LA STAMPA - Mercoledì 1 agosto 2001

No anche all’uso di cellule staminali 
Usa: clonazione fuorilegge, stop alla ricerca  
 
Maurizio Molinari (corrispondente da NEW YORK)
  
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La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti sceglie la linea dura
sulla clonazione e mette al bando la ricerca su embrioni e cellule
staminali anche se terapeutica ed a fini scientifici. Per il mondo
della ricerca e delle Università è una sconfitta bruciante, vince il
fronte antiabortista. Prima che iniziasse l’arroventata seduta della
Camera dei Rappresentanti era stato il presidente, George Bush, ad
indicare la strada al Congresso. «Il governo è a favore della messa
al bando della clonazione degli esseri umani attraverso il
trasferimento di nuclei di cellule somatiche indipendentemente se il
fine sia la riproduzione o la ricerca - recita il comunicato della
Casa Bianca - perché le questioni morali ed etiche poste dalla
clonazione umana sono molto profonde e non possono essere ignorate
neanche per ottenere scoperte scientifiche». Il passo di Bush ha
chiuso la porta negli Stati Uniti ai tentativi di chi - come la setta
del Raeliani - hanno espresso l’intenzione di duplicare un essere
umano. Se vorranno continuare nei loro tentativi dovranno emigrare. 

L’unico tipo di clonazione consentita resta quella che riguarda
non-umani, come avvenne nel 1997 in Gran Bretagna con la pecora
Dolly. Poche ore dopo il passo di Bush è iniziata la battaglia
politica, senza esclusione di colpi, dentro l’aula della Camera dei
Rappresentanti sul testo della risoluzione contro la clonazione,
ovvero sulla decisione da prendere in merito al proseguimento o meno
della ricerca sulle cellule staminali. Per lunghe ore democratici e
repubblicani si sono confrontati - lungo schieramenti trasversali - a
colpi di studi scientifici e dati di laboratorio attorno a due bozze
di significato opposto. La prima, redatta dal deputato repubblicano
Dave Weldon della Florida, definiva la clonazione di esseri umani un
«crimine federale» punibile con multe salate e periodi di detenzione
fino ad un massimo di dieci anni, includendo nella definizione di
«clonazione» anche le tecniche che consentono oggi di ricavare
cellule staminali da embrioni a fini di ricerca.

Sul fronte opposto un altro repubblicano, Jim Greenwood della
Pennsylvania, respingeva il bando totale perché «non scientifico» e
«rivolto all’indietro». La proposta di Greenwood è stata di
affiancare al bando della clonazione umana l’autorizzazione a
duplicare cellule staminali a fini di ricerca, ma solo a condizione
che non portino mai alla «produzione di neonati umani». La posizione
di Greenwood ha dato voce all’ampia comunità scientifica ed
universitaria, impegnata da anni in grandi sforzi nel tentativo di
sfruttare le cellule staminali per trovare i rimedi a malattie finora
considerate incurabili come ad esempio i morbi di Alzheimer e di
Parkinson. La clonazione che Greenwood ha difeso è quella denominata
«terapeutica» ovvero la creazione di embrioni non umani, formati in
laboratorio senza ricorrere a ovuli o sperma, da cui poter ottenere
cellule staminali per ricostruire tessuti o combattere malattie.

Anche l’Organizzazione delle industrie biotecnologiche si era
schierata con Greenwood, rivelando che almeno due società - la
Advanced Cell Technology e la Geron Inc. - studiano ed applicano
tecniche contrarie al testo del progetto di legge di Weldon. Nelle
ultime settimane alcuni ricercatori americani avevano fatto sapere
che se la ricerca sulle cellule staminali fosse stata proibita non
avrebbero esitato a trasferirsi ove è ancora possibile, come in Gran
Bretagna o in Israele. Ma le ragioni della scienza si sono infrante
contro la forza dei numeri dentro l’aula: lo zoccolo duro dei
repubblicani antiabortisti ha fatto quadrato e, rafforzato dai voti
di oltre 50 democratici, ha prima respinto con 249 contro 178 il
testo di Greenwood e poi approvato a grande maggioranza il testo di
Weldon. Per una volta il Congresso americano e la Santa Sede hanno
parlato la stessa lingua. Dopo questo voto della Camera non sarà
difficile per Bush accogliere l’appello rivoltogli del Papa a
bloccare la ricerca sulle cellule staminali. 

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LA STAMPA - Giovedì 2 Agosto 2001

Gli scienziati americani: pronti a espatriare

Dopo il no della Camera alla clonazione la battaglia si sposta al
Senato
 
Maurizio Molinari (corrispondente da NEW YORK)

Casa Bianca e Santa Sede plaudono alla
messa al bando totale della clonazione votata dalla Camera dei
Rappresentanti di Washington ma ora la battaglia si sposta al Senato,
dove i democratici potrebbero riuscire a trovare i numeri per
rovesciare il contenuto della nuova legge. 
Il presidente americano, George Bush, ha salutato con favore il voto
che sanziona con pene fino a dieci anni di prigione e un milione di
dollari - oltre 2,2 miliardi di lire - di multa ogni tentativo di
clonazione. «E’ nostro dover far avanzare la causa della scienza - ha
detto il presidente Bush - ma in maniera da onorare e rispettare la
vita». Parole simili sono state pronunciate da Elio Sgreccia, vice
presidente della Pontificia Accademia per la Vita. «Il voto della
Camera dei Rappresentanti riesce a mettere assieme l’etica del
rispetto della vita umana e la logica della scienza - ha sottolineato
monsignor Sgreccia -. Spero che questa decisione adottata negli Stati
Uniti possa portare assai presto l’intera comunità scientifica a
riconoscere unanimemente l’embrione come essere vivente». 
La legge proposta dal deputato repubblicano della Florida, Dave
Weldon, e approvata con 265 voti contro 162, deve però adesso passare
al vaglio del Senato, dove i democratici hanno la maggioranza dei
voti. Il braccio di ferro si annuncia serrato. Il senatore
democratico del Kansas, Sam Brownback, ha preparato un testo che
riprende i contenuti della legge britannica sulla clonazione,
approvando la ricerca per scopi clinici con un limite massimo di vita
di due settimane per gli embrioni creati artificialmente in
laboratorio. Se Tom Daschle, leader democratico al Senato, riuscirà a
evitare la fuga di voti subìta alla Camera dei Rappresentanti, la
partita legislativa su embrioni e cellule staminali potrebbe
riaprirsi. Nel duello politico conta anche la data in cui il Senato
deciderà di votare e per il momento i democratici non mostrano alcuna
fretta. 
La comunità scientifica intanto è in fermento. La «legge Weldon»
obbligherebbe molti laboratori di Università e di aziende private a
chiudere i battenti. Se così fosse, sono numerosi i ricercatori che
lasciano intendere, con dichiarazioni ai giornali e in tv, di essere
pronti a lasciare gli Stati Uniti per poter continuare la ricerca
dov’è possibile, a cominciare da Gran Bretagna o Israele. 
Proprio da Gerusalemme è giunta ieri la notizia che un team di
ricercatori sulle cellule staminali è riuscito a compiere importanti
passi avanti nella lotta contro il diabete ed alcune malattie
cardiache. «Questa legge, se dovesse davvero entrare in vigore non
bloccherà di certo la ricerca sugli embrioni o sulle cellule
staminali - dichiara Jerry Yang, responsabile dei laboratori di studi
transgenici dell’Università del Connecticut -. L’unico risultato sarà
quello di escludere gli Stati Uniti da qualsiasi nuovo sviluppo». 
Alcune aziende private, come la «Advanced Cell Technology» del
Massachusetts, non mostrano per ora alcuna intenzione di rivedere i
programmi di ricerca e scommettono sulla capacità del Senato di
impedire il bando della clonazione terapeutica. La tecnica allo
studio nel Massachusetts prevede l’estrazione del Dna da cellule di
individui adulti e la successiva iniezione in ovuli umani per creare
cloni delle cellule originali 

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