da REPUBBLICA.IT - Economia, 6 Gennaio 2001
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Se è vera recessione sarà la prima dell'era Internet, e finora 
la Fed non evita il disastro

La frenata della net economy angoscia gli Stati Uniti

dall'inviato FEDERICO RAMPINI    

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 SAN FRANCISCO - Neanche l'artiglieria pesante della Federal Reserve
- il forte taglio dei tassi d'interesse Usa - ha salvato Wall Street.
Soprattutto per il listino tecnologico del Nasdaq ieri è stata
un'altra débacle. Il mercato è convinto che l'America si avvia verso
una crisi e che l'epicentro è la New Economy. Se sarà vera
recessione, sarà la prima dell'èra Internet: le nuove tecnologie
scandiranno tempi e modi di questo ciclo.

Nel giorno in cui il Nasdaq dimenticava Greenspan per scivolare
sempre più giù, la California ha visto soccombere un altro simbolo
della New Economy: la E-Toys di Santa Monica, il più celebre sito
specializzato nella vendita di giocattoli su Internet, licenzia 700
dipendenti su mille. Il fallimento è vicino. "Un anno fa sembrava
un'azienda modello che si sarebbe mangiata i negozi tradizionali -
dice Sean McGowan della Gerard Klauer Mattison - oggi è lei ad essere
mangiata dal mercato". Una storia esemplare.

La crisi di molte Net-aziende non è la fine della New Economy, cioè
delle innovazioni che essa impone: il colpo fatale per E-Toys è
giunto quando la maggiore catena di supermercati tradizionali del
giocattolo, Toys-R-Us, si è alleata con Amazon e ha triplicato le
vendite su Internet. La Old Economy ha adottato la New,
sbaragliandone i virgulti più fragili.

La crisi imminente è annunciata da altri segnali sinistri. A Palo
Alto, epicentro della Silicon Valley californiana, accorrono in massa
"avvocati-avvoltoi" specializzati nell'assistere gli imprenditori sui
licenziamenti collettivi: troppo giovani, molte Net-aziende hanno
solo esperienza di assunzioni, per gli esuberi non sanno come si fa.
Nella Baia di San Francisco - nove milioni di abitanti concentrati
sulla zona più ricca e tecnologicamente avanzata del pianeta - si
prevedono 23.000 licenziamenti nei prossimi due anni. "La New Economy
non scompare certo - dice l'economista Ken Rosen, presidente del
Fisher Center for Urban Economics all'università di Berkeley - ma
tante aziende che hanno vissuto la prima fase non vedranno mai la
seconda".

Per ora qui sulla West Coast non ci sono tracce di una vera crisi
come quella che già incombe su Detroit e l'industria dell'auto. Nella
Silicon Valley le poche decine di migliaia di dipendenti licenziati
da Net-aziende in crisi hanno trovato subito nuovi posti di lavoro.
Ma un cataclisma "esterno" alla New Economy può far deragliare la
locomotiva californiana: la penuria di energia elettrica, figlia di
una deregulation zoppa e incoerente, è a livelli di guardia. Tutti
gli occhi sono puntati su questo Stato, sesta potenza industriale del
mondo con un Pil superiore all'Italia. "L'occupazione californiana
era cresciuta due volte di più che nel resto degli Stati Uniti - dice
Nancy Lazar dell'International Strategy and Investment Group -, se
rallenta la California l'America si ferma".

La caduta del Nasdaq ( - 40% nel 2000) ha riportato coi piedi per
terra i colossi tecnologici affacciati sul Pacifico, dopo un biennio
ruggente in cui manager e dipendenti resi miliardari dalle
stock-options avevano rischiato il delirio di onnipotenza. Le
gerarchie del capitalismo americano si riassestano, i rapporti di
forza trovano un nuovo equilibrio dopo il terremoto del 1998-99.
Solo dieci mesi fa la Microsoft di Seattle, la Cisco e la Intel della
Silicon Valley erano rispettivamente la prima seconda e quarta
società più ricche del mondo per la capitalizzazione in Borsa. Oggi
la Cisco è retrocessa in quarta posizione dopo General Electric,
Exxon-Mobil e Pfizer; Microsoft è finita sesta dietro i grandi
magazzini Wal-Mart; Intel decima dopo la Citibank. Nel gennaio scorso
il portale Yahoo in Borsa valeva più di Ford e General Motors
assieme: ora pesa un quarto. E Yahoo è un'impresa che guadagna; ma
che dire della Akamai (fornitore di tecnologie per siti Internet) che
pur avendo chiuso il bilancio in profondo rosso un anno fa valeva più
del gigante petrolifero Texaco? Da allora il suo valore di Borsa è
crollato del 94%.

Quella che si avvicina sarà davvero la prima crisi all'insegna della
New Economy avrà tempi e modi inediti. Nell'ultimo decennio
l'economia americana ha attraversato trasformazioni profonde:
l'importanza della Borsa per il risparmio delle famiglie è cresciuta
a dismisura; gli immensi investimenti in tecnologie hanno reso più
efficienti le aziende e più produttivi i lavoratori; Internet ha
moltiplicato la velocità di circolazione delle informazioni. Queste
rivoluzioni condizioneranno anche la crisi.
Con un mercato azionario che oggi vale il 180% del Pil americano (era
il 60% dieci anni fa) e dove 84 milioni di risparmiatori investono il
loro futuro (52 milioni nel 1990) la caduta dei listini scatena una
contrazione dei consumi. Molti consumatori cominciano a sentirsi più
poveri e reagiscono. Questo Natale austero, che ha visto la più bassa
crescita di acquisti negli ultimi dieci anni, ne è la prova.

Anche la straordinaria modernizzazione degli Stati Uniti ha il suo
rovescio. Dal momento che ben oltre la metà delle famiglie americane
ha ormai un personal computer a casa (senza contare quelli che usa in
ufficio o a scuola), il consumatore è ormai saturo, il pc diventa un
bene maturo quasi come l'auto che ha solo un mercato "di
sostituzione". Finchè l'industria tecnologica non inventa nuovi
prodotti e tecnologie da imporre come essenziali, il boom delle spese
familiari per l'informatica resterà un ricordo.

Lo stesso vale per le imprese: hanno investito tanto per
equipaggiarsi di informatica e Internet all'ultimo grido; oggi molte
aziende hanno più tecnologia di quanta gliene serva, e tagliano gli
investimenti. In alcuni settori - le fibre ottiche - la
sovraccapacità affligge anche tecnologie d'avanguardia.
I protagonisti della New Economy puntano sulla "banda larga":
l'accesso a Internet ad alta potenza che consentirà di scaricare
velocemente immagini e musica. Ma per il momento strozzature
nell'ultimo miglio e monopoli locali frenano la diffusione della
banda larga tra i consumatori. Tremano i giganti delle
telecomunicazioni che hanno investito sulla terza generazione dei
cellulari (telefonini con accesso a Internet): il rodaggio della
nuova tecnologia incontra qualche problema, e resta da dimostrare che
vi saranno applicazioni di massa redditizie. Intanto la New Economy è
rapida anche nei riflessi di crisi: le aziende "sentono" l'evoluzione
del mercato istantaneamente, si aggiustano (cioè licenziano e
chiudono) molto più in fretta. "Oggi puoi comprare software su
Internet in pochi minuti - osserva il chief economist della Goldman
Sachs, Bill Dudley - ma per cancellare l'ordine bastano pochi
secondi".

Sarà crisi dura, o solo rallentamento di una crescita che negli
ultimi anni era diventata folle? La differenza è poca. Dopo aver
corso a 120 all'ora, passare a 30 è una frenata brutale. Per Sung Won
Sohn della banca Wells Fargo, "è come essere declassati da un albergo
di lusso a un motel due stelle: non è l'ospizio dei poveri, ma fa
male". Per ora il tasso di disoccupazione americano (4% della forza
lavoro) resta ai minimi della storia, e metà di quello europeo.
Tuttavia a qualcuno toccherà sperimentare le asprezze sociali della
crisi, in un'America che Bill Clinton lascia più ricca ma meno
socialmente protetta di dieci anni fa.
Come disse il presidente Harry Truman: "La Recessione è quando il tuo
vicino perde il lavoro. La Depressione è quando lo perdi tu".

(6 gennaio 2001)