Sole 24 Ore (Nòva), 6 aprile 2006
Viaggio al centro della Scienza
di Guido Romeo
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La scienza vuole misurare tutto l'Universo, ma non ama misurare sé
stessa.
Parola di Eugene Garfield, fondatore dell'Isi, l'Istituto per 
l'informazione scientifica (oggi Thomson Scientific), che da oltre 45 
anni registra l'impatto delle pubblicazioni dei ricercatori di tutto 
il mondo.
Conoscere la qualità della ricerca scientifica è un dato 
importantissimo a moltissimi livelli. Dall'assegnazione di 
finanziamenti, cattedre e borse di studio all'interno di un singolo 
ateneo, alle decisioni politiche e strategiche dei governi, ma non 
è raro imbattersi in graduatorie che usano i sistemi più diversi. 
L'Università di Shanghai, per esempio, ha recentemente pubblicato 
una lista delle 500 migliori università del mondo, stilata in base 
al numero di premi Nobel, il numero di pubblicazioni e il numero 
di citazioni nei lavori di altri ricercatori. «Non credo - spiega 
Garfield - che questo sia un metro rigoroso. L'unico parametro 
universalmente valido è l'analisi del numero di citazioni».
Ogni articolo pubblicato nelle riviste scientifiche internazionali 
termina con una serie di riferimenti bibliografici. Analogamente a 
come avviene per Google, il noto motore di ricerca online, chi è 
nominato più spesso finisce in cima alla lista e una lunga lista 
di citazioni è spesso meglio di una montagna di pubblicazioni. 
L'americano Kary Mullis, ad esempio, ha pubblicato appena una 
cinquantina di articoli, ma il. suo lavoro sulla tecnica di Pcr 
(Polymerase chain reaction) per la replicazione in vitro del Dna 
ha rivoluzionato la biologia ed è stato citato decine di 
migliaia di volte. Non solo: grazie a questo lavoro Mullis ha 
vinto il premio Nobel per la chimica nel 1993.
Quando, alla fine degli anni Novanta, la Fondazione Soros decise 
di sostenere il rilancio della scienza russa, fu principalmente 
attraverso l'analisi delle citazioni che riusci a identificare 
i gruppi di ricerca migliori e a erogare subito, in pochi mesi, 
i fondi necessari per non far chiudere molti laboratori.
«Molti ricercatori - osserva Garfield - non amano la cosiddetta 
"bibliometria", proprio perché dà risposte esatte e ha valore 
solo se applicata appropriatamente». Analizzando le citazioni, 
per esempio, è possibile individuare una rosa dei migliori 
candidati per il Nobel come ogni anno fa Garfield, ma non chi 
lo otterrà. Allo stesso tempo, scegliere qualcuno al di fuori 
di quella rosa diventa difficile da motivare su basi puramente 
scientifiche.
Per quanto rigorosa, la "bibliometria" non è però uno strumento 
perfetto e ha diversi critici. Il Nobel per la medicina Sydney 
Brenner è uno di questi. Brenner considera le citazioni molto 
conservatrici, utili più che altro alla sociologia della scienza 
e inadatte a identificare i lavori più innovativi.
«Nel valutare l'interesse di una ricerca ­spiega Daniela Bellomo, 
direttrice dell'ufficio per il trasferimento tecnologico del 
Science Park Raf di Milano - ragioniamo fin dall'inizio in termini 
di mercato, non solo analizzando la ricerca insieme a un comitato 
di clinici e specialisti, ma anche facendo analisi di mercato e 
indagini su cosa esiste già nel settore. 
Negli ultimi 10 anni questa strategia ci ha permesso di 
registrare 75 brevetti e darne 19 in licenza. Le valutazioni che 
precedono ogni registrazione devono però essere estremamente 
accurate poiché, dopo i primi 30 mesi, mantenerne la protezione a 
livello internazionale può costare fino a 100mila euro l'anno per 
ogni brevetto, includendo anche i Paesi asiatici che stanno 
emergendo a livello scientifico come India, Corea e Cina».
Un'altra obiezione è che queste analisi danno solo una visione 
parziale dello stato della ricerca nel mondo. Il ruolo di Cina, 
India e Corea del Sud è ad esempio molto più importante di 
quanto si possa ricavare dalle citazioni che ricevono i loro 
ricercatori. Il budget sudcoreano per la ricerca è aumentato 
del 10% l'anno scorso, quello cinese del 16% nel 2004 e Pechino, 
entro il 2010, promette di eguagliare gli stanziamenti in 
ricerca e sviluppo degli europei. Intanto, nel 2005 gli 
stanziamenti indiani sono aumentati addirittura del 25% e il 
governo di Nuova Delhi progetta inoltre la creazione di una 
super-agenzia per la ricerca sul modello della National Science 
Foundation statunitense, con un budget annuale di 250 milioni di 
dollari.
«L'analisi delle citazioni - avverte però Jacopo Meldolesi, 
direttore del dipartimento di neuroscienze dell'Istituto San 
Raffaele di Milano e presidente della Federazione italiana delle 
scienze della vita - rimane comunque uno strumento 
importantissimo e dovrebbe essere utilizzato più spesso, 
soprattutto in Italia. Ma con le dovute cautele. Per valutare 
un giovane ricercatore, ad esempio, va considerata 
l'originalità del suo lavoro, che può non essere ancora molto 
citato». In Italia, una delle novità più interessanti è la 
valutazione scientifica che alcune università italiane hanno 
avviato su base volontaria, che affida il giudizio a comitati 
di valutazione esterni. «A Padova  spiega Paolo Bernardi, 
vicepreside della facoltà di medicina, che proprio in questi 
giorni sta per ricevere il giudizio del comitato di 
valutazione -la valutazione ha riguardato 20 dipartimenti su 
64 e ha tenuto conto solo della capacità di ricerca, non della 
didattica. I parametri principali della valutazione, affidata a 
un comitato di esperti esterni italiani e stranie ri presieduti 
dall'olandese Pieter De Meiyer, erano l'attività scientifica, 
misurata attraverso pubblicazioni e citazioni degli ultimi 
cinque anni dell'Isi, ma anche il curriculum dei ricercatori, 
le risorse finanziarie, i brevetti prodotti e i fondi di 
ricerca ottenuti da fonti esterne, come la commissione Europea».
Ma una volta ottenuto la valutazione, che cosa succederà? 
«Questa è un'ottima domanda - ammette Bernardi - la 
valutazione è solo un'opera di "moral suasion": spetterà poi 
all'amministrazione chiudere il cerchio e cercare di aumentare 
l'efficienza della ricerca». Magari deliberando qualche nuovo 
finanziamento.