LE SCIENZE, febbraio 2002, p.10

Il conflitto d'interessi dello scienziato

La partecipazione ai profitti generati dalle innovazioni
tecnico-scientifiche stimola la ricerca ma pone al contempo pressanti
quesiti

Serena Pizzo

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Negli anni cinquanta e sessanta le discussioni etiche vertevano
principalmente sull'uso della fisica e dell'ingegneria per la
costruzione di nuove armi.  Negli anni settanta e ottanta è stato
necessario mettere a fuoco un'etica dei problemi ambientali.  Oggi
la maggior parte delle discussioni etiche ha a che fare con le
scoperte della biologia e con i riflessi che hanno su tutti noi.
Parliamo del grande cambiamento nel rapporto tra scienza e opinione
pubblica con Maurizio Iaccarino, vice direttore generale dell'UNESCO
per quattro anni e oggi tornato all'Istituto di genetica e biofisica
del CNR di Napoli che aveva già diretto fino al 1993.  Capelli
brizzolati, sguardo attento, metà della propria vita "prestata" alla
ricerca, Iaccarino è considerato uno dei massimi esperti europei
dell'impatto sociale della ricerca scientifica contemporanea.  In
particolare, è uno dei più acuti osservatori non soltanto delle
reazioni dell'opinione pubblica di fronte al maturare di nuovi
risultati e di nuovi orizzonti nella ricerca, ma anche dei
cambiamenti che avvengono nel profilo individuale e complessivo dei
ricercatori.
"L'etica della scienza è sempre di più un collettivo: coinvolge
tutti gli scienziati a livello personale, ma anche le istituzioni"
afferma Iaccarino. "I ricercatori, a volte perché troppo impegnati
nel loro lavoro, altre volte per interessi economici e finanziari,
tendono a dimenticare il valore del dialogo con il mondo circostante.
Ai miei colleghi dico che bisogna ricominciare a confrontarsi e sono
convinto che il luogo migliore per aprire un dibattito etico siano le
singole società scientifiche di ogni paese, perché i problemi etici
posti dall'impiego delle nuove tecnologie si originano da settori
differenti della scienza e hanno diversa rilevanza nelle varie
culture. Bisogna riaprire un dialogo ricordandosi che la dignità
umana non può in alcun modo essere violata, nemmeno dalla ricerca
scientifica."
Un elemento che accentua questa crisi nel dialogo è individuato da
Iaccarino nel cambiamento sempre più radicale dei rapporti tra
ricerca pubblica e privata.  Con una crescita relativa e assoluta di
quest'ultima. "Le ricerche condotte grazie a fondi privati - egli
spiega - aumentano a dismisura, e con loro anche gli scienziati con
problemi di conflitto di interessi.  Addirittura non è difficile oggi
trovare ricercatori che, pur lavorando nel servizio pubblico, sono
proprietari di brevetti.  Il primo allarme lo ha lanciato la Food and
Drug Administration: secondo l'ente di controllo statunitense, molti
farmaci potrebbero non essere commercializzati a causa della
mancanza di una valutazione scientifica realmente indipendente. E'
sempre più difficile, infatti, reperire esperti che non conducano
ricerche anche per industrie private e che non abbiano, dunque,
problemi di conflitto di interessi."
Non esiste un dato sicuro su quanti siano gli scienziati coinvolti
con gruppi industriali.  Stando a un'inchiesta pubblicata dal
quotidiano "USA today" nel 1998, almeno 300 esperti della FDA,
appartenenti a 18 dei gruppi di controllo sui farmaci, portavano
avanti ricerche con fondi privati, e ben il 33 per cento avrebbe
ammesso problemi di conflitto di interessi.  Quali le conseguenze?
"Il problema del coinvolgimento degli scienziati in studi finanziati
da soggetti privati è un problema scottante.  Almeno in queste
proporzioni.  Accade sempre più di frequente che ricercatori e
scienziati creino, di fatto, disinformazione per motivi economici.
La pubblicità che ottengono grazie ai mass media consente infatti di
garantirsi ricchi finanziamenti."
E la colpa non è sempre e comunque dei ricercatori. "A incoraggiare
i ricercatori a servirsi degli incentivi privati è la maggioranza
dei Governi dei paesi OCSE.  Una spinta che è iniziata negli Stati
Uniti già alcuni anni fa e che ora si sta estendendo.  I grandi
gruppi industriali, alla fine, sono gli unici in grado di finanziare
studi che possano salvare milioni di persone.  Prendiamo come
esempio le ricerche su alcune linee di cellule staminali: il Governo
americano ha vietato per legge i fondi pubblici, ammettendo però,
anzi imponendo, il ricorso ai fondi privati." Un problema, questo,
che sta sollevando le proteste sempre più estese delle associazioni
dei malati che chiedono che queste ricerche non siano lasciate
unicamente in balia della logica del profitto e che siano
intensificate.  E neppure in balia delle ideologie che in nome della
natura o della religione vorrebbero frenare alcune ricerche. O
almeno quelle pubbliche. "Sia chiaro - ribadisce Iaccarino - la
dignità umana non può in nessun modo essere violata nemmeno dalla
ricerca scientifica.  Le opinioni cambiano da paese a paese, un
ricercatore deve stare attento a non urtare mai la sensibilità di un
popolo.  Sull'utilizzo delle cellule staminali, comunque, non credo
sia ipotizzabile una moratoria, perché dovrebbe riguardare tutto il
mondo e non sarebbe una scelta eticamente neutrale, visto che
potrebbe ritardare la possibilità di cura per alcuni pazienti."
Ma esiste un limite per la scienza?  Una norma comune a cui tutti gli
scienziati possano rifarsi?  Sono in molti a dire che questo limite
sarebbe dettato semplicemente dal buon senso, anche se, per anni, i
ricercatori hanno rifiutato il solo termine "limite". "L'avvento
della conoscenza - conclude il professor Iaccarino - non può avere
freni, ma la pratica sì.  Oggi la ricerca scientifica non è neutrale.
Gli scienziati sanno fin dall'inizio dei loro studi qual è il loro
scopo."