IL MANIFESTO, 17 FEBBRAIO 2002

LUCA TANCREDI BARONE 
 
Ricercatori senza conflitto d'interessi

Un decalogo per gli scienziati che scrivono sulle maggiori riviste
scientifiche 

---------------------------------------------------

Uno spettro si aggira fra le pagine delle paludate riviste
scientifiche mondiali: si chiama "conflitto di interessi", ma
stavolta non ha nulla a che fare con il Presidente del Consiglio o
con i membri del suo gabinetto. E nulla a che vedere con televisioni,
quotidiani, riviste, cinema, case editrici, compagnie assicurative,
fondi pensione e squadre di calcio. Stavolta è qualcosa che forse ci
sta ancora più a cuore: si tratta della nostra salute e della qualità
della ricerca scientifica.

In tempi in cui i bilanci dei paesi di tutto il mondo diventano
sempre meno generosi con la ricerca, gli scienziati sono costretti ad
accettare, volenti o nolenti, finanziamenti sempre più cospicui da
parte di privati interessati. E spesso senza questi finanziamenti non
sarebbe possibile raggiungere importanti progressi e ottenere nuove
scoperte. Questo è ancora più evidente nel campo bio-medico, dove chi
finanzia ha un interesse molto concreto nella riuscita delle
ricerche. E spesso impone veri e propri contratti capestro, come
accade frequentemente negli Stati uniti: la pubblicazione dei
risultati è vincolata all'approvazione del finanziatore, che può
bloccare o ritardare l'uscita di conclusioni a lui sfavorevoli, ad
esempio di studi sulla scarsa efficacia o sulla tossicità di un
farmaco.

La questione è grave e non certo nuova: tant'è che l'anno scorso
piano piano le principali riviste scientifiche in campo bio-medico di
tutto il mondo hanno compiuto un passo inedito e rivoluzionario.
Hanno deciso che tutti gli autori degli articoli scientifici
pubblicati e i referees (i revisori degli articoli stessi) devono
dichiarare apertamente i propri potenziali conflitti di interesse.

Il Journal of the American Medical Association (Jama) in qualche modo
lo faceva già da molti anni. Ma, come in un sorprendente effetto
domino, riviste di punta come Nature, o il British Journal of
Medicine, o ancora Lancet o il New England Journal of Medicine - il
gotha della scienza bio-medica mondiale - a poche settimane di
distanza l'una dall'altra hanno deciso che per salvare la propria
reputazione e quella della medicina stessa bisognava inaugurare una
nuova era. Senza obblighi formali se non con la propria coscienza, e
con chi in futuro potrebbe smascherarli, i ricercatori devono ora
auto-certificare la propria potenziale condizione di scarsa
obiettività in calce ai propri articoli o alle proprie valutazioni
sugli articoli altrui.

Scriveva Nature lo scorso ottobre: "questa nuova politica non è
basata sulla supposizione che gli interessi commerciali dei
ricercatori li portino automaticamente a una mancanza di integrità
nella loro ricerca. Piuttosto, è basata sul riconoscimento della
presenza di un potenziale problema". Mentre Jama osservava a luglio:
"in un mondo ideale, i medici, i pazienti e l'opinione pubblica non
dovrebbero preoccuparsi dei conflitti di interesse"; ma poiché
viviamo in un mondo reale, "speriamo che dichiarare i propri
coinvolgimenti economici aiuterà ad assicurare l'integrità della
scienza medica, a mettere i lettori nella condizione di interpretare
i risultati degli studi scientifici appropriatamente e a mantenere la
fiducia pubblica nella ricerca bio-medica".