DARWIN GENNAIO-FEBBRAIO 2008 ROBOTICA Recentemente i media di tutto il mondo si sono divertiti a raccontare che tra qualche decennio i rapporti tra uomini e robot potrebbero entrare in una nuova era, fatta di sentimenti e di eros. La previsione è stata avanzata dallo studioso di intelIigenza artificiale David Levy in un libro dal titolo Love + sex with robots.l1 ricercatore dell'università di Maastricht sostiene che gli amanti-compagni androidi potrebbero essere una realtà già nel 2025. Dapprima saranno bambolotti erotici sempre più sofisticati. poi potremmo imparare a programmarli in modo da trasformarli in oggetti-soggetti d'amore. Capaci di discutere di arte o politica, a seconda delle preferenze. Di farci il complimento giusto al momento giusto, e magari anche qualche scenata per tenere vivo il rapporto. Finché nel 2050 qualcuno vorrà sposare la propria metà cibernetica e qualche stato - l'Olanda? Il Massachusetts? - inizierà a consentirlo. Roba da pazzi? Si, certo. Anche perché se le previsioni fantascientifiche degli anni '70 si fossero avverate, oggi vivremmo già tutti tra le stelle in compagnia degli alieni. Ma per quanto una prospettiva del genere possa scandalizzare qualcuno, l'idea è intrigante e non è neppure nuova. Già nel 1938 Lester del Rey aveva immaginato in Helen O' Loy una storia d'amore tra un androide dalle sembianze femminili e uno dei suoi creatori. Allora la parola «robotica» non esisteva neppure. A coniarla è stato Isaac Asimov nel 1942 in Runaround, il racconto in cui compaiono per la prima volta anche le famose tre leggi della robotica. Quelle che dovrebbero garantire una pacifica coesistenza tra uomini e robot, ma la fantascienza, si sa. è piena di imprevisti. I robot che esistono oggi, ovviamente, sono assai diversi da quelli di romanzi e film. Non sono in grado di distruggerci e tanto meno di farci innamorare. Ma la robotica continua a esercitare una forte attrazione e a porre sfide appassionanti dal punto di vista scientifico. Come lo sforzo continuo per varcare il confine tra naturale e artificiale, che rappresenta il focus di questo speciale di darwin. Ciò che differenzia un robot da una macchina qualsiasi è la capacità di combinare l' automazione con l'azione e anche con un certo grado di mobilità. Per migliorare le interazioni tra noi e loro, i prototipi contemporanei stanno diventando sempre più degli umanoidi. Ma gli ingegneri hanno molte altre fonti di ispirazioni a cui attingere in natura. Come racconta la rassegna scritta da un trio di ricercatori dell'Università di Zurigo, gli organismi biologici stanno offrendo spunti preziosi per lo sviluppo della robotica. Imitando morfologie e materiali del mondo vivente, infatti, è possibile migliorare le performance delle creature artificiali. Che i rapporti tra biologia e robotica siano fecondi, lo dimostra anche l'articolo scritto da Gerald Edelman. Il biologo americano, vincitore nel 1972 del Nobel per la medicina. descrive un programma di ricerca che esplora le potenzialità di robot equipaggiati con sistemi simil-cerebrali. Questi robot, che guarda caso si chiamano «Darwin», hanno dimostrato di poterci insegnare qualcosa anche sul nostro modo di pensare e di imparare. Per assomigliare davvero agli organismi viventi, però, i robot dovrebbero riuscire anche ad autoreplicarsi. Il giornalista di Science Adrian Cho racconta che la ricerca prosegue faticosamente anche in questa direzione, con piccoli progressi e grossi ostacoli da superare. Ma questa. come dice Cho. potrebbe essere una buona notizia: le previsioni più fosche della fantascienza. a quanto pare, sono destinate a non avverarsi per molto tempo ancora.