Gian Maria Borrello
(right-sfondochiaro.gif (838 byte) Scheda biografica)

Un percorso nel dibattito che si è svolto nel Forum in Marzo 2000

(Aprile 2000)


 References 

Anche se, inevitabilmente, sarà condizionato dal mio personale punto di vista, tento un riassunto del dibattito che si è svolto nel Forum durante il mese di Marzo 2000. Gli interventi a cui faccio riferimento sono stati trasferiti all'interno di questo sito (v. nei References qui a destra)

-- L'AUTOREFERENZIALITA' COME ESSENZA DELL'AGIRE INNOVATIVO
Si è partiti da due report che trattavano della diffusione delle innovazioni: da un lato entro un'ottica imperniata sulle intenzioni dei c.d. "attori dell'innovazione", dall'altro nell'ottica del "knowledge design". Dall'alveo segnato dal primo report è emerso un punto di vista molto netto: nell'autoreferenzialità dell'agire innovativo risiede l'unica chiave interpretativa che permetta di procedere, in termini autentici, nella sinuosa questione della responsabilità connessa a un'innovazione. Questa posizione può ben essere considerata come una risposta schietta, non dubitativa, ai molti interrogativi che il tema della responsabilità sollecita.

-- LA COMUNICAZIONE DI UN'INNOVAZIONE COME FASE IN CUI SI TRADUCONO EFFICIENZA ED EFFICACIA DELL'INNOVAZIONE STESSA
La comunicazione in quanto tale impone, per sua stessa essenza, che l'autoreferenzialità si trasfonda nel merito dei messaggi che divulgano un'innovazione: un'affermazione, questa, che resterebbe pensiero astratto se l'autoreferenzialità non si tramutasse in prassi di comunicazione, tale da rendere il processo diffusivo tanto efficiente quanto efficace (cioè conforme ai "telos" dell'innovatore o di colui che governa la diffusione dell'innovazione).

-- L'EFFICIENZA E L'EFFICACIA DEL PROCESSO DIFFUSIVO: DARE "SENSO" ALL'INNOVAZIONE
Nella gran parte degli studi che hanno affrontato il fenomeno dell'Innovazione, la fase della diffusione è considerata come essenziale per l'affermarsi di un nuovo processo, o di un nuovo prodotto. Dunque, i criteri strategici, tattici ed operativi che governano la diffusione di un'innovazione sono coessenziali all'innovazione stessa. Ciò significa dare un senso alle informazioni trasformandole in sapere, scientifico o meno, ma sensatamente documentato e applicabile funzionalmente, cioè in termini di efficienza e di efficacia della sua diffusione.

-- LA DIFFUSIONE DI UN'INNOVAZIONE COME PROCESSO "LEGITIMANS" DI UN POTERE
In chiave solo apparentemente critica rispetto alla posizione appena enunciata, si è posta una riflessione che si è concentrata sull'aspetto della legittimazione di un'innovazione: la diffusione di un'innovazione sarebbe un processo che promana da alcuni attori sociali (a governare la fase diffusiva possono essere gli innovatori stessi, ma questo avviene di rado), strategicamente orientato a suscitare consenso da parte di altri attori sociali.

-- SCARDINARE I TRADIZIONALI MODELLI DI COMUNICAZIONE: I SERVER DI PREPRINT
Il nesso che si assume esista tra procedure di comunicazione e controllo del sapere è servito da spunto per un intervento che ha descritto le iniziative che hanno dato origine ai cosiddetti "server di preprint", iniziative volte a mettere a disposizione della comunità scientifica grandi volumi di dati e di scritti inediti. Ma, se si segue un'impostazione di pensiero fondamentalmente diffidente riguardo alla possibilità di analizzare, in termini di efficienza ed efficacia, la comunicazione ("strategica" o meno) con cui i risultati della Ricerca vengono divulgati, tanto vale scardinare i tradizionali modelli di comunicazione e di diffusione della scienza. Il fare trasparenza sulle fonti della conoscenza scientifica sarebbe da considerarsi, comunque, un valore. E' questa la filosofia che sta alla base delle iniziative di diffusione elettronica dei preprint. Ed è grazie a tali iniziative (si noti: proprio a mezzo di un atto di trasparenza esse intendono valorizzare i processi di qualità, i protocolli standard nella ricerca scientifica e, più in generale, il metodo e il suo rigore) che è oggi possibile accedere a un panorama di dati scientifici altrimenti difficilmente conoscibili. Ciò dovrebbe consentire anche un miglioramento nella consapevolezza delle conseguenze derivanti dal progresso scientifico, e quindi dovrebbe offrire l'opportunità per un'applicazione dei risultati responsabile: in ultima analisi, per un'Innovazione responsabile.

-- PARLARE DI "INNOVAZIONE RESPONSABILE" E' DIVERSO DA PARLARE DI "RESPONSABILITA' PER L'INNOVAZIONE"
Ed eccoci alfine giunti al nucleo della mission della Fondazione Bassetti: la responsabilità. Ma occorre domandarsi: che significato può avere il qualificare l'innovazione come "responsabile"? Dire "Innovazione responsabile" significa riferirsi a un processo, o a un prodotto, nuovi, che qualcuno ha fatto precedere da una riflessione sul loro impatto in ambito ecologico, sanitario, politico, ecc. Purtuttavia, un'analisi di questo tipo non coincide con il soffermarsi sulla "responsabilità per l'Innovazione". Si tratta di una distinzione (nient'affatto scontata) tra due ambiti concettuali: quello evocato dall'espressione "Innovazione responsabile" e quello della "responsabilità per l'Innovazione". Inoltre, bisognerebbe essere coscienti del fatto che l'esprimersi in termini di "Innovazione responsabile" potrebbe implicare (quando non celare) delle scelte pregiudiziali.

-- "CONSCIOUSNESS OF CONSEQUENCES"
Dunque, cerchiamo di avvicinare il tema per induzione (diciamo così), cioè ponendoci una domanda più circoscritta: di chi è la responsabilità per la previsione e il controllo delle conseguenze ("consciousness of consequences") dell'introduzione di un prodotto o di un processo innovativi? Se le imprese multinazionali sono i soggetti che tengono le redini dell'innovazione, sarebbe allora molto interessante rinvenire dei casi reali in cui l'introduzione di un'innovazione sia stata preceduta da un confronto di opinioni sul suo impatto naturale e sociale.

-- IL LABILE CONFINE TRA LA SCOPERTA, L'INVENZIONE E L'INNOVAZIONE
Nella discussione è stato inoltre opportunamente precisato che l'essenza della responsabilità conseguente a una scoperta è diversa da quella derivante da un'innovazione: responsabilità epistemologica la prima, morale la seconda. Chi scopre è tenuto a rivelare la scoperta: lo scienziato che, pur scoprendo, non rivela i risultati della propria sperimentazione è responsabile di fronte alla verità. L'innovazione è invece l'applicazione tecnica della scoperta, verso la quale esiste invece una responsabilità, morale, di chi rende praticabile la scoperta stessa in un certo modo. Ma un successivo intervento ci ha avvertito di come, da un punto di vista sociologico, nel mettersi a discutere del confine tra scoperta, invenzione e innovazione si entri in un gioco che nulla ci dice dei suoi oggetti e che molto ci dice dei suoi attori.

-- I "TELOS", LA CONSISTENZA SISTEMICA E I MECCANISMI DI POTERE
Quindi, di nuovo torniamo alla centralità del ruolo dell'attore sociale: lo scopritore, l'inventore, l'innovatore, colui che adotta e colui che diffonde l'innovazione. E' forse questi, allora, il termine ultimo e unico di qualsiasi giudizio di responsabilità? Perché, se è vero che la "comunicazione" e la "consapevolezza" dell'agire racchiudono un concetto di "responsabilità", occorre confrontarsi con la pluralità delle intenzioni dei diversi attori sociali: imprenditori, governanti, politici e consumatori. Di conseguenza, concentriamoci sull'individuazione (o, forse, "disvelamento") dei "telos", sul monitoraggio, da parte della comunità scientifica e da parte dei media, dell'appropriazione dei risultati della ricerca. Ma, allora, il controllo reciproco tra le diverse tipologie di attori può rappresentare la chiave di volta della questione: il problema della responsabilità può confluire e stemperarsi in quello della consistenza di un sistema. E tutto ciò ha molto, molto a che fare con i meccanismi di potere che in una società capitalistica avanzata regolano l'attuazione dell'Innovazione.

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