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FORUM
"ESPERIMENTI & DEMOCRAZIA: IL RISO TRANSGENICO DI CASALINO"

APERTO: 7 dicembre 2002
CHIUSO: 27 gennaio 2003

 

 


From: Vittorio BERTOLINI 
Date: Sat Dec 7, 2002 0:58am
Subject: avvio forum

 
  Si è scelto il "caso Casalino" come argomento del forum "Esperimenti &
Democrazia" in quanto, pur nella sua estrema semplicità, la sperimentazione di
riso transgenico su di un appezzamento di terreno della dimensione di un
appartamento medio, mette in luce alcuni dei principali problemi che il "fare
scienza" comporta nella società contemporanea. A cominciare dal rapporto fra
scienziati e ricercatori ed opinione pubblica per finire al ruolo delle
pubbliche amministrazioni nel porsi come tramite fra le esigenze della ricerca
innovativa e le aspettative, in termini di informazione e di sicurezza, dei
cittadini. 
Proprio di oggi è la notizia (d'altra parte già risaputa), nel rapporto del
Censis, del rischio di decadenza del nostro paese nei settori dell'innovazione
tecnico-scientifica. Se da un lato ciò è dovuto alla scarsità di risorse
economiche, dall'altro, come è emerso dalla ricerca Fondazione Bassetti-Poster
"L'opinione pubblica e le biotecnologie", esiste una diffusa 'insensibilità',
per non dire diffidenza, verso le tematiche poste dalle nuove tecnologie. E
nulla vieta di pensare, quando si vuole esprimere la democrazia attraverso i
sondaggi, che la scarsa propensione degli organi politici ad investire
adeguatamente nella ricerca, sia connessa all'insensibilità del grande
pubblico. Se sviscerare perciò le tematiche che dal "caso Casalino" emergono è
lo scopo primario di questo forum, vi è anche l'ambizione di dare un
contributo, ci si augura significativo, per realizzare un discorso
sull'innovazione tecnico-scientifica che aiuti a ricucire il rapporto fra il
"fare scienza" e le esigenze dell'opinione pubblica, recuperando il senso della
democrazia argomentativa. 

Ing. Vittorio Bertolini
(Moderatore del forum)    


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From: Marlene DI COSTANZO 
Date: Sun Dec 8, 2002 7:27pm
Subject: forus group a Casalino

 
  In tutta la vicenda Casalino a mio parere è da rimarcare la proposta del
dr. Bassetti in relazione alla promozione di focus group.
Di fronte a problematiche abbastanza complesse dal punto di vista tecnico
scientifico, riguardino la sperimentazione ogm in campo aperto o altri tipi
di insediamento, come per esempio gli impianti di smaltimento rifiuti, il
cittadino normale si trova in balia o dei demagoghi della protesta
professionalizzata
o dei cosiddetti esperti il cui motto e "vietato parlare al manovratore".
Ma di fronte a tutto ciò che in qualche modo impatta l'ambiente in cui l'uomo
opera, è un diritto di cittadinanza poter confrontare gli argomenti pro
e contro attraverso la possibilità di dibattiti aperti e consapevoli.
Quello che non mi convince nella proposta Bassaetti, per lo meno dal come
l'ho capita nell'articolo della Coyaud è la trasformazione dei focus group
in tribunali. Dare ai f.g. una qualifica paragiuridica rischia di trasformare
uno strumento di informazione e confronto in un organo decisionale, che
alla fin fine deresponsabilizza gli operatori politici e trasforma la
democrazia
del dialogo in una poliarchia degli esperti.

Dr.sa Marlene Di Costanzo
Padova


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From: Flaminio MUSA 
Date: Mon Dec 9, 2002 11:51pm
Subject: chi e quando deve informare

 
  Dato per scontato il diritto della popolazione ad essere informata di tutto
ciò che li riguarda da vicino, è da chiedersi però a chi e quando il dovere
dell?informazione. Nel caso di Casalino sembra che gli scienziati impegnati
nella sperimentazione abbiano ottemperato a tutte le procedure previste
dalla legge e questo mi sembra più che sufficiente come dovere di informazione.
O forse si pretendeva, come sembra di dedurre dalla risposta di Fazzo al
prof. Fogher su Repubblica, che il prof. Fogher si munisse di un megafono
e andasse sulla piazza di Casalino a raccontare la sperimentazione che si
stava apprestando a fare. D?altra parte anche le amministrazioni preposte
alle autorizzazioni, fino a che punto sono in grado di decidere quello che
può preoccupare la popolazione? Rischieremmo di trovarci travolti da dibattiti
e polemiche sorte seconda le idiosincrasie dei singoli funzionari. La garanzia,
per gli abitanti di Casalino come per gli abitanti di tante altre località,
non credo stia tanto nei dibattiti sui singoli fatti, ma nel richiedere
che siano rispettate le leggi e le procedure. Se poi queste sono insufficienti
il sistema della democrazia prevede le formule adeguate per modificarle.
 
Dr. Musa


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From: Vincenzo LUNGAGNANI 
Date: Tue Dec 10, 2002 10:38pm
Subject: La drammatizzazione del riso di Casalino


Ero a Casalino la sera del 22 ottobre u.s., in rappresentanza di Assobiotec, e
non saprei esprimere il mio pensiero sul rapporto tra ricerca scientifica ed
informazione pubblica meglio di quanto abbia fatto - in quella sede - il
Presidente Bassetti. Tutti i sistemi democratici funzionano sulla base di
meccanismi di delega: il Parlamento provvede a soddisfare le esigenze dei
cittadini mediante leggi, che identificano gli Organi e le procedure di
attuazione e controllo, inclusi gli obblighi di informazione. Le leggi sono
sempre perfettibili ma è inaccettabile colpevolizzare eticamente quanti le
hanno rispettate. Nel nostro caso, la sperimentazione in campo di piante
geneticamente modificate è soggetta ad una procedura di autorizzazione del
Ministero della Salute estremamente complessa e dettagliata a livello
nazionale, con il coinvolgimento delle Autorità locali di controllo della
salute (i.e. ASL) e dell'ambiente (ARPA). 
In preda ad acuti attacchi di populismo, grossolanemente sollecitati da qualche
Esponente delle Confederazioni agricole, molti dei presenti in sala a Casalino
il 22.10.2002 sostenevano che qualcuno (?) della dozzina di persone al corrente
della sperimentazione del Prof. Fogher avrebbe dovuto informare preventivamente
i compaesani, consentendo l'esercizio di una efficace democrazia diretta (per
esempio, l'organizzazione di adeguate manifestazioni di dissenso) . Non penso
che una procedura di questo tipo sia compatibile con l'Art. 33 della nostra
Costituzione (i.e. "l'arte e la scienza sono libere") ma non appare assurda a
chi abbia chiaro in mente l'uso strumentale della nozione di OGM attualmente in
voga nel nostro Paese, anche a livello governativo. Ma questa è un'altra
storia.
Cordialmente,

Vincenzo LUNGAGNANI
Lecturer of Biotech Legislation & Bioethics
Università di MIlano Bicocca - Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze  


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From: Francesco COPERCINI 
Date: Thu Dec 12, 2002 1:13pm
Subject: Chi e come deve informare

 
  Il dr. Musa inizia il suo intervento con un quesito estremamente
stimolante, chi deve ( e quando) informare , e si dovrebbe aggiungere
come. Peccato che alla fine nel più vieto ottimismo leibniziano secondo
cui viviamo nel migliore dei mondi possibili, Candido non avrebbe detto
di meglio.
La mia opinione è che politici e scienziati e quanti altri sono
impegnati in certi tipi di sperimentazioni dovrebbero avere raggiunto
ormai un certo grado di sensibilità da comprendere lo spazio da dare ai
vari movimenti che nascono dalle istanze di base.
E’ sufficiente leggere la stampa quotidiana per comprendere quando e
come non è sufficiente coprirsi dietro permessi ed autorizzazioni
rilasciate dalle autorità competenti.
E’ abbastanza semplice che se nel campo di Casalino si fosse
sperimentato un nuovo sistema di meccanizzazione agricola nessuno
avrebbe avuto nulla da ridire mentre per una sperimentazione ogm era
abbastanza ovvio che nascesse un movimento di protesta, specialmente se
poi i diretti interessati non solo non sono stato consultati ma nemmeno
avvertiti.

Dr. Copercini Francesco


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From: Flaminio MUSA 
Date: Sun Dec 15, 2002 10:51pm
Subject: 

 
  In riferimento alla critica nei confronti del mio precedente intervento
formulata dal dr. Copercini, probabilmente mi sono spiegato male.
Lungi da me la ?candida? idea di vivere nel migliore dei mondi possibili.
Sono perfettamente convinto che il nostro sistema è perfettibile, ma sono
altresì convinto che la perfettibilità deve passare attraverso quello che
Popper nella ?Società aperta e i suoi nemici? definisce un procedimento
di ingegneria sociale a spizzichi. Cioè proviamo, verifichiamo e, se del
caso, modifichiamo.
Casalino ha messo in evidenza che vi possono essere situazioni di cui il
sindaco il sindaco di una località, e conseguentemente la popolazione, è
tenuto all?oscuro. Mi chiedo allora se non fosse stato meglio se il sindaco
di Casalino, invece di attaccare manifesti e convocare assemblee, funzionali
senz?altro al consenso ma inconcludenti nei risultati, rifosse attivato
in modo da cambiare le norme in modo che il processo autorizzativi di fronte
a certe sperimentazioni passi anche attraverso le autorità locali.

Dr. Flaminio Musa


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From: Elisabetta VOLLI 
Date: Wed Dec 18, 2002 2:06pm
Subject: 

 
  A proposito di leggi e del rispetto delle stesse, mi viene in mente quando
per ottenere un risultato gradito in conseguenza di un proprio bando di gara,
si pubblica quest'ultimo in periodi dell'anno "idonei allo scopo", cioè in
prossimità delle ferie.
Non sta a me (non sono un'esperta in questo campo) ricordare casi, noti a
tutti, in cui il rispetto formale delle regole, artatamente gestito, porta a
risultati sostanziali difformi da quelli in funzione dei quali le regole sono
state approvate.
Con ciò non intendo essere immediatamente in disaccordo con le posizioni di
Lungagnani e di Musa, ma semmai sottolineare come un certo genere di
argomentazione (in particolare quella di Musa) non sia di per se stessa
ineccepibile, come invece magari potrebbe sembrare.
Voglio dire che posso condividere la loro posizione, ma che non basta fermarsi
lì. La democrazia è una faccenda complessa proprio perché non ci possiamo
accontentare di "frasi-formula" come «La garanzia, per gli abitanti di Casalino
come per gli abitanti di tante altre località, non credo stia tanto nei
dibattiti sui singoli fatti, ma nel richiedere che siano rispettate le leggi e
le procedure. Se poi queste sono insufficienti il sistema della democrazia
prevede le formule adeguate per modificarle». Questo che dico lo ha
evidenziato, prima di me, anche il dottor Francesco Copercini.
Mi trovo, invece, pienamente d'accordo con l'affermazione secondo cui «Le leggi
sono sempre perfettibili ma è inaccettabile colpevolizzare eticamente quanti le
hanno rispettate».

Mi riprometto di intervenire nuovamente, per ora volevo solo fare queste
osservazioni.

Grazie

Elisabetta Volli


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From: Domenico LANFRANCHI 
Date: Sun Jan 12, 2003 7:46pm
Subject: Sperimentazioni e democrazia

 
  A prima vista l'idea di discutere di scienza e di sperimentazione   
scientifica in un'assemblea pubblica non può che apparire lodevole, 
  soprattutto in un paese come il nostro in cui la cultura scientifica 
è   così poco diffusa e la ricerca scientifica così poco sostenuta.  
Se però si cerca di approfondire la questione non mancano   
elementi di perplessità.  

Il primo elemento di perplessità riguarda proprio la fragilità della   
cultura scientifica nel nostro paese (in una recente indagine OCSE  
 i nostri studenti si sono collocati al 23esimo posto su 27 paesi!):  
fino a che punto un'assemblea popolare può possedere i concetti   
necessari per comprendere i fenomeni di cui si parla, e fino a che  
punto ha  un'idea dei procedimenti scientifici e dei loro limiti?  

Chi non ha cultura scientifica può chiedere che non si proceda a   
sperimentazioni senza garanzie, chi non è scientificamente   
analfabeta sa però che senza sperimentazioni non si possono   
avere garanzie di alcun genere. Chi ha un minimo di cultura   
scientifica sa anche che a volte non bastano secoli di esperienze   
per dare garanzie di innocuità. Il caso dell'amianto é esemplare: già 
  nota agli antiche greci, questa fibra minerale naturale è stata  
usata  per secoli senza apparenti controindicazioni, tanto da farla   
ritenere  "sicura". Solo negli ultimi decenni, con l'uso sempre più  
massiccio   diffuso negli ambiti più disparati, si è cominciato a  
percepire che  l'amianto era tutt'altro che innocuo. Ora l'amianto è  
messo al  bando, i ricercatori sono al lavoro per realizzare materiali 
 (artificiali  o sintetici) che possano presentare nelle varie situazioni 
 gli stessi  vantaggi dell'amianto possibilmente senza rischi. C'è  
qualcuno in  grado di garantire, poniamo dopo una sperimentazione 
 decennale,  che un qualche materiale è esente da rischi? E allora  
che fare?  
Rinunciamo, per esempio, a freni più efficienti finchè non abbiamo   
ottenuto la garanzia assoluta che le polveri immesse nell'aria   
dall'usura dei freni sono esenti da qualsiasi rischio?  

Un secondo elemento di perplessità riguarda il fatto che simili   
iniziative possano essere spacciate per "democrazia". Lasciamo   
stare per un momento le sperimentazioni scientifiche su argomenti  
 di cui si sa ancora poco ed occupiamoci di questioni su cui le   
conoscenze dovrebbero essere ormai consolidate: lo smaltimento   
dei rifiuti. Tutti sappiamo che se non vogliamo finire sommersi dai   
rifiuti bisogna ricorrere alla ricolta differenziata, che prevede tra   
l'altro il compostaggio per i rifiuti umidi. Fin qui tutto bene e tutti   
d'accordo. Ma quando si tratta di decidere dove fare l'impianto   
nascono i problemi: può succedere che un comune (per esempio   
Cologno Monzese) sia favorevole a farlo sorgere sul proprio   
territorio, mentre un comune vicino (sempre per esempio Cernusco  
 sul Naviglio) non lo voglia alle porte di casa. Un comitato di 
cittadini   paventa aumenti di allergie, proliferazioni di insetti e di 
topi,   esalazioni mefitiche, ecc. ecc. Qualcuno mi spiega per 
piacere che   cosa significa in questo caso "decidere in modo 
democratico"?   Referendum popolare? Nel solo comune di 
insediamento? Anche   nei comuni limitrofi? A livello   provinciale 
(visto che l'impianto   dovrebbe trattare i rifiuti di tutta la provincia)? 
O forse in casi come   questo è meglio lasciar perdere le 
consultazioni popolari e puntare   piuttosto sulla verifica da parte 
delle amministrazioni responsabili   del rispetto di tutte le norme di 
tutela ambientale e sanitaria?   Personalmente propenderei più per 
l'ultima soluzione, anche  perchè nelle altre vedo sempre in 
agguato, mascherato da  democrazia, il dispotismo della 
maggioranza 

Mi lasciano perplesso poi alcune considerazioni che sono state   
avanzate nel forum, mi chiedo per esempio perchè se nel campo di 
  Casalino si fosse sperimentato un nuovo sistema di  
meccanizzazione agricola nessuno avrebbe avuto nulla da ridire.   
Secondo l'INAIL nel solo 2001 ci sono stati 136 incidenti mortali in  
 agricoltura, di essi 71 sono attribuibili all'uso delle macchine, 
come   anche all'uso delle macchine vanno riferiti 7868 infortuni non 
 mortali.  
A meno di non presupporre che la prevenzione degli infortuni sia il   
primo obbiettivo dei fabbricanti di macchine agricole, mi sembra ci   
sia di che preoccuparsi molto più se si sperimentano nuovi sistemi  
 di meccanizzazione agricola che se si sperimentano OGM; a   
maggior ragione se si considera che il mercato delle macchine   
agricole è quasi tutto controllato da poche multinazionali che, a   
quanto pare, mirano soltanto al proprio profitto e poco si curano   
della sicurezza degli operatori.  

Di poche cose sono certo, tra queste c'è la necessità di una più  
diffusa cultura scientifica nel nostro paese: senza conoscenza non  
c'è scelta consapevole e non c'è nemmeno democrazia.  Abbiamo  
bisogno di uno sforzo notevole per cercare di innalzare il livello  
della cultura scientifica nel nostro paese. So che si tratta di un  
discorso di lungo periodo e che ne lungo periodo saremo tutti  
morti, come diceva Keynes; ma temo che se non cominciamo a  
pensare anche in termini di lungo periodo saremo morti molto  
prima. 

Prof. Domenico Lanfranchi 


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From: Marlene DI COSTANZO 
Date: Sun Jan 12, 2003 11:59pm
Subject: 

 
  Ai fini della discussione credo possa essere interessante questo brano che
ho tratto dall'Intervista sul Pluralismo" di Robert Dahl.
Credo che il sistema de focus, così come descritto, da un lato consenta
il rispetto della volontà dei cittadini, dall'altro permetta a questi di
esprimere la loro volontà in modo documentato e non emotivo. 
Questo anche per fugare le perplessità del prof. Lanfranchi
Permangono le mie perplessità sull'estensione del metodo a realtà non
sufficientemnente
circoscritte. 
"Quel che ho in mente sono i focus di discussione, o focus di deliberazione,
promossi da James Fishkin dell'Università del Texas. Il suo metodo consiste
nel riunire un campione causale di cittadini di cittadini in assemblea su
un certo tema. Lui riunisce 500 o 600 cittadini selezionati a caso dalla
popolazione per metterli tre giorni a discutere di un particolare tema.
Il gruppo si divide in sottogruppi di 20 persone con un moderatore
professionista;
i cittadini parlano del tema, poi si incontrano collettivamente con degli
esperti a cui pongono delle domande, discutendole in lungo e in largo; wuindi
ritornano ai piccoli gruppi e ne parlano di nuovo. Poi si incontrano, in
giorni successivi, con un gruppo di leader politici e fanno loro delle
domande."

Dr.ssa Marlene Di Costanzo


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From: Elisabetta VOLLI 
Date: Mon Jan 13, 2003 9:34pm
Subject: 

 
  L'intervento che volevo fare da un po' di tempo consiste nell'esprimere un
certo mio straniamento rispetto alle invocazioni di partecipazione democratica
alle decisioni.

Io ho sempre avuto la convinzione che esistano aree (anche molto estese) che
sono, e debbano essere, dominio della partecipazione per delega, perché le
forme di democrazia diretta in molti casi risultano insensate. La competenza,
prima di tutto! Prima ancora del diritto di decidere. Non sto dicendo nulla di
originale: la democrazia funziona per delega, l'apparato è a base fiduciaria.

Su questa base, mi chiedo: che cosa ha significato l'esperienza attivata dal
sindaco di Casalino? Qual è stata la sua funzione?
Risposta: quella di dare voce ai tanti che sono coinvolti, o che si sentono
coinvolti, dalle conseguenze di decisioni prese da altri.
Bene. Perché dare voce è importante. Dire la propria opinione, esprimere le
proprie emozioni (anche quelle "di pelle") è essenziale. Ma il decidere spetta
ad altri, non c'è dubbio. Casalino ha dato voce a un disagio. E questo va bene.
Ma, secondo me, basta anche. Non è il caso di soffermarcisi sopra più di tanto.
Perché dico questo?

Per spiegarmi ricorro a qualche altra domanda che, ancora, faccio a me stessa.

Domanda: per quale motivo avverto una sensazione di perplessità nei confronti
dell'auspicio per "nuovi strumenti" di democrazia?
Risposta: perché se il problema è quello della "competenza" nel merito delle
decisioni è nient'altro che un problema vecchio come la politica. O anzi: è il
problema sottostante alla democrazia in quanto forma politica.
E' sorprendente? No.
Servono "nuovi strumenti"? Secondo me no. Serve una prassi politica più
responsabile.

Domanda: per casi come quello degli OGM di Casalino non vanno bene le vigenti
forme in cui si esprime la nostra democrazia? Nel senso: non funzionano perché
i cittadini si sono sentiti estromessi?
Anche qui la mia risposta è: beh, che c'è di strano? Possiamo benissimo
ammettere che si sia trattato di un epifenomeno di una democrazia già di per sè
malata. E cioè: possiamo benissimo fare l'ipotesi che sia stato niente più che
un sintomo che si aggiunge ad altri e che conferma la diagnosi di malattia
riguardante l'attuale democrazia italiana (e non soltanto questa). I cittadini
si sono sentiti tagliati fuori perché non hanno potuto rendersi conto del
meccanismo procedurale democratico.

Io ho l'impressione che riflessioni del tipo di quelle che si sono svolte a
Casalino, e anche in questo dibattito a cui partecipo, abbiano un loro proprio
risalto soprattutto perché riguardano argomenti che "fanno audience". Infatti,
in ogni occasione di dibattito sulle applicazioni, reali o paventate, delle
biotecnologie assistiamo ormai a considerazioni simili a quelle che hanno
accompagnato il "caso" di Casalino. Mi viene da osservare che ci sono un sacco
di altri argomenti a cui potrebbe adattarsi il "copione" di Casalino: dalla
costruzione di un'autostrada, al welfare, alle questioni semplicisticamente
qualificate come "no global", alla... guerra in Iraq.
Nulla di nuovo sotto il sole: c'è sempre qualcuno che decide "sopra" di noi,
che conosce meglio di noi i "perché" e i "percome". Il problema, voglio dire,
non sta negli strumenti di democrazia, che sono più che collaudati, quanto
nelle persone verso le quali riponiamo la nostra fiducia.
Sempre che di "problema" effettivamente vogliamo parlare e non, invece, di
"malattia congenita" della democrazia. Questione questa che ci porterebbe molto
lontano. Non dimentichiamoci che le malattie possono risultare benefiche per il
sistema immunitario e che nella stessa denominazione "malattia" è insito un
giudizio di valore. Meglio allora parlare di "fenomeno congenito" o, come a me
sembra preferibile, di "malattia benigna" della democrazia.

In conclusione: qual è "il problema" messo in luce dall'esperienza di Casalino?

Avrei piacere che qualcuno mi rispondesse in raffronto con le opinioni che ho
espresso.

Grazie.

Elisabetta Volli


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From: Vittorio BERTOLINI 
Date: Tue Jan 14, 2003 3:57pm
Subject: democrazia & esperimenti

 
  Gli ultimi interventi pervenuti al forum su "democrazia & esperimenti", 
affrontano, seppure in modo diverso, esplicitamente il nodo della democrazia 
partecipativa quando si affrontano problemi in cui la competenza 
tecnico-scientifica assume un ruolo rilevante.
Come afferma Lanfranchi, dovremmo imparare, come opinione pubblica, a ragionare
non sulle "impressioni" ma in termini di lungo periodo nella consapevolezza che
ogni conoscenza può essere sempre rivedibile. La Volli, a sua volta, accentua
il tema dell'esplicitazione delle procedure di decisione. La Di Costanzo
ritorna sul problema dei "focus group" riportando l'esempio promosso da James
Fishkin dell'Università del Texas.
Altre osservazioni e contributi sono molto graditi.

Vittorio Bertolini
(conduttore del Forum)


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From: Luigi FOSCHINI 
Date: Sat Jan 18, 2003 0:47pm
Subject: Commento su intervento di E. Volli

 
  Ho letto l'intervento di Elisabetta e mi sembra molto sensato. Mi sembra
che il punto chiave sia:

> Nulla di nuovo sotto il sole: c'è sempre qualcuno che decide "sopra" di
> noi, che conosce meglio di noi i "perché" e i "percome". Il problema,
> voglio dire, non sta negli strumenti di democrazia, che sono più che
> collaudati, quanto nelle persone verso le quali riponiamo la nostra
> fiducia.

Non vedo malattie nella democrazia, ma eventualmente immaturita' e
ignoranza delle persone nell'usare cio' che la legge mette loro a
disposizione. Se la gente inizia a prendere coscienza di questo e a
pretendere che la delega venga rispettata, mi sembra un segnale positivo
di maturita'. L'unica cosa che mi preoccupa e' che in questa fase di
passaggio ci possano essere derive verso l'autoritarismo, nel pensare
cioe' che una persona autoritaria possa risolvere il problema. Sarebbe il
primo passo verso la dittatura.

Per il resto non penso che la "competenza" vada inserita tra le doti del
politico, come ho gia' espresso in altre occasioni.

Ciao,

Luigi


-- 
Dr. Luigi Foschini

IASF-CNR - Sezione di Bologna (Italy)
Tel. +39 051 6398679 - Fax  +39 051 6398724
Email: foschini@b...
URL: http://www.bo.iasf.cnr.it/~foschini/

INTEGRAL Science Data Centre - Versoix (Switzerland)
Tel.: +41 22 9509143
Email: Luigi.Foschini@i...

= * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * =
You have no responsibility to live up to what other people 
think you ought to accomplish. I have no responsibility to 
be like they expect me to be. It's their mistake, not my 
failing. (Richard Feynman)
= * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * =


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From: Giacomo CORREALE 
Date: Sun Jan 19, 2003 8:54pm
Subject: DEMOCRAZIA E COMPETENZA

 
  Vorrei fare qualche considerazione sull'intervento di Elisabetta Volli a
proposito della vicenda del riso transgenico di Casalino.

Non credo che la partecipazione democratica alle decisioni, rispetto alla quale
Volli dichiara "un certo estraniamento",  si manifesti solo nella
partecipazione diretta o assembleare alle decisioni. Ci mancherebbe altro! La
polis greca  non c'è più.  Si partecipa anche delegando, anzi, normalmente è
così.

Non sono d'accordo che l'unico criterio, e neanche il criterio principale,
della delega sia la competenza. La competenza è una condizione necessaria per
esercitare il potere di prendere le decisioni, ma non sufficiente. Non mi farò
mai operare dal più illustre chirurgo solo sulla base della sua competenza,
magari per sentito dire.  Prima voglio essere sicuro che riscuota la mia
fiducia. Diffido sempre degli specialisti e della professionalità.

In questo periodo si discute molto del vecchio problema della mancanza di una
classe dirigente nel   nostro Paese.  Sicuramente c'è una carenza di
competenze, ma soprattutto c'è una carenza di responsabilità, di affidabilità,
di credibilità, di consapevolezza del ruolo.  Non basta ricoprire alte cariche
pubbliche e private, o essere grandi professionisti (gli esempi sono purtroppo
all'ordine del giorno!)  per poter essere considerati classe dirigente.

E' un gioco complesso, che parte dalla Costituzione dove si dice che "la
sovranità appartiene al popolo"  per arrivare a tutti gli aspetti formali,
basati ampiamente sulla delega,  con cui si cerca di far funzionare una
democrazia moderna. Un gioco senza fine trarappresentati  e rappresentanti. 

Sono d'accordo con Volli che il problema non sta negli strumenti della
democrazia, che però non si finisce mai di collaudare.  Cioè sta anche in essi,
ma soprattutto nel  come gli uomini li fanno funzionare (ricordiamoci che
tuttora il Regno Unito non ha una costituzione).

Giacomo Correale


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From: Domenico LANFRANCHI 
Date: Mon Jan 20, 2003 11:39am
Subject: Commento a intervento di Elisabetta Volli

 
  L'intervento di Elisabetta Volli mi sembra ampiamente condivisibile.
Si potrebbe forse aggiungere qualcosa relativamente ai pericoli del
dispotismo plebiscitario e di quelle libertà (tra cui quella di ricerca
scientifica) che, in democrazia, non sono in disponibilità delle
maggioranze, ma ho paura che questo finisca per portarci lontano dal tema
originario. 
Purtroppo, nel nostro paese c'è ancora chi pensa che basti una decisione
plebiscitaria per impedire l'esercizio di diritti elementari (poco importa
che si tratti della libertà di culto o di quella di ricerca) e che anche
questo si possa chiamare democrazia.

Prof. Domenico Lanfranchi

 
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From:  Elisabetta VOLLI 
Date:  Sun Jan 26, 2003  9:56 am
Subject:  


Buona domenica a chi legge.

Ho letto gli ultimi interventi a questo forum e vorrei rispondere.

Luigi Foschini mi ha interpretata bene. Sulla competenza del politico non siamo
della stessa opinione.

Giacomo Correale dice che non pensa che:

| la partecipazione democratica alle decisioni, 
| rispetto alla quale Volli dichiara "un certo 
| estraniamento", si manifesti solo nella 
| partecipazione diretta o assembleare alle 
| decisioni. Ci mancherebbe altro! La polis greca 
| non c'è più. Si partecipa anche delegando, anzi, 
| normalmente è così.

Io vorrei precisare che le invocazioni alla partecipazione democratica alle
decisioni mi lasciano interdetta proprio perché le avverto come estranee al mio
modo di concepire la delega al politico. Mi sembrava di aver chiarito in quali
termini non le condivido: esistono aree in cui l'unico criterio valido di
partecipazione democratica alle decisioni dovrebbe essere, per motivi di
competenza, appunto - e soltanto - quello della delega.

Quindi ho l'impressione che, fino a qui, io e Correale abbiamo la stessa
opinione.

Correale aggiunge che non pensa che l'unico criterio, e neanche il criterio
principale, della delega sia la competenza.

Io considero la competenza come un criterio primario per legittimare le
decisioni di un politico. Non penso che sia l'unico criterio. Proprio per
questo motivo ho detto che è necessaria una prassi politica più responsabile.
Competenza e responsabilità.

A conti fatti, mi sembra che se abbiamo opinioni diverse la linea di divergenza
sia piuttosto labile.

Domenico Lanfranchi afferma che la pensa come me e, anzi, rafforza le mie
considerazioni.

Non ho nulla da aggiungere, a parte qualcosa che avevo già intenzione di dire e
che forse può aiutare a meglio chiarire la mia posizione.

Non sono gli strumenti che servono, ma le persone responsabili.

Serve una prassi politica più responsabile e votata al rispetto. I politici
devono essere maggiormente consapevoli delle questioni sostanziali su cui
intervengono proceduralmente.

Per esempio credo che il professor Veronesi nell'istituire la Commissione
Dulbecco abbia svolto un ottimo servizio in questo senso. Ritengo che sia stato
un ottimo politico perché ha usato in modo responsabile le prassi e le sue
attribuzioni di ministro.

Bisognerebbe che i cittadini potessero avere più fiducia nei meccanismi
procedurali.

Elisabetta Volli


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QUESTO FORUM E' STATO CHIUSO IL 27 GENNAIO 2003

SEGUONO GLI INTERVENTI RICEVUTI DOPO LA CHIUSURA DEL FORUM

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Data: 30 gennaio 2003
Da: Giuseppe O. LONGO
Oggetto: Contributo al Forum della Fondazione Bassetti "Scienza e Democrazia"


L'aspetto illuministico della scienza acquista sempre più
spesso venature messianiche: pretendendo una fede indiscussa
nelle sue premesse e promesse, la scienza tende a rinunciare
anche alla sua funzione pedagogica, discutibile ma utile, nei
confronti del pubblico. I profani, come diceva Orazio, vanno tenuti
alla larga: anche perché, se li si informa, non c'è garanzia che essi
diano credito alle perentorie asserzioni degli iniziati. Le
dimostrazioni della scienza, quando si calano nella complessità del
reale, perdono il loro carattere cogente e univoco, si prestano a
interpretazioni, a scismi, ad apostasie. Coinvolgere i cittadini, sui
quali tutti alla fin fine ricadono le conseguenze delle scelte, ricorrere
alla democrazia diretta o almeno rappresentativa è atto rischioso
ma non demagogico e non è neppure l'aggiunta di un tassello in più
al mosaico delle opinioni: il parere dei non specialisti non si pone
allo stesso livello del parere degli esperti e delle associazioni. Se i
cittadini vengono informati, il loro parere è quello che dà senso ai
risultati delle valutazioni: perché allora, nel quadro del principio di
precauzione, la Commissione europea non fa riferimento alcuno al
dibattito pubblico? Forse, di fronte al potere e all'autorità degli
scienziati che tendono a imporre il loro punto di vista, l'unico
antidoto contro il pensiero unico e le decisioni unilaterali è proprio il
rafforzamento dei canali di informazione e delle consultazioni di
tipo democratico. Il pubblico è composto da esseri umani dotati di
buon senso e di intuizione: gli esperti (non solo tecnici in senso
stretto) dovrebbero assumersi il ruolo di mediatori tra la scienza e i
cittadini, fornendo loro gli elementi su cui esercitare
responsabilmente queste doti.
Sarebbe, questo sì, un procedimento davvero scientifico, perché
consentirebbe di tenere in considerazione una quantità di dati e di
fatti (la percezione dei rischi, l'orientamento culturale del pubblico,
le componenti irrazionali, gli aspetti simbolici, la sensibilità e gli
interessi comuni delle persone e altro ancora) che l'impostazione
astratta che oggi passa per scientifica trascura (già la scelta dei fatti
da considerare tali è ideologica, quindi non scientifica e già da
tempo sappiamo che non esistono fatti, ma solo fatti interpretati,
inseriti in un contesto e perciò carichi di valori: quindi le scelte
politiche basate sui fatti scientifici sono comunque scelte
ideologiche, non si scappa). Così si potrebbe forse rimediare alla
dissimmetria d'informazioni tra gli specialisti (gli scienziati, i politici,
le imprese) e la società civile, dissimmetria sempre più accentuata e
causa certa di una polarizzazione antidemocratica e autoritaria.

[Ndr: Giuseppe O. Longo è docente di Teoria dell'Informazione 
all'Università di Trieste]

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