Il riso transgenico di Casalino
di Margherita Fronte [ * ]

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Un fazzoletto di terra di appena cento metri quadrati è bastato a mettere in subbuglio un intero paese, dando vita a un caso che ha avuto rilievo anche sulla stampa nazionale. La vicenda si svolge a Casalino, un paese alle porte di Novara, immerso in campagne dove la coltivazione del riso è di casa. Come tanti altri campi attorno, anche quel fazzoletto di terra è coltivato a riso. Ma, a differenza dei terreni che lo circondano, ospita un riso molto particolare, modificato geneticamente per resistere all’azione di un erbicida. Circa tre anni fa un contadino locale ha infatti affittato quel pezzetto di terra all’Istituto di Botanica dell’Università di Piacenza, e il gruppo di ricercatori guidato da Corrado Fogher ha deciso di sperimentare proprio qui la coltivazione transgenica. L’obiettivo della sperimentazione è verificare se il polline possa trasmettere ad altre piante il gene che è stato inserito in laboratorio dai ricercatori. E - per inciso - soltanto sperimentazioni come questa possono dire se le coltivazioni transgeniche sono accettabili dal punto di vista ecologico.

Probabilmente nulla sarebbe accaduto se le piante dal genoma modificato non fossero sotto i riflettori da anni, e oggetto di dibattiti fra chi pensa che possano essere utili e chi invece sostiene che porteranno soltanto guai. Ma il dibattito esiste, ed è accesissimo. Così, quando a Casalino ha iniziato a circolare la voce del riso transgenico, il sindaco, Massimo Rossi, ha deciso di vederci chiaro. E ha scoperto la verità: il campo di riso esiste da tre anni, ma nessuno lo sapeva. Il disappunto degli abitanti, che si sono riuniti in assemblea alla fine di ottobre, è comprensibile. E all’incontro oltre ai cittadini, al sindaco e alle organizzazioni agricole locali ha partecipato anche Corrado Fogher. Indipendentemente dalle posizioni favorevoli o contrarie agli OGM, i cittadini si sono lamentati di non essere stai informati. "La segretezza induce al sospetto" hanno sottolineato alcuni.

Nel dibattito si è auspicato che la democrazia si aggiorni e si doti di strumenti che siano in grado di rendere i cittadini partecipi delle decisioni. Ma per fare ciò, il primo passo è equipaggiarsi - quantomeno - di sistemi di informazione che funzionino. In una lettera inviata a Repubblica dopo che il quotidiano aveva riportato la vicenda di Casalino, Corrado Fogher sottolinea che il suo istituto non ha mai inteso nascondere nulla a nessuno, che la sperimentazione era stata approvata dal Ministero della salute, e che l’informazione è senz’altro giunta alla Regione, dato che "gli ispettori dell’Arpa hanno eseguito i controlli previsti in data 11 settembre 2001 e 18 settembre 2002". E’ però innegabile che qualcosa si è inceppato nel meccanismo che dovrebbe rendere di dominio pubblico decisioni come questa. E forse non è un caso che sia andata così. Se in tre anni nessuno si è accorto che la popolazione non era stata informata vuol dire che c’era ben poco interesse a farlo. Segno che, a dispetto della richiesta di partecipazione che si esprime "dal basso" con forza e frequenza sempre maggiori, chi ha il potere di decidere se ne sta ancora rinchiuso nella torre d’avorio, con poca voglia di guardare fuori.

(30 novembre 2002)

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[*] Margherita Fronte (right-sfondochiaro.gif (838 byte)Pagina personale) collabora con la Fondazione Giannino Bassetti
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