Gianni Vattimo, "Genoma per tutti. Un limite ai buoni propositi liberisti", La Stampa, 12 aprile 2000. Un teologo ebreo che ascoltai molti anni fa in una conferenza in America aveva scandalizzato l'uditorio sostenendo la tesi paradossale e agghiacciante che i nazisti, con i campi di sterminio, avevano solo anticipato la soluzione di un problema che si sarebbe posto anche ai nostri Stati democratici, quello della eliminazione delle persone "superflue". Le notizie che sentiamo ogni giorno sugli sviluppi della ricerca biologica, che pure fanno presagire applicazioni decisive per la cura di tante malattie, evocano però anche il pericolo che le capacità predittive della medicina conducano fatalmente verso quella società della "organizzazione totale" di cui Adorno e i teorici di Francoforte attribuivano la responsabilità all'invadenza dei mass media. Era ancora un rischio tutto sommato molto relativo, se lo confrontiamo oggi con la possibilità di una selezione, del tutto "innaturale", della specie umana che si può realizzare semplicemente mediante l'eliminazione, anche solo passiva, dei non adatti. Basta che la medicina sociale decida che non si finanziano cure costose per quei soggetti che portano scritto nel Dna un destino negativo; oppure, ancora più concretamente, che le imprese private o pubbliche rifiutino di assumere i soggetti a rischio; o che questi non trovino più compagnie di assicurazione disposte a stipulare loro contratti previdenziali. Qualche giorno fa il New York Times dava notizia di una ricerca secondo cui una metà almeno delle stragi di gruppo, spesso immotivate, commesse negli Stati Uniti negli ultimi anni sono risultate opera di soggetti a cui era già stata diagnosticata una qualche forma di malattia psichica. Anche qui, c'erano elementi per prevedere e quindi forse prevenire. Ma per un esempio, almeno prevalentemente, positivo come questo, ci sono tutti gli altri rischi connessi alle capacità predittive della nuova medicina. Che fare? Intanto, applicare rigorosamente il divieto di commerciare, e dunque di brevettare, il genoma umano, sancito dalla Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti dell'uomo emanata dall'Unesco. E poi porsi seriamente il problema se e fino a che punto conoscenze scientifiche del tipo di quelle legate al genoma possano circolare in regime di libero mercato, come sembra accadere per ora con la "mappa" realizzata dalla Celera Genomics in America. Questa della conoscenza del genoma, con le opportunità e i rischi enormi che comporta, sembra un esempio emblematico di come, nonostante ogni buon proposito "liberista", in futuro non si potrà non rafforzare il controllo pubblico su larghi e decisivi settori della società. In definitiva, molto meglio un Grande Fratello su cui possiamo esercitare qualche sia pur problematica pressione democratica, piuttosto che un lontano parente privato che decide, in modo del tutto imperscrutabile, sul nostro destino.