Da "Technology Rewiew"  
n. 4 / 2005 (luglio - agosto 2005)
Eresie ambientali
di Stewart Brand 
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La mia previsione è che negli ultimi dieci anni l'ala più rappresentativa 
del movimento ambientalista modificherà opinioni e forme di intervento su 
quattro temi di grande importanza: crescita demografica, urbanizzazione, 
organismi geneticamente modificati ed energia nucleare. Cambiamenti così 
radicali sono già avvenuti in passato. Gli incendi selvaggi si sono 
trasformati da minaccia universale a metà del XX secolo a forza naturale 
rispettata e ora a tecnica forestale di intervento, da "Solo tu puoi 
prevenire gli incendi boschivi!" a politiche di non intervento e incendi 
limitati per il controllo del sottobosco. L'avvicendarsi di queste diverse 
posizioni rivela la forza innata del movimento ambientalista e spiega 
perché probabilmente eserciterà un'influenza sempre maggiore di decennio 
in decennio e forse di secolo in secolo. Il successo del movimento 
ambientalista è determinato da due potenti molle - romanticismo e scienza -
che sono spesso in opposizione. I romantici s'identificano con i sistemi 
naturali; gli scienziati studiano i sistemi naturali. I romantici sono 
moralisti, ribelli nei confronti del potere percepito come dominante e 
combattivi contro chiunque appaia deviare dalla corretta via. Non amano 
ammettere gli errori, né i cambiamenti di linea. Gli scienziati sono 
eticamente impegnati, insofferenti di qualsiasi paradigma avvertito come 
dominante e sono spesso in conflitto tra di loro. Per quanto li riguarda, 
l'ammissione degli errori è il fIlo conduttore del processo scientifico. 
Ci sono molti più ambientalisti romantici che scienziati. Questo è un 
aspetto positivo, perché significa che gran parte delle persone nelle 
società sviluppate si considera ambientalista. La controindicazione è che 
la visione scientifica è propria di una minoranza, facilmente ignorata, 
oscurata o demonizzata se non si adegua alla linea di pensiero prevalente.
Si prenda il caso della crescita demografica. Per 50 anni i demografi 
responsabili delle proiezioni sulla popolazione umana per le Nazioni Unite 
hanno distribuito cifre preoccupanti che rinforzavano le previsioni più 
pessimistiche degli ambientalisti sulla crescita esponenziale indefinita 
della popolazione. Per un certo periodo queste previsioni si sono 
dimostrate abbastanza accurate; ma a partire dagli anni 1990 le Nazioni 
Unite cominciarono a esaminare con più attenzione i dati sulla fertilità e, 
nel 2002, adottarono una nuova teoria che prese di sorpresa molti demografi: 
la popolazione umana si sta stabilizzando rapidamente, persino in modo 
precipitoso, nei paesi sviluppati e tendenzialmente nel resto del mondo. 
Buona parte degli ambientalisti ha fatto orecchie da mercante. Nel nostro 
pianeta gli indici di natalità sono in caduta libera. Circa un terzo dei 
paesi ha ora tassi di natalità al di sotto della soglia di ricambio (2,1 
bambini per donna) e la tendenza è in rapido calo. In nessun luogo il trend 
al ribasso mostra di volersi stabilizzare. Le nazioni già in forte crisi di 
nascite includono il Giappone, l'Italia, la Spagna, la Germania e la Russia, 
la cui popolazione è ora in declino assoluto ed è prevista in diminuzione 
del 30 per cento entro il 2050. In ogni parte dei diversi continenti e 
nelle differenti culture (persino tra i mormoni) i tassi di natalità sono 
calati. Ovunque raggiungono la soglia di ricambio e continuano la discesa. 
Il dato emergente è che il calo della popolazione accelera in fase di 
flessione così come l'incremento di popolazione è più rapido in fase di 
crescita, sempre per la stessa ragione. Qualsiasi variazione dalla soglia 
del 2,1 si compone nel corso del tempo. Ottime notizie per gli 
ambientalisti (quando finalmente se ne accorgeranno), ma che impongono loro 
l'obbligo di stabilire cosa ha causato l'inversione di tendenza. Il tasso 
di crescita della popolazione mondiale è in realtà sceso al 2 per cento già 
nel 1968, lo stesso anno in cui il mio vecchio insegnante Paul Ehrlich ha 
pubblicato The Population Bomb. Suppongo che le donne non abbiano 
improvvisamente deciso di avere meno figli a causa del suo libro. La 
natalità è diminuita perché le famiglie si sono spostate nelle città. Le 
città sono un freno all'incremento della popolazione. Mentre più figli sono 
un vantaggio in campagna, in città rappresentano un ostacolo. Un importante 
contributo a livello globale dell'urbanizzazione è che ha bloccato 
l'esplosione demografica. Al momento il 50 per cento della popolazione 
mondiale vive nelle città, ed entro il 2030 questa percentuale è prevista 
in salita al 61 per cento. Nel 1800 era solo il 3 per cento e nel 1900 il 
14 per cento. La sensibilità estetica ambientalista esalta i paesi e 
disdegna le città. Personalmente ho cambiato idea sull'argomento qualche 
anno fa. L'urbanizzazione è il più imponente e rapido cambiamento nella 
storia dell'umanità. Gli ambientalisti farebbero un passo avanti se lo 
riconoscessero e ne prendessero atto. In ogni regione del mondo, inclusi 
gli Stati Uniti, i piccoli paesi e le aree rurali si stanno svuotando. Gli 
animali e le piante selvatiche si stanno di nuovo sviluppando. È arrivato 
il momento di mettere in campo sistemi di protezione permanente per questi 
ambienti rurali. Allo stesso tempo la popolazione complessiva di quartieri 
urbani abusivi - che Robert Neuwirth nel suo libro Shadow Cities già 
stima vicina al miliardo - sta crescendo sempre più rapidamente. Gli 
ambientalisti potrebbero impegnarsi a garantire che i nuovi habitat umani 
siano effettivamente vivibili e occuparsi meno degli ambienti circostanti. 
Oltre a ripensare le città, gli ambientalisti dovrebbero riconsiderare le 
loro posizioni sulle biotecnologie. Un'area biotecnologica di grandi 
promesse e con qualche aspetto negativo è l'ingegneria genetica, finora 
violentemente osteggiata dal movimento ambientalista. Questo rifiuto è, a 
mio parere, un errore. Perché la fluorizzazione dell'acqua è stata 
rifiutata dalla destra politica e "il cibo di Frankestein" dalla sinistra 
politica? La risposta, io sospetto, è che la fluorizzazione è stata 
promossa dal governo e che i cibi geneticamente modificati (GM) sono una 
creazione aziendale. Se le origini fossero state invertite - come si 
sarebbe potuto effettivamente verificare - anche le posizioni politiche 
sarebbero state opposte. Dire solo no è come andare in un vicolo cieco
La soluzione migliore è guardare alla tecnologia in quanto tale, senza 
considerarne le origini (una simile operazione sarà più semplice con 
l'emergere dell'ingegneria genetica "a sorgente aperta", che non sarà 
limitata dai restrittivi brevetti aziendali). Quali sono le conseguenze 
reali sull'ambiente? Le piante GM sono più efficienti e forniscono raccolti 
migliori su meno superficie coltivata con un minor uso di pesticidi ed 
erbicidi. Per questa ragione gli amish, il gruppo sociale americano 
tradizionalmente più sospettoso nei confronti della tecnologia (allo stesso 
tempo anche i migliori agricoltori), hanno adottato entusiasticamente le 
piante GM. Ci deve ancora essere un serio dibattito pubblico tra gli 
ambientalisti sull'ingegneria genetica. Gran parte delle storie spaventose 
che girano (la farfalla monarca danneggiata dal polline GM!) hanno un grado 
di veridicità simile alle leggende metropolitane sulla urina tossica dei 
ratti sulle confezioni di lattine di Coca Cola. Solo di rado le ricerche 
più significative vengono diffuse largamente, in parte perché la mancanza 
di novità non fa notizia. Negli Stati Uniti alcuni autorevoli biologi sono 
anche importanti leader ambientalisti. Ho chiesto loro quanto fossero 
preoccupati degli organismi geneticamente modificati Hanno risposto: "Non 
molto", in quanto sanno dal loro lavoro come le robuste ecologie selvatiche 
si difendano dai nuovi geni, non importa quanto esotici. Non ne parlano in 
pubblico perché sentono che intervenire nel dibattito sugli organismi GM 
complicherebbe le relazioni con gli alleati e li potrebbe distrarre dal 
loro obiettivo principale, che consiste nel ricercare e difendere la 
biodiversità. Il modo migliore per i critici di esercitare un controllo su 
una nuova tecnologia discutibile è di abbracciarla, affinché non rimanga 
interamente nelle mani di chi la sostiene, che altrimenti avrebbe 
difficoltà a metterla in discussione. Mi piacerebbe molto vedere cosa 
farebbe un gruppo di scienziati ardentemente ambientalisti con l'ingegneria 
genetica. Oltre ad assicurare quel tipo di trasparenza necessaria a una 
regolamentazione intelligente, essi potrebbero utilizzare questo nuovo 
strumento per la soluzione dei problemi più dibattuti nel loro campo.		
Per esempio, le specie infestanti. Circa l'80 per cento delle attuali 
estinzioni di massa delle specie native sono causate dalla scomparsa 
dell'habitat, un problema il cui rimedio è ben conosciuto: identificare 
gli habitat cruciali, preservarli, proteggerli e ripristinarli. Il 
rimanente 20 per cento delle estinzioni sono provocate dalle specie 
infestanti e nessuna soluzione è in vista. La Pueraria lobata (rampicante) 
ha conquistato l'America meridionale, il Boiga irregularis (serpente 
arboreo bruno) ha colonizzato l'isola di Guam (per oltte 5.000 km2), la 
Dreissena polymorpha (mollusco zebra) e l'Eriocheir sinensis (granchio 
guantato) hanno invaso i corsi d'acqua americani, le Solenopsis invicta 
(formica di fuoco) e le formiche argentine, dotate di una organizzazione 
infernale, hanno preso possesso del terreno e non c'è stato finora nulla da 
fare. Volontari come me s'impegnano strenuamente a estirpare le infestanti 
Genista monspessulana (ginestra francese) e la Delairea odorata (edera 
coprente), ma è come alzare castelli di sabbia per fermare la marea 
crescente. Non ho più la pazienza per aspettare qualche organismo 
modificato, probabilmente microbico, che aggredisca la Dreissena polymorpha, 
la fagociti o ne interrompa il percorso riproduttivo e infine la faccia 
scomparire. Affrontiamo ora il più spinoso e allo stesso tempo il più 
coinvolgente dei problemi ambientali: il cambiamento climatico globale. Il 
suo effetto sui sistemi naturali e sulla stessa civiltà potrebbe essere 
disastroso e procedere in modo lento e inesorabile; temperature in costante 
rialzo, sollevamento degli oceani, manifestazioni atmosferiche sempre più 
estreme. O potrebbe verificarsi un "cambiamento climatico repentino": un 
maggior afflusso di acqua fresca nel Nord Atlantico annullerebbe 
l'influenza positiva della Corrente del Golfo entro un decennio, e l'Europa 
gelerebbe mentre il resto del mondo diventerebbe più arido e ventoso (nel 
2003 ho partecipato a una ricerca del Pentagono su questo problema, che ha 
spiegato in dettaglio come un cambiamento climatico simile a quello 
avvenuto 8.200 anni fa potrebbe verificarsi improvvisamente).
Il ritorno al nucleare
Si può rallentare il cambiamento climatico ed evitare la catastrofe? Sì, a 
condizione che l'umanità controlli la sua influenza sulle dinamiche del 
clima. La causa primaria del cambiamento climatico globale è il consumo di 
combustibili fossili a scopo energetico. Pertanto deve essere fatto tutto 
il possibile per incrementare l'efficienza energetica ed eliminare il 
carbonio dalla produzione di energia. Accordi di Kyoto, conservazione 
radicale nell'uso e nella trasmissione dell'energia, energia eolica, 
energia solare, solare passivo, energia idroelettrica, biomassa: l'intera 
gamma di possibilità che insieme però non sono che una goccia nell'oceano. 
L'estrazione di importanti quantità di carbonio dall'atmosfera, 
probabilmente con tecniche biotecnologiche, è una speranza largamente 
condivisa, ma rimane pur sempre una speranza. La sola tecnologia efficace 
per eliminare le emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera è l'energia 
nucleare. Il nucleare presenta indubbiamente dei problemi; incidenti, 
gestione delle scorie, alti costi di costruzione e il possibile impiego per 
scopi militari. Ma gode anche di altri vantaggi, oltre a quello più 
importante di non inquinare l'atmosfera. L'industria è matura, con mezzo 
secolo di esperienza alle spalle e una capacità ingegneristica avanzata. I 
reattori problematici di Three Mile Island e Chernobyl possono essere 
rimpiazzati da nuovi reattori su piccola scala a prova di incidenti, come 
quelli progettati a letto di sfere. Gli impianti di energia nucleare sono 
ad alta produttività, con combustibile a basso costo. Infine garantiscono 
l'accesso più semplice all' "economia dell'idrogeno", combinando alte 
energie e alto sviluppo di calore in un unico impianto per la produzione 
ottimale d'idrogeno. Lo stoccaggio delle scorie radioattive è un problema 
risolvibile. Molti reattori sono dotati nelle vicinanze di siti di 
stoccaggio a secco dei fusti che contengono le scorie radioattive. Questi 
fusti sono trasportabili. La prudenza suggerirebbe di spostarli in 
postazioni centralizzate ben protette. Molte nazioni affrontano il problema 
dello stoccaggio delle scorie ritrattando il loro combustibile esaurito, ma 
in tal modo vanno incontro all'effetto collaterale della produzione di 
materiale che si può utilizzare per le armi. Una soluzione potrebbe essere 
rappresentata da un fornitore globale di combustibile per reattore, che 
ritira il combustibile esaurito dai clienti in tutto il mondo e lo ritratta.
Questo è il tipo di idea che può diventare da "impraticabile!" a 
"necessaria!" nel breve volgere di una stagione, a seconda degli eventi 
mondiali. Il movimento ambientalista ha un'avversione quasi religiosa nei 
confronti dell'energia nucleare. I pochi autorevoli ambientalisti che si 
sono espressi in suo favore - James Lovelock, il teorico di Gaia, Patrick 
Moore, uno dei fondatori di Greenpeace, Hugh Montefiore dell'associazione 
Amici della Terra - sono stati privatamente rimproverati dagli altri 
ambientalisti. Una critica espressa pubblicamente, anche se aspra, avrebbe 
invece favorito quel dibattito aperto che ancora non c'è stato. Il nucleare 
potrebbe andare in qualsiasi direzione. Sarebbe sufficiente un altro 
episodio analogo a quello di Chernobyl che coinvolgesse uno dei vecchi 
reattori in funzione in Russia (sempre possibile considerando le carenze 
del controllo in quel paese) per rendere il nucleare un tabù permanente, 
con grande danno per la salute atmosferica del mondo. Tutto è legato alla 
progettazione e costruzione di tecnologie nucleari nuove e più avanzate. In 
passato gli ambientalisti odiavano le macchine e volevano proibirle. Il 
fisico Amory Lovins fece il primo passo, vide che l'automobile era un punto 
di passaggio obbligato per un serio discorso sulla conservazione 
dell'energia su larga scala e cominciò a progettare e lanciare macchine 
decisamente più efficienti. I veicoli ibridi gas-elettrico circolano ora 
sulle strade e contribuiscono alla riduzione dell'inquinamento. Gli Stati 
Uniti, afferma Lovins, possono essere l'Arabia Saudita dei megawatt: gli 
americani sprecano così tanta energia che i loro tentativi di conservazione 
possono ottenere risultati considerevoli. Anche se isolato, Lovins ha 
portato il movimento ambientalista da una posizione di avversione 
all'industria automobilistica a una di utile collaborazione. Qualcuno 
dovrebbe fare la stessa cosa con gli impianti di energia nucleare. Lovins 
si rifiuta. La partita è aperta e la situazione richiede un intervento 
urgente. All'interno del movimento ambientalista gli scienziati sono la 
minoranza radicale che detta la linea. Essi stanno già modificando le 
posizioni sull'urbanizzazione e sulla crescita demografica. Ma il loro 
radicalismo e la loro leadership dovrà affermarsi ancora di più se 
l'umanità si affiderà in misura sempre maggiore alla biotecnologia verde e 
aumenterà le proprie responsabilità nei confronti del clima globale. Alla 
fine si può dire che i romantici hanno ragione: noi siamo indivisibili dai 
sistemi naturali del pianeta.
 5tewart Brand ha creato The Who/e Earth Catalog ed è stato uno dei 
fondatori di Well, la prima comunità elettronica. Ha pubblicato diversi 
libri, tra cui The Media Lab, How Buildings Learn e The Cock of the Long 
Now. Attualmente collabora con la Global Business Network e la Long Now 
Foundation.