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Data: 2 luglio 2002
Da: Vittorio Bertolini
Oggetto: Un recente saggio di Pozzali e Viale "Cognizione e conoscenza tacita nei processi cognitivi" cita "An Evolutionary Theory of Economic Change" di Nelson e Winter

Qualche anno fa un amico mi raccontava di un lavoro che stava facendo per una ditta che operava nel distretto della ceramica di Sassuolo. Il lavoro consisteva nel creare un software capace di regolare la combustione dei forni nei quali venivano cotte le piastrelle. Ovviamente il problema non era, o non era solo, quello di regolare la temperatura, ma bensì di regolare l’immissione dei vari componenti gassosi, che alimentavano la combustione. Fino a quel momento questa regolazione veniva fatta dai fuochisti, operai esperti che secondo la forma e il colore della fiamma e secondo la lucentezza delle piastrelle, dosavano il modo d’immissione del combustibile.

Mi sono ricordato di questo episodio nei giorni scorsi, leggendo sul numero di Sistemi Intelligenti (Il Mulino, 24 euro) attualmente in libreria, il saggio "Cognizione e conoscenza tacita nei processi cognitivi" di Andrea Pozzali e Riccardo Viale della Facoltà di Sociologia di Milano Bicocca.

Per conoscenza tacita si intende quella "conoscenza che non può essere codificata in forma linguistica" ed essa rappresenta molte volte il prerequisito essenziale per la diffusione e lo sviluppo di quelle innovazioni basate sul trasferimento tecnologico. Però prima di analizzare i modi della conoscenza tacita (trasferimento da scienza e tecnologia, processi imitativi), Pozzali e Viale si soffermano sulla conoscenza come risorsa economica. "La conoscenza svolge un ruolo di rilievo all’interno dei processi innovativi, che da tempo sono identificati come uno dei motori dello sviluppo".

La conoscenza è considerata una "risorsa scarsa", che però a differenza di "capitale" e "lavoro" non ha ancora una precisa definizione, ed i cui confini dipendono dal contesto in cui il termine viene utilizzato. Nell’ambito di una teoria dell’innovazione, è però possibile formulare una prima distinzione fondamentale fra conoscenza interna (quella cioè che viene sviluppata utilizzando solo risorse interne all’impresa) e conoscenza esterna (quella che l’impresa ricava da centri di ricerca, università, rapporti di partneraniato con altre imprese e così via).

Sia in un caso che nell’altro, come è stato messo in luce da studi teorici e pratici specialmente riguardo all’innovazione di processo, è emerso il nodo del trasferimento della conoscenza tacita o implicita, di quella conoscenza che non può facilmente essere trasmessa in forma verbale e scritta.

Gli autori dopo aver colto, nel secondo paragrafo del saggio, la difficoltà di inquadrare, dal punto di vista epistemologico, i processi della conoscenza tacita, nel terzo paragrafo esaminano i rapporti fra scienza e tecnologia.

Se in molti casi può essere valida l’equazione tecnologia=scienza applicata, proprio l’analisi della conoscenza tacita mostra come storicamente (vedi la nascita della termodinamica in rapporto all’invenzione delle macchine a vapore) non sono stati rari i casi in cui la scienza è sorta come sistemazione teorica delle realizzazioni tecnologiche. Ma se a volte l’invenzione ha permesso lo sviluppo di una teoria scientifica (la fisica degli stati solidi è una diretta conseguenza dell’invenzione del transistor), l’importanza della conoscenza tacita nel successo dell’innovazione (ma anche nella sua sistematizzazione scientifica) si ha nel riconoscimento di quelle forme di conoscenza "acquisite grazie all’esperienza, che mette i soggetti nella condizione di riconoscere determinate similarità nell’andamento dei fenomeni naturali" senza però portare "di per sé alla sistemazione delle intuizioni soggettive in una trattazione univoca".

Nel saggio di Pozzali e Viale si fa riferimento ad testo "What engineers and how they know" di W. G. Vincenti (Baltimora, John Hopkins University Press, 1990) ed è sufficiente riflettere sul rapporto tra piloti collaudatori ed ingegneri oppure fra il mio amico e i fuochisti di Sassuolo, per cogliere sia la difficoltà che la possibile soluzione per la traduzione in forma esplicita delle forme di conoscenza soggettiva, accumulata sulla base dell’esperienza.

"Nella progettazione, è la conoscenza esplicita ad avere un ruolo preminente. Nella produzione, sono spesso le forme tacite di conoscenza a giocare il ruolo principale, sotto forma ad esempio di abilità manuali o di conoscenze pratiche di tipo prescrittivo." Per questo "la comunità degli ingegneri e quella dei piloti dovettero trovare il modo di intendersi reciprocamente, per riuscire".

Ma "il modo di intendersi reciprocamente" passa attraverso la possibilità di "categorizzare" la conoscenza tacita, di poterla analizzare sia sotto il profilo cognitivo sia di abilità individuali. Le abilità individuali vengono intese come una successione di mosse, ad ognuna delle quali il soggetto è chiamato a rispondere con una scelta, quasi mai pienamente consapevole, tra le possibili alternative; "l’esecutore non è pienamente consapevole dei dettagli di cui compone la sua performance, e trova spesso difficile, o addirittura impossibile, articolare un resoconto completo di tutti i dettagli".

Per Nelson e Winter, "An Evolutionary Theory of Economic Change", Cambridge, Harvard University Press, 1982, queste abilità individuali sono decisive nei processi di creazione, accumulazione e applicazione della conoscenza tecnologica. Ma nella loro analisi vanno al di là delle capacità del singolo individuo; l’impresa innovativa di successo è quella che riesce a incorporare le abilità individuali in "routine organizzative".

Data l’importanza di queste forme di conoscenza tacita, il problema che deve essere affrontato "concerne la possibilità di trasferire un’abilità da un individuo ad un altro individuo, o di riuscire ad applicare in una nuova struttura organizzativa le routine che si siano dimostrate efficaci all’interno di un dato contesto aziendale".

Riprendendo da Nelson e Winter l’analisi delle "capacità performative", quelle capacità che si traducono in un fare, nel saggio di Pozzali e Viale viene sottolineata l’opportunità di distinguere la conoscenza tacita dalla conoscenza "articolabile". Infatti se la conoscenza "articolabile" può essere trasferita in resoconti dettagliati, tuttavia questi non sono sufficienti. Infatti "il trasferimento di abilità avviene in gran parte per via non verbale", ma attraverso processi imitativi in cui l’esperto mostra al novizio come si debba eseguire una data procedura. "In questo modo, il soggetto inesperto può sviluppare un apprendimento tacito delle abilità richieste per lo svolgimento dei compiti assegnati".

Agli effetti del trasferimento, da individuo a individuo, da routine a routine, ma anche, si può aggiungere da individuo a robot, la conoscenza tacita può essere vista oltre che sotto l’aspetto tecnico dell’articolabilità e dell’apprendimento per imitazione, dal punto di vista cognitivo.

"Sarebbe impossibile riuscire a svolgere... attività complesse se si dovesse ogni volta concentrarsi in maniera esplicita su tutti i più piccoli particolari di cui esse si compongono". I limiti cognitivi della mente umana impongono di concentrare gli sforzi consapevoli solo sui dettagli più significativi (per esempio quando camminiamo scegliamo la direzione dove andare ma non di mandare avanti un piede dopo l’altro), nell’analisi perciò della conoscenza occorre esplicitare i punti di focalizzazione, lasciando sullo sfondo le componenti inconscie e soggettive. Questo processo si traduce nella creazione di un "codice" attraverso cui i vari soggetti riescono a categorizzare le proprie conoscenze. Il che significa trovare delle terminologie comuni nelle trasformazioni linguistiche e concettuali che accompagnano i processi innovativi.

Pozzali e Viale, concludono con: "Il trasferimento di conoscenza da una comunità di persone ad un’altra è possibile solo se ambedue le parti in causa (almeno in un certo grado), una comune cultura di riferimento. E’ possibile che i modi di pensare siano differenti. E’ importante inserire lo studio dei processi di ragionamento individuale all’interno del più ampio contesto cognitivo collettivo. Solo così sarà possibile sviluppare una sempre migliore comprensione dei processi di innovazione".