«Il primo incontro con l’allora professor Bassetti assistente del professor De Maria, fu a un esame di economia politica. Erano gli anni Sessanta e il testo su cui lui ci impegnava titolava Lo stato sociale moderno, guardando, già allora, al di là delle frontiere. Come assessore al bilancio del Comune di Milano fece, dalla sua Ragioneria, i primi tentativi di programmazione economica prodromici a quelli della nostra Regione. E sotto la sua presidenza, la Regione Lombardia impugnò una legge dello Stato per invasione delle materie regionali, dando inizio in certo senso alla sua battaglia per un’autonomia regionale». Nelle parole di Sandro Bertoja, presidente dell’Associazione Consiglieri della Regione Lombardia, il ricordo di un Piero Bassetti innovatore dentro le istituzioni fin dai tempi della suo contributo all’interno dell’università.
A lui, ai suoi 96 anni, è stato assegnato un premio, «un orologio che segna il tempo che non finisce mai» dice il segretario generale Alessandro Patelli, consegnato nella Sala del Gonfalone, il 10 dicembre durante l’assemblea del Consiglio dell’Associazione Consiglieri della Lombardia.
«Un premio senza meriti, considerato che l’età di per sé non può esserlo», ha detto il presidente Piero Bassetti, «che però può assumere un senso politico se si pensa che 90 anni sono stati un’alba di un giorno che comincia. Qualcosa è stato fatto, ma molto resta da fare. Oggi, molto più che durante la mia presidenza, credo che la Regione sia sfidata a un compito storico. Noi stiamo infatti costatando la fine dell’idea di nazione, e parallelamente, dobbiamo prendere atto che non si fa l’Europa con ventisette componenti, ognuno di esse per altro in crisi di democrazia. La stessa battaglia per il regionalismo si è modificata, dovendo comprendere il nord d’Italia nel suo insieme, e non le regioni al suo interno. Viviamo in un mondo in cui tecnica e competenza sono dominanti e, ciò nonostante, mettiamo a sistema un potere sulla competenza dell’incompetenza, con conseguenze drammatiche anche per la partecipazione al voto. Eppure, rivendicare titoli e diritti della democrazia di base oggi è una sfida necessaria, intellettuale e non solo politica, perché il mondo non può tornare a una forma di organizzazione del potere come quella che abbiamo vissuto. Le sfide, quindi, sono aumentate: le cronache di questi giorni, ci dicono che abbiamo il potere di far saltare per aria il mondo, ma siamo completamente privi di strutture di comando e di potere per farlo funzionare democraticamente. C’è da ricostruire, in definitiva, il rapporto tra libertà e futuro e insieme il rapporto tra sapere e potere che oggi è diventato un problema serissimo rispetto al quale la politica sembra disarmata. È innegabile che la scienza, e quindi il sapere, sono cresciuti a un ritmo ai nostri tempi ignoto, cosa che rende indispensabile adeguare i tempi di corsa delle nostre istituzioni ai tempi della Storia».