Testo prelevato dalle pagine web della trasmissione "Le oche di Lorenz": in <http://www.radio.rai.it/radiotre/>


Le oche di Lorenz

Intervista a Ron Collins,
responsabile del
Progetto Integrity in Science,
al Center for Science in the Public Interest
di Washington

Il Center for Science in the Public Interest di Washington è un gruppo che si occupa di raccomandare misure sanitarie, che è stato fondato circa 30 anni. E' un'organizzazione statunitense non profit che si occupa di temi collegati all'alimentazione, alla salute, e alla scienza in generale. Non riceviamo denaro né da imprese, né dallo stato.

Come vi finanziate allora?

Alla vecchia maniera: abbiamo da 800 mila a 1 milione di
abbonati paganti al nostro giornale, Nutrition Action. E riceviamo sussidi da fondazioni di beneficenza. Non molti, ma un po'.

State pubblicando un Integrity database. Che cos'è?

Il database rientra nel Progetto Integrity in Science, che io dirigo. Il Progetto si occupa e si preoccupa della commercializzazione crescente della scienza, del fatto che le imprese stanno facendo man bassa sulla scienza. E rispetto a questo, uno dei nostri scopi è quello di togliere il velo di segretezza. Mi spiego: ogni volta che delle aziende mettono sotto contratto scienziati che lavorano nelle università, pensiamo che l'opinione pubblica e la stampa abbiano il diritto di essere informati di questo rapporto, perché è un rapporto che può influire sul tipo di scienza che viene fatto. Alla radice, ci interessa capire se viene fatta ricerca per guadagno personale o se viene fatta nell'interesse collettivo, oppure se viene fatta per entrambi gli scopi. In sostanza, il Progetto Integrità della Scienza vuole che gli scienziati si impegnino a favore degli interessi della collettività più di quanto si impegnino per guadagno personale.

Ron Collins, dal suo osservatorio ha notato una carenza crescente di integrità nella ricerca scientifica?

Quando si parla di ricerca scientifica, molto spesso si parla di quella che viene svolta nelle università dove si pensa che prevalga l'idea un po' fuori moda che la scienza è alla ricerca della verità. Più recentemente, negli ultimi vent'anni, gli scienziati sono andati in cerca di verità, sì, ma anche in cerca di profitti. E a volte le due cose non combaciano. Detto in altre parole, quello che conviene a un'azienda chimica, o farmaceutica o una cartiera può non essere quello che più conviene alla collettività. Ecco perché abbiamo lanciato il database Integrity in Science. Consiste in migliaia di nomi di scienziati che hanno una qualche forma di legame economico con aziende. Indichiamo in quale centro di ricerca lavorano e quali sono questi legami ogni volta che possiamo documentarli. Se non disponiamo di documentazione accurata, non li mettiamo nell'elenco. E lo facciamo perché ci pare che l'opinione pubblica e la stampa deve essere al corrente.

Nella comunità scientifica esistono regole o norme che richiedono ai ricercatori di dichiarare i loro rapporti economici con aziende?

Dipende dalla comunità di cui si parla. Ce ne sono tante. Ci sono le riviste specializzate in medicina, o ambiente; ci sono gli enti pubblici; c'è l'Accademia americana delle scienze; e ci sono le agenzie internazionali. Siamo convinti di una cosa - e ne abbiamo degli esempi sul nostro web - il minimo che si deve fare, negli Stati Uniti, come in Italia o in Germania, nella comunità globale, lo stretto minimo è questo: se un dato scienziato ha un rapporto mettiamo di consulenza con un'azienda, lo deve dichiarare nelle riviste dove scrive, alle agenzie governative, nella stampa. E quello che cerchiamo di fare è di incoraggiare organizzazioni come l'Accademia delle scienze oppure organizzazioni mondiali, a stabilire - proprio come minimo - regole fondamentali di comportamento. Ma dovrebbero anche esserci altre regole. Per esempio qui negli Stati Uniti, in Pennsylvania, un ragazzo diciannovenne è morto mentre partecipava come volontario in un esperimento clinico di terapia genica - Jesse Gelsinger - Quello che il signor Gelsinger non ha saputo, prima di morire, è che proprio le persone che facevano ricerca su di lui avevano interessi finanziari nell'azienda (che metteva a punto la terapia genica). Lui non lo sapeva. E questo tipo di scienza, secondo noi, è inaccettabile.

Come può la gente comune contribuire alla vostra iniziativa per la trasparenza e l'integrità della scienza - facendovi da informatore?

Quello che ci serve è più luce. Informatori. Soprattutto bisogna fare luce. In un ente governativo, oppure in una rivista medica, oppure in un'università. Per esempio bisogna chiedere all'università: quali misure ha preso in merito ai conflitti d'interesse, e per rendere pubblici i rapporti contrattuali tra scienziati e grosse società. Se ci sono ricerche in corso che coinvolgono l'ambiente, gli esseri umani addirittura, dobbiamo esigere che queste informazioni siano pubbliche. Ancora più importante sarebbe che, ogni volta che intervistano uno scienziato, i giornalisti chiedessero: "Per caso, lei ha legami con imprese interessate alla ricerca di cui sta parlando?" Solitamente, i giornalisti non fanno questa domanda.

Scusi, Signor Ron Collins - sebbene non sia uno scienziato ma un avvocato - per caso ha legami con aziende?

No, non ne ho e quindi non sono così ricco come potrei esserlo. No, non ne ho: ma mio padre era un imprenditore di successo e lo è anche mia madre che è di origine italiana, tra l'altro. Tutto qui. Più seriamente, penso che sia importante avere queste informazioni. Qui negli Stati Uniti è successo un fatto all'università della California a San Francisco che riguardava un vaccino contro l'AIDS. Un professore ha voluto rendere pubblici i risultati veritieri che aveva ottenuto, ma a quel punto la società che finanziava la ricerca glielo ha vietato. Lo scienziato ha pubblicato i suoi risultati lo stesso, e ora l'azienda gli sta facendo un processo e gli chiede milioni di dollari. Questi sono fatti inaccettabili. Penso che qualunque intralcio alla libera pubblicazione delle informazioni non debba essere tollerato e le università che accettano queste misure di censura meritano di essere sorvegliate da vicino. Censure così devono essere vietate. Bisogna che le informazioni arrivino alla cittadinanza.

In questa trasmissione abbiamo già affrontato il problema dei conflitti d'interesse nella ricerca medica. Nel vostro database figurano anche altre discipline?

Ottima domanda. Il database è iniziato con discipline come sanità, alimentazione, farmacologia, e ora si sta allargando alle scienze ambientali. Per esempio molte università hanno dipartimenti che studiano le foreste e il legname. Molte delle loro ricerche sono finanziate da cartiere e da altre industrie che hanno interessi privati in questi tipi di ricerca. Vogliamo sapere se in questo caso gli scienziati che studiano gli alberi per capire questioni relative all'ambiente o al riscaldamento globale, producono una scienza in qualche maniera biased: distorta. Ci sono vari modi per scoprirlo, ma uno dei modi è quello di chiedere, di esigere che i legami economici siano pubblici. Pensiamo che la prossima grande ondata di attenzione per
la scienza si concentrerà sui conflitti d'interesse nelle discipline ambientali e facciamo di tutto perché le informazioni siano di dominio pubblico, particolarmente per quanto riguarda riscaldamento globale, le sostanze chimiche tossiche, e le foreste.

Grazie Ron Collins e buon lavoro.

Grazie a voi, per me è stato un onore parlarne con voi.

sito CSPI:
http://www.cspinet.org/
vedi anche:
http://www.nofreelunch.org/