uomo è, quanto meno, azzardato; certo pu ò esserne una concausa, ma l'abbattimento degli alberi che secondo alcuni potrebbe essere (e probabilmente è) una concausa della desertificazione di intere regioni, ha origini ben pi ù remote della rivoluzione industriale: nell'antichit à il legno era praticamente l'unico materiale di costruzione. Le multinazionali, che sono public companies cio è ad azionariato diffuso, non possono ragionevolmente essere considerate l'unica causa della fame nel mondo. Credo di ricordare che le ultime spaventose carestie, in ordine di tempo, siano attribuibili a regimi totalitari che pianificavano l'agricoltura e l'economia e che poi, paradossalmente, acquistavano ingenti quantitativi di generi alimentari proprio da quelle multinazionali che combattevano ideologicamente e praticamente. A mio parere, sulle biotecnologie si impone una sospensione di giudizio, assieme ad una grande attenzione critica. Concludendo, credo che piuttosto che dilungarsi in discussioni incentrate sul pensiero postmodernista sarebbe interessante approfondire il tema relativo alla nozione di responsabilit à riconducendola, per esempio, al ruolo della responsabilit à individuale, consapevole quindi e non ulteriormente delegabile. (Il problema reale è smettere di fumare perch è il fumo è dannoso a me e a chi mi sta vicino, non in quanto imposto dalla legge). I (tanti) problemi sono quasi sempre riconducibili a realt à culturali. Credo che la Tecnica della comunicazione possa contribuire a importanti cambiamenti culturali, rendendo disponibili i saperi diffusi, molto pi ù delle leggi o peggio delle dimostrazioni di piazza. |
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From: <aamato@s...> Date: Tue Jun 6, 2000 4:45pm Subject: innovazione e problemi ad essa connessi |
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Innanzi tutto, saluto gli altri partecipanti al forum. Intervengo volentieri alla interessante discussione da voi avviata, permettendomi di riportare alcune riflessioni contenute in un mio scritto, dal titolo: "Il dramma della scienza". Questo titolo deriva dalla considerazione che, secondo me, la scienza moderna è percorsa da un dramma inedito, per le sue proporzioni e per la sua valenza. Ciò in conseguenza del fatto che la scienza, oggi, è costretta a ridefinire il proprio ruolo ed i propri compiti. Tale ridefinizione, però, non può avvenire nell'ambito di una pacifica e scontata discussione tutta interna alla scienza, bensì si propone nel pieno di un confronto drammatico che si svolge intorno a due poli: quello del rapporto tra scoperta scientifica e ricadute di carattere sociale, morale, naturale e quello delle implicazioni connesse alla conoscenza della materia e della realtà. Questi due poli, in realtà, fanno capo ad unico fondamentale dramma della scienza, dovuto alla fine della pretesa separatezza di questo sapere dalla società, o, comunque, è dovuto al mancato riconoscimento della fine, per usare un'espressione cara ad Heidegger, della sua pretesa oggettivazione, ossia dell'affermazione di una conoscenza teorica certa ed indiscutibile, tale da giustificare qualsiasi applicazione tecnologica, in quanto oggettivamente conseguente e dipendente da una conoscenza essa per prima oggettiva. Un approccio del genere lo si ritrova anche in quelle teorie filosofiche che distinguono nettamente tra scienza pura e scienza applicata, distinzione, invece, oggi sempre più sfuggente, anche se non del tutto scomparsa. Si prenda, ad esempio, il diverso statuto attribuito da Popper ai problemi trovati e ai problemi posti; esso equivale alla differenziazione dei compiti propri della scienza e della filosofia (Si veda, a tal proosito, K.R: Popper: Logica della scoperta scientifica. Torino, Einaudi 1995; p. XXIX). Tuttavia, oggi non è più possibile dire che la scienza si muove all'interno di problematiche esistenti, mentre spetta alla filosofia fornire una riflessione su di esse o trascendere l'immediato e l'esistente per porre l'uomo di fronte alle domande fondamentali che ogni epoca avanza. La scienza non affronta più solo questioni teoriche, trasmesse dal dibattito scientifico, nè tantomeno si propone soltanto di risolvere problemi già esistenti; insieme a tutto questo, essa stessa solleva questioni di grande rilevanza, sia di carattere teorico sia di carattere sociale e morale. La scienza, cioè, interviene sempre più nel mondo e vi traspone le sue incertezze, così come vi trasferisce un'enorme carica di cambiamento. Per tutte queste ragioni, non è più accettabile la suddivisione netta di compiti tra chi propone dei fini, cioè la società, e chi predispone dei mezzi per raggiungerli, cioè la scienza. Il sapere scientifico, infatti, ormai avanza esso per primo delle finalità all'uomo e non si limita più a recepire o a riconsiderare quelli prospettati dalla società; anche qui non è più possibile distinguere tra fini trovati e fini posti. Ho accennato poc'anzi ad una pretesa oggettivante da parte della scienza. Questa ambizione presenta una duplice valenza: una positiva, l'altra negativa. Stabilire dei metodi di ricerca, predisporre degli strumenti di verifica dei risultati conseguiti, approntare dei criteri di valutazione delle teorie proposte e, più in generale, considerare il carattere progressivo o meno delle ricerche scientifiche, tutto ciò serve a distinguere quanto vi è di arbitrario da quanto può essere scientificamente fondato.Munirsi di procedure di garanzia rispetto ad una discussione critica dei presupposti teorici e sperimentali di una determinata ricerca, così come il dotarsi di sedi e di metodi di controllo, costituisce una forma di oggettivazione positiva. Ma esistono altre forme di oggettivazione da parte della scienza che risultano essere o menzognere od illusorie. Una di esse si riferisce ai rapporti complessivi che la scienza intrattiene con l'uomo e con il mondo. Questa particolare forma di oggettivazione finora si è espressa come separatezza o come neutralità della scienza rispetto alle concrete scelte operate dall'uomo in ordine alle possibilità offerte dalla scienza. Tale posizione ha riposato sulla rivendicazione di una completa autonomia da parte della scienza di fronte alla società. Una richiesta in linea di massima legittima,ma che, comunque, ora va fornita di un diverso statuto e di una diversa fondazione. Il principio della libertà scientifica non può più essere assolutizzato e, di per sè, non basta più a fondare l'autonomia della scienza. Riguardo a ciò, concretamente, per quanto concerne la scienza pura, tranne pochi eccezionali casi, è più utile condurre il dibattito sui suoi orizzonti teorici e sperimentali, a partire dalle loro prevedibili implicazioni pratiche e ricadute applicative, affinchè si evitino interventi precostituiti, di carattere ideologico, questi sì pregiudizievoli della libertà della scienza. Gli effetti delle scoperte, d'altronde, vanno comparati tra loro, per confrontare utilità e danni possibili, così come vanno distinti gli effetti soltanto eventuali e futuri da quelli certi ed immediati. In tal modo, si potrà differenziare il divieto totale dal condizionamento parziale o dal semplice orientamento. In tal senso, rispetto alla scienza pura, la scienza applicata si caratterizza proprio perchè attiene al complesso di risultati ritenuti noti. Dunque, una sottile, ma non per questo insignificante, spartiacque distingue l'una dall'altra, per cui le considerazioni svolte in merito all'una possono sì essere estese all'altra, ma con gradi ed intensità diversi. Proprio per questo, lo stesso principio di libertà scientifica possiede forza diversa a seconda che lo si riferisca alla scienza pura o a quella applicata. In definitiva, l'esito più auspicabile è quello, per così dire, di una oggettivazione possibile, cioè l'assunzione di un orizzonte di vita a largo spettro, ma non contraddittoriamente estenuante, propulsivo nella misura in cui riuscirà ad inverare ed esaltare le più profonde esigenze dell'individuo. In tale ottica, il superamento delle incomprensioni e delle diffidenze tra scienza, società ed individuo costituisce senz'altro un elemento importante ai fini della definizione della nostra collocazione storica, tale da fare accettare l'essenza della modernità. Qualsiasi oggettivazione, democraticamente e criticamente fondata, può contribuire a ciò, in quanto riposa, in ultima analisi, sulla percezione di una possibile sintonia tra uomo e mondo. Andrea Amato |
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From: Dado <fasolo@u...> Date: Tue Jun 6, 2000 7:00pm Subject: Celera vs Progetto Genoma - La storia continua . . . |
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Entro pochi giorni sarà annunciata la "bozza" del Dna umano Ma chi arriverà per primo, la ricerca pubblica o i privati? Vedi Dossier Repubblica On-line: Corsa al genoma. L'ultimo traguardo I retroscena della più grande scoperta della scienza tra speranze per la medicina e interessi finanziari. vedi: http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/genomadossier/genomadossier/ genomadossier.html Saluti da Davide Fasolo |
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From: G.M. Borrello <borrello@f...> Date: Wed Jun 7, 2000 5:07pm Subject: Alcuni spunti tratti da articoli recenti |
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Il testo integrale degli articoli è disponibile sul sito della Fondazione nel Percorso sulle Biotecnologie [aggiornamento del 17 aprile 2001] -------------------------------------------- LA STAMPA, 19 APRILE 2000 GIORGIO CELLI Cibi transgenici, la grande bufala Una risposta a Krugman: i dubbi sugli Ogm hanno basi scientifiche, non sono capricci da casalinghe <<(...) Quando il Ddt fece la sua comparsa sulla scena, proveniente dall'Actor's Studios dei laboratori dei giganti della chimica, venne propagandato come una panacea universale. Si inneggiò alla sconfitta della fame, alla eradicazione della malaria, all'avvento, insomma, di un pianeta felice redento e benedetto dalle molecole di sintesi. Ahimè, di questa promessa resta solo un dato: dieci anni fa, o poco più, alcuni residui di cloroderivati sono stati ancora rinvenuti nel latte delle signore di Rimini che avevano appena partorito, e in dosi superiori a quelle consentite per la commercializzazione del latte di vacca. Anche se il Ddt era stato proscritto dall'uso agricolo più di un decennio prima. (...)>> L'UNITA', 28 APRILE 2000 MARIO SOLDINI Biotecnologie, l'Ue si affida ai saggi <<(...) Non sviluppare le biotecnologie a livello europeo significherebbe "lasciare via libera agli interessi commerciali delle multinazionali". (...)>> L'UNITA', 10 APRILE 2000 PIETRO GRECO Scienza & new-economy. Ovvero biotecnologia <<(...) Due domande, per ora, senza una risposta definitiva. Quanto possono essere pericolosi per l'uomo e per l'ambiente i (bio)prodotti dall'ingegneria genetica? Quanto può essere dannoso per l'uomo, per l'ambiente e per la scienza stessa la dimensione imprenditoriale della biotecnologia molecolare? (...)>> |
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From: G.M. Borrello <borrello@f...> Date: Wed Jun 7, 2000 5:09pm Subject: Il "principio di precauzione" |
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Gianni Tamino (biologo dell'Università di Padova e membro del Comitato nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie) su Repubblica del 4 giugno, nell'articolo "Biotech, non aspettiamo i danni" a pagina 15, cita il "principio di precauzione", ispiratore della Convenzione sulla diversità biologica, firmata a Rio de Janeiro nel giugno 1992 e approvata dalla Comunità economica europea con la Decisione del Consiglio del 25 ottobre 1993 (la Decisione, che riporta, all'Allegato A il testo della Convenzione, è pubblicata sul sito "Eur-Lex" dell'Unione Europea, al seguente indirizzo: <http://europa.eu.int/eur-lex/it/lif/dat/1993/it_393D0626.html>). Tamino su Repubblica: <<(...) Tale principio afferma che un prodotto o un procedimento tecnologico possono essere considerati sicuri quando, al di là di ogni ragionevole dubbio, non vi sono rischi rilevanti ed irreversibili; ciò significa che per gli OGM [ndr: organismi geneticamente modificati] non dobbiamo aspettare di verificare gli eventuali danni provocati in seguito al loro uso, ma dobbiamo preventivamente valutarne i rischi potenziali e, in assenza di certezze scientifiche, è meglio astenersi dal produrli e commercializzarli.>> Il testo integrale dell'articolo è disponibile sul sito della Fondazione nel Percorso sulle Biotecnologie [aggiornamento del 17 aprile 2001] Da una veloce lettura della Convenzione ho ricavato che il "principio di precauzione" non è menzionato espressamente, ma è intrinseco a una parte specifica del Preambolo. Mi riferisco al periodo che recita <<(...) Osservando inoltre che, laddove ci sia una minaccia di riduzione rilevante o di perdita della diversità biologica, non si deve addurre la mancanza di una completa sicurezza scientifica come motivo per differire le misure che permetterebbero di evitare o di ridurre al minimo questa minaccia, (...)>> Non sono pochi gli atti internazionali che, quando occorra prendere decisioni nei casi in cui le basi scientifiche appaiono insufficienti o incerte, sono oggi informati al "principio di precauzione". Le materie disciplinate da questi atti sono la difesa dell'ambiente, della fauna, della flora e delle risorse naturali, nonché la salute del consumatore e la sicurezza alimentare. Gian Maria Borrello |
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From: G.M. Borrello <borrello@f...> Date: Wed Jun 7, 2000 5:13pm Subject: Dal FORUM "I geni dell'uomo" (sul sito de Il Sole 24 Ore) |
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Dal FORUM "I geni dell'uomo", sul sito de Il Sole 24 Ore: <http://sole.ilsole24ore.com/cultura/genoma/default.htm> (moderatore: Cinzia Caporale c.caporale@a...) Chi brevetta cosa? Corbellini vs Venter --------------------------------------- Craig Venter ha affermato, nel suo intervento, di non aver ancora chiesto nemmeno un brevetto su un gene umano. Al contrario, Gilberto Corbellini asserisce, e la stessa cifra è riportata dal New Scientist, che nell'ottobre scorso la Celera Genomics ha presentato domanda per 6.500 brevetti riguardanti geni o parti di geni, pur nella consapevolezza che la maggior parte di queste domande saranno respinte. Vorrei solo sapere chi, dei due, non sta dicendo la verità. Ivan Pupolizio ivanpupo@h... La parola ai giuristi --------------------- Vorrei dare un contributo al dibattito, dal quale vistosamente sono assenti i giuristi, i soli legittimati, ad oggi, a dire qualcosa, sulle biotecnologie. Io bioeticisti e i filosofi hanno parlato sin troppo... I biologi facciano quello che devono fare, e cioè sperimentare ed inventare... Ai giuristi il nobile e difficile compito di affrontare il tema della brevettabilità delle invenzioni biotech. Esiste una buona direttiva Comunitaria, non ricordata nel servizio, e che il nostro parlamento deve trasformare in legge. È un'ottima occasione per correggere il tiro in modo da garantire meglio la comunità dagli abusi delle posizioni dominanti che derivano da brevetti su invenzioni-scoperte; per instaurare l'accertamento preventivo sulle innovazioni; per innovare radicalmente in un sistema brevettuale dominato da leggi arcaiche e da burocrazie impotenti. Per la bibliografia consiglio la lettura de Il vivente brevettabile, Università di Perugia, 1998, ottenibile gratuitamente telefonando ai nn. 075/5852434-33. Vittorio Menesini vittoriome@l... La politica stia alla larga --------------------------- Da quando esiste la scienza moderna, il potere politico ha avuto la costante tentazione di intervenire su di essa, di decidere di cosa essa deve occuparsi ed in che modo. Le proibizioni ed i tentativi di influenzarne lo sviluppo sono quasi infiniti. Oggi la genetica è diventata l'obiettivo privilegiato di questi interventi. I politici affermano di non voler fermare il progresso scientifico, ma soltanto di volerlo guidare verso obiettivi conformi al bene comune. Purtroppo tutto questo è illusorio. Il progresso guidato non è progresso, come ha affermato uno dei più grandi pensatori liberali, Hayek. La scienza può progredire proprio perché non sa dove va, e non sa quali risultati otterrà. Ogni limite, ogni proibizione, anche la più piccola, può avere conseguenza distruttive. Se si vuole veramente che la scienza progredisca a beneficio dell'umanità vi è una condizione essenziale da rispettare: che la politica ne stia alla larga. Angelo Maria Petroni petroni@j... Scienza e profitto ------------------ Da economista sono stupefatto della costante demonizzazione del profitto quando si parla di genetica e biotecnologie. I quattrini privati al momento sembrano gli unici disponibili per almeno circoscrivere la tanta sofferenza umana legata alle malattie genetiche. In questo settore, la continua confusione che si fa tra criteri di sicurezza, limiti etici e questioni legate al profitto è segno di un'ignoranza profonda anche riguardo al ruolo degli incentivi in ogni attività umana. Personalmente, preferirei trovare un rimedio in farmacia sapendo che una multinazionale ne ottiene un profitto piuttosto che non trovarlo per niente Roberto Celano tineider@t... |
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From: Piero
Piazzano <piazzano_f@s...> Date: Wed Jun 7, 2000 4:54pm Subject: genoma umano |
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7 giugno 2000 Ma è proprio vero che mancano pochi giorni alla decrittazione dell'intero genoma umano? Forse sarebbe bene chiedersi di quale genoma si tratta, dato che non è stata ancora raggiunta nella comunità scientifica neppure una valutazione unanime del numero di geni che lo compongono: 34.000 o 140.000? Uno scienziato inglese ha addirittura lanciato una lotteria mondiale per chi si avvicinerà di più al valore finale. La lotteria prevde che solo nel 2002 verranno definiti criteri accettati da tutti per definire il gene umano, e che solo nel 2003, data di scadenza della lotteria, verrà conclusa la decrittazione in base a tali criteri. Per saperne di più, allego il breve articolo sull'argomento che ho scritto per The Alchemist, la webzine di Elsevier Science alla quale collaboro, che può anche essere letto (con i link attivi) all'indirizzo: chemweb.com/alchem/2000/news/nw_000531_genes.html L'iscrizione per leggere il notiziario è gratuita. Piero Piazzano BETTING ON THE NUMBER OF HUMAN GENES How many genes make up the human genome? The debate is open, and a sweepstake too. Just
a few months ago a similar debate was nonsensical. The majority of the biotechnology
public and private research groups involved in the human genome sequencing agreed on a
number over 100,000 genes. But, after the publication of the June issue of Nature
Genetics, the human genome community is less unanimous on the counting of the total number
of genes in the human genome. And, above all, on the definition of a gene, which is the
true matter of the debate. Two of the three papers published in Nature Genetics support a
number of human genes comprising between 30,000 and 34,000, much lower than the previous
estimates. Jean Weissenbach and colleagues at Genoscope, France, compared a known set of
protein encoding genes from the human DNA with the genomic sequence of a vertebrate, the
puffer fish (Tetraodon sp.), to calibrate an algorithm that detects orthologous coding
sequences between puffer fish and human genomes. Using this method, the French authors
arrived at an upper limit of 34,000 genes. Brent Ewing and Philip Green, at the Washington
University, presented an elegant study involving a comparison between samples of human
genome. A sample of annotated genes from chromosome 22 and another sample of a set of
protein coding genes were compared with a reduced set of clustered expressed tagged
sequences stretches of DNA that represent parts of genes, called ESTs. The
comparisons indicated that there are either 34,700 genes based on chromosome 22
or 33,600 genes based on the other sequence in the human genome. The
coincident results of the two groups, which are based on different methods, provide a
strong support to those who defend a more modest human gene estate, and are consistent
with the emerging view that biological complexity is not dependent on the gene number, but
on gene regulation, splicing and evolution. In contrast, a third study carried out by John
Quackenbush and colleagues at The Institute for Genomic Research is aligned on the
traditional value of
Related websites: Nature Genetics The Institute for Genomic Research Genome Resources at Cold Spring Harbor Laboratory The Ensembl Project (in questa versione i link non funzionano; per raggiungere i siti, usare un motore di ricerca, o passare alla pagina originale) |
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