LA REPUBBLICA, 12 aprile 2002
I paraocchi sull'ambiente
di Tullio Regge
----------------------------------
Diluviano gli appelli ambientali.  Punto qualificante di ogni
appello che si rispetti rimane il "Principio di precauzione" di cui
esiste ormai una dozzina di versioni tutte candidate al rango di
verità suprema.  Citiamo quella di Scienza e Ambiente 2002: "Quando
ci si propone di introdurre nuove sostanze o nuove tecnologie
nell'uso quotidiano bisogna partire dalla presunzione che esse
possano avere un effetto nocivo sull'uomo; perciò, prima di
commercializzarle e utilizzarle su larga scala, bisogna sottoporle ad
un'analisi preventiva dei danni e dei benefici che possono procurare
alla salute dell'uomo e dell'ambiente in cui l'uomo vive".
Il principio ha importanti conseguenze sul piano legale.  L'onere
della prova ricade su chi introduce nuove sostanze e fin qui non ho
obiezioni.  Il principio richiede tuttavia un approccio molto severo
nella Valutazione preventiva dei danni, un punto su cui occorre
procedere con cautela.  In primo luogo occorre un autority al di
sopra di ogni sospetto che decida le regole ma l'esperienza recente
dimostra che queste istituzioni sono solitamente riserva di caccia
dei politici.  Il danno inflitto da una sostanza deve essere inoltre
confrontato con i possibili benefici secondo la logica del meno
peggio.  Un esempio ben noto è quello della Sardegna dove il Ddt ha
posto fine alla malaria, e i possibili effetti negativi, peraltro
temporanei, sono stati ampiamente compensati dalla scomparsa di un
morbo secolare.  Oggi sconsiglierei in ogni caso l'uso massiccio del
Ddt.
Conta il contesto storico ed ambientale e non possiamo ridurre il
principio ad una rudimentale applicazione di sì/no separati per
ciascuna sostanza o tecnologia.  Collegato al principio di
precauzione il "riduzionismo biologico", una tesi che poggia su due
ipotesi non sempre valide: (a) le esposizioni ambientali che contano
sono poche ed agiscono ad alte dosi; (b) la prevenzione e la terapia
delle malattie poggiano sul controllo di queste esposizioni.
La 'analisi preventiva dei danni e dei benefici che possono
procurare alla salute dell'uomo e dell'ambiente in cui l'uomo vive,
non è purtroppo impresa per i teneri di cuore.  Occorre precisare la
scala dei tempi: la sicurezza assoluta non esiste ma in compenso
impera il senno di poi e il delirio burocratico, endemico in Italia
sin dai tempi di Costantino.  Nessuno può anticipare cosa accadrà
fra poche decine di anni e la pretesa di salvare l'ambiente con una
serie di sì e no è arrogante.  Così come appare il principio sembra
lo strumento perfetto per bloccare sviluppi ideologicamente
indesiderabili, basta tirare sul prezzo.  La storia naturale ci
insegna che la stessa esistenza dell'uomo è dovuta a una serie
fortuita di disastri planetari, al più possiamo accontentarci della
navigazione a vista.  Infine la complessità degli organismi viventi
non consente una analisi preventiva sicura al 100%.
Il principio è incompleto e distrae l'attenzione da aggressori ben
noti da tempo.  Si preoccupa molto per le nuove sostanze ma nulla
dice su prodotti e abitudini nefaste da sempre in libera
circolazione.  La pletora di appelli che ci piove addosso si riduce a
un silenzio di tomba sul tabacco e in genere su prodotti
tradizionali nocivi alla salute.  Quelli che si indignano per un
biscotto contenente mais Ogm guardano dall'altra parte o danno segni
di noia e insofferenza quando si citano i 35.000 casi di tumore
l'anno causati dal fumo in Italia, il parlar male del fumo non è
"in".  La cosiddetta "sindrome X", l'associazione tra obesità,
ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari (cui si possono
aggiungere verosimilmente i tumori del colon) è estremamente diffusa
nel mondo moderno ed è quasi certamente legata a errata alimentazione
incoraggiata da aberranti pratiche commerciali.  Dicono che il pesto
fatto con germogli di basilico contenga metileugenolo, un potente
cancerogeno. Sarà vero?  Varrebbe la pena di controllarlo ma i
nostri irriducibili contestatori delle magliette di cotone Ogm
continueranno a guardare dall'altra parte.  Metà della cause che
scatenano i tumori sono ancora ignote e potrebbero essere collegate
a sostanze di uso comune ed al di sopra di ogni sospetto, lo era
l'amianto fino a pochi decenni or sono.  Il principio non basta,
occorre potenziare la ricerca epidemiologica e avviare una campagna
di informazione adeguata che ci liberi dalla pletora di leggende
metropolitane care a tanti attivisti dell'ambiente.