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Mon Apr 3 19:08:34 2000
From: "G.M. Borrello" <borrello@f...>
Subject: [fondazionebassetti] Il dibattito che inizia oggi...
Il dibattito che inizia oggi in questo Forum dovrebbe essere destinato a comprendere una
serie di commenti alla Relazione di Piero Bassetti "Quale impresa per la sfida
evoluzionista" (Simposio internazionale del Club di Budapest "La sfida
dell'evoluzione per l'impresa", Fondazione Grauso, Cagliari, 26 febbraio 1999; v.
nella sezione Documenti sul sito della Fondazione.
Dato che una discussione in merito si è già svolta nel nostro egroup, in modo molto
libero e in forma privata, durante il mese scorso, credo che sia utile tentare un
riassunto della stessa, anche se, inevitabilmente, sarà condizionato dal mio personale
punto di vista.
[Ndr del 17 aprile 2001: il résumé del dibattito venne pubblicato sul sito della
Fondazione nella sezione Documenti]
(omissis)
Mon Apr 3 19:08:41 2000
From: "Davide Fasolo" <fasolo@u...>
Subject: [fondazionebassetti] Resoconto eGroup "Fondazione Bassetti" - Marzo
2000
Sintetico resoconto dell'attivita' dell'eGroup della "Fondazione Giannino
Bassetti" su "Innovazione e Responsabilita'", nel Marzo 2000, oggi divenuto
pubblico.
[Ndr del 17 aprile 2001: il résumé del dibattito venne pubblicato sul sito della
Fondazione nella sezione Documenti]
(omissis)
Fri Apr 7 23:45:35 2000
From: Davide Fasolo <fasolo@u...>
Subject: [fondazionebassetti] Celera vs Progetto Genoma
[L'importante e' alla fine dell'intervento, da leggere tutto...]
Ieri la società "Celera Genomics" di Rockville, nel Maryland, ha annunciato di
aver identificato tutte le "lettere chimiche" dei geni di un singolo essere
umano !
Celera, un'impresa privata, ha battuto il colossale programma internazionale
"Progetto Genoma Umano" (PGU).
L'agire imprenditoriale della Celera, attiva da neanche un anno, si e' dimostrato piu'
agile ed efficente del progetto istituzionale, attivo da almeno 8 anni, ma preparato da
decenni.
Tale societa' e' presieduta da Craig Venter, che otto anni fa aveva lasciato l'Istituto
nazionale di Sanità americano (Nih, National Institutes of Health - Washington), dove
dirigeva il laboratorio per il sequenziamento genetico automatico.
Venter nel '92 elabora un metodo di mappatura genetico piu' veloce di quello tradizionale
anche se forse meno preciso.
Le ricerche danno ragione a Venter che nel '95 e' il primo a decifrare l'intera sequenza
genetica di un organismo, il batterio "Hemophilus influenzae".
Nel '99 nasce Celera, un'impresa che Venter costituisce con l'aiuto di Perkin Elmer (il
colosso che costruisce le macchine usate in tutto il mondo per mettere in sequenza le
unità chimiche che compongono il DNA), che gli fornisce il numero record di 300
analizzatori genetici superveloci.
Questo gli ha permesso di realizzare in meno di un anno il sorpasso nei confronti del
macchinoso progetto Genoma.
Cio' che spinge la Celera in questa corsa alla mappatura del patrimonio genetico umano e'
la speranza di poter brevettare la propria scoperta ed avere un Copyright sul DNA umano.
Qualche settimana fa Bill Clinton e Tony Blair avevano auspicato che non vi dovessero
essere in futuro "privatizzazioni" sul progresso scientifico in campo genetico.
Questo ha fatto cadere le azioni dei titoli bio-tecnologici sul mercato americano
(Nasdaq).
Sembra che proprio ieri Clinton abbia fatto marcia indietro garantendo l'assegnazione dei
brevetti per le scoperte sul genoma.
Fatalita', e' uscita quasi contemporaneamente la notizia della sequenza completata da
Celera, sequenza che Venter ha promesso, bisogna dirlo, di rendere pubblica.
I titoli naturalmente sono ritornati a crescere vertiginosamente, soprattutto quello
Celera (+28,76 %).
Se e' vero che la fase della sequenza della mappatura del DNA umano e' stata ultimata, e'
anche vero che tale sequenza dei singoli frammenti del DNA deve essere ordinata.
Il lavoro piu' difficile insomma deve essere ancora fatto...
Pensate che la Celera, che con le sue potenti macchine e' in pole position anche per
questo traguardo, rendera' pubbliche gratuitamente le sue scoperte, dopo la promessa di
Clinton?
La risposta non tardera' a farsi attendere.
Tutto questo discorso deve farci riflettere su come il principe (Clinton in questo caso),
segua gli umori di chi detiene veramente il potere (le grandi e titolate Societa'), e che
i valorosi propositi di due tra i piu' grandi potenti della terra, vengono facilmente meno
quando il mercato impone le "proprie" regole.
Il vero soggetto dell'innovazione --e anche sempre di piu' della scoperta-- e' --lo si
voglia ammettere o meno-- l'impresa, sia che sia attiva sia che sia passiva, ed il
principe si sta rivelando sempre piu' debole nell'imporre le regole della responsabilita'.
Attendo smentite.
Saluti da Davide Fasolo
Reference :
Il Progetto Genoma:
http://www.nhgri.nih.gov/
La Celera Genomics :
http://www.celera.com/ (da vedere...)
J. Craig Venter (scheda by Nobel Conference)
http://www.gac.edu/news/campusevents/nobel/1999/participants/venter.html
Science Magazine,
Published by the American Association for the Advancement of Science:
http://www.sciencemag.org/
Speciale Genoma - Radio 24 (da Il sole 24 ore) http://www.radio24.it/speciali/genoma.htm
Appello congiunto di Blair e Clinton ai gruppi privati: "Ogni scienziato deve poter
studiare il genoma umano"(14 marzo 2000)
http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/genoma/clinton/clinton.html
A Wall Street biotecnologici in ripresa (la marcia in dietro di Clinton): «Se uno
scienziato o unimpresa fanno una scoperta ha detto Clinton hanno tutto
il diritto di brevettarla».
http://www.radio24.it/speciali/documenti/archiviosole0704_1.htm
Thu Apr 13 19:59:40 2000
From: Davide Fasolo <fasolo@u...>
Subject: [fondazionebassetti] Imprenditore come soggetto responsabile
Ringrazio il Dott. Bassetti della domanda (che cito alla fine per coloro che non erano
presenti al forum privato) e sperando che possa essere tornato dai suoi lunghi viaggi,
vengo alla risposta.
Tale domanda mi permette di ribadire la mia posizione in merito ad alcune figure che
dobbiamo prendere in considerazione quando analizziamo il problema del nostro forum: La
responsabilità dell'innovazione.
Le figure in questione sono: l'imprenditore e lo scienziato.
Altre figure che ora non prenderò in considerazione, ma che hanno una decisiva rilevanza
nel problema sono:
- il premier o principe come lo chiama Bassetti;
- l'uomo comune che si presenta sotto forma di: elettore, pubblico, consumatore, individuo
massificato.
Per la nostra ricerca sarebbe senz'altro più interessante individuare delle
"rivelazioni compromettenti" dell'imprenditore piuttosto che dello scienziato, e
questo per un semplice motivo a mio parere:
Il vero soggetto responsabile dell'innovazione è l'imprenditore.
Solo se prende coscienza del proprio essere responsabile, l'imprenditore può allora
vedersi come SOGGETTO ORGANICO all'interno del contesto sociale in cui si trova.
La ricerca e la scoperta dello scienziato non sono imputabili di responsabilita', solo il
loro uso lo puo' essere e l'imprenditore è colui che deve decidere quale utilizzo fare
della scoperta che lo scienziato fa, o dovrebbe fare, in modo innocente.
L'innovazione allora e', seguendo le premesse del mio discorso, l'uso che l'imprenditore
fa della scoperta e questo si è imputabile di responsabilità.
Tornando alle nostre "rivelazioni compromettenti", quella del manager che si
ribella alla scelta antiecologica della propria impresa, sarebbe l'esempio
dell'imprenditore che sente il peso della responsabilità ribellandosi alla conduzione
irresponsabile dei dirigenti. Molto difficile, a mio parere, che un manager onesto riesca
a sopravvivere all'interno di un'azienda disonesta tanto tempo da riuscire ad essere al
corrente di notizie tanto delicate, anche perchè spesso il manager non è pienamente
consapevole del rischio che certe scoperte possono comportare se utilizzate in un certo
modo. Uno scienziato che lavora per un'azienda ha invece i titoli per essere informato dei
rischi che una certa innovazione può implicare, anzi spesso sono gli scienziati a doversi
pronunciare sulla possibile pericolosità dell'innovazione.
Mi sembra quindi più probabile che possa essere uno scienziato a denunciare un'impresa
che non ha seguito i suoi ammonimenti a non utilizzare quell'innovazione...
Ma oggi anche il limite tra scienziato e imprenditore diventa sempre più labile, ne è
testimonianza l'esempio di Craig Venter (vedi il mio intervento precedente: "Celera
vs Progetto Genoma") biogenetico di primo piano che è diventato presidente della
società di biotecnologie "Celera Genomics" di Rockville.
Saluti da Davide Fasolo
At 19.45 29/03/00 +0200, Bassetti wrote:
>A Fasolo che scrive di un possibile interesse per eventualii rivelazioni di
>scienziati vorrei dire che dal punto di vista della FGB più interessanti
>sarebbero rivelazioni di managers di imprese nei cui Boards si fosse dicusso
>sulla possibilità di investire per realizzare una determinata innovazione,
>cioè un nuovo prodotto o processo o servizi; fosse nata qualche obbiezione
>ispirata a preoccupazioi ecologiche, sanitarie o di qualunque altro tipo e
>il board avesse proceduto lo stesso a implementare l'innovazione di dubbia
>accettabilità. Questo sarebbe il caso vero di "responsabilità
>dell'innovazione". Diverso dalla responsabilità di una "ricerca" o
>"scoperta". E' d'accordo?
>All'intersse di leggerlo.
>Piero Bassetti.
Fri Apr 14 10:26:00 2000
From: "G.M. Borrello" <borrello@f...>
Subject: Re: [fondazionebassetti] Celera vs Progetto Genoma
la Repubblica, 10 aprile 2000, p. 1
"Chi sono i padroni dei geni dell'uomo", di Stefano Rodotà.
<<(...)
LA SCIENZA oggi è al crocevia tra purezza della ricerca, valutazione sociale delle sue
conseguenze, pressione crescente degli interessi economici. Proprio gli enormi
investimenti necessari nei settori di punta inducono a spostare immediatamente
l'attenzione sul modo in cui l'innovazione scientifica e tecnologica può produrre
profitti. Questo vuol dire soprattutto corsa al brevetto, cioè al diritto di utilizzare
in via esclusiva i risultati di una ricerca.
Su questo punto, e non da oggi, è aperta la battaglia sulla proprietà. E qui
s'intrecciano interrogativi diversi - etici, sociali, giuridici. Si può ammettere la
brevettazione del vivente? Diventeremo schiavi dei "padroni dei geni"? La
tecnica del brevetto, prevista per le vere e proprie "invenzioni", può essere
utilizzata quando si scopre soltanto quello che già esiste in natura?
(...)>>
Il testo integrale dell'articolo è disponibile sul sito della Fondazione nel Percorso
sulle Biotecnologie [aggiornamento del 17 aprile 2001]
Fri Apr 14 16:33:30 2000
From: "Andrea Pitasi" <a.pitasi@a...>
Subject: R: [fondazionebassetti] Imprenditore come soggetto responsabile
Dalla caverna di Platone (nel senso che vedo del sito solo ci ò che gli
emails mi suggeriscono...) credo che la domanda del Dr.Bassetti sia cruciale e la risposta
di Davide Fasolo molto attenta ed equilibrata, anche se a mio parere si sono dimenticati
attori importantissimi nel settore della diffusione dell', o della resistenza all',
innovazione. Mancano senza dubbio i "pack of wolves" (come sono chiamati negli
USA i giornalisti), il mondo dei massmedia e della multimedialit à in
genere. Da chi abbiamo saputo della questione di CELERA ? in che modo ci sono arrivate le
notizie, ecc.?
Il cittadino non è solo "elettore" o "consumatore",
è spesso organizzato in forme di autonomie sociali
(pi ù o meno autonome in verit à dato che spesso sono
legate alla politica, invece) come i movimenti (ecologisti, zum Beispiel) e/o le
associaioni e federazioni dei consumatori. L'individuo massificato, oggi come oggi, nelle
scienze sociali è considerato solo un retaggio semantico degli Anni di
piombo e dello slang sessantottino. Imprenditore, scienziato e principe vanno a loro volta
ricontestualizzati in termini di risorse vincoli, scenari, motivazioni, ecc. e
generalizzare in questo senso pu ò essere assai rischioso. Credo che in
un dibarttito come questo potrebbe essere utile invitare il Prof. Federico di Trocchio,
insegna storia della scienza nell'Univ. di Lecce non ho l'indirizzo e non lo conosco
personalmente, autore tra l'altro di "Le bugie della scienza" e di "Falsi
giornalistici".
Per oggi è tutto, grazie per l' attenzione,
cordialit à
AP
Sat Apr 22 17:24:31 2000
From: Davide Fasolo <fasolo@u...>
Subject: [fondazionebassetti] "Quando la vita e' l'anima del commercio" di J.
Rifkin
Vorrei sottoporre all'attenzione dei partecipanti del forum il seguente articolo di ieri
del Corriere della Sera.
Il testo completo dell'articolo è reperibile in
<http://www.corriere.it/corriere/1972/04/21/cmnt/a0014111.spm> (l'articolo risulta
come del 1972 per un problema tecnico sul server del giornale on-line)
e sul sito della Fondazione nel Percorso su Rifkin [aggiornamento del 17 aprile 2001].
Saluti da Davide Fasolo
----------
"Quando la vita è l'anima del commercio" di JEREMY RIFKIN*,
Jeremy Rifkin, , *Economista e filosofo americano, 55 anni, presidente della Foundation on
Economic Trends di Washington. Studia l'evoluzione della scienza e della tecnologia in
rapporto allo sviluppo economico, ambientale e culturale. Il suo ultimo libro: «L'Era
dell'accesso. La rivoluzione della new economy», pubblicato da Mondadori.
Corriere della Sera
Venerdì, 21 Aprile 2000
Commenti
Immaginate di svegliarvi una mattina e scoprire che ogni aspetto del vostro essere è
diventato una faccenda commerciale, che la vostra vita si è trasformata in una
ineguagliabile esperienza di shopping.
L'Età dell'Accesso è definita, sopra ogni altra cosa, dalla crescente
mercificazione di ogni esperienza umana. Nel mondo degli affari, il nuovo termine
operativo è life time value (LTV), cioè il valore del
tempo di vita dell'acquirente. Parliamo della misura teorica di quanto potrebbe valere un
essere umano se ogni momento della sua vita venisse mercificato dentro la sfera
commerciale.
(...)
----------
Thu Apr 27 14:26:31 2000
From: "G.M. Borrello" <borrello@f...>
Subject: [fondazionebassetti] Genoma: tre articoli
ESTRATTI
(i testi integrali degli articoli sono disponibili sul sito della Fondazione nel Percorso
sulle Biotecnologie [aggiornamento del 17 aprile 2001])
===================================
1.
Gianni Vattimo, "Genoma per tutti. Un limite ai buoni propositi liberisti", La
Stampa, 12 aprile 2000
------
<<Che fare? Intanto, applicare rigorosamente il divieto di commerciare, e dunque di
brevettare, il genoma umano, sancito dalla Dichiarazione universale sul genoma umano e i
diritti dell'uomo emanata dall'Unesco. E poi porsi seriamente il problema se e fino a che
punto conoscenze scientifiche del tipo di quelle legate al genoma possano circolare in
regime di libero mercato, come sembra accadere per ora con la "mappa" realizzata
dalla Celera Genomics in America. Questa della conoscenza del genoma, con le opportunità
e i rischi enormi che comporta, sembra un esempio emblematico di come, nonostante ogni
buon proposito "liberista", in futuro non si potrà non rafforzare il controllo
pubblico su larghi e decisivi settori della società. In definitiva, molto meglio un
Grande Fratello su cui possiamo esercitare qualche sia pur problematica pressione
democratica, piuttosto che un lontano parente privato che decide, in modo del tutto
imperscrutabile, sul nostro destino.>>
--------------------------------------
2.
Paolo Raineri, "Genoma, manipolati o salvati?", Avvenire, 11 aprile 2000
(Intervento di Paolo Raineri e Paolo Vezzoni, dell'Istituto di tecnologie biomediche
avanzate del Cnr di Milano e collaboratori di Renato Dulbecco) ------
<<Craig Venter da ricercatore degli Istituti nazionali di sanità di Bethesda nel
Maryland è passato a dirigere il progetto privato. Questo sta a dimostrare non solo che i
benefici sono enormi, ma che essi sono anche potenzialmente sfruttabili in termini
commerciali.>>
<<(..) non vi sono criteri assoluti e conseguenti vincoli riguardo il concetto di
"miglioramento" (..). Ci sembra che i tradizionali metodi di valutazione etica
siano spesso insufficienti o inadeguati, in ragione soprattutto del loro riferimento a
principi o norme troppo astratte e generali.>>
--------------------------------------
3.
Luigi Dall'Aglio, "Il marketing delle cellule", Avvenire, 11 aprile 2000
(Intervista al decano dei genetisti italiani, il gesuita Angelo Serra) ------
<<(..) in Usa, tra centri di ricerca e case farmaceutiche, sono in pieno sviluppo il
marketing e la clonazione di embrioni umani in vista di impianti di tessuti o
(eventualmente) di trapianti di organo>>
<<La scienza, quando impara a fare una cosa, prima o poi la fa. È così?
"La scienza si giustifica dicendo che si limita a offrire la 'possibilità di fare'.
È poi la tecnologia che 'fa' ed è responsabile di quanto può seguirne.(...)>>
Fri Apr 28 13:51:49 2000
From: "Enrico M. Ferrari" <e.ferrari@m...>
Subject: [fondazionebassetti] Mi presento
Cari amici,
su invito di Giovanni Borrello prendo parte a questo forum, tentando di dare un modesto
contributo alla discussione in corso che, vedo, verte su numerosi quanto ampi temi. Mi
sembra però doveroso prima di tutto presentarmi.
Sono Enrico Ferrari, 34 anni, giornalista e attualmente impiegato come "information
broker" (qualifica altisonante quanto vaga) a Kataweb, società del gruppo La
Repubblica-L'Espresso. Come giornalista scrivo da anni per gli inserti di Repubblica sui
maggiori temi dell'IT, dalle telecomunicazioni all'informatica a naturalmente Internet.
Sugli stessi temi ho anche partecipato, in qualità di autore testi, per la trasmissione
televisiva MediaMente, il che mi ha permesso di seguire da vicino, intervistandoli, grandi
pensatori moderni come Cerf , Rheingold, Maldonado ed altri. Pur scrivendo ed occupandomi
di informatica, in realtà il mio obiettivo è l'osservazione sociale ed il resoconto,
tanto che, come giornalista avrei voluto fare l'inviato di guerra o il corrispondente
estero. Più modestamente ho scritto reportage per alcune riviste di turismo. Mi sono
laureato in Sociologia con indirizzo mass media ad Urbino, dove ho presentato una tesi su
CD che ha sollevato non pochi problemi sia alla segreteria che in sede di dibattito con
una commissione allibita di fronte a questa inconsueta (per loro) tesi. Discutendo una
tesi sul rapporto fra Internet ed i mass media tradizionali mi sembrava doveroso
realizzarla in formato ipertestuale e presentarla così su CD-Rom, mai avrei pensato di
suscitare perplessità proprio in quella classe di educatori che per primi avrebbero
dovuto apprezzare il mio stimolo. Di questa mia esperienza è apparso un interessante
articolo di Vittorio Zambardino (che si sofferma sull'inadeguatezza della nostra classe
insegnante universitaria) nella sua rubrica dedicata ad Internet sul Venerdì di
Repubblica, dopo una mia lettera aperta al quotidiano La Repubblica ospitata nella sezione
Lettere della Palombelli.
Ho comprato il mio primo modem nel 1985 (con il ricavato dei libri del liceo, venduti dopo
la maturità) ed il mio primo cellulare nel 1990, seguendo parallelamente lo svilupparsi,
ed il fondersi, delle comunicazione telematica e "tradizionale".
Questa lunga autobiografia non vuole essere solo una agiografia autoreferenziale, ma una
presentazione per cercare di inquadrare la mia personalità a voi lettori di questo forum.
Mi scuso anche per lo stile dei miei interventi sicuramente meno rigoroso dei precedenti,
ma cercherò di mantenere una correttezza formale (e grammaticale!) adeguata.
Scusatemi, sono un giornalista, porto sulle spalle il fardello di una categoria popolata
da cialtroni.
Da una sommaria letta del forum ho ravvisato alcune tematiche importanti, ognuna della
quale meriterebbe un filone di discussione proprio: - Innovazione ed innovatori: la
responsabilità all'imprenditore o al singolo?
- implicazioni etico-ecologiche delle innovazioni - Diffusione ed importanza della
comunicazione nei processi innovativi - il ruolo del mercato e del consumatore nelle
innovazioni - Internet, una "nuova" comunicazione?
Mi scuso in anticipo se ho elencato superficialmente solo alcune delle tematiche trattate,
ma in questo momento mi sento come un bambino al quale abbiano messo davanti la bacheca
delle paste ed abbiano detto:"quale scegli?". Troppo cose tra le quali scegliere
e tutte troppo buone. Mi è quindi impossibile commentare ogni singolo tema proposto,
perchè ognuno richiederebbe ampia trattazione, e procederò quindi d'autorità a
lanciarvi alcune mie riflessioni su Internet e la diffusione della comunicazione.
Su MC-Link, storico provider Internet nazionale, già BBS amatoriale, nelle scorse
settimane ho contribuito a creare, nel forum interno chiamato Inter-Comments e dedicato
alle tematiche della comunicazione via Internet, una furiosa discussione sull'utilità di
Internet, della telematica, delle connessioni fisse alla Rete e della tecnologia in
generale.
Tutto è partito dai commenti di alcuni di noi, che pionieristicamente si sono fatti
installare una connessione ADSL per avere un collegamento permanente alla Rete.
La discussione si è fatta rovente quanto interessante: siamo davvero sicuri che ad utente
medio, ad una famiglia, serva una connessione permanente, o siamo invece di fronte
all'ennesima esca commerciale?
Un interessante libro, (Donald A. Norman, "Il computer invisibile", Apogeo)
esamina il rapporto tra tecnologie e consumatori, definendo bene le priorità di fruizione
di una nuova tecnologia secondo categorie facilmente identificabili. Gli
"innovatori" (questo termine è usato nel libro e non deve confondere con la
stessa parola già usata in questo forum) sono coloro che sono disposti a tutto pur di
avere una nuova tecnologia appena rilasciata, mentre per il resto delle persone ci sono
vari gradi di diffidenza, che vanno dall'acquisto della stessa tecnologia solo quanto
questa è stata abbondantemente testata dagli innovatori, fino al rifiuto sistematico
delle innovazioni.
Secondo il pensiero comune, io e gli altri che abbiamo installato una ADSL, non abbiamo
realmente bisogno di una connessione permanente, ma siamo solamente abbagliati dalla nuova
offerta commerciale come lo è un bimbo di fronte alla famosa bacheca delle paste.
Il mio pensiero è da sempre Internet-centrico. Ho avuto estrema di fiducia nel nuovo
mezzo sin dagli albori, quando in pochi matti usavamo modem lentissimi nel 1985 per
collegarsi a sparute BBS, ed adesso più che mai penso che Internet sia una straordinaria
rivoluzione culturale e tecnologica, paragonabile all'invenzione della stampa.
Sono convinto , e mi piacerebbe adoperarmi in questo senso, che tutti debbano avere il
più possibile accesso ad Internet.
Sono ancora più convinto che quel Paese che ignorerà l'epocale cambiamento introdotto da
Internet non sarà competitivo rispetto agli altri paesi: per il mio lavoro mi sono
imbattuto nei documenti programmatici governativi inglesi e tedeschi, ed i loro progetti
di sviluppo della Rete non fanno che rafforzare questa mia convinzione.
Sono sicuro che l'Italia sia già indietro in questa corsa, frenata dalla sua cultura
umanista che bolla, agli inizi, come "inutile" ogni nuova tecnologia. E'
capitato per la segreteria telefonica, per il fax e per il telefonino, che io utilizzavo
nel 1990, fra la derisione generale ("ma che te ne fai?" "ma a che ti
serve?" "non sei mica un manager"). Sta capitando per Internet, da noi
visto o come ottimo mezzo per trovare foto porno, o come inutile passatempo.
Non viene colta la straordinaria innovazione culturale di Internet, che rappresenta un
collettore di informazione unico grazie al quale su un solo medium posso finalmente
ricercare e trovare le informazioni che prima ero costretto ad inseguire attraverso radio,
giornali, tv e libri.
Non si è ancora capito che Internet non è solo un mezzo per vedere che tempo fa ad
Helsinki, ma un gigantesco tubo che trasporta in due sensi bit, quindi informazione, di
qualsiasi tipo essa sia. Da quando possiamo trasformare gli atomi in bit, l'informazione
improvvisamente non segue più le pesanti regole della distribuzione fisica dall'emittente
al ricevente (il libro stampato che faticosamente viene spedito e distribuito al lettore),
ma viene veicolata in modalità broadcast, da un emittente ad n riceventi. La grandiosa
forza della radio e della TV viene ora estremizzata da Internet (che per utilizzatori ha
uno sviluppo esponenziale rispetto alla diffusione della radio e della TV), consentendo al
ricevente di interagire con l'emittente. Su questa interazione molto si è detto e
scritto, e molto si discute se sia vera o solo fittizia: lascio a voi lo sviluppo di
questo tema.
Come lascio a voi altre tematiche tipiche di chi riflette su Internet: l'informazione è
davvero globalizzata? Esiste ancora il ruolo del mediatore o ognuno è autore-attore
dell'informazione veicolata? Su Internet si trova tutto o non si trova nulla?
Su una cosa sono assolutamente certo: è importante che tutti abbiano al più presto la
possibilità di accedere alla Rete, per il maggior tempo possibile, a costi bassi. Vorrei
anche dire che questi presupposti già ci sono, ma vengono mascherati dalle diffidenze
culturali (in Italia) verso il nuovo mezzo, ma sono disposto a ragionarci sopra.
Sull'importanza e la diffusione di Internet sono invece molto più dogmatico.
Subito, per tutti, in qualsiasi maniera: è una questione vitale.
Sun Apr 30 10:37:10 2000
From: "G.M. Borrello" <borrello@f...>
Subject: [fondazionebassetti] Internet come innovazione (Was: Re: Mi presento)
Bene ha fatto Enrico Ferrari a presentarsi; inviterei i nuovi partecipanti a fare
altrettanto (per quanto riguarda i membri dell'eGroup, nel Sito sono già presenti alcune
schede biografiche e altre saranno inserite). Il suo intervento mi sembra presenti delle
contiguità con i due report che Pitasi ha inviato all'eGroup in marzo e che sono oggi
pubblicati nel Sito (sotto il titolo "Le strategie dell'innovazione", nella
sezione Materiali) con riferimenti in calce che conducono anche alla Personal Home Page di
Norman.
Mi riferisco, in particolare, alla tipologia degli attori sociali; tra l'altro, Ferrari,
che parlando in base alla propria esperienza personale ci propone un caso attualissimo di
processo diffusivo di un'innovazione quale è Internet, rientrerebbe negli "early
adopters" . Inoltre, facendo riferimento ai documenti programmatici governativi,
l'intervento pone di riflesso in luce la questione della guida dell'Innovazione, o, per
meglio dire, della guida del processo diffusivo dell'Innovazione.
Ma veniamo alle domande che pone.
Riguardo all'interazione --se sia "vera" o "fittizia"-- sarei tentato
di rispondere che essa è vera perché c'è. Se invece si intende fare riferimento alla
sua virtualità, direi: nel campo della comunicazione, quale interazione non è
"virtuale"? Ma mi chiederei il perché del cercare una risposta, visto che,
secondo me, l'interazione in Internet non possiede caratteri tanto peculiari da renderla
diversa da... da quale altro "genere" di interazione? Ciò che facciamo
attraverso Internet non lo considero "altro da", quindi: perché porsi la
domanda con riferimento specifico alla Rete? La Rete, se la utilizziamo, è nelle nostre
vite così come le nostre vite sono (anche) in Rete. Per esempio, l'interscambio
comunicativo che si sviluppa in questo forum --a parte il fatto che, in alcuni casi, è un
prolungamento di incontri "de visu", contatti telefonici, ecc.-- consente le
stesse dinamiche che deriverebbero dal partecipare a una tavola rotonda.
In uno dei documenti preliminari allo sviluppo della presenza in Internet della Fondazione
avevo scritto qualcosa a riguardo, con riferimento ai forum come il nostro. In sintesi,
ritenevo (come ritengo) che non avesse molto senso chiedersi se l'interazione on-line sia
fittizia, perché "si sta al gioco" non diversamente da come "stiamo al
gioco" in altre occasioni della vita di tutti i giorni.
Una seconda domanda di Ferrari riguarda la globalizzazione dell'informazione e, a mio
parere, viene completata dal chiedersi se, nel mondo dell'informazione, esista ancora il
ruolo dell'intermediario e se la "knowledge augmentation", che, di primo
acchito, deriverebbe dall'utilizzo della Rete, rappresenti un "improvement".
Risponderei che l'informazione è globalizzata, sì , ma questo non significa molto
(almeno, non per la gran parte degli utenti), perché, unitamente all'"information
overload" prodotto dalla Rete (ma non solo da essa), conduce a fletterci su noi
stessi, cioè ad allontanare le possibilità di espansione della conoscenza, che il mezzo
indubbiamente offre.
Il ruolo dell'intermediario esiste eccome: è vero che Internet consente di saltare
svariati passaggi che, invece, di altri media sono elementi strutturalmente integranti (e
questo mi sembra uno degli aspetti che la rendono un medium davvero
"innovativo"), ma, proprio per tale motivo, siamo noi per primi che andiamo alla
ricerca di un'intermediazione, di qualcuno (information-broker), o di qualcosa (portali,
motori di ricerca settoriali),che faccia da tramite tra le nostre esigenze e l'universo
informativo che è "là fuori". E, per l'appunto, l'intrigante questione che non
da ieri è sorta concerne i servizi di "news alert", o di "search
alert", nonché gli "agenti elettronici" (chiamati in diversi modi:
"Web bots", o "Web crawlers"), cioè quei servizi e quei software per
l'acquisizione di informazioni che possiedono un potere elevato (va da sè che è di chi
li ha realizzati) nel fornirci (qualcuno direbbe "propinarci") un
"sapere" di un tipo piuttosto che di un altro. Questo lo sa molto bene chi, da
un punto di vista sociologico, si occupa di Commercio Elettronico e dei relativi
"tools".
Credo che le domande con cui Ferrari ci porta a confrontarci possano essere collegate ai
seguenti interrogativi: perché, nel campo delle tecnologie dell'informazione, Internet
andrebbe considerata quale innovazione epocale?
Dove ci sta portando questa rivoluzione o presunta tale? Da chi dipende la sua evoluzione?
Non certo dai semplici utilizzatori, anche se ne sono attori tra i tanti. Forse, allora,
dai Governi che intendono favorirne lo sviluppo con delle "policy"? Dai giganti
delle varie "industry"? Oppure, ancora, la Rete stessa è ormai un sistema, un
unico complesso meccanismo, autoevolvente?
Ma, alla fine: ha senso chiedersi tutto ciò?
Sì, ha senso. O meglio: apprezzeremo davvero quanto abbia senso chiederselo, nel momento
in cui lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione produrrà fenomeni confliggenti con
le nostre convinzioni e col nostro modo di vivere.
Perché non è affatto bello essere dominati da un'Innovazione.
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