LA STAMPA, 19 APRILE 2000

GIORGIO CELLI
Cibi transgenici, la grande bufala
Una risposta a Krugman: i dubbi sugli Ogm hanno basi scientifiche, non sono
capricci da casalinghe

ESSERE buggerato, e insultato, come isterico catastrofista è sempre stato il
destino di chi si occupa dell'ambiente, bollato come tale soprattutto dai tecnici
delle multinazionali e dai professori universitari che si alimentano a quella
mangiatoia. L'abitudine, purtroppo, non si è mutata con il tempo in un piacere,
almeno per me, ed è proprio per questo che l'articolo dell'economista americano
Paul Krugman, comparso giorni fa su questo stesso giornale, non mi ha lasciato
indifferente, anzi: ho sentito il fuoco dell'indignazione ridestarsi sotto le
ceneri. Krugman tratta i ricercatori che nutrono dubbi sui benefici degli Ogm,
ovvero sugli organismi geneticamente modificati - i più noti sono la soia e il mais
- come decadenti e capricciosi amanti della Natura, che se ne infischiano dei
diseredati del mondo. Gli stessi che le biotecnologie, con le loro piante
transgeniche, potrebbero, sempre secondo il giudizio di Krugman, sottrarre
definitivamente alla fame. Sfortuna per il severo censore che il suo spartito
musicale è vecchio, e soprattutto non c'è più nessuno, per lo meno in buona fede,
che gli conceda ancora qualche credito.
L'alibi degli aiuti al Terzo Mondo ha consentito a tutte le società del benessere
di lucrarci proficuamente sopra, e penso che gli Ogm siano l'ultima trovata di una
lunga serie di promesse non mantenute. Si veda, per esempio, la questione dei
pesticidi. Quando il Ddt fece la sua comparsa sulla scena, proveniente dall'Actor's
Studios dei laboratori dei giganti della chimica, venne propagandato come una
panacea universale. Si inneggiò alla sconfitta della fame, alla eradicazione della
malaria, all'avvento, insomma, di un pianeta felice redento e benedetto dalle
molecole di sintesi. Ahimè, di questa promessa resta solo un dato: dieci anni fa, o
poco più, alcuni residui di cloroderivati sono stati ancora rinvenuti nel latte
delle signore di Rimini che avevano appena partorito, e in dosi superiori a quelle
consentite per la commercializzazione del latte di vacca. Anche se il Ddt era stato
proscritto dall'uso agricolo più di un decennio prima. Nel frattempo, però, almeno
800 milioni di persone soffrono ancora di malnutrizione nel mondo, più di un
milione di bambini muoiono tutti gli anni di malaria, e così via. Mutiam dolore, e
passiamo dai pesticidi alle cosiddette medicine, che derivano, tutto sommato, dagli
stessi laboratori. Alla fine degli anni 70 sono passato da Tamaraset, a Sud del
deserto del Sahara, membro di una spedizione del Germoplasma di Bari. I ciclammati,
dolcificanti addizionati a taluni farmaci, erano stati alcuni anni prima 
rigorosamente proscritti in Europa, in quanto cancerogeni. Buttar via le scorte?
Macché, sarebbe stato un crimine economico. Meglio inviare i nefasti farmaci sotto
forma di aiuti al Terzo Mondo. Ragione per cui la farmacia di Tamaraset, come ho
potuto constatare di persona, ne aveva gli scaffali intasati! Buon Dio, come siamo
buoni! E la cosiddetta rivoluzione verde, allora? Negli anni 60 gli ardimentosi
miglioratori genetici, non ancora in possesso dei metodi delle biotecnologie,
comparse più tardi, diventarono, a loro volta, risoluti a salvare il mondo dalla
fame. Le piante che si coltivavano in Africa, o in altre parti povere del pianeta,
si sono detti, sono antiche quanto poco produttive. Sostituiamole con altre
moderne, parola magica!, selezionate, per esempio, in Messico da alcuni genetisti
eminenti. E' successo così che quando sono andato in Somalia, sempre alla fine
degli anni 70, ho accertato ben presto che nei campi si coltivava estesamente una
di queste varietà di mais rivoluzionato, come si diceva allora. Era stato importato
colà da una multinazionale sementiera statunitense, che lo vantava come molto più
produttivo della varietà locale, ben presto sostituita quasi dappertutto. Bene,
vagando in quei campi mi accorsi subito che le piante erano fortemente infestate da
un lepidottero piralide (Eldana saccarina, per gli esperti) della stessa famiglia
di quella specie che attacca il granoturco da noi. La mia guida, un somalo di belle
speranze che aveva studiato in Europa, mi informò che tale infestazione era
recente, e che i suoi esordi si erano manifestati alla comparsa del mais
rivoluzionato, mentre quello locale era e restava indenne. Da dove proveniva il
flagello? Semplice, in pre cedenza si sviluppava soltanto, come suggeriva il suo
nome specifico, a carico della canna da zucchero. Il mais rivoluzionato doveva
essergli molto piaciuto e così il lepidottero l'aveva messo come novità
gastronomica nel suo menù. Insomma, se la varietà locale era meno produttiva, non
cedeva alcunché all'insetto indiscreto, per cui il mais rivoluzionato risultava più
produttivo, ma soltanto in teoria. Krugman sostiene, ora, che gli Ogm hanno una
resa più elevata di ogni varietà locale, e che per questo serviranno a rendere più
ricche le mense dei poveri del mondo. Ma se sono più produttive in teoria, lo
saranno anche in pratica? C'è da chiederselo, se è vero che la storia dovrebbe pure
insegnarci qualcosa. Non si tratterà di una delle solite "bufale", per le quali chi
ci guadagna non sono i diseredati del pianeta, ma gli azionisti dei paesi del
benessere? Caro Krugman, come ambientalista le consiglio di applicare il principio
di precauzione prima di scrivere, soprattutto quando sulle questioni che lei tratta
così sbrigativamente gravano ancora numerosi dubbi scientifici, e non si tratta
soltanto dei capricci di qualche casalinga inquieta.