LA REPUBBLICA, 24 MAGGIO 2000 , P.35

"Non lasciamo vincere
i rapinatori del mondo"
Parla Dario Fo, in prima linea "contro le follie e le ingiustizie
della biotecnologia"
di FABRIZIO RAVELLI

MILANO - "Che grande battaglia sarebbe, per la sinistra, questa
qua. E invece i partiti, e soprattutto quelli di sinistra,
continuano a pensare che siano follie paradossali, roba per gente
stravolta. Non capiscono che invece è un modo di stare vicini alla
realtà, alle cose". Dario Fo, premio Nobel contro, non sarà a
Genova a manifestare contro le "follie" della biotecnologia. È in
Romagna, a curarsi le affezioni respiratorie regalo della sua
Milano. Manda un messaggio ai manifestanti. Progetta di comprarsi
un' auto che va a olio di colza. E ripensa al "nonno contadino,
pioniere della battaglia contro gli anticrittogamici".
Dunque lei è un avversario delle biotecnologie?
"Ma certo. E contro questa ladreria che si produce in generale, il
furto del diritto a scegliere i prodotti e non farseli imporre
attraverso la globalizzazione dei mercati. Questo è un sistema
deleterio. Perché cosa succede? Che quelli delle multinazionali,
in un primo tempo riescono ad abbassare le spese per produrre, e
quindi tendono a imporre ai contadini di acquistare le loro
sementi. Che sono difese da certe malattie, da certe pestilenze
delle coltivazioni. Mentre i nuovi prodotti sono alieni
dall'essere attaccati da un sacco di virus e insetti. Con un
particolare".
E cioé?
"Che loro, in questa maniera, tendono a due cose. Prima di tutto
impedire che i contadini siano autonomi. Che quando producono un
bel peperone o una bella insalata, ne rimettano in terra i semi. I
semi delle multinazionali sono stati evirati, non possono più
produrre. Oltretutto c'è il fatto che lasciano deperire e morire
tutti gli altri prodotti che hanno varianti positive in un sacco
di situazioni. Certi nuovi prodotti erano inattaccabili da 25
virus, ma ce n'era uno non previsto. Quando poi sono andati a
cercare la possibilità di trovare un altro prodotto da manipolare,
non l'hanno più trovato perché si erano perduti".
Quindi i coltivatori sono le prime vittime?
"Qui in Romagna ci sono imprese che affittano il terreno come si
fa con il ventre di certe donne. Seminano e poi raccolgono tutto
loro, non fanno veder niente. E fanno dei prodotti giganteschi. Ma
cosa succede? Che il contadino, che a volte viene pagato con il
prodotto stesso già selezionato, lascia correre i suoi prodotti
tradizionali. Quando poi hai bisogno di quei prodotti, che hanno
dei vantaggi particolari, non ci sono più. I contadini hanno un
vantaggio iniziale, però hanno perduto le loro specifiche
produzioni. La natura si vendica di queste cose. Chi bada
all'interesse immediato, nella Storia è un distruttore".
Fine delle differenze?
"Le diversità sono importanti, anche come sviluppo di qualità
rinnovate. Loro quando hanno fatto il loro prodotto, e hanno
selezionato, vanno come schiacciasassi. È la storia della benzina.
Che gliene frega a loro se stanno uccidendo la gente nelle città
come nelle camere a gas? Ma fra qualche giorno prendo una auto
tedesca che va a olio di colza, prodotto anche in Italia".
E l'olio dove lo prende, dal droghiere?
"Io avrò in casa un grosso contenitore con qualcosa come
due-trecento litri di questo olio. E con ogni pieno io faccio 400
chilometri, non inquino, ho una velocità fino a 160- 170
chilometri l'ora. La prendo, questa macchina, proprio perché sia
un atto di dimostrazione. Questo olio di colza costa un quarto
circa della benzina, non è sottoposto ai ricatti dei produttori,
si può riuscire a farlo costare meno obbligando lo Stato a
togliere le tasse. Per cui ci sarebbe la possibilità, con una
volontà politica e una cultura particolare, di cambiare l'assetto
dei trasporti in brevissimo tempo".
Appunto, la volontà politica.
"Questa è la fantasia, l'immaginazione che mancano ai partiti,
soprattutto della sinistra".
E il nonno contadino?
"Era un genio. Allora si sperimentavano gli anticrittogamici, e
diceva che sarebbe stato un disastro. Infatti, fin quando non sono
arrivati a uccidere i contadini di malattie orrende, non hanno mai
smesso. E lui lo diceva già da prima: questo è il cancro. Anche
oggi, che controllo vuoi che abbiano. Ma il loro problema è
vendere: non è la storia del mondo, questa qua?".