Il Sole 9/10/07
FRancesca Cerati
Quegli studi genetici ereditati da Venter
Nessun clamore. Sulla stampa americana l'annuncio del primo cromosoma artificiale a
opera dell'équipe di Craig Venter non è andato sulle prime pagine. E anche la borsa
del comparto biotech è rimasta indifferente di fronte alla notizia che lo
scienziato-imprenditore ha diffuso venerdì scorso sulle pagine del quotidiano
britannico «The Guardian». Complice, forse e in parte, le vacanze del Colombusday.
L'annuncio ufficiale. della scoperta, che al momento non è ancora stata pubblicata su
alcuna autorevole rivista scientifica, è stata invece data ieri in occasione di un
convegno a San Diego.
«Le premesse perché Venter riesca nel suo intento, cioè introdurre un cromosoma
artificiale in un micoplasma, ci sono tutte e lo scienziato non è certamente l'uomo
che "le spara grosse" se non è sicuro del suo risultato - premette Fabrizio d'Adda di
Fagagna, group leader dell'Ifom, Istituto Firc di oncologia molecolare di Milano -.
Detto questo, ritengo che la scoperta sia un grosso passo in avanti da un punto di
vista tecnologico, ma concettualmente non è tanto distante da quello che, a partire
dagli anni Ottanta, hanno e continuano a fare tutti i ricercatori. È infatti ormai
una routine selezionare un gene e farlo esprimere all'interno di microrganismi. Il
concetto di prendere un essere vivente, modificarlo e fargli esprimere qualcosa di
diverso è quindi una tecnica già nota e usata». Tecnica, tra l'altro, che ha proprio
come padri i vincitori del premio Nobel per la medicina assegnati ieri a Mario
Capecchi, Oliver Smithies e Martin Evans. Craig Venter è quindi "figlio" di questa
scoperta. Ma non è certo il solo. «Il vantaggio di Venter - continua d'Adda di
Fagagna - è di aver trasferito i geni con una tecnologia molto più avanzata. Per
fare un esempio molto semplice possiamo dire che con lui siamo passati dalla
bicicletta al camion. Finora eravamo in grado di trasportare in una cellula da uno
a tre geni, con la sua tecnica i geni possono essere molti di più».
Lo scienziato americano, come già aveva fatto per il sequenziamento del Dna, procede
per gradi: inizia sugli organismi più semplici per arrivare via via a quelli più
complessi. Al momento, infatti, il cromosoma artificial eviene inserito in un
micoplasma, un microrganismo più semplice di un battere che cresce all'interno di
altre cellule perché non è in grado di vivere da solo. «Ciò che potrebbe dargli
davvero la gloria è la creazione del cromosoma umano artificiale, perché a quel
punto rivoluzionerebbe in maniera radicale la terapia genica - sostiene d'Adda-.
Alla base della cura delle malattie genetiche c'è infatti l'inserimento del gene
sano attraverso un vettore, che oggi è un virus inattivato. Ma non sempre la
terapia funziona, perché il virus-trasportatore potrebbe inserirsi in una zona non
corretta del genoma, attivando o disattivando geni che non sono implicati nella
malattia. Diverso è invece aggiungere un cromosoma artificiale che porta
l'informazione giusta per correggere il difetto genetico. In altre parole, il
cromosoma artificiale non interferiSce sul Dna, ma fornisce un'informazione in
più».
Ovviamente è ancora fantascienza, ma non dimentichiamo che Venter ci ha abituati
bene: tra il sequenziamento del genoma dell'Haemophilus influenzae, avvenuto per la
prima volta nel 1995 e quello umano a opera del Progetto genoma umano e Celera
Genomics (di cui faceva parte Venter) nel 200l sono passati solo sei anni. E lo
scienziato statunitense non fa alcun mistero di quello che è il suo obiettivo:
creare organismi artificiali per produrre energia alternativa e disinquinare
l'aria. Ma se escludiamo quest'ambito, quali reali implicazioni si potranno avere
in medicina? «Sicuramente sarà un'importante svolta nella terapia genica, ma
malattie come il cancro o i trapianti sono troppo complesse per beneficiare di
questa scoperta». Nel primo caso il problema è riuscire a far entrare il cromosoma
artificiale che trasporta il gene che rallenta la crescita tumorale in tutte le
cellule neoplastiche; nel secondo, l'ostacolo è legato al polimorfismo del genoma:
non è possibile realizzare un cromosoma artificiale utile per tutti da usare come
terapia antirigetto. Ne occorre uno per ogni singolo paziente. E si torna a parlare
di medicina personalizzata.