LA REPUBBLICA, 14 Gennaio 2001

"Gli schiavi di Internet"

di Ernesto Assante 

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Nel 1998 due giornalisti, esperti di tecnologie e "netheads" della
prima ora, decisero di aprire un sito per raccontare finalmente la
"verità" sulla Grande Rete, quello che loro in molti anni di lavoro
in società come Prodigy, Time Warner o ZiffDavies avevano scoperto,
ovvero che nel mondo di Internet «per ogni post adolescente che fa
centro al primo colpo con l’azienda fondata nella stanza del college,
sono migliaia quelli che falliscono miseramente». Decisero di
chiamare il loro sito "Netslaves.com", schiavi del net, forzati della
rete, un sito destinato a raccontare, come dice il sottotitolo,
"horror stories working the web", storie orribili e tremende di
lavoro in rete. Il sito, manco a dirlo, raccolse un successo
immediato, e solo un anno dopo Steve Baldwin e Bill Lessard, i due
autori, decisero di fare un passo in più e di realizzare un vero e
proprio studio, scrivendo un libro. Quel libro, NetSlaves, i forzati
della rete, approda dopo qualche anno sugli scaffali delle librerie
italiane, in una interessante traduzione per i tipi della Fazi
Editore (pagg. 382). Ed arriva in un momento in cui, tra i crolli del
Nasdaq e il mito della new economy, l’argomento è particolarmente
attuale.
Il sito da cui ha preso spunto il lavoro è ancora oggi attivo e,
francamente, è più ricco, divertente del libro stesso che,
ovviamente, non può che offrire una piccola parte del lavoro che
Lessard e Baldwin, assieme ai molti collaboratori e ad un vero
esercito di "netslaves", hanno raccolto nel sito. Ma anche nella sua
versione "fisica" e non digitale NetSlaves risulta una lettura
interessante, educativa, e a suo modo divertente. Si, perché i due
autori hanno saputo trattare con garbo, e soprattutto con moltissima
ironia, storie che per molti versi dovrebbero o potrebbero apparire
come drammatiche. Il tono è quello del racconto, della fiction, e
resta dunque leggero e per sua natura "incredibile", anche quando i
toni si fanno più seri e l’ironia lascia il posto all’amarezza. Le
storie — raccolte da Lessard e Baldwin in un anno di studi, viaggi e
incontri — sono tutte vere e mettono in luce come le esperienze di
lavoro su Internet possano essere brevi, terribili e brutali. 
Il libro a cui hanno fatto riferimento i due autori per realizzare la
loro opera è il leggendario Working di Studs Terkel, ma a ben
guardare Netslaves ha ben poco a che vedere con gli studi
dell’etnografo americano e più con la recente letteratura
statunitense. Netslaves ricorda a tratti Less Than Zero di Brett
Easton Ellis per certa angoscia esistenziale che trasmette nel
dipingere una nuova generazione che si affaccia sulla scena, ma ancor
di più Microservi di Douglas Coupland, nel quale l’autore di
Generation X metteva a fuoco, nel 1995, l’arrivo della generazione
dei fanatici del computer attraverso la storia di alcuni impiegati di
una azienda di software, offrendo un intimo e divertente racconto
dell’affermarsi del Nuovo Ordine Elettronico. 
Netslaves è diviso in una serie di racconti, di biografie esemplari,
ognuna delle quali serve a individuare un diverso tipo di
occupazione, anzi, come dicono gli autori, una diversa "casta". Il
mondo del lavoro in rete è, secondo Baldwin e Lessard, diviso in
caste, alle quali gli autori hanno voluto dare nuovi nomi, in parte
per «demistificare una nomenclatura professionale imbrigliata da un
gergo astruso», ma anche per «mettere in luce che, nonostante la
pretesa di aver infranto tutte le regole, l’Internet business è
permeato di un tacito, ma tangibile, ordine gerarchico». Così gli
operatori freelance, gli «anonimi sfaccendati itineranti che
programmano siti web per vivere» sono diventati "tassisti", come i
tecnici del desktop, quelli che abitualmente passano il loro tempo a
risolvere problemi tecnici o a inserire nuovi componenti nelle
macchine si sono trasformati in "uomini delle pulizie", così come chi
assume e licenzia con lo stesso sangue freddo con il quale cambia
provider è un "robot" o chi si diverte davvero ad aggiornare il
proprio sito web, ama chattare e ha una pagina personale è un "uomo
talpa". Il sistema di caste forma la struttura del libro, attraverso
undici diversi livelli: ogni gradino della scala è illustrato da
un’introduzione, un profilo e un racconto, in cui si esaminano le
caratteristiche e i comportamenti di ciascun esponente della casta
che gli autori hanno intervistato.
Questa nomenclatura aiuta il libro ad essere godibilissimo, e gli
autori sono certamente riusciti a raggiungere l’obiettivo di non
essere pedanti e predicatori, dimostrando di mettere bene insieme il
loro "odio" per lo sfruttamento del lavoro nella net economy, quanto
la loro passione per le nuove tecnologie e la nuova frontiera di
Internet, come spiegano bene nelle quattro pagine finali del libro:
«Per quanto possa essere comodo scaricare l’onere della Netschiavitù
sulle spalle degli stupidi colletti bianchi che dirigono la Net
Economy, i Net Slaves sono in parte responsabili dell’inferno in cui
si sono andati a cacciare (…). Se possiamo azzardare un pronostico in
questa nostra raffazzonata conclusione è che se i weblavoratori non
si daranno una calmata, se continueranno a credere alla favola del
programmatore di genio di 22 anni che va avanti a pizza e Coca Cola e
lavora per 36 ore filate, ci sarà un sacco di gente malata nei
prossimi anni, per giunta senza assistenza sanitaria. La buona
notizia, invece, è che si i NetSlaves decideranno di investire nelle
loro carriere, se si faranno assumere da aziende con un minimo di
stabilità e di rispetto per i dipendenti, se avranno attese
realistiche riguardo ai frutti del loro investimento, allora potranno
sperare per il meglio». 
In parte il libro è, comunque, già vecchio, e i recenti terremoti del
Nasdaq hanno reso alcune delle storie raccontate da Lessard e Baldwin
addirittura troppo "buone" rispetto alla realtà, ma la lettura è
comunque interessante e istruttiva, offrendo un affascinante e
velenoso "dietro le quinte" che vale la pena leggere.