Il colore che cambiò il mondo
di Margherita Fronte [ * ]


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Ritratto di William Perkin

"Il malva di Perkin" è un libro di Simon Garfield uscito per Garzanti che parla dell'invenzione (un po' casuale e un po' no) del primo colore sintetico: il malva appunto. La scoperta è del 1856 e prima di allora la chimica era sostanzialmente una disciplina teorica con poche applicazioni pratiche (soprattutto, i chimici non si interessavano delle applicazioni delle loro scoperte ma avevano un approccio teorico). All'età di 18 anni William Perkin fa questa scoperta (in realtà stava lavorando con tutti altri obiettivi). E' il primo a credere nell'applicazione pratica e mette su un'industria. Da allora nasce tutta la chimica di sintesi moderna. Inizialmente si sviluppa il settore dei coloranti, ma poi le applicazioni degli stessi processi si estendono alla medicina (farmaci), alla cosmesi, all'industria degli esplosivi eccetera. In pratica tutte le grandi aziende chimiche di oggi all'inizio producevano coloranti (e anche parecchie di quelle non chimiche, come la Agfa). L'aspetto dell'innovazione è centrale. Ma lo è anche quello della responsabilità, perché all'inizio, per esempio, nessuno si era preoccupato delle conseguenze che le sostanze che usavano avrebbero avuto sulla salute degli utilizzatori e sull'ambiente (e di conseguenze ce ne sono state parecchie). E ci sono anche connessioni col tema dei brevetti e della protezione della proprietà intellettuale.

 

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Strumenti di chimica dei primi ottocento

In pochi oggi ricordano William Perkin. Ma l’oblio cui sembra averlo condannato la storia stride fortemente con i meriti del suo ingegno. Prima che, attorno alla metà dell’Ottocento, William Perkin si incaponisse a voler sfruttare il risultato casuale di un esperimento mal riuscito, non esisteva la chimica industriale. Gli scienziati lavoravano nei laboratori con alambicchi e provette, senza alcun interesse a dare un risvolto pratico alle loro scoperte.

La moda non aveva colori, se non quelli costosissimi dei prodotti naturali, e la medicina poche frecce al suo arco. Dopo l’invenzione di Perkin è nata in Europa l’industria dei coloranti, e si è diffusa nel mondo. Si sono scoperti modi nuovi di studiare cellule e batteri, e nuovi farmaci. L’idea di Perkin ha dato il via all’industria degli esplosivi, a quella della fotografia, a quella dei profumi. Ha arricchito la tavolozza degli artisti e reso illimitate le possibilità per i creatori di moda.

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E’ un libro scritto da Simon Garfield (Il malva di Perkin, ed. Garzanti) a riportare alla memoria la vicenda dell’apprendista stregone che cambiò il mondo inventando il primo colorante sintetico. Garfield ne ripercorre la vita con l’efficacia di una narrazione che ricorda quella di un romanzo, e attraverso una ricchissima documentazione originale.

William Perkin nacque nel 1938 in un sobborgo di Londra, ultimo di sette figli. Dotato di una intelligenza esplosiva, fin da piccolo si interessò a ogni genere di hobby, dalla botanica alla fotografia, e coltivò per qualche tempo l’idea di diventare pittore. Fu un suo professore a convincere il padre a iscriverlo al Royal College of Chemistry. E fu qui che Perkin, adolescente, ebbe come maestro August Hofmann. Garfield ci fa sapere che a quel tempo la chimica teorica stava procedendo con passi da gigante, "il problema con la chimica pura era che raramente produceva qualcosa di utile". Hofmann era uno dei pochi a interessarsi, seppure molto marginalmente, ai risvolti pratici delle sue ricerche. E aveva in testa l’idea di produrre attraverso sintesi chimica il chinino, usato per il trattamento della malaria. Fu così che Perkin si trovò a lavorare al progetto.

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Boccette con Malva originale

E fu in un laboratorio improvvisato all’ultimo piano della sua abitazione di Londra che, durante le vacanze di Pasqua del 1856, il diciottenne William Perkin scoprì quasi per caso il colore malva. "Stavo lottando per convertire una base artificiale nell’alcaloide naturale chinino" riferirà anni dopo; "ma il mio esperimento, anziché produrre l’incolore chinino, diede una polvere rossastra. Con il desiderio di capire quel particolare risultato, scelsi una base diversa, di più semplice struttura, cioè anilina, e in questo caso ottenni un prodotto perfettamente nero. Questo venne purificato ed essiccato, e dopo il trattamento con acquaviti diede il colorante malva".

I chimici ottenevano spesso prodotti di scarto colorati dai loro esperimenti, ma non erano portati a dargli valore. Perkin intuì invece che ciò che aveva ottenuto poteva essere usato per colorare i tessuti, e decise di sfruttare commercialmente la sua scoperta, avviando un’attività in proprio, aiutato dal fratello Thomas e da un industriale della stoffa scozzese. La decisione gli guastò i rapporti con Hofmann e con il mondo accademico, e lo costrinse a improvvisarsi imprenditore. Nonostante il prezzo conveniente del suo prodotto dovette affrontare la diffidenza dei potenziali clienti e non poche difficoltà legate all’inesperienza. Riuscì comunque ad acquistare un terreno vicino Londra, e a impiantare lì la sua industria. La fortuna decise di guardare dalla sua parte fra il 1857 e il 1858, quando "la regina Vittoria indossò un abito malva al matrimonio della figlia e l’imperatrice Eugenia, la donna in assoluto più importante nel mondo della moda, decise che il malva ben si adattava al colore dei propri occhi" racconta Garfield. Scoppiò così la mania del malva.

Sulla scia del successo di Perkin in Inghilterra e in altre nazioni europee sorsero diverse industrie che producevano coloranti. Si scoprì che variando componenti e modificando i processi di produzione si potevano ottenere colori diversi. Perkin fece domanda di brevetto in Inghilterra e anche al di fuori della sua nazione, ma il sistema inglese non gli permise mai di sfruttare a pieno le potenzialità della sua invenzione. Anzi, negli anni successivi l’industria dei coloranti si sviluppò soprattutto in Germania. All’esposizione Universale che Londra ospitò nel 1862 erano presenti 28 industrie che producevano coloranti. Perkin divenne ricco, anche se il suo nome continuava a essere conosciuto a pochi (non sembra fosse molto abile nelle public relation). Ben presto però le dimensioni della sua ditta e la gestione alquanto artigianale resero l’impresa poco competitiva. Il malva passò di moda e c’era l’esigenza di produrre colori nuovi. L’industria tedesca, anche grazie a una migliore politica nel campo dei brevetti, sembrava imbattibile, e nel 1873 Perkin decise di vendere e vivere di rendita.

La decisione per la verità avvenne appena in tempo per evitargli di essere coinvolto in uno scandalo, provocato da un effetto imprevisto delle tinture sintetiche e dei processi che servivano per produrle. Già qualche anno prima, infatti, alcuni medici avevano avanzato l’ipotesi che i coloranti a base di anilina provocassero irritazioni cutanee. Le carte da parati colorate si rivelarono insalubri. Inoltre l’industria dei colori fu accusata di avvelenare fiumi e falde acquifere, provocando malati e morti nelle zone circostanti. Perkin non si interessò mai più di tanto al problema, né mostrò di assumersi alcuna colpa.

Connessione

right.gif (841 byte)Percorso sul Principio di precauzione

D’altro canto, in una società in cui il concetto moderno di responsabilità era ancora molto di là da venire, e il principio di precauzione non era neppure all’orizzonte, nessuno pensò di attribuire all’inventore del colore malva alcun torto per le conseguenze negative della sua scoperta. Al contrario, Perkin non dovette attendere molto oltre per vedersi riconosciuti i meriti di tutte le ricadute positive della sua idea. I primi riconoscimenti arrivarono da quel mondo accademico che lo aveva ripudiato all’inizio della sua carriera. "Nel 1883 divenne presidente della Royal Society, e un anno dopo fu eletto presidente della Society of Chemical Industry" ci informa l’autore del libro. "Ma pochi, fuori della chimica, sapevano chi fosse. I suoi vicini di casa conoscevano solo i suoi maggiori successi e raramente la stampa si occupava di lui. A Perkin piacevano le cose così come stavano. Ma tutto cambiò nel 1906, il cinquantenario della scoperta del malva". Il re Edoardo gli offerse un cavalierato, che Perkin accettò con qualche riluttanza, e le celebrazioni organizzate in luglio per la scoperta del malva portarono a Londra centinaia di chimici, provenienti da tutto il mondo. Perkin divenne celebre. Ma la fama durò poco. William Perkin morì l’anno seguente per un’infezione.

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Una muffa trovata su un fungo
evidenziata con Rosso Congo

Le ricadute della sua invenzione divennero ancora più ampie negli anni successivi. Medici e biologi scoprirono, per esempio, che i coloranti sintetici mostravano affinità selettive per certi tipi di cellule e batteri, e li usarono per identificarli. Si individuarono anche alcune potenzialità terapeutiche, come quella del colorante Rosso Congo, utile per la cura dei reumatismi. Il blu di metilene, ancora usato dai biologi nei laboratori, fu impiegato per colorare i tessuti biologici e altri coloranti misero in luce l’esistenza di alcuni componenti fondamentali delle cellule, come gli acidi nucleici. Da prodotti intermedi della sintesi dei coloranti furono ottenuti altri farmaci, profumi. Nacque l’industria degli esplosivi e quella della gomma. Alcuni gruppi industriali oggi potentissimi (come la Bayer, la BASF, l’AGFA, la DuPont) iniziarono la loro attività lavorando con i coloranti.

Quando la nuova chimica iniziò a sfruttare il petrolio e i suoi derivati, lentamente il nome di Perkin ricadde nell’oblio. Tanto che oggi neppure si sa con precisione quale sia la sua tomba.

(13 settembre 2002)

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[*] Margherita Fronte (right-sfondochiaro.gif (838 byte)Pagina personale) collabora con la Fondazione Giannino Bassetti
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