L'UNITA', 28 APRILE 2000
MARIO SOLDINI
Biotecnologie, l'Ue si affida ai saggi
Per le consulenze nominati 11 esperti, c'è anche il prof. Leonardo Santi

La biotecnologia: tutti ne parlano, ma nessuno ne sa abbastanza. Eppure
si tratta di questioni che riguardano sempre di più e più profondamente
la nostra vita di tutti i giorni, da quello che mangiamo alla possibilità
di guarire da certe malattie o di vivere più a lungo. E che rimandano a
fondamentali problemi etici. Basta considerare le discussioni dei tempi
più recenti: dalla clonazione degli embrioni umani alla grande
controversia sugli organismi geneticamente modificati (e sulla necessità
o meno di segnalarne l'impiego nella preparazione di prodotti alimentari)
alla ricostruzione della sequenza genetica dell'uomo allo scontro sulla
opportunità di concedere brevetti in materia di scoperte bioscientifiche.
E' evidente la necessità che su tutte queste materie l'opinione pubblica
sia informata molto meglio di quanto non lo sia ora e in grado di
formarsi un giudizio ed è questo lo scopo dell'iniziativa presa
recentemente dalla Commissione europea la quale, per iniziativa del
commissario alla ricerca scientifica Philippe Busquin, ha istituito un
gruppo di lavoro formato da undici scienziati di alto livello (per
l'Italia Leonardo Santi, direttore dell'Istituto nazionale per la lotta
contro il cancro). Il gruppo, coordinato dal biologo francese Axel Kahn,
avrà il compito di consigliare le istituzioni europee in materia di
bioscienza e, soprattutto, di studiare gli strumenti per rendere più
coscienti dei problemi legati allo sviluppo di queste tecnologie i
cittadini dell'Unione.
I quali, come risulta da una ricerca di Eurobarometro i cui risultati
sono stati resi noti ieri sempre da Busquin, hanno davvero bisogno di
aiuto. Secondo un sondaggio condotto tra novembre e dicembre dell'anno
scorso su un campione di 16mila cittadini, risulta infatti che gli
europei sono largamente ignoranti in tutta la materia. Circa la metà
degli intervistati, ma si toccano vette dell'80-90% in paesi come
l'Italia, la Svezia e la Danimarca, le bioscienze sono semplicemente
sinonimo di pratiche di clonazione di animali e di esseri umani. La
grande maggioranza dei cittadini europei, inoltre, mostra ben poca
fiducia nei confronti delle fonti di informazione sulle biotecnologie, e,
quel che è peggio, questa fiducia tende a scendere ancora con il passare
del tempo: rispetto ai dati del 1993 e del 1996, infatti, il livello di
fiducia è sceso rispettivamente del 16 e del 10%. Le istituzioni che,
solo in parte, si sottraggono a questa diffidenza sono le associazioni
dei consumatori, ritenute affidabili dal 26%. Seguono, ma non al livello
che ci si dovrebbe aspettare, i medici, considerati degni di fiducia dal
24% degli intervistati e poi dalle organizzazioni ambientaliste (14%).
Pagella nera, nerissima, per i governi nazionali, affidabili solo per un
miserrimo 3% di cittadini, ma risultati ancor più negativi raccolgono i
partiti politici e, soprattutto, le aziende produttrici. Nel complesso, i
mezzi di comunicazione di massa, le associazioni dei consumatori e gli
ambientalisti fanno un buon lavoro secondo olandesi, finlandesi e greci,
ma non per gli italiani, i britannici e gli svedesi.
Il settore sul quale si addensano le maggiori diffidenze è quello della
produzione di alimenti. Gli alimenti geneticamente modificati vengono
rifiutati da ben due terzi dei cittadini europei.
Commentando l'iniziativa presa dalla Commissione, il professor Santi,
prima di lasciare Bruxelles, ha dichiarato all'Ansa di apprezzare in modo
particolare l'iniziativa, la quale "rientra nel nuovo spazio della
ricerca dell'Unione avviato a suo tempo dall'allora commissario alla
ricerca Antonio Ruberti". La ricerca, secondo Santi, deve servire a
"consolidare la collaborazione tra i paesi europei" e l'Italia si colloca
in questo ambito "insistendo sulla necessità di discutere le questioni
concrete più vicine alla nostra vita". Non sviluppare le biotecnologie a
livello europeo - ha concluso il prof. Santi - significherebbe "lasciare
via libera agli interessi commerciali delle multinazionali".