Corriere della Sera, 20 giugno 2001
CONTROCANTO
di Adriana Bazzi

Attenzione ai facili entusiasmi. Parola di Levi Montalcini

Scienziati contro scienziati. Consumatori e ambientalisti contro
aziende multinazionali. Paesi poveri contro Paesi ricchi. Stati Uniti
contro Europa. Il terreno di scontro sono i cibi transgenici. Il
conflitto è esploso nella seconda metà degli anni Novanta con
l’arrivo, sul mercato, dei primi prodotti biotecnologici destinati
all’alimentazione. Mais, colza e soia, geneticamente manipolati per
resistere a pesticidi e erbicidi, sono coltivati un po’ ovunque e
sono ormai entrati nella catena alimentare. 
Nessun pericolo per la salute assicurano le multinazionali, per lo
più americane, che detengono il brevetto delle sementi. D’accordo la
maggior parte degli scienziati, che ne hanno studiato gli effetti
sull’uomo, rischio di allergie compreso. Unica voce fuori dal coro:
quella di Arpard Pusztai, un ricercatore di Aberdeen, in Scozia, che
tre anni fa aveva dimostrato come le patate modificate geneticamente
potessero risultare tossiche per gli animali. La sua ricerca, però
non ha trovato conferme. 
Ma i consumatori, soprattutto europei, non sono convinti
dell’innocuità del cibo biotech e non ne capiscono i vantaggi, almeno
per il momento: forse ci saranno quando i ricercatori riusciranno a
costruire piante arricchite con vitamine o capaci di funzionare come
veri e propri vaccini contro le malattie infettive. O forse ci
potrebbero essere per i Paesi in via di sviluppo dove, secondo
alcuni, l’agricoltura biotecnologica potrebbe contribuire a risolvere
il problema della fame. Ma non è d’accordo Rita Levi Montalcini. 
«L’eccessivo entusiasmo per i cibi transgenici - ha detto il Premio
Nobel in occasione di un convegno su Scienza, etica, informazione
tenutosi a Roma - ha portato a una sottovalutazione dei tradizionali
sistemi di produzione del cibo e l’emarginazione dell’agricoltura
classica sta contribuendo alla distruzione della straordinaria
ricchezza naturale che abbiamo, la biodiversità». Biodiversità che
sta molto a cuore agli ambientalisti, preoccupati anche della «fuga
di geni» che renderebbero le piante selvatiche resistenti a pesticidi
e erbicidi. 
Le posizioni sembrano inconciliabili ed è difficile capire da che
parte stare. La ricetta «per una scelta consapevole» suggerita da
Luca Carra e Fabio Terragni nel libro Il conflitto alimentare , edito
da Garzanti (pagine 144, Lire 16.500) conta su due ingredienti-base. 
Primo: una maggiore conoscenza dei problemi, comprese le tecnologie
che consentono la manipolazione degli organismi viventi. Secondo: una
maggiore apertura al dialogo, che permetta di superare irrigidimenti
ideologici o posizioni precostituite.